Allah è dolce e misericordioso con gli uomini.
(Corano, 2:143)
Ci sono due concetti piuttosto abusati dai radicali che compiono atti terroristici presumibilmente in nome della religione islamica, nel tentativo di mostrare l’Islam come una religione di violenza. Questi due concetti sono: sharia e jihad.
Come Dio afferma esplicitamente nel Corano 12:111, il Corano è “una spiegazione dettagliata di ogni cosa”, eppure, le menti radicali che prendono gli hadith fabbricati come guida, non hanno mai considerato il Corano del tutto sufficiente. Per questo motivo, durante l’intero corso della storia hanno sostenuto che alcuni dei comandamenti del Corano sono “insufficienti” (senza dubbio il Corano va ben oltre questo). Da qui hanno sviluppato l’erronea idea che il Corano sia impossibile da comprendere e che necessiti degli hadith per essere spiegato (senza dubbio il Corano va ben oltre questo). La verità è però, che Dio stesso ha affermato che il Corano è un Libro chiaro e comprensibile.
Gli hadith sono giunti fino all’epoca odierna come le parole del nostro Profeta (pbsl)). Mentre alcuni sono citazioni e pratiche del tutto affidabili e precise, altri sono stati gradualmente distorti e il loro significato è stato cambiato completamente. Ci sono due modi per determinare se un hadith riporta davvero le parole o le pratiche del nostro Profeta (pbsl): lo fa nel momento in cui è in accordo con il Corano, o se narra qualcosa che si è già verificato. È senza dubbio una grave calunnia sostenere che le parole o le pratiche che sono in conflitto con il Corano appartengano in realtà al Profeta (pbsl), perché il nostro Profeta visse attenendosi soltanto al Corano.
L’erronea idea, avanzata da alcuni musulmani, che il non Corano possa essere compreso, ha provocato enormi danni al mondo islamico perché alcuni musulmani, pensandola allo stesso modo, hanno iniziato a seguire gli hadith fabbricati. Alla fine hanno addirittura abbandonato totalmente il Corano, prendendo solamente gli hadith come fonte della loro religione. Nel momento in cui gli hadith fabbricati erano in conflitto con il Corano, alcuni hanno persino avuto la sfrontatezza di dire: “Questo hadith respinge il comandamento del Corano”. Centinaia di hadith fabbricati hanno dato origine a diverse fedi, e il risultato è stato la nascita di diverse scuole fra loro discordanti in molte aree islamiche.
Nel seguente versetto del Corano, Dio Onnipotente parla della condizione in cui si è ritrovato il mondo islamico:
"Interno di una moschea, preghiera pomeridiana", di John Frederick Lewis, 1847. Olio su tavola di legno, collezione privata. |
Il Messaggero dice: “Signore, il mio popolo ha in avversione questo Corano!”. (Corano, 25:30)
Infatti, il problema di gran parte del mondo islamico odierno è che le persone vedono il Corano come un libro che è stato abbandonato.
Con l’abbandono del Corano è giunto il momento del “ijma”. (Ijma significa il consenso di figure religiose eminenti che vivono in qualsiasi momento e producono comandamenti della Sharia in base all’analogia deduttiva). Dal momento che il Corano per la maggior parte di loro non era la vera guida, queste persone sono state soffocate da migliaia di hadith fabbricati e hanno infine deciso che “né il Corano né gli hadith potevano spiegare adeguatamente i comandamenti”. Dopo un po’ alcuni dei suddetti “leader religiosi” hanno cominciato a produrre leggi in nome dell’Islam.
Le scuole hanno iniziato a scontrarsi tra di loro e gli accordi delle comunità musulmane sono entrati in conflitto con quelli delle altre scuole. Ogni interpretazione del cosiddetto “leader religioso” veniva considerata come una legge, ogni comunità si basava su un diverso insieme di pratiche, e la comunità islamica ha cominciato a suddividersi in sette, poi in classi e infine in piccoli gruppi. Il Corano, invece, veniva lasciato appeso al muro, ancora dentro la sua scatola. Di conseguenza, una gran parte del mondo islamico “ha abbandonato e ignorato il Corano”.
Guardando alcuni degli oppositori dell’Islam, si vede che il loro problema è, piuttosto ironicamente, uguale a quello dei predicatori di superstizioni: non apprendono l’Islam dal Corano. Proprio come i predicatori di superstizioni, si concentrano sugli hadith fabbricati, su tradizioni superstiziose ed interpretazioni dell’Islam create da alcuni leader religiosi che, generalmente, sono incompatibili con il Corano. Ai loro occhi l’”Islam” equivale allo stile di vita e alle pratiche dei predicatori di superstizioni. A loro avviso l’”Islam” è la capacità di immaginazione degli storici e non la fede rivelata nel Corano. Essi seguono le pratiche della “Sharia” di questa religione fabbricata, e non le leggi del Corano. Sono all’oscuro dei valori e dei concetti impartiti nel Corano, ma hanno una grande conoscenza di tutte le regole della falsa religione dei predicatori di superstizioni. Nel criticare le regole di quella falsa religione, pensano di criticare l’Islam. Sono talmente legati alla religione dei predicatori di superstizioni che non credono quando viene detto loro: “Questo non è l’Islam”. E questo è un errore estremamente grave.
Queste persone devono comprendere questa realtà, a meno che non siano contrarie all’Islam a causa di qualche opposizione filosofica o religiosa, e se sono davvero alla ricerca di una soluzione all’oscurità della mentalità estremista. La loro religione non è l’Islam. Il Corano in sé è sufficiente per un musulmano. Gli hadith sono veri e affidabili fintanto che sono compatibili con il Corano. Nell’Islam non c’è posto per un hadith incompatibile con il Corano. Se un musulmano non riesce a trovare l’Islam nel Corano, significa che è alla ricerca di un’altra religione e la Sharia di tale fede non è l’Islam.
La Kaaba, dove ogni anni arrivano quasi due milioni di musulmani dai quattro angoli del mondo, è un simbolo di pace e compassione, che sono parte integrante dell'insegnamento islamico. |
La parola Sharia significa “sentiero”. Un musulmano potrà facilmente capire qual è il “sentiero” da seguire, se lo cerca nel Corano. Poche cose sono illegali nel Corano, e vengono chiaramente spiegate con espliciti divieti; si tratta di divieti che non possono essere messi in discussione o sottoposti a interpretazioni. Per esempio, uccidere, commettere adulterio, guadagnare tramite interessi, mangiare carne di maiale o bere sangue sono tutte azioni illecite rivelate nei versetti del Corano con i termini più risoluti. Questa è una caratteristica importante del Corano. Le persone che mirano ad inventarsi i divieti interpretando i versetti in base ai propri desideri, ne estrapolano sempre deduzioni proprie. Eppure Dio proibisce ciò che è illegale con dichiarazioni risolute, come in questo versetto:
In verità, vi sono state vietate le bestie morte, il sangue, la carne di porco e quello su cui sia stato invocato altro nome, che quello di Allah... (Corano, 2:173)
Nel Corano Dio rivela che ci saranno persone che inventeranno ciò che è lecito e ciò che è proibito nel nome dell’Islam:
Non proferite dunque stravaganti invenzioni delle vostre lingue dicendo: “Questo è lecito e questo illecito” e mentendo contro Allah. Coloro che inventano menzogne contro Allah non avranno alcun successo. (Corano, 16:116)
Dopo l’epoca del nostro Profeta (pbsl), emersero numerose comunità che inventarono menzogne contro Dio. Dal momento in cui queste comunità non presero il Corano come guida, potevano considerare ciò che desideravano come lecito o illecito.
Tuttavia, ci sono alcune comunità di cui Dio sottolinea particolarmente le caratteristiche: “Rendono illegali le buone cose considerate lecite”. Il nostro Signore dice nel Corano:
O voi che credete, non vietate le cose buone che Allah vi ha reso lecite. Non eccedete. In verità, Allah non ama coloro che eccedono. (Corano, 5:87)
Il sistema superstizioso definito con il nome di Sharia, che è però del tutto incompatibile con l’Islam, è il risultato dell’allontanamento dal Corano. La vera Sharia presentata nei versetti, in altre parole la vera strada del Corano, può essere definita come segue:
La Sharia del Corano significa amore, rispetto, affetto e protezione nei confronti delle persone di tutte le fedi e opinioni. La Sharia del Corano insiste sulla democrazia e sulla libertà di ideologie. Le persone che seguono la Sharia del Corano sono ben informate, educate, di mentalità aperta, rispettose nei confronti delle idee diverse, felici, tolleranti, moderne, di qualità e ottimiste; sono persone che danno valore all’arte e alla scienza, così come all’amore e all’amicizia. Non c’è odio, né intolleranza, conflitto, lotta, dispotismo, imposizione, minaccia, infelicità, rabbia né guerra nella Sharia del Corano.
La mancata applicazione del vero sistema della Sharia del Corano, che porterebbe con sé i piaceri sopra citati, la violenza, l’odio e l’imposizione con cui viene travisata la Sharia del Corano, sono naturalmente fatti terribili: incolpare l’Islam non è la risposta però. Coloro che incolpano l’Islam compiono un grave danno nel tentativo di eliminarlo dall’essere l’unica risposta al radicalismo, alla violenza e alla barbarie. In realtà, nelle loro menti, lottando per indebolire l’Islam, rendono facile la strada ai radicali. Non saranno le loro accuse o le armi che producono ad eliminare il radicalismo e le false credenze propagate sotto il nome dell’Islam. L’unica via per raggiungere tale scopo è tramite la concezione del vero Islam. Un altro problema è l’esistenza di una falsa credenza, e le false credenze possono essere cancellate solo sostituendole con quelle vere.
La Sharia del Corano richiede ad un musulmano di essere moderno, ben curato, nobile, saggio, colto, democratico, aperto, rispettoso di tutte le idee e pieno d'amore. La Sharia del Corano si basa su fraternità, pace e amore. Guerra, crudeltà, odio, rabbia e conflitto sono vietati ai musulmani nel Corano. Coloro che desiderano conoscere la vera Sharia devono seguire solo il Corano. |
QUESTI TERRIBILI SCENARI ODIOSO NON RAPPRESENTANO L’ISLAM |
"Dichiarare il jihad" nell'Islam significa educare l'altra parte, insegnare la virtù morale e sforzarsi di allontanare la gente dal male. Coloro che uccidono in nome del jihad non agiscono nella luce del Corano. |
Non ci sono stragi nel jihad nel Corano. Non ci sono bombe che piovono giù dal cielo nel jihad nel Corano. Non ci sono attentatori suicidi o attacchi codardi quali l’investimento di civili. Non c’è odio o maledizione verso le persone nel jihad nel Corano. I figli del Profeta Abramo, del Profeta Giacobbe e del Profeta Mosè (pace su di loro) non sono maledetti nel jihad nel Corano. Al contrario, nel Corano si parla dei profeti e della loro stirpe con rispetto, riguardo e riverenza. Non ci sono minacce e intimidazioni nel jihad nel Corano. L’Islam non è quel genere di fede.
Non ci sono massacri, morte, odio e rabbia nell’Islam, né nel Cristianesimo o nel Giudaismo. Quindi, se qualcuno dice “Ho imparato dal Corano che devo uccidere, gettare bombe e maledizioni sulle persone”, o sta mentendo, oppure gli è stato insegnato male. Un radicale, anche se musulmano, anziché seguire il vero Islam rivelato nel Corano, segue un credo superstizioso inventato col solo scopo di uccidere, bombardare e maledire. Quella falsa fede non deriva dal Corano.
