Nei capitoli precedenti abbiamo visto che in natura non esistono meccanismi che inducano gli esseri viventi a evolvere e che le specie viventi non sono pervenute all'essere in seguito a un processo evolutivo, ma sono piuttosto emerse all'improvviso nella loro presente struttura perfetta. Ovvero, vennero create individualmente. È ovvio, quindi, che anche l'evoluzione umana non ha mai avuto luogo.
Che cosa propongono allora gli evoluzionisti a fondamento della loro storia?
Il fondamento è costituito dall'esistenza di una moltitudine di fossili sui quali sono state costruite interpretazioni immaginarie. Nel corso del tempo sono vissute più di 6000 specie di scimmie, in maggioranza estinte. Oggi, solo 120 specie di scimmie sono presenti sulla Terra. Queste circa 6000 specie rappresentano una ricca risorsa per gli evoluzionisti.
Essi hanno descritto lo scenario dell'evoluzione umana sistemando una parte dei crani che rispondevano al loro proposito in un ordine di grandezza, dal più grande al più piccolo, e inframettendovi i crani di razze umane estinte. Secondo questa prospettiva, gli uomini e le scimmie moderne avrebbero antenati in comune. Queste creature si sarebbero evolute nel tempo; alcune di esse sarebbero divenute le scimmie di oggi, le altre, che avrebbero seguito una diversa branca dell'evoluzione, si sarebbero trasformate negli uomini attuali.
Tutte le scoperte paleontologiche, anatomiche e biologiche, hanno, nondimeno, dimostrato che queste asserzioni sono fittizie e infondate come tutte le altre. Nessuna prova chiara e convincente è stata avanzata per verificare se esista una relazione tra l'uomo e la scimmia, a eccezione di frodi, distorsioni, disegni e commenti fuorvianti.
I fossili dimostrano che, nel corso del tempo, gli uomini sono sempre stati uomini, così come le scimmie sono sempre state scimmie. Alcuni dei fossili che gli evoluzionisti ritengono i progenitori dell'uomo, appartengono a razze umane vissute all'incirca 10.000 anni fa, poi scomparse. Inoltre, molte comunità umane ancora oggi viventi hanno le stesse fattezze e caratteristiche di queste razze umane estinte, che gli evoluzionisti ritengono i nostri antenati. Tutto ciò rappresenta una prova chiara che l'uomo non è mai passato attraverso un processo evolutivo in alcun periodo storico.
Ma la cosa più importante è che vi sono numerose differenze anatomiche tra l'uomo e la scimmia, e nessuna di queste avrebbe potuto giungere all'esistenza attraverso un processo evolutivo. Il fatto di essere bipedi è una di queste. Tale elemento, di cui si parlerà più avanti, è peculiare soltanto dell'uomo ed è uno dei tratti distintivi più importanti.
I darwinisti affermano che gli uomini si siano evoluti da una sorta di creature simili alle scimmie. Nel corso di questo ipotetico processo evolutivo, che si suppone abbia avuto inizio quattro o cinque milioni di anni fa, si sostiene che siano esistite alcune "forme di transizione" intermedie tra l'uomo moderno e i suoi progenitori. Secondo questa prospettiva del tutto immaginaria, vengono elencate le seguenti quattro "categorie" di base:
1. Australopitecine (una qualunque delle varie forme del genus Australopithecus)
2. Homo habilis
3. Homo erectus
4. Homo sapiens
Un singolo osso mascellare come fonte d'ispirazione | ||
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. Gli evoluzionisti raffigurarono in modo azzardato il Ramapithecus, la sua famiglia e l'ambiente in cui viveva facendo affidamento soltanto su queste ossa mascellari. Quando ci si rese conto che questa creatura (ogni dettaglio della quale, dalla famiglia all'ambiente in cui viveva, era stato illustrato sulla base di un osso mascellare) era in realtà una normale scimmia, essa fu tranquillamente rimossa dall'immaginario albero genealogico umano. (David Pilbeam, "Humans Lose an Early Ancestor," Science, aprile 1982, pp. 6-7) | Il primo fossile di Ramapithecus scoperto: alcuni frammenti di una mascella composta di due parti. |
Gli evoluzionisti designano il genere cui i presunti antenati degli uomini appartenevano, "Australopithecus", che significa "scimmia meridionale". L'Australopithecus, nient'altro che un'antico tipo di scimmia estinto, presenta varie tipologie, tra cui alcune di complessione più grande e robusta, altre di struttura più piccola e gracile.
Gli evoluzionisti classificano la fase successiva dell'evoluzione umana come "il genere Homo", cioè uomo. Gli esseri viventi appartenenti a tale serie sarebbero più sviluppati dell'Australopithecus e non molto diversi dall'uomo attuale. L’uomo attuale, ovvero la specie Homo sapiens, si dice che si sia formato all'ultimo stadio dell'evoluzione di questo genere Homo.