Probabilmente, i seguaci di questo credo superstizioso non hanno nemmeno mai letto il nostro Libro Sacro, il Corano, che baciano e toccano con la fronte e appendono al muro. Questo è il genere di fede in cui ogni cosa è oscura. Offre odio anziché amore, rabbia anziché affetto, ostilità anziché fratellanza, sofferenza anziché piacere e ignoranza anziché arte, bellezza, scienza e cultura. È’ facile mettere una pistola in mano a chi crede in una fede basata sulle superstizioni come questa. È’ facile dire: “Quella comunità è il tuo nemico”. È’ facile creare problemi a una persona del genere. È’ facile creare comunità in collera.
Perché esistono radicalismo ed estremismo? La risposta è chiara: perché questo è ciò che viene insegnato a molte persone. Loro non conoscono altra fede. Questo credo superstizioso è ciò che tutti i radicali che agiscono nel nome dell’Islam conoscono come Islam. Sono stati lasciati nell’ignoranza, in un ghetto. Sono stati allontanati dalla società, dall’arte e dalla scienza. Sono sempre stati mal informati riguardo al concetto di “jihad”, e lo hanno applicato nel modo sbagliato perché è quello il modo che gli è stato insegnato. Hanno sempre creduto che agendo in base alle falsità che gli sono state insegnate, stessero facendo la cosa giusta. Non hanno mai nemmeno immaginato di provocare danni a loro stessi, alla loro fede, alle loro famiglie, ai loro popoli e, naturalmente, a tutti gli altri. Tuttavia, il “jihad” descritto nel Corano è molto diverso rispetto all’immagine di jihad dipinta dai radicali.
Allora che cosa significa la parola “jihad”?
La parola jihad deriva dalla parola araba “juhd.” I suoi significati sono: 1) lavorare, lottare, mostrare determinazione e persistenza o abnegazione e 2) controllare il proprio sé inferiore. Sulla base di queste definizioni, praticare il jihad nell’Islam significa informare l’altra parte, insegnare alla gente adeguati valori morali ed allontanarli dal male. Nel fare questo, un musulmano deve preparare il proprio sé inferiore seguendo una virtù morale, e deve allenarsi ad essere una persona lontana dalla rabbia e dall’odio. In altre parole, ciò che un musulmano impegnato nel jihad deve fare è, da un lato formare se stesso, dall’altro sforzarsi ad insegnare la verità e la bontà alle persone. Egli deve essere un esempio con i propri valori morali, al fine di diffondere amore, pace ed affetto, e allontanare la gente dal male. La parola “juhd” non viene mai usata con nessun altro senso nel Corano. Coloro che commettono un massacro sotto il nome di “jihad”, dicendo “Il nostro punto di riferimento è il Corano”, o mentono o sono mal informati.
Agli occhi del Corano, quelli che massacrano popoli in nome del jihad, i kamikaze che si tolgono la vita togliendola anche a civili indifesi, chi spara alla gente nei caffè o nelle sale da concerto, o coloro che incitano alla guerra, stanno commettendo un grave peccato. I versetti del Corano che queste persone collegano alla guerra interpretandoli erroneamente, saranno esaminati in dettaglio nelle pagine seguenti. Vi è un punto importante che deve essere ricordato qui: la grande maggioranza dei radicali diffonde violenza nella totale ignoranza. Non conoscono la vera fede. La maggior parte di loro probabilmente, non ha nemmeno mai letto il Corano. Ecco perché non serve condannare, maledire, minacciare, imprigionare o esiliare qualcuno che uccide sotto l’incomprensione del jihad. Il suo problema è che non è stato educato con il Corano e che non ha capito la legge di Dio. Dato che è questo il problema, dobbiamo accettare il fatto che fino a quando la falsa educazione persisterà, ci saranno anche i radicali che misconoscono le azioni che compiono. Se si comprende veramente qual è il problema, si può anche capire il fatto che l’unica cosa di cui hanno bisogno coloro che diffondono violenza e terrore nel nome del jihad, è la vera educazione.
L’azione terroristica principalmente commessa in ogni parte del mondo negli ultimi 20 o 30 anni, in particolare da quei gruppi terroristici originari del Medio Oriente, è l’attentato suicida. Uccidere se stessi, o commettere un suicidio, è un peccato dal punto di vista del Corano. Ma come può una persona legarsi una bomba al petto e camminare in mezzo alla folla per poi farsi esplodere, o guidare un'autobomba pronta ad esplodere nel mezzo di una folla di civili?
La maggior parte dei paesi arabi è stata in qualche modo segnata dal comunismo dopo la seconda guerra mondiale. Il partito Ba’ath che divenne forte in Egitto, Siria e Iraq, il blocco di Shanghai che fu istituito sotto l’egida cinese e che silenziosamente collocò i paesi arabi e l’Iran sotto la sua protezione, e al-Fatah che crebbe sotto la guida di Yasser Arafat, non hanno mai nascosto le loro tendenze comuniste/socialiste. Non è un segreto che molto sangue sia stato versato dal socialismo arabo insieme al nazionalismo estremo nei paesi arabi. Coloro che non sono a conoscenza di questa parte della storia dovrebbero dare uno sguardo alla situazione attuale di quei paesi, o al modo in cui l’eredità di Hafez Assad è stata conservata in Siria.
Questa ferocia è inevitabile nella mentalità socialista o comunista. In quella falsa visione del mondo, porre fine alla propria vita è considerato un contributo al progresso del mondo e alla “causa” tanto quanto porre fine alla vita di qualcun altro. Pertanto, mettere fine alla propria vita considerata priva di valore, al fine di porre fine anche ad altre vite considerate anch’esse inutili, è un contributo ancora maggiore agli occhi di questo sistema selvaggio. Questa è una logica incredibilmente falsa, ma è anche oggetto di critiche a sé stanti.
Alcune persone male informate sull’Islam, credono erroneamente che esso permetta gli attentati suicidi, quando in realtà è una religione di pace e amore. La causa più importante di questo equivoco è il tentativo da parte delle suddette organizzazioni terroristiche di legittimare questo atto orribile vietato dall’Islam attraverso fonti e interpretazioni inventate. Se un attentatore suicida afferma di perpetrare la sua azione in nome dell’Islam, commette una sciagura e una calunnia contro l’Islam. E questi sono gli errori più gravi e terribili.
Alcune persone, che sono mal informate riguardo all'Islam, credono erroneamente che esso permetta gli attentati suicidi, mentre in realtà è una religione di pace e amore. Uccidere se stessi, ovvero suicidarsi, è un peccato agli occhi del Corano. |
Un musulmano non può mai uccidere. L’uccisione è un peccato. Dio rivela nel Corano che:
“...chiunque uccida un uomo, che non abbia ucciso a sua volta o che non abbia sparso la corruzione sulla terra, sarà come se avesse ucciso l’umanità intera. E chi ne abbia salvato uno, sarà come se avesse salvato tutta l’umanità”. (Corano, 5:32)
Il versetto è chiaro. Così com’è un peccato e un delitto uccidere un’altra persona, è anche un peccato e un delitto uccidere se stessi. Non è “jihad”, ma un peccato farsi esplodere in un ristorante. Chi investe delle persone ferme alla fernata di un autobus o che fanno shopping in un mercato, non sta compiendo un atto di jihad, ma commettendo un’azione proibita dall’Islam. Coloro che onorano e glorificano tali azioni, e immaginano che la persona sia diventata un “martire”, in realtà applaudono a un omicidio e non a un jihad. Uccidere civili inermi insieme a se stessi non è jihad, ma omicidio.
Jihad significa lottare attraverso la conoscenza e la scienza per condurre qualcuno alla verità e per dialogare con amore e rispetto; non significa ucciderlo.
Martirio significa perdere la vita nello sforzo compiuto sulla via di Dio, nel tentativo di diffondere l’amore, l’amicizia e la fratellanza richieste dall’Islam attraverso un linguaggio dolce e con gentilezza. Uccidere è un omicidio e un peccato. E non è una virtù da onorare. Coloro che compiono degli attentati contro i civili non entreranno nel rango dei martiri; uccidendo hanno commesso un atto illecito.
Gli attentatori suicidi e i loro sostenitori invece diffondono la propaganda di una religione che ordina la morte altrui. E la loro religione non è la religione di Dio. Pochissimi di coloro che seguono quella fede se ne rendono conto. Ci sono molte persone che credono che questa falsa religione sia vera, e che quindi cercano di aderirvi.
Il vero problema è questo: le persone che non conoscono la propria religione vengono dirottate verso le assurdità. E, a meno che non imparino la loro religione e il vero amore nel Corano, i kamikaze e coloro che li incoraggiano e che persino li onorano, continueranno ad esistere. Le persecuzioni militari non sono il mezzo per insegnare loro la verità. L’unico metodo è una corretta educazione. Al fine di fornire una vera educazione, le persone amorevoli e sinceramente devote tra musulmani, cristiani ed ebrei, devono unirsi. Una volta che il potere dell’unità sarà stabilito, quelle persone che ora seguono la strada sbagliata, inizieranno a seguire la retta via.
Gli attacchi suicidi politicamente ispirati iniziarono ad essere una realtà in Medio Oriente nel 1980 durante la guerra civile libanese, quando Hezbollah cominciò a metterli in atto contro i suoi obiettivi. Da allora fino all’inizio del 21° secolo sono stati commessi circa 200 attacchi suicidi in diverse parti del mondo. Tuttavia, è stato solo nel 2000 che questi attacchi hanno iniziato ad apparire nei titoli dei giornali con una frequenza sempre maggiore, e negli ultimi tre decenni il numero di attacchi totali è salito a 3.500. Solo nel 2013 sono stati effettuati 291 attacchi suicidi in diciotto paesi, che hanno causato la morte di 3.100 persone e segnato un drammatico incremento del 25% rispetto all’anno precedente (230 attacchi).
La maggior parte di questi attacchi è avvenuta nei paesi musulmani. Il Medio Oriente, con l’Iraq che è arrivato in cima alla lista, ha testimoniato un numero incalcolabile di attacchi suicidi nel corso degli ultimi dieci anni. Afghanistan, Pakistan, Siria, Libano, Tunisia, Libia, Somalia, Mali e Nigeria sono tra i paesi musulmani che vengono più spesso colpiti.
Che cosa ha causato l’aumento del numero di questi attacchi? L’instabilità politica in questi paesi è un fattore importante. Nonostante la comune supposizione che gli attentati suicidi mirino a potenze occupanti, solo il 32% degli attacchi sono stati realmente commessi in paesi in cui era presente un esercito straniero. Il 68% dei bombardamenti colpisce i civili del paese; in altre parole, nella grande maggioranza dei casi, sono i cittadini innocenti ad essere le vittime di questi attacchi.
In paesi come l’Iraq e la Siria, gli attacchi sono solitamente indotti da differenze etniche e settarie, mentre in Egitto sono di solito eseguiti a causa dei conflitti tra le forze laiche nazionaliste e i gruppi islamici. I bersagli degli attacchi suicidi di solito sono le zone più affollate come ad esempio ristoranti, mercati, moschee e mezzi di trasporto pubblici; luoghi in cui si possono facilmente trovare i civili, e dove donne, bambini e anziani, diventano gli obiettivi specifici di questi attacchi. Gli attacchi possono essere perpetrati anche mentre i musulmani partecipano alle preghiere del venerdì com’è successo in Iraq, o durante le celebrazioni religiose, come accaduto nello Yemen. E questo fa molto riflettere.
Quando viene chiesto agli esecutori di spiegare il ragionamento che sta dietro le loro azioni, a causa della loro carente educazione e della non conoscenza dei veri valori morali del Corano che in verità incoraggiano il perdono, la pace e l’amore, rispondono di commettere queste atrocità in nome dell’Islam. Per questa ragione, spiegare la moralità dell’Islam sulla base del Corano è una priorità. È essenziale avviare una campagna mondiale a tale scopo.
A. Attacchi suicidi, 1970-2013 |
Il motivo di questa sezione del libro è quello di dimostrare la natura falsa delle affermazioni fatte dai fanatici che vogliono aggiungere delle credenze superstiziose all’Islam, e da alcuni oppositori dell’Islam che a loro volta fanno un uso improprio delle spregevoli idee di quei fanatici che ritengono che alcuni versetti del Corano non siano più validi (senza dubbio il Corano va ben oltre questo). Essi usano il versetto numero 106 della Sura al-Baqara come prova a sostegno delle loro affermazioni:
Non abroghiamo un “ayat”, né te lo facciamo dimenticare, senza dartene uno migliore o uguale. Non lo sai che Allah è Onnipotente? (Corano, 2:106)
I manipolatori delle parole del Corano hanno usato le loro erronee interpretazioni come prove che permettessero loro di imporre le loro superstizioni. Hanno stupidamente pensato di poter invalidare alcuni versetti e addirittura di poterli sostituire con degli hadith fabbricati. Alcuni oppositori dell’Islam d’altro canto, sostengono che esistono dei versetti riguardanti l’uso di sostanze inebrianti o la guerra, che non devono più essere applicati, e cercano di dividere i musulmani in “quelli che si attengono a questo, e quelli che non lo fanno”.
La vera interpretazione di questo versetto è la seguente:
La parola araba “ayat” in “non abroghiamo un ayat senza...” è al singolare. La parola significa segno o miracolo quando viene utilizzata in questa forma. Quando la parola “ayat” appare al singolare nel Corano, significa sempre prova o segno, ed è così che viene tradotta in tutti gli altri versetti. La parola “ayat” usata per indicare i versetti del Corano invece non compare mai al singolare nel Libro.
Il significato in questo caso quindi non è “versetti del Corano”, ma “segni, regole, Sharia”. Secondo questo versetto, alcune pratiche e comandamenti applicati da alcune comunità precedenti alle quali erano stati inviati libri divini, cioè gli ebrei e i cristiani, e che vennero poi dimenticati col passare del tempo, sono stati rammentati o abrogati dal Corano. Una versione simile o migliore è stata così portata alle genti dal Corano.
Dobbiamo prestare attenzione anche alle parole “né te lo facciamo dimenticare” del versetto. Affinché un comandamento possa abrogarne un altro, quello precedente dev’essere “dimenticato”. Dal momento che il Corano è rimasto invariato per 1.400 anni, è fuori discussione che un versetto possa sostituirne un altro. Quei comandamenti che i fanatici sostengono essere stati abrogati, non sono stati dimenticati; sono ancora nel Corano. Ciò dimostra chiaramente che l’abrogazione a cui viene fatto riferimento qui, non è di un versetto con un altro, ma di comandamenti appartenenti a comunità precedenti che sono stati dimenticati col tempo. I comandamenti dati a comunità precedenti ma poi “dimenticati”, sono stati riportati alla gente con il Corano, in forme simili o più favorevoli rispetto a quelle inviate a quelle comunità.
In breve, “i versetti del Corano che promuovono amore, misericordia e compassione, e che raccomandano di mantenere dei buoni rapporti con la Gente del Libro (ebrei e cristiani), ora non valgono più”, affermano alcuni cosiddetti studiosi. Nessun versetto del Corano può essere annullato. Il Corano è e rimarrà valevole nella sua interezza, fino al Giorno del Giudizio.
Come afferma chiaramente il nostro Signore in un versetto, il Corano è un Libro “ben custodito”.
Noi abbiamo fatto scendere il Monito, e Noi ne siamo i custodi. (Corano, 15:9)
È impossibile considerare validi alcuni versetti di un libro “ben custodito” e che contiene comandamenti da applicare a tutti i musulmani, e considerarne altri non validi. La perfezione nella totalità del Corano, i suoi miracoli matematici e scientifici, il fatto che sia una guida, e la presenza di versetti che parlano di com’è stato conservato, confutano queste affermazioni fatte dai fanatici e dagli oppositori dell’Islam.
In verità essi non credono al Monito che giunse loro, eppure questo è davvero un Libro venerato, non lo tange la falsità in niuna delle sue parti. È una rivelazione da parte di un Saggio, Degno di lode (Corano, 41:41-42)
Vediamo ora dove sta lo sbaglio di queste persone.
Alcuni oppositori dell’Islam fanno riferimento ai musulmani moderati come “musulmani del periodo meccano”. A loro avviso, l’epoca in cui il nostro Profeta (pbsl) si trovava alla Mecca, fu un periodo tranquillo e senza guerre, guerre che ebbero inizio improvvisamente a seguito della migrazione del nostro Profeta (pbsl) a Medina. Alcune persone sostengono, su questa base, che i fautori della guerra nell’Islam riconoscono solo i versetti rivelati nel periodo medinese, mentre i musulmani amanti della pace, riconoscono solo i versetti del periodo meccano. Questa idea è tanto illogica quanto errata.
Come abbiamo già visto, la condizione essenziale per acquisire l'identità di musulmano, è quella di credere in tutti i versetti del Corano, senza eccezioni. Se, come descritto nel Corano, qualcuno rifiuta un solo versetto, non può essere definito un musulmano. Non vi è quindi alcuna possibilità, dal punto di vista del Corano, che qualcuno affermi: “Io sono un musulmano” per poi fare delle discriminazioni dicendo: “Riconosco questo versetto, ma non quello”.
È vero che non vi fu alcun combattimento nel periodo meccano della vita del nostro Profeta (pbsl), così come è vero che nel periodo medinese ci furono battaglie e che furono fatti scendere dei versetti relativi ad esse. Per capire le ragioni di questo, dobbiamo capire le difficili condizioni dell’epoca del nostro Profeta (pbsl).
I Musulmani vivevano come una minoranza nella società pagana di Mecca ed erano esposti a maggior oppressione. Molti musulmani furono torturati fisicamente, alcuni martirizzati, alla maggior parte di loro vennero saccheggiati beni e case e furono sottoposti a insulti e minacce costanti. Eppure, i musulmani continuarono a vivere senza ricorrere alla violenza, semplicemente mantenendo la distanza dagli idolatri e invitandoli a vivere in pace. |
La rivelazione al nostro Profeta (pbsl) avvenne durante un periodo che durò 23 anni. Durante i primi 13 anni, i musulmani erano una minoranza nella società pagana della Mecca e subirono forti pressioni. Molti musulmani vennero sottoposti a torture fisiche, alcuni furono martirizzati, la maggior parte delle loro case e proprietà furono saccheggiate, ed essi erano costantemente esposti a minacce e insulti. Nonostante questo i musulmani continuarono a vivere senza ricorrere alla violenza, mantenendo semplicemente la distanza dai pagani e invitandoli alla via della pace.
Eppure l’ostilità da parte delle comunità pagane era inesorabile.
Inizialmente, nelle loro menti, i Quraysh sembravano considerare la profezia di Muhammad (pbsl) irrilevante. Pur continuando a non credere, non protestavano in alcun modo contro la chiamata del Profeta (pbsl) fintanto che egli non diceva nulla contro i loro idoli. Col passare del tempo, iniziarono ad aggredire verbalmente il Profeta (pbsl) quando lo incontravano, e a deridere e sminuire i musulmani. Fu in quel modo che iniziò il periodo di “aggressione verbale” dei Quraysh.
Il Corano descrive la situazione con queste parole:
Invero i malvagi schernivano i credenti; quando passavano nei loro pressi si davano occhiate, ritornando dalla loro gente, si burlavano di loro; e quando li vedevano, dicevano: “Davvero sono fuorviati!”. (Corano, 83:29-32)
Mecca era il centro dell’idolatria. Mecca si riempiva ogni giorno fino all’inverosimile di persone che venivano a visitare la Ka’ba e gli idoli intorno ad essa, facendo quindi guadagnare ai Quraysh un bel po’ di denaro e prestigio. I Quraysh consideravano la diffusione dell’Islam a Mecca come una minaccia, perché pensavano che questo avrebbe agito contro i loro interessi, e avrebbe attirato l’ostilità di altre tribù. Sapevano anche che l’Islam considera tutti gli individui uguali, e che non fa discriminazioni fondate sulla loro stirpe o ricchezza. I principali membri dei Quraysh quindi ritenevano di dover prendere dei provvedimenti per fermare la diffusione dell’Islam. Questi “provvedimenti” spesso includevano torture e persino l’uccisione dei musulmani. (Ibn Hisham, 1/287).
I pagani dell’epoca non potevano danneggiare più di tanto i membri delle famiglie potenti ed eminenti come Hazrat Abu Bakr e Hazrat Uthman, ma potevano brutalmente maltrattare i musulmani poveri e indifesi. Ammirevoli musulmani subirono gravi maltrattamenti inclusi Abu Fakih, Khabbab ibn al-Aratt, Bilal ibn Rabah, Suhaib ar-Rumi, Ammar ibn Yasser, Yasser ibn Amir e Sumayyah bint Khayyat.
Questi maltrattamenti dei musulmani avvennero semplicemente perché essi professavano una fede e predicavano l’Islam agli altri. Nonostante l’oppressione, le torture e le violenze subite, i musulmani non fecero mai del male a chi li danneggiava, e questo è uno dei requisiti dell’Islam, e non cercarono mai di difendersi, nonostante questo sia uno dei diritti umani fondamentali. Vedendo che i musulmani non combattevano in risposta alle loro persecuzioni, i Quraysh intensificarono le aggressioni e le torture. I Quraysh in questione martirizzavano i musulmani nel momento stesso in cui li vedevano.
Col peggiorare delle persecuzioni i musulmani, che non risposero in nessun modo agli attacchi e non cercarono nemmeno di difendersi perché il Corano proibiva lo spargimento di sangue, si ritrovarono impossibilitati a rimanere a Mecca. Questo significava dover migrare verso Medina.
Mentre gli attacchi degli idolatri crescevano rigorosamente a Mecca, i musulmani migrarono nella città di Yathrib (più tardi conosciuta come Medina), dove il clima era molto più libero ed amichevole, e impostarono lì il loro governo. Eppure, anche dopo che ebbero istituito le proprie strutture politiche, gli attacchi da parte dei pagani della Mecca non giunsero al termine. I Quraysh seguirono i musulmani e si ostinarono a violenti attacchi contro di loro. Ma il nostro Profeta (pbsl) e i musulmani attorno a lui non intrapresero mai una battaglia contro gli idolatri. Nessuna persona, comunità o nazione del mondo farebbe a meno di rispondere se venisse attaccata. Risponderebbero sempre all’aggressore per “autodifendersi” o, per lo meno, si difenderebbero. Le persone che si impegnano nell’autodifesa vengono sempre esonerate dai tribunali, così come i paesi che agiscono per autodifesa vengono esonerati da una legge internazionale, perché sono stati sottoposti ad un attacco ingiusto, e la vita di persone, famiglie e cari, di popoli e nazioni, le terre e l’onore sono stati messi in pericolo.