Fossili come l'uomo di Giava, l'uomo di Pechino e "Lucy", che talvolta compaiono sui mezzi di comunicazione, nelle pubblicazioni e nei libri di testo evoluzionisti, sono inclusi in uno dei quattro gruppi sopra elencati. Questi ultimi si diramano in specie e sottospecie.
Alcune ipotetiche forme di transizione del passato, come il Ramapithecus, sono state escluse dall'albero genealogico dell'immaginaria evoluzione umana allorquando si è compreso che erano semplici scimmie.70
Nel delineare la catena "australopitecine > Homo habilis > Homo erectus > Homo sapiens", gli evoluzionisti intendono che ognuno di questi tipi sia l'antenato di quello successivo. Le recenti scoperte dei paleoantropologi hanno nondimeno rivelato che le australopitecine, l’Homo habilis e l’Homo erectus sono esistiti, contemporaneamente, in diverse parti del mondo. Inoltre, alcuni degli esseri umani, classificati come Homo erectus, sono vissuti fino a tempi molto recenti. In un articolo intitolato “Latest Homo erectus of Java: Potential Contemporaneity with Homo sapiens in Southeast Asia” (“L’ultimo Homo erectus di Giava: potenzialmente coevo dell’Homo sapiens nell’Asia sudorientale”), la rivista Science ha riferito che i fossili di Homo erectus trovati a Giava avevano “un’eta media di 27 ± 2 a 53.3 ± 4 mila anni” e questo “fa sorgere la possibilità che H. erectus si sia sovrapposto nel tempo con gli esseri umani anatomicamente moderni (H. sapiens) nell’Asia sudorientale”. 71
Inoltre, l'Homo sapiens neandarthalensis e l'Homo sapiens sapiens (l'uomo moderno) sono chiaramente coesistiti. Questi fatti rivelano chiaramente la mancanza di validità dell'asserzione che gli uni siano i progenitori degli altri.
In realtà, tutte le scoperte e le ricerche scientifiche hanno dimostrato che i fossili non suggeriscono alcun processo evolutivo secondo quanto sostenuto dagli evoluzionisti. I fossili che gli evoluzionisti sostengono sarebbero gli antenati degli umani appartengono di fatto o a diverse razze umane o a specie di scimmie.
Nelle due illustrazioni a sinistra è possibile vedere l’A. afarensis. L’immagine che segue rappresenta A. boisei. Queste congetture sono del tutto immaginarie. Le Australopitecine sono in effetti delle specie estinte di scimmia.
Quali fossili, allora, sono umani e quali scimmie? È possibile che ciascuno di essi sia considerato una forma transizionale? Per rispondere a queste domande, sarà necessario esaminare ogni singola categoria.
La prima categoria, il genere Australopithecus, significa "scimmia del sud". Si presume che sia apparso per la prima volta in Africa quattro milioni di anni fa, ove visse fino a 1 milione di anni fa. Vi sono diverse specie tra le australopitecine. Gli evoluzionisti credono che la più antica specie di Australopithecus sia l'A. afarensis. Seguono quindi l'A. africanus e l'A. robustus, le cui ossa sono relativamente più grandi. Per quanto concerne l'A. boisei, alcuni ricercatori ritengono che sia una specie diversa, altri che sia una sottospecie del'A. robustus.
Tutte le specie di Australopithecus sono scimmie estinte che rassomigliano a quelle contemporanee. La loro capacità cranica è pari o inferiore a quella degli attuali scimpanzè. Come questi, hanno alcune parti, nelle estremità superiori e inferiori, disegnate al fine di arrampicarsi sugli alberi, mentre i loro piedi sono costruiti per far presa sui rami in modo tale da mantenersi in equilibrio. Sono di bassa statura (al massimo 130 cm.) e, proprio come gli scimpanzè di oggi, il maschio è più robusto della femmina. Molte altre caratteristiche, quali alcune particolarità nei loro crani, la vicinanza degli occhi, i molari acuminati, la struttura mandibolare, le braccia lunghe, le gambe corte, testimoniano che queste creature non erano diversi dalle scimmie attuali.
Eppure gli evoluzionisti affermano che, sebbene le australopitecine abbiano l'anatomia di una scimmia, camminavano tuttavia eretti come gli umani, al contrario delle scimmie.