Nei seguenti versetti, che furono rivelati dopo la migrazione verso Medina, fu dato al nostro Profeta (pbsl) il permesso di impegnarsi nella difesa di se stesso e della sua comunità:
A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione [di difendersi], perché certamente sono stati oppressi e, in verità, Allah ha la potenza di soccorrerli; a coloro che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case, solo perché dicevano: “Allah è il nostro Signore”... (Corano, 22:39-40)
Con questi versetti la comunità musulmana, che era stata ingiustamente costretta all’esilio solo per aver detto “Il nostro Signore è Dio”, iniziò a prepararsi per l’autodifesa. Come esplicitamente dichiarato nel versetto, una comunità musulmana “che viene oppressa” ha il permesso di autodifendersi, ma non gli viene detto di attaccare. A seguito di questi versetti, i musulmani cominciarono a difendersi e a combattere contro l’inferocita comunità che li stava attaccando. I versetti riguardanti la guerra e la difesa che furono rivelati dopo, descrivevano le misure che si sarebbero dovute adottare durante i combattimenti futuri. In altre parole, veniva fornita una speciale descrizione adatta a quella situazione di quella particolare guerra. Pertanto, tutti i versetti del Corano che riguardano la guerra furono appositamente rivelati come un riferimento per quegli attacchi in particolare che si svolsero in quel momento particolare, per darci la possibilità di capire le difficili condizioni di quel periodo e la giustizia del nostro Profeta (pbsl).
I pagani dell'epoca maltrattarono e torturarono barbaramente i musulmani, in un modo mai visto prima. Nei versetti, veniva dato al nostro Profeta (pbsl) il permesso di impegnarsi nella difesa di se stesso e della sua comunità di fronte a tali attacchi e crimini. |
Un punto importante che deve essere ricordato per quanto riguarda le battaglie descritte nel Corano, è “l’altra parte” nei combattimenti. Alcune fonti religiose e storiche dicono che le battaglie combattute al tempo del nostro Profeta (pbsl) erano contro gli ebrei. Certe persone che leggono queste fonti, finiscono col cercare l’antisemitismo nel Corano, sostenendo che i versetti rivelati per alcune battaglie specifiche nel Corano sono generalmente contro gli ebrei. Ma questo è un grave errore.
Furono i pagani ad impegnarsi nella persecuzione contro il nostro Profeta (pbsl) e contro i musulmani. Un gran numero di questi erano idolatri. Il loro obiettivo era quello di prevenire ogni danno contro i loro idoli e le loro perverse convinzioni. Alcuni erano ipocriti e politeisti che arrivavano dalle comunità ebraiche, ma sarebbe un grosso errore considerarli ebrei. Così come è sbagliato considerare un politeista o un ipocrita emerso da una comunità musulmana come un “musulmano”, è sbagliato considerare politeisti ed ipocriti coloro che emersero tra gli ebrei e cominciarono a diffondere la violenza, come “ebrei”. È impossibile per un vero ebreo iniziare a combattere e togliere la vita a dei credenti.
Il Corano maledice l’antisemitismo. Ed è per questo che chi cerca espressioni di ostilità nei confronti degli ebrei nel Corano, si ritrova a mani vuote; le persone che interpretano i versetti in questione come riferimenti a lotte contro gli ebrei, devono capire questo. Il nostro Profeta (pbsl) visse sempre in buoni rapporti con gli ebrei. Li trattava con rispetto e affetto, e gli ebrei devoti trattavano il nostro Profeta (pbsl) con lo stesso rispetto e lo stesso affetto. Questo argomento sarà spiegato nel dettaglio nel capitolo sulla Gente del Libro. (Vedere il capitolo “L’opinione dell’Islam nei confronti della Gente del Libro”).
Il Corano è molto esplicito riguardo a quando e come la guerra deve essere condotta:
Combattete per la causa di Allah contro coloro che vi combattono, ma senza eccessi, ché Allah non ama coloro che eccedono. (Corano, 2:190)
La guerra può essere condotta solo contro coloro che attaccano i musulmani; deve essere una guerra difensiva. Nel Corano è assolutamente vietato ai musulmani attaccare l’altra parte senza motivo. Nelle guerre difensive, le proprietà degli innocenti e dei civili, di donne, bambini e anziani, così come i luoghi di culto quali chiese e sinagoghe, sono inviolabili.
Quello che Dio comanda ai musulmani nel Corano è di tenere sempre la giustizia in prima linea, anche se provano rancore verso una comunità a causa delle sue ingiustizie e aggressioni. Dio rivela in un versetto:
O voi che credete, siate testimoni sinceri davanti ad Allah, secondo giustizia. Non vi spinga all’iniquità l’odio per un certo popolo. Siate equi: l’equità è consona alla devozione. (Corano, 5:8)
Per esempio, in un versetto Dio proibisce ai musulmani di superare i limiti con le comunità che cercano di fermarli dall’entrare alla Ka’ba, consigliandogli di trattare loro e tutti gli altri con gentilezza:
... E non vi spinga alla trasgressione, l’odio per quelli che vi hanno scacciato dalla Sacra Moschea. Aiutatevi l’un l’altro in carità e pietà e non sostenetevi nel peccato e nella trasgressione. Temete Allah... (Corano, 5:2)
Dio Onnipotente avverte i musulmani di non oltrepassare i limiti, anche se viene deliberatamente impedito loro di adempiere all’obbligo religioso del Hajj (pellegrinaggio) e se vengono trattati ingiustamente. Dio comanda ai musulmani di comportarsi con giustizia anche in queste situazioni, e ordina loro di comportarsi bene e di non portare rancore. I musulmani hanno l’obbligo di obbedire a questo comandamento del Corano, a prescindere dalle circostanze.
Il versetto che parla dell’unica giustificazione per il combattimento - l’autodifesa - contiene anche un’altra condizione riguardo al tema della guerra: non eccedere. Questo significa che, in caso di un attacco, un musulmano deve semplicemente difendersi, non deve reagire in modo eccessivo né compiere azioni diverse dalla difesa. In altre parole l’aggressività, la violenza, la rabbia e l’estremismo sono vietati nel Corano.
Altri versetti rivelano con le seguenti parole l’obbligo di impegnarsi solo in una guerra di difesa contro gli aggressori:
Allah non vi proibisce di essere buoni e giusti nei confronti di coloro che non vi hanno combattuto per la vostra religione e che non vi hanno scacciato dalle vostre case, poiché Allah ama coloro che si comportano con equità. Allah vi proibisce soltanto di essere alleati di coloro che vi hanno combattuto per la vostra religione, che vi hanno scacciato dalle vostre case, o che hanno contribuito alla vostra espulsione... (Corano, 60:8-9)
C’è un’importante distinzione qui. Non è lecito per i musulmani attaccare chi non li ha mai attaccati, anche se, a livello mentale, sono fortemente contrari ai musulmani. Un musulmano ha la responsabilità di trattare queste persone con rispetto e giustizia. Secondo questo versetto, ai musulmani è consentito solo l’impegno in una guerra difensiva contro coloro che li opprimono a causa delle loro fedi e che letteralmente li attaccano fisicamente; in altre parole, contro coloro che intraprendono l’ostilità. È naturale che chi viene attaccato si difenda. Questo è il diritto di ogni persona, nazione e paese, ed è anche la cosa giusta da fare.
Il fatto che il nostro Profeta (pbsl) non si sia impegnato in nessun atto di autodifesa fino a quando non furono rivelati i versetti che lo consentono, rappresenta enorme sacrificio e devozione religiosa.
Fino a quel momento il nostro Profeta (pbsl) aveva semplicemente fatto ricorso a metodi di compromesso, cercando di convincere l’altra parte, come richiesto dal versetto: “Chiama al sentiero del tuo Signore con la saggezza e la buona parola e discuti con loro nella maniera migliore... “ (Corano, 16:125) sebbene l’unico scopo dei pagani fosse il massacro.
Dopo aver sottolineato questo punto importante, dobbiamo esaminare uno ad uno tutti i versetti che i predicatori di superstizioni e gli oppositori dell’Islam tentano di portare come prova delle violenze perpetrate presumibilmente in nome dell’Islam, e confutare i loro errori a riguardo.
Prima di occuparci di questi versetti, dobbiamo sapere che tutte le battaglie descritte nel Corano sono state intraprese contro una particolare comunità in quella regione, e che queste condizioni particolari sono spiegate nei versetti. La comunità con la quale era stato raggiunto un accordo era politeista. Pertanto tutte queste battaglie sono state determinate dal comportamento e dall’aggressione della comunità in questione, la quale aveva violato gli accordi di pace e di amicizia. I versetti che furono fatti scendere riguardano quindi la situazione del momento e ne descrivono il clima.
Per capire meglio questo fatto, vediamo la definizione di “politeista” del periodo e gli accordi raggiunti con loro.
Sebbene secondo alcune testimonianze del periodo la parola politeista significhi semplicemente “colui che dà degli associati a Dio”, il termine si riferisce in realtà ai pagani che adorano gli idoli, che danno esplicitamente degli associati a Dio, che credono in innumerevoli divinità e che non sono musulmani, ebrei, sabei, cristiani o magiani.
Quando il Corano parla delle varie religioni che esistevano in Arabia durante il periodo della venuta dell’Islam, cita sempre i politeisti come un gruppo a sé. Nel periodo del nostro Profeta (pbsl), era ammesso sposare donne della Gente del Libro e mangiare il cibo preparato da loro, cioè dagli ebrei e dai cristiani, ma era invece proibito sposare donne o mangiare cibo cucinato dai magiani e dai sabei, e anche dai politeisti.
Dopo essere migrato verso Medina, il nostro Profeta (pbsl) firmò numerosi accordi con le comunità politeiste e con le persone che vivevano nella regione, invitandole ad essere sempre unite per costruire la pace, nonostante i politeisti avessero atteggiamenti estremi. Questa era una prova del fatto che popoli di diverse credenze, fedi e lingue avrebbero potuto convivere in pace. Una della più grandi prove del fatto che egli era un messaggero di pace e di amore, è che il primo testo che fece scrivere era un accordo di pace. Dopo la cattura di Mecca, il Profeta Muhammad (pbsl) liberò anche tutti i politeisti che in precedenza avevano torturato i musulmani, e li trattò con grande compassione. Questa nobile virtù morale del Profeta Muhammad (pbsl) era una cosa che non si era mai vista prima in una società araba, e fu accolta con grande approvazione.
Il Profeta (pbsl) è un modello per tutti i musulmani, per aver esercitato la giustizia nei territori conquistati. Il nostro Profeta (pbsl) applicò la giustizia rivelata nel Corano con gli abitanti dei paesi conquistati, e con loro fece accordi che avrebbero accontentato entrambe le parti e in base ai quali nessuno avrebbe sofferto la minima persecuzione.Il nostro Profeta (pbsl) e i suoi Compagni rappresentavano una comunità che stabilì la giustizia tra le persone, come spiegato nel versetto:
“Tra le Nostre creature c’è una comunità che guida secondo verità e con essa esercita la giustizia”. (Corano, 7:181)
L’accordo che il nostro Profeta (pbsl) fece col popolo cristiano di Najran nel sud della penisola arabica, fu uno dei migliori esempi della sua umanità e giustizia.
Uno degli articoli del trattato afferma:
“La vita degli abitanti di Najran e dell’area circostante, la loro religione, la loro terra, la proprietà, il bestiame, chi tra loro è presente o assente, i loro messaggeri e i loro luoghi di culto, sono sotto la protezione di Allah e la tutela del Suo Profeta”. (The Pact of Najran - Il Patto Di Najran, Article 6 - http://www.islamicresources.com /Pact_of_Najran.htm).
In seguito agli accordi presi con tutte le società di quella regione, il nostro Profeta (pbsl) fondò lo stato di Medina, elaborando la prima costituzione nella storia dell’Islam, la Costituzione di Medina. Questo fu il primo e il più perfetto esempio di una costituzione democratica e multilaterale.
La Costituzione di Medina fu la prima costituzione pluralista e la più democratica della storia, e dimostrò l'atteggiamento protettivo dei musulmani nei confronti dei diritti e delle leggi dei membri di tutte le altre fedi così come degli idolatri. |
comunità urbana composta di varie razze, religioni e tribù, un sistema democratico e pacifico mai visto prima nella penisola arabica.
In base a tale Costituzione, tutte le comunità di Medina avrebbero vissuto insieme in pace, organizzato la vita secondo la propria fede e le proprie credenze, e avrebbero potuto gestire e organizzare le proprie istituzioni e leggi. In questo modo tutte le comunità di Medina avrebbero potuto vivere insieme in pace e unità.
La Costituzione di Medina fu scritta nel 622 d.C., cioè circa 1400 anni fa, sotto la guida del Profeta Muhammad (pbsl) per rispondere alle esigenze di popoli di convinzioni diverse, ed è giunta fino a noi come un trattato legale scritto. E fu così che comunità che erano state ostili le une verso le altre per 120 anni, e che erano costituite da religioni e razze diverse, vennero incluse in un’unica costituzione. Attraverso questo accordo, il Profeta (pbsl) dimostrò che era possibile porre fine al conflitto tra delle comunità che non perdevano occasione di attaccarsi a vicenda, che erano ostili le une alle altre e che non erano mai scese a compromessi, e che queste avrebbero potuto facilmente vivere insieme.
Secondo la Costituzione di Medina, ognuno era libero di fare le proprie scelte religiose, politiche o filosofiche senza subire alcuna pressione da parte di chiunque. Si potevano formare comunità con persone di idee uguali. Ognuno era libero di esercitare il proprio sistema giudiziario. Tuttavia chi avrebbe commesso un reato, non avrebbe potuto essere protetto da nessuno. Le parti dell’accordo dovevano aiutarsi e sostenersi a vicenda, e sarebbero state sotto la protezione del Profeta Muhammad (pbsl). Le dispute tra parti diverse sarebbero state portate davanti al Messaggero di Dio. Anche i politeisti preferivano l’arbitrato del nostro Profeta (pbsl), dal momento che egli era la persona più equa.
Questo trattato elaborato dal nostro Profeta (pbsl) fu attuato in maniera graduale tra il 622 e il 632 d.C. Attraverso questa costituzione, la gente si allontanò dalla struttura tribale basata su legami di sangue e familiari, e persone con radici geografiche, culturali ed etniche molto diverse, si riunirono diventando un tutt’uno. La Costituzione di Medina stabilì anche un’ampia libertà di credo e religione. Uno degli articoli sulla libertà afferma:
“Gli ebrei di Banu ‘Awf, insieme ai credenti, sono una comunità. Agli ebrei la loro religione e ai musulmani la loro religione”. (The Constitution Of Medina - La Costituzione di Medina, http://www. islamic-study.org/jews-prophet-page-2.htm)
La Costituzione di Medina si compone di 47 articoli. Gli articoli da 1 a 23 riguardano i musulmani, mentre quelli da 24 a 47 riguardano le tribù ebraiche che si stabilirono a Medina. Un riferimento importante in termini di partecipazione da parte di membri di fedi diverse, viene fatto anche ai cristiani, che erano molto meno numerosi.
Un’analisi della Costituzione di Medina in un rapporto intitolato “Una Rivalutazione Della Carta Di Medina In Base Alla Prospettiva Del Pluralismo” del Professor Leonard Swidler, afferma che la Costituzione è un documento significativo nella dimostrazione dello sforzo del Profeta nel tentativo di unire la città, raccogliendo insieme i gruppi vari attorno alla legge, cosa che fu esplicitamente annunciata al popolo.
Questa carta dei privilegi è stato onorata e applicata fedelmente dai musulmani nel corso dei secoli in tutte le terre che hanno governato. |
Secondo questo rapporto, in termini di diritto, ogni individuo aveva uguali diritti, godeva della libertà di scegliere la propria religione e di partecipare alla guerra insieme ai musulmani, mentre vietava, in tutte le circostanze, di stabilire qualsiasi tipo di accordo separato con il nemico, questo nel tentativo di stabilire una stretta solidarietà tra i gruppi di Medina. L’autore del rapporto dice che il testo politico e religioso mirava a stabilire una nuova società sulla base dei valori dell’uguaglianza e della libertà. Com’è stato sottolineato nella Costituzione, la superiorità della legge sull’individuo era il passo fondamentale per il raggiungimento dell’obiettivo di garantire un clima di dialogo e convivenza. Gli articoli della Costituzione indicavano anche l’uguale responsabilità di ogni individuo nella difesa della città. Secondo questo rapporto, dato che i nomi di ogni gruppi della città erano stati citati uno ad uno, la Costituzione - e quindi il Profeta - riconoscevano e tenevano in considerazione tutti questi gruppi come entità legali. (Understanding Of Dialogue In America And Medina Charter - Comprensione Del Dialogo In America E Nella Carta Di Medina).
Il testo della Costituzione di Medina dimostra che i musulmani adottarono un atteggiamento protettivo nei confronti dei diritti e delle leggi dei politeisti, e che i politeisti volevano agire a fianco dei musulmani nella difesa di Medina. Un simile atteggiamento verso i politeisti non è affatto sorprendente perché nel Corano i musulmani hanno la responsabilità di proteggere i politeisti con i quali hanno stipulato degli accordi, anche a costo della loro stessa vita. (Questo verrà esposto più dettagliatamente in seguito).
In conclusione, la Costituzione in questione è considerata un documento molto importante che contiene il nucleo di unità e unione, amore e affetto, amicizia e pace, e rappresenta un esempio di dialogo tra musulmani e non musulmani in generale, e tra musulmani ed ebrei nello specifico. La concezione di amore e di pace del nostro Profeta (pbsl) si basava sul Corano, ma ad oggi è difficile riuscire a individuare una società musulmana capace di vivere secondo lo stesso pensiero. Questo è una prova molto importante che testimonia che la prima costituzione più democratica della storia, venne fatta scrivere e fu attuata dal nostro Profeta (pbsl).
Le sezioni successive di questo libro vanno pertanto valutate alla luce di queste informazioni. Le pratiche degli odierni predicatori di superstizioni sono radicalmente diverse dalle raccomandazioni del Sacro Corano, che ordina che i politeisti vengano protetti, e afferma che la Gente del Libro (ebrei e cristiani) gode di uno status particolare per i musulmani, e dalle pratiche del Profeta Muhammad (pbsl), che ha sempre mirato alla pace e alla democrazia.
Sebbene il successo sia per loro qualcosa di irraggiungibile, i predicatori di superstizioni sono sempre alla ricerca di prove nel Corano che giustifichino il continuo conflitto, ma il Corano incoraggia sempre la pace. Questo importante fatto deve essere tenuto in mente nell’interpretazione dei versetti riguardanti la guerra.
◉ Questo è un messaggio da Muhammad ibn Abdullah, come patto per i seguaci del Cristianesimo, vicini e lontani, noi siamo con loro.
◉ In verità, io, i servi, gli aiutanti, e miei seguaci li difendiamo perché i cristiani sono miei cittadini, e per Allah, rifiuto tutto ciò che dispiace loro.
◉ Nessuna costrizione deve essere su di loro.
◉ Né i loro giudici devono essere rimossi dai loro posti di lavoro, né i loro monaci dai loro monasteri.
◉ Che nessuno distrugga le case della loro religione per danneggiarli o per portare qualcosa da esse alle case dei musulmani.
◉ Se qualcuno dovesse prendere qualcosa, rovinerebbe il patto di Dio e disobbedirebbe al Suo Profeta. In verità, essi sono i miei alleati e hanno il mio patto di sicurezza contro tutto ciò che odiano.
◉ Nessuno deve costringerli a viaggiare o obbligarli a combattere.
◉ I musulmani devono combattere per loro.
◉ Se una donna cristiana è sposata con un musulmano, egli non deve prendere posto senza la sua approvazione. A lei non deve essere impedito di andare alla sua chiesa a pregare.
◉ Le loro chiese devono essere rispettate. Non dev’essere impedito che esse o la sacralità delle loro alleanza vengano tenute in buono stato.
◉ Nessuno della comunità (musulmana) deve disobbedire al patto fino all’Ultimo Giorno (la fine del mondo).
Dopo aver visto la definizione di guerra nel Corano, esaminiamo ora i versetti sulla guerra che vengono usati in maniera sbagliata da alcuni radicali e utilizzati da alcuni oppositori dell’Islam per criticarlo:
Uccideteli ovunque li incontriate, e scacciateli da dove vi hanno scacciati: la Fitna (sedizione, conflitto) è peggiore dell’omicidio. Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito. Se vi assalgono, uccideteli. Questa è la ricompensa dei miscredenti. (Corano, 2:191)
Questo versetto è quello che fu rivelato dopo che i musulmani vennero sottoposti a forti pressioni e violenza e furono costretti a migrare da Mecca a Medina. Quando i musulmani si trovarono nelle condizioni di cui abbiamo discusso dettagliatamente in precedenza, ricevettero il comando di difendersi contro gli attacchi diretti. Usarono gli stessi metodi che usò la comunità che li attaccava, che non smise mai di opprimerli, che rifiutò di ascoltare anche delle belle parole e che fece orecchie da mercante a tutti gli inviti alla pace o alla negoziazione.
Il versetto contiene anche un appunto alle regole di guerra : “Ma non attaccateli vicino alla Santa Moschea, fino a che essi non vi abbiano aggredito”. Come abbiamo visto, l’unica condizione per la lotta è che l’altra parte abbia attaccato per prima. Se gli altri non dichiarano guerra, se non attaccano, allora è assolutamente illecito per i musulmani combattere gli idolatri.
Senza dubbio è molto sospetto il modo in cui i radicali e gli oppositori dell’Islam che distorcono il versetto, ignorano questa disposizione piuttosto importante. Il versetto garantisce esplicitamente ai musulmani il solo diritto all’autodifesa: il versetto non ordina quindi la guerra e l’aggressione.
Un altro elemento importante rivelato nel versetto afferma: “La fitna (sedizione, conflitto) è peggiore dell’omicidio”. Istigare una comunità, incoraggiare l’odio, diffondere l’odio, l’anarchia e il terrore, divulgare calunnie e falsità producendo quindi masse di persone ostili, è fitna, e il versetto ci dice che la fitna è peggiore dell’omicidio; quindi, le comunità che attaccano i musulmani sono quelle che si impegnano in una vera fitna psicologica e segreta, e il danno che fanno è molto grande. È naturale che i musulmani si difendano quando si trovano davanti all’aggressività.
Il modo in cui alcuni fanatici vengono imbrogliati dalle dicerie o dalle superstizioni, e il modo in cui affermano che gli individui, le società o le fedi stiano diffondendo la fitna, per poi cercare nei versetti del Corano delle presunte prove che sostengano la loro devianza, è estremamente sbagliato. La fitna implica azioni che portano alla corruzione come ad esempio il propagandare la divisione tra i musulmani, condurli alla perdita e al peccato infliggendo loro ogni sorta di problema per poi creare infrastrutture di ribellioni di massa e impegnarsi in aggressioni fisiche e verbali contro di loro. Pertanto, per poter accusare qualcuno di fitna, quella persona deve avere commesso una o più di queste azioni. Coloro che cercano di accusare i membri di un’altra setta o, in particolar modo gli ebrei o Israele, etichettandoli come gente che sparge la fitna, vanno quindi contro questo versetto.
Secondo il Corano è un peccato accusare tutti gli ebrei o Israele di spargere la fitna. Le persone che la diffondono possono far parte di qualsiasi religione o paese. Quindi, così come non è possibile marchiare tutti gli arabi, i turchi o i musulmani come spargitori di fitna semplicemente perché ci sono alcuni arabi, turchi o musulmani che realmente diffondono la fitna, non è possibile etichettare tutti gli ebrei o tutti gli israeliani come spargitori di fitna. Secondo il Corano, un musulmano può cenare in casa di un ebreo, può essere suo ospite e amico, e può anche sposare una donna ebrea (questo verrà chiarito nel dettaglio nel capitolo “L’Opinione Dell’Islam Nei Confronti Della Gente Del Libro”). Quindi è impossibile per un musulmano etichettare indistintamente ogni ebreo come spargitore di fitna. Le persone che fanno questo genere di affermazioni radicali non sanno nulla del Corano, come abbiamo già detto prima, e agiscono spinte dall’ignoranza derivante dall’essere cresciuti sotto l’influenza di innumerevoli hadith fabbricati riguardanti la fitna e gli ebrei. La posizione della Gente del Libro nel Corano sarà esaminata a tempo debito nei capitoli successivi.
Vorrebbero che foste miscredenti come lo sono loro e allora sareste tutti uguali. Non sceglietevi amici tra loro, finché non emigrano per la causa di Allah. Ma se vi volgono le spalle, allora afferrateli e uccideteli ovunque li troviate. Non sceglietevi tra loro né amici, né alleati... (Corano, 4:89)
Eccetto coloro che si rifugiano presso gente con la quale avete stabilito un accordo, o che vengono da voi con l’angoscia di dovervi combattere o combattere la loro gente. Se Allah avesse voluto, avrebbe dato loro potere su di voi e vi avrebbero combattuti. Pertanto, se rimangono neutrali, non vi combattono e vi offrono la pace, ebbene, Allah non vi concede nulla contro di loro. (Corano, 4:90)
Altri ne troverete che vogliono essere in buoni rapporti con voi e con la loro gente. Ogni volta che hanno occasione di sedizione, vi si precipitano. Se non si mantengono neutrali, se non vi offrono la pace e non abbassano le armi, afferrateli e uccideteli ovunque li incontriate. Vi abbiamo dato su di loro evidente potere. (Corano, 4:91)
Questi versetti si riferiscono agli ipocriti che sostengono di essere musulmani, vivono tra i musulmani e sembrano far parte di loro, ma in realtà nutrono un grande ostilità verso Dio e l’Islam, e cercano di colpire i musulmani alle spalle. Dio rivela che coloro che muoiono da ipocriti saranno gettati nel livello più basso dell’inferno. Come si può vedere, a causa della sua doppia faccia e della sua natura traditrice, l’ipocrisia è una caratteristica umana particolarmente pericolosa e spregevole, a differenza di quelle che hanno i predicatori di superstizioni o i politeisti.
Il versetto 89 della Sura an-Nisa’ vieta di avere come amici gli ipocriti e coloro che abbandonano i musulmani e che cercano di farli cadere nelle loro stesse depravazioni. Ciò che giustifica la lotta contro di loro è il fatto che gli ipocriti in questione si impegnano in attacchi fisici contro i musulmani. Questo lo possiamo vedere nel versetto che segue, il versetto numero 90. Come sottolineano le parole “se rimangono neutrali, non vi combattono e vi offrono la pace” non c’è motivo di portare rancore nei confronti di una comunità che non compia degli attacchi. La comunità contro la quale è consentita l’uccisione è chiaramente quella che dichiara guerra per prima contro i musulmani. Qui viene chiaramente dato il diritto ai musulmani di difendersi di fronte agli attacchi.
Inoltre il versetto 90 della Sura an-Nisa’, è un’altra manifestazione del linguaggio giusto, indulgente e affettuoso del Corano, che favorisce sempre la pace. Anche alcuni ipocriti, che fino ad allora avevano sempre pugnalato i musulmani alle spalle e li avevano traditi, ma che in seguito hanno adottato un atteggiamento pacifico nei loro confronti, sono immuni, come possiamo capire dalle parole: “Eccetto coloro che si rifugiano presso gente con la quale avete stabilito un accordo, o che vengono da voi con l’angoscia di dovervi combattere o combattere la loro gente”. Allo stesso modo Dio afferma: “se rimangono neutrali, non vi combattono e vi offrono la pace, ebbene, Allah non vi concede nulla contro di loro” enfatizzando nuovamente la loro immunità. Questa è la vera definizione di giustizia.
Il versetto 91 parla di una situazione descritta in base alle stesse condizioni: ipocriti che si pentono e che dicono di non voler combattere ma che poi tornano alla fitna e ricominciano ad attaccare i musulmani. In tal caso, il Corano rievoca la disposizione relativa alla guerra, affermando che quelle persone non devono essere toccate fintanto che non attaccano, ma che se lo fanno, allora l’autodifesa sarà legittima.
Dobbiamo ricordare che il versetto descrive una situazione ben specifica che si verificò durante la Battaglia di Uhud, e che riguarda gli ipocriti che compirono atti di tradimento sul campo di battaglia.
Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro agguati. Se poi si pentono, eseguono l’orazione e pagano la decima, lasciateli andare per la loro strada. Allah è perdonatore, misericordioso. (Corano, 9:5)
Al fine di comprendere le condizioni di questo versetto, dobbiamo iniziare a leggere dal versetto numero 1 della Sura at-Tawba; in questo modo ci potremo rendere conto che i politeisti che meritano un contrattacco non sono “tutti”, ma solo quelli che perpetrano attacchi selvaggi contro i musulmani e che poi giungono a un accordo per non combattere durante i mesi sacri. I politeisti in questo caso sono quelli che astutamente cercarono di perseguitare i musulmani e continuarono ad attaccarli anche durante i mesi sacri togliendo la vita ai musulmani, nonostante avessero fatto un accordo equo con i musulmani e pur sapendo molto bene che essi non entrerebbero mai in guerra durante i mesi sacri.
Questo versetto dà ai musulmani che si trovano in queste condizioni, il diritto di difendersi contro gli attacchi selvaggi. Come dimostrato nel versetto, anche se i politeisti effettuarono i loro feroci attacchi durante i mesi sacri, i musulmani, durante quei mesi non risposero, rispettando il comando di Dio. Dimostrarono pazienza durante quel periodo e solo dopo la fine dei mesi sacri cominciarono a difendersi. Si può notare anche che il versetto descrive il metodo che deve essere utilizzato durante la difesa: sequestro, assedio e agguato in tutte le strade. Le condizioni primarie in caso di guerra, basate sul diritto internazionale sono assedio e sequestro. Vengono seguiti e mantenuti i passaggi necessari per l’assedio, e di conseguenza viene impedito all’altra parte di muoversi. Questo versetto quindi descrive il metodo utilizzato all’epoca e ora considerato legittimo in base al diritto internazionale. L’unica differenza è che non sono i musulmani che stanno attaccando; essi stanno semplicemente cercando di porre fine agli attacchi contro di loro.
È fuori discussione, in questo versetto, il fatto di impegnarsi in una qualsiasi battaglia contro coloro che interrompono i loro attacchi e si pentono. Essi devono essere rilasciati; questo è esplicito.
Leggendo il versetto successivo, troviamo una dichiarazione molto importante che descrive lo spirito amorevole e protettivo del Corano. Questo versetto annulla tutte le affermazioni fatte sui musulmani dagli avversari dell’Islam. Il versetto dice:
E se qualche associatore ti chiede asilo, concediglielo affinché possa ascoltare la Parola di Allah, e poi rimandalo in sicurezza. Ciò in quanto è gente che non conosce! (Corano, 9:6)
Attraverso questo versetto, i musulmani vengono invitati ad aiutare un politeista che si rifugia presso di loro e cerca il loro aiuto, anche se questo mette in pericolo la loro stessa vita. Il versetto suggerisce anche che un musulmano dovrebbe usare se stesso come scudo per proteggere quel politeista. Per dirla in altro modo, egli ha la responsabilità di rischiare la propria vita per proteggere qualcuno che nega Dio e portarlo in salvo.
Questo è quanto comanda il Corano. Secondo questo comandamento, nessuno deve essere ucciso per non aver creduto in Dio. Al contrario deve essere protetto, anche a costo della vita dei musulmani. Pertanto, la giustificazione alla guerra non ha nulla a che fare con il fatto che l’altra parte creda o non creda in Dio, o che appartenga a un’altra fede. La giustificazione alla guerra è il fatto che l’altra parte commette aggressioni e torture, e toglie la vita delle persone.
Un altro punto citato nel versetto è che ogni individuo sarà sotto la protezione dei musulmani purché non attacchi o non assuma dei comportamenti estremi, a prescindere dalla sua religione, lingua, etnia o credo. Un musulmano ha la responsabilità di proteggere la Gente del Libro, o un ateo, o un comunista, nello stesso modo in cui protegge gli altri musulmani; questo è un requisito necessario per essere un musulmano e questa è la descrizione di un musulmano nel Corano. Se qualcuno dice: “Io sono musulmano”, egli deve essere protettivo nei confronti degli altri.
Non combatterete contro gente che ha violato i giuramenti e cercato di scacciare il Messaggero? Sono loro che vi hanno attaccato per primi. Li temerete? Allah ha ben più diritto di essere temuto, se siete credenti. (Corano, 9:13)
Questo è un altro di quei versetti che espongono i comandamenti del Corano riguardanti i combattimenti. Quando, dopo essere giunta a una tregua con i musulmani - in altre parole dopo aver vissuto in pace con loro come stabilito dagli accordi – una comunità politeista ruppe quella tregua e iniziò ad attaccare, quando cercò di costringere il nostro Profeta (pbsl) a lasciare la propria terra e ad andare in esilio e quando, come afferma esplicitamente il versetto, attaccò per prima, i musulmani ebbero il diritto di combatterla.
La ricompensa di coloro che fanno la guerra ad Allah e al Suo Messaggero e che seminano la corruzione sulla terra è che siano uccisi o crocifissi, che siano loro tagliate la mano e la gamba da lati opposti o che siano esiliati sulla terra: ecco l’ignominia che li toccherà in questa vita; nell’altra vita avranno castigo immenso. (Corano, 5:33)
Il tema che è stato particolarmente sottolineato in tutti i versetti riguardanti la guerra, appare anche in questo versetto. Le caratteristiche della comunità da combattere sono indicate nel dettaglio di seguito: si tratta di quella comunità che fa la guerra a Dio e al Suo Messaggero e sparge la corruzione. Sono persone che non si limitano a commettere attacchi fisici contro i musulmani, ma diffondono la corruzione in tutto il mondo. Il versetto parla di una comunità che rappresenta un problema per il mondo intero, e che tutti considerano come una società perversa, corrotta e bellicosa.
Come in tutte le guerre, uccidere è possibile se serve a fare resistenza contro una comunità che ha attivamente dichiarato guerra ai musulmani, e nel momento in cui è l’ultima soluzione a cui ricorrere; una delle misure che possono essere applicate è quella di cacciare quella comunità dalla sua terra. Per dirla con altre parole, secondo i versetti del Corano, i musulmani sono autorizzati a fare delle cose che normalmente sono vietate - come uccidere e costringere le persone all’esilio - solo nel caso di un dichiarato stato di guerra.
Questo versetto va valutato alla luce della prospettiva e delle prove che abbiamo nel dettaglio. Non va dimenticato che il periodo medinese nel quale furono rivelati alcuni versetti, era un’epoca di intensi combattimenti che furono puramente il frutto delle ingiustizie perpetrate contro i musulmani che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case, solo perché dicevano: “Allah è il nostro Signore”... (Corano, 22:40), come riportato in un versetto. Un altro versetto afferma che “se rimangono neutrali, non vi combattono e vi offrono la pace, ebbene, Allah non vi concede nulla contro di loro” (Corano, 4:90). I musulmani hanno quindi la responsabilità di non continuare con i combattimenti e le offese verso l’altra parte, nel momento in cui davvero questi giungono alla fine.
Se diamo uno sguardo a pochi versetti prima del versetto 57 della Sura al-Anfal, noteremo che essi fanno riferimento a quelle comunità con le quali i musulmani avevano raggiunto un accordo. Come descritto in quasi tutti i versetti che danno il permesso alla legittima auto-difesa, queste comunità sono quelle che avevano rotto la loro tregua con i musulmani e subito dopo li avevano attaccati.
È importante produrre una forza di dissuasione nei confronti di quella comunità che commettono attacchi uno dopo l’altro, che rifiutano di sentire ragioni e portano la corruzione rompendo costantemente gli accordi di pace, perché una volta fatto ciò quelle comunità, abituate a spargere la corruzione, non avranno più la forza di farlo e gli altri gruppi di politeisti che si preparano a seguire il loro esempio, a creare corruzione e a originare attacchi, non avranno il coraggio di farlo. Si tratta di una misura precauzionale necessaria e importante contro quelle comunità che rompono i trattati di pace, che impedirà ulteriori conflitti.
Grande importanza viene attribuita alle sanzioni deterrenti nelle costituzioni di quasi tutti i paesi del mondo, e nel diritto internazionale. L’obiettivo è quello di prevenire che un reato venga commesso dalla stessa persona o da altri. Queste precauzioni del diritto internazionale sono estremamente appropriate e, contrastare le stesse misure quando si tratta dell’Islam, oltre che essere una violazione sia del buon senso che dell’equità, è un’ingiustizia nei confronti di quelle persone che le considerano necessarie per lo stato di diritto.
Quando [in combattimento] incontrate i miscredenti, colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati, poi legateli strettamente. In seguito liberateli graziosamente o in cambio di un riscatto, finché la guerra non abbia fine. Questo è [l’ordine di Allah]. Se Allah avesse voluto, li avrebbe sconfitti, ma ha voluto mettervi alla prova, gli uni contro gli altri. E farà sì che non vadano perdute le opere di coloro che saranno stati uccisi sulla via di Allah. (Corano, 47:4)
Come nel caso di altri versetti, ciò che questo versetto enfatizza è la presenza di un clima di guerra. Il trattato è stato rotto, i politeisti sono andati all’attacco e non vi è più nessuna alternativa oltre alla risposta a questa aggressione. Ciò che questo versetto sta descrivendo, sono le regole internazionali di guerra. Inoltre descrive qualcosa che non viene applicato secondo le norme internazionali di guerra: la liberazione dei prigionieri alla fine del combattimento. I prigionieri di guerra sono ancora detenuti a Guantanamo Bay a Cuba, nonostante la guerra in Afghanistan sia finita, e organizzazioni come le Nazioni Unite e la NATO ritengono questo fatto legittimo. Al contrario il Corano non considera tale illegittimità legittima: dal punto di vista dell’Islam, tutti i detenuti devono essere rilasciati non appena il combattimento giunge al termine.
I versetti relativi alla guerra descrivono chiaramente le guerre difensive in base alle condizioni del tempo, intraprese solo contro i politeisti e gli ipocriti che iniziarono le ostilità e sparsero fitna e corruzione. La ragione principale per la quale questi versetti vengono mal interpretati e utilizzati nelle politiche di rabbia e odio dei radicali, sono le centinaia di falsi hadith che sono stati attribuiti all’Islam e le false prospettive di alcuni analisti. Il Corano deve essere letto con una mente pura e aperta, libera da tutti i falsi hadith e da altre superstizioni. Se considerato alla luce della realtà della guerra dell’epoca, il significato di questi versetti apparirà chiaro come il cristallo.
Secondo la legge islamica, la guerra è consentita solo per scopi difensivi, e i prigionieri devono essere rilasciati quando è finita. Questa è una pratica che non si trova neanche nella legge internazionale della guerra. Anzi, i prigionieri dei conflitti passati vengono tenuti ancora in condizioni difficili nelle carceri come Guantanamo Bay. |
Coloro che sostengono che l’Islam si sia diffuso attraverso la guerra e che sia un credo militante (sicuramente l’Islam va ben oltre questo), dovrebbero rendersi conto che la loro visione è in realtà diametralmente opposta agli insegnamenti dell’Islam. Tutti i malintesi riguardanti l’Islam derivano da hadith fabbricati e superstizioni, e dalle ineterpretazioni di alcuni cosiddetti sapienti emerse dopo la rivelazione del Corano e la scomparsa del Profeta Muhammad (pbsl). Alcuni gruppi radicali, basandosi su questi hadith fabbricati, hanno mal interpretato l’Islam e si sono inventati spiegazioni per giustificare la guerra. È così che hanno trovato le cosiddette giustificazioni ai loro attacchi contro i non-musulmani, e contro quei musulmani che avevano opinioni diverse dalle loro.
Come abbiamo dettagliatamente spiegato in precedenza, nel Corano non vi è alcuna giustificazione per attaccare l’altra parte. Il Corano fornisce la migliore descrizione di democrazia e libertà. In un clima di democrazia e libertà, è impossibile considerare l’altra parte come il nemico, o cercare di metterla a tacere. Quello è un clima in cui tutti vengono rispettati e tutti possono parlare liberamente, e la Sharia islamica descrive proprio questa situazione. Pertanto, non vi è alcuna giustificazione alla guerra offensiva nel Corano. Tuttavia, secondo la Sharia inventata dai seguaci della superstizione, ci sono innumerevoli ragioni per combattere, attaccare e uccidere. Esaminiamo questo fatto attraverso le parole di alcuni versetti del Corano.
Coloro che usano la guerra, la forza o la coercizione per imporre l’Islam a qualcuno, stanno tradendo il Corano. Una delle affermazioni più esplicite nel Corano è che “non c’è costrizione nella religione”:
“Non c’è costrizione nella religione... “ (Corano, 2:256)
Questo è un comandamento esplicito del Corano. Nessun musulmano può disobbedire a tale comando e costringere qualcun altro ad essere devoto. È espressamente proibito nel Corano.
Il nostro Profeta (pbsl) è solo un consigliere. Ha la responsabilità di predicare e introdurre l’Islam, l’ultima religione rivelata, alle comunità. Al suo tempo, alcuni di quelli che avevano sentito parlare di Islam dalla bocca del nostro Profeta (pbsl) e da altri musulmani, entrarono nella fede, mentre altri no. Come esplicitamente richiesto dal Corano, né il nostro Profeta (pbsl) né gli altri musulmani insieme a lui fecero mai ricorso alla costrizione. Il nostro Profeta (pbsl) ci ricorda nel Corano: Ammonisci dunque, ché tu altro non sei che un ammonitore e non hai autorità alcuna su di loro (Corano, 88:21-22)
La costrizione è quindi assolutamente vietata.
Secondo il Corano, i musulmani hanno il dovere di parlare dei valori morali dell’Islam alla gente, ma nessuno può usare la costrizione e dire: “Devi diventare un musulmano” o “Devi seguire le osservanze religiose.” Lo scopo del Corano è quello di portare l’amore e la pace nel mondo. Tale pressione è quindi incompatibile con il Corano.
Di’: “La verità [proviene] dal vostro Signore: creda chi vuole e chi vuole neghi”. (Corano, 18:29)
Se il tuo Signore volesse, tutti coloro che sono sulla terra crederebbero. Sta a te costringerli ad essere credenti? (Corano, 10:99)
Ben conosciamo quello che dicono: tu non sei tiranno nei loro confronti! Ammonisci dunque con il Corano chi non teme la Mia minaccia. (Corano, 50:45)
Di’: «O miscredenti! Io non adoro quel che voi adorate e voi non siete adoratori di quel che io adoro. Io non sono adoratore di quel che voi avete adorato e voi non siete adoratori di quel che io adoro: a voi la vostra religione, a me la mia». (Corano, 109:1-6)
Dato che la forza e la costrizione sono proibite nel Corano, non vi è alcuna giustificazione alla guerra, all’aggressione, all’ostilità o alla rabbia. Oltre alla conversione, a cos’altro verrebbero forzati i politeisti da parte delle comunità musulmane? È chiaro che è illegale per qualcuno essere costretto a convertirsi. Pertanto, secondo l’Islam del Corano, imporre l’Islam non può mai essere un pretesto per la guerra.
L’Islam rispetta tutte le ideologie e le nazioni, tutti i gruppi etnici, tutte le idee e le fedi. L’Islam è una religione in cui tutte le opinioni vengono ascoltate, e che permette la massima libertà di pensiero ed espressione possibile. La guerra causata da qualsiasi scontro di idee o etnie è naturalmente impossibile in una fede con una concezione di democrazia e libertà talmente eccellente.
Secondo il Corano, un leader musulmano deve essere una persona che accoglie anche cristiani, ebrei, atei, comunisti, agnostici, buddisti e persone che aderiscono ad altre credenze e sistemi ideologici, all’interno della comunità che guida. Egli deve rendere effettiva un’assoluta libertà di idee e garantire piena libertà alle persone.
I conflitti, le calunnie e la gente ipocrita sono presenti laddove non c’è la libertà. Egli deve prevenire tutto ciò e fare quanto viene richiesto dal Corano. Come indicato nel versetto: “O voi che credete, attenetevi alla giustizia e rendete testimonianza innanzi ad Allah, foss’anche contro voi stessi, i vostri genitori o i vostri parenti... “ (Corano, 4:135) ogni credente ha la responsabilità di sostenere la giustizia a prescindere dal tipo di individuo, credenza o origine, anche se ciò è per lui uno svantaggio.
Come ci possono essere nemici nell’Islam? L’Islam è una religione che comanda a tutti gli uomini di essere uguali e fratelli. Secondo l’Islam, non importa quali siano il colore, la lingua, la religione, la razza, la cittadinanza o la posizione sociale di una persona, che è degna di rispetto semplicemente per il fatto di essere un’entità con un’anima. Come affermano tutte le religioni rivelate, gli esseri umani sono fratelli, essendo tutti figli del Profeta Adamo (pace su di lui). Questo principio di fraternità è un requisito del credo religioso.
L’Islam si oppone a tutte le ideologie e a tutte le idee di genere fascista, così come alle filosofie darwiniste e materialiste che si basano sulla superiorità razziale e che dividono le persone nelle false categorie di “progredite” e “primitive”. Si impegna quindi in una lotta intellettuale e razionale contro i conflitti causati da tali ideologie per le quali non c’è spazio nell’Islam.
La regola dell’Islam che afferma che tutti gli esseri umani sono degni di rispetto, costituisce la base di tutte le relazioni tra le persone. Dal punto di vista dell’Islam, anche qualcuno che agisce scorrettamente avrà sempre la possibilità di trovare la direzione verso la bontà. È quindi impossibile che un vero musulmano abbia dei nemici. Ogni musulmano ha la responsabilità di trattare il prossimo con affetto e di parlargli delle virtù morali, di non farsi nemici e di non complottare per annientare gli altri.
Dal momento che nel Corano non vi è alcuna distinzione tra le persone in materia di superiorità, l’uso del termine “i figli di Adamo” dimostra che, a tale proposito, tutti gli uomini sono uguali:
In verità abbiamo onorato i figli di Adamo, li abbiamo condotti sulla terra e sul mare e abbiamo concesso loro cibo eccellente e li abbiamo fatti primeggiare su molte delle Nostre creature. (Corano, 17:70)
Il modo in cui una religione viene presentata da molti come una religione di guerra sebbene non vi sia alcun pretesto, come abbiamo riassunto poco fa, deriva interamente dalle pratiche dei predicatori di superstizioni. Alcune persone sono generalmente confuse riguardo all’Islam semplicemente perché non ne conoscono le spiegazioni, e perché seguono le pratiche dei radicali. Le persone con una mentalità radicale non sono coscienti del fatto che stanno seguendo comandamenti esterni al Corano e che hanno adottato una fede molto diversa dal vero Islam. La religione dell’Islam e la Sharia islamica sono basate sui versetti coranici. Altre fonti che si basano sugli hadith fabbricati e sulle superstizioni non hanno alcun valore per un vero musulmano. Quindi, i veri musulmani che seguono il Corano, desiderano la guerra? La risposta è ovvia: no.
VIOLENZA, ODIO E MANCANZA D'AMORE SONO CARATTERISTICHE DEI RADICALI. NON TROVANO POSTO NELL'ISLAM. |
Alcuni presunti leader religiosi sono pedine messe in moto in caso di necessità di creare guerra e disordine. Essi sono seguiti da diverse unità di intelligence e svolgono un ruolo nel portare avanti la guerra della quale vengono accusati. |
Il campo degli armamenti viene sempre tenuto in vita da alcuni gruppi. È anche l’unico settore che non viene colpito dalla crisi economica. Si tratta di un settore attivo, in cui domanda e offerta non finiscono mai e nel cui mercato vengono sempre proposte delle novità. Il modo di mantenere vivo questo settore è senza dubbio attraverso “la guerra”. È in quest’ottica che quelle masse di persone ignoranti che considerano il proprio destino come un destino di guerra, e che sono pronte ad uccidere e ad essere uccise, in altre parole i gruppi radicali che agiscono nel nome dell’Islam, vengono provocate.
Alcuni neoconservatori ed oppositori dell’Islam in Occidente hanno ragione quando sostengono che la violenza viene diffusa dai radicali. Tuttavia, queste persone si sbagliano quando parlano di alcuni leader come Osama bin Laden. Questi cosiddetti leader sono, generalmente, persone senza alcun interesse nei confronti dell’Islam e dei musulmani, e vengono preparate sotto la supervisione di vari servizi segreti. Non appena si desidera creare un clima di agitazione o guerra, queste persone vengono immediatamente coinvolte. Passano il proprio tempo nei bar e nelle caffetterie dei paesi occidentali, ma quando arriva il comando, si fanno crescere la barba, cambiano l’abbigliamento e il linguaggio, assumono un aspetto tipicamente mediorientale e si preparano ad operare seguendo quelle superstizioni che hanno imparato nel corso degli anni.
Questo scenario è diventato una realtà svariate volte; Osama bin Laden era solo uno degli attori di questo scenario. La venuta di Hazrat Mahdi (pace su di lui), il più grande evento della Fine dei Tempi preannunciata dal nostro Profeta (pbsl), e le sincere aspettative dei musulmani riguardo ad essa, sono state utilizzate da alcuni gruppi, al fine di dare l’impressione che bin Laden fosse lo stesso Mahdi e, per convincere molte persone di questo, sono stati fatti parecchi sforzi. Il percorso iniziato con bin Laden ha colpito non solo l’Afghanistan, ma anche tutto il mondo musulmano; lo scenario doveva terminare con le immagini del cadavere di bin Laden. Questa è stata forse la parte più impressionante di tutto il piano in base al quale il mondo musulmano avrebbe potuto vivere la morte del suo Mahdi e avrebbe quindi perduto ogni speranza ed aspettativa. Questo è stato uno scenario sistematico finalizzato all’indebolimento e all’ulteriore sfruttamento del mondo islamico.
Le persone con mentalità radicali sono senza dubbio colpevoli riguardo a tutto ciò, ma non dobbiamo ignorare le forze che le alimentano. La guerra è sempre al servizio degli interessi di qualcuno nel momento in cui l’industria degli armamenti è così forte. Di solito sono i gruppi radicali che vengono incitati al combattimento, ma sono coloro che hanno bisogno della guerra per i propri scopi malvagi a reggere le fila. Questi gruppi, pronti alla guerra a causa della loro ignoranza, sono la “copertura” ideale per quelle forze che stanno dietro le quinte; essi sono soltanto delle pedine che possono facilmente essere mandate in guerra.
Naturalmente, questo non significa voler attenuare i crimini di coloro che sono caduti nelle grinfie dei gruppi radicali e dei predicatori di superstizioni che si suddividono in sette e hanno dichiarato di essere nemici l’uno verso l’altro, ma solo affermare che questa è un’importante realtà che non va ignorata. Infatti le varie organizzazioni che gestiscono ed inscenano apertamente proteste e rivolte, soprattutto nei paesi musulmani, non esitano minimamente ad esprimere apertamente i loro obiettivi.
Tenendo tutto questo in considerazione, per raggiungere la pace è necessario perseguire il bene dell’intera umanità piuttosto che il beneficio individuale; la fame dei territori e le ostilità devono finire, e la mentalità estremista deve essere eliminata. Le vere fedi, i valori morali religiosi, i credenti e il Corano sono tutte cose indispensabili per raggiungere tale obbiettivo. I conflitti basati sul desiderio di benefici politici o materiali, di territorio o di ideologia, continuano ad aumentare fino ad assumere le più terribili dimensioni. L’unico modo per eliminare tutto questo è seguire un’adeguata educazione alla vera comprensione della fede, usando il Corano come punto di riferimento. Questa educazione può eliminare tutti questi errori e assorbire tutte le ostilità. Una volta che la mentalità della gente sarà cambiata, non ci saranno più motivi per l’ostilità o per la guerra, e l’unico modo per raggiungere questo cambiamento è attraverso l’istruzione basata sulla moralità del Corano.
All’inizio del 2015 è stata pubblicata la forma ampiamente rivista di un rapporto della CIA. Il rapporto ha attirato una grande attenzione in tutto il mondo. È un fatto noto che gli Stati Uniti hanno inflitto gravi torture ai prigionieri detenuti per motivi di sospetto soprattutto dopo l’11 settembre, e questo rapporto le ha documentate.
Il mondo è venuto a conoscenza, più o meno, di come hanno iniziato a funzionare le attività dell’intelligence negli Stati Uniti dopo l’11 settembre, attraverso le immagini del famigerato carcere di Abu Ghraib, delle tecniche di persecuzione emerse da Guantanamo, e delle testimonianze e racconti di ex detenuti. La tortura è una pratica che è stata utilizzata, anche prima dell’11 settembre, in alcune parti degli Stati Uniti, ma tutto il mondo, in questo rapporto, ha visto nel dettaglio i nuovi metodi di tortura che sono stati inventati e i fondi che sono stati stanziati per pagare gli esperti che implementavano queste tecniche. Che benefici hanno effettivamente portato gli anni di torture agli Stati Uniti e al resto del mondo libero?
Possiamo facilmente rispondere a questa domanda con la parola “nessuno”. Il senatore statunitense Harry Reid ammette che le torture non hanno dato niente agli Stati Uniti oltre a una cattiva fama1. I ricercatori hanno confermato - dopo aver esaminato l’incredibile cifra di sei milioni di pagine di documenti della CIA - che l’agenzia non ha acquisito alcuna informazione di vitale importanza.
È risaputo che è quasi impossibile ottenere informazioni in tempo reale o precise sulle organizzazioni terroristiche radicali, dai loro dirigenti o membri. I terroristi in possesso di tali informazioni sparerebbero contro le forze di sicurezza, militari o di polizia, oppure si farebbero uccidere o si suiciderebbero se fossero in procinto di essere catturati. Questo è accaduto più e più volte. Tuttavia, l’esaminazione dei profili di persone catturate e imprigionate dagli Stati Uniti dimostra che la maggior parte sono state arrestate senza opporre resistenza. Le informazioni ottenute da questi individui non sono altro che confessioni fatte affinché venisse posta fine alle torture.
Un altro punto su cui dobbiamo concentrarci sono quei valori che gli Stati Uniti proteggono combattendo, e il fatto che la tortura non dovrebbe trovare posto tra questi valori. Gli Stati Uniti vogliono che il popolo sia libero, e che non abbia paura di essere attaccato, vogliono costruire un paese in cui i valori tradizionali vengano conservati in pace e tranquillità; a questo legittimo scopo spendono migliaia di miliardi di dollari e, quando necessario, perdono migliaia di giovani vite sul campo di battaglia. Nonostante questo, falliscono nel raggiungere un completo risultato.
Come tutti sappiamo, nonostante gli Stati Uniti siano governati da una costituzione laica, si descrivono come una società cristiana, e sono molto più conservatori rispetto all’Europa. La Bibbia, la sacra scrittura di quella comunità conservatrice, non ordina amore, compassione, perdono e unità? Quale cristiano potrebbe appoggiare l’idea che una persona, avendo commesso un crimine, meriti di essere selvaggiamente torturata a morte?
Il modo attraverso il quale gli Stati Uniti devono difendere questi loro sani valori spirituali è rimanere fedeli a quei valori nei momenti difficili.
La tortura non è un mezzo di combattimento, ma una cultura di crudeltà. Le informazioni raccolte tramite le torture nel corso di 12 anni di guerra, non hanno aiutato a eliminare o a indebolire i gruppi terroristici come al-Qaida e i talebani. Al contrario, le organizzazioni terroristiche sono diventate ancora più forti, si sono diffuse in ancora più parti del mondo e sono diventate più che una minaccia, grazie anche alla creazione di nuovi gruppi. Gli attacchi degli Stati Uniti hanno causato la morte di decine di civili, e invece di combattere le cause che hanno dato origine ad al-Qaida attraverso una campagna intellettuale, il loro tentativo di eliminare con i mezzi militari le persone influenzate da quelle motivazioni, ha portato all’ampliamento del campo di attività delle organizzazioni terroristiche, incoraggiando altri sottogruppi a farne parte3.
Rispondere ad un’azione distruttiva con un metodo ancora più distruttivo, non può impedire il ripetersi di tale azione. La violenza porterà sempre altra violenza, e lo spargimento di sangue porterà ulteriori spargimenti di sangue. Pertanto, l’utilizzo di tecniche ancora più radicali nella lotta contro il terrorismo radicale, si tradurrà semplicemente in un circolo vizioso che confermerà le dichiarazioni di quelle organizzazioni terroristiche e rafforzerà le loro basi. Ciò significherà aprire la porta a ulteriori conflitti senza fine. Dobbiamo tornare a una base di affetto e amore comuni se vogliamo che le generazioni future possano vivere in un clima umano in cui i diritti umani vengano rispettati.
La tortura è una forma di oppressione contraria anche ai valori cristiani. Un vero cristiano non potrebbe accettare la tortura come qualcosa di ragionevole. |
1. http://www.startribune.com/politics/national/285227921.html
2. 9/11 Ten Years After, Perspectives and Problems, Edited by Rachel E. Utley, Chapter 2, “Ten Years of Britain’s War Against Al Qaeda,” Warren Chin.
3. http://www.foreignaffairs.com/articles/67467/leah-farrall/how-al-Qaida-works