Tale posizione è stata sostenuta per decenni da paleontropologi come Richard Leakey e Donald C. Johanson. Nondimeno, una gran quantità di ricerche sulla struttura scheletrica delle australopitecine, condotte da numerosi studiosi, ha dimostrato la mancanza di validità di questo argomento. Un'estesa ricerca effettuata su vari esemplari di Australopithecus da due anatomisti di fama mondiale provenienti dall'Inghilterra e dagli Stati Uniti, Solly Zuckerman e Charles E. Oxnard, ha rivelato che queste creature non camminavano erette in maniera umana. Dopo aver studiato le ossa di questi fossili per un periodo di quindici anni, grazie alle sovvenzioni del governo britannico, Lord Zuckerman e la sua équipe di cinque specialisti giunsero alla conclusione che le australopitecine erano soltanto un ordinario genere di scimmie e non erano assolutamente bipedi, per quanto lo stesso Zuckerman fosse un evoluzionista.72 In modo corrispondente, Charles E. Oxnard, un altro evoluzionista famoso per le sue ricerche sul tema, ha paragonato la struttura scheletrica delle australopitecine a quella dei moderni orangutan. 73
In breve, le australopitecine non hanno alcun legame con gli umani, ma sono semplicemente una specie di scimmia estinta.
Australopithecus Afarensis: Una Scimmia Estinta | |||
Sopra si vede il cranio di un Australopithecus afarensis, fossile AL 444-2 e, sotto, il cranio di una scimmia contemporanea. L'ovvia somiglianza testimonia che l'A. aferensis era una specie di un’ordinaria scimmia, senza alcuna caratteristica “umana”.
| Il primo fossile scoperto in Etiopia, Hadar, che si supponeva appartenesse alla specie Australopithecus afarensis: AL 288-1 o “Lucy”. Per lungo tempo gli evoluzionisti si sforzarono di dimostrare che Lucy poteva camminare in posizione eretta, ma le ultime ricerche hanno definitivamente stabilito che questo animale era una scimmia normale dalla postura ricurva. Il fossile di Australopithecus afarensis Al 333-105, che si vede sotto, appartiene a un membro giovane di questa specie. Ecco perché non si era ancora formata la protrusione sul suo cranio. | ||
Upper : AUSTRALOPITHECUS | |||
L’Australopithecus non si può considerare un antenato dell’uomo, cosa recentemente accettata anche dalle fonti evoluzionistiche. La famosa rivista francese di divulgazione scientifica, Science et Vie, ha dedicato a questo fatto la sua copertina nel maggio del 1999. Sotto il titolo, “Adieu Lucy” (Lucy è l’esemplare fossile più famoso della specie Australopithecus afarensis), la rivista ha riferito che le scimmie della specie Australopithecus erano da togliere dall’albero genealogico dell’umanità. In questo articolo, basato sulla scoperta di un altro fossile di Australopithecus noto semplicemente come St W573, compare la seguente frase:
Una nuova teoria afferma che il genere Australopithecus non è la radice della razza umana… I risultati ottenuti dall’unica donna autorizzata a esaminare St W573 sono stati diversi dalle normali teorie riguardanti gli antenati dell’umanità: ciò distrugge l’albero genealogico degli ominidi. I grossi primati, considerati gli antenati dell’uomo, sono stati rimossi dall’equazione di questo albero genealogico… Le specie Australopithecus e Homo (specie umana) non compaiono sullo stesso ramo. Siamo ancora in attesa di scoprire i diretti antenati dell’uomo. (Isabelle Bourdial, “Adieu Lucy”, Science et Vie, maggio 1999, n. 980, pp. 52-62)
La grande similitudine tra la struttura cranica e scheletrica delle australopitecine e gli scimpanzè e la confutazione che tali creature camminassero erette, causò gravi difficoltà ai paleoantropologi evoluzionisti. Poiché, secondo l'immaginario schema evolutivo, l'Homo erectus venne dopo l’Australopithecus. Come il nome del genere Homo (che significa “uomo”) indica, l'Homo erectus è una specie umana e il suo scheletro è eretto. La sua capacità cranica è superiore del doppio a quella dell’Australopithecus. Una diretta transizione dall’Australopithecus, che sono scimmie simili a scimpanzè, all'Homo erectus, che ha uno scheletro non diverso da quello umano odierno, è fuori discussione anche secondo la teoria evoluzionista. Servirebbero, infatti, dei "annelli di congiunzione", ovvero, delle "forme di transizione". Il concetto di Homo habilis nacque per rispondere a questa necessità.
La classificazione di Homo habilis fu proposta negli anni Sessanta dai Leakey, una famiglia di "cacciatori di fossili". Essi affermarono che questa nuova specie, classificata come Homo habilis, ebbe l'idoneità a camminare in posizione eretta e a servirsi di pietre e arnesi di legno. Avrebbe potuto essere, quindi, l'antenato dell'uomo.
I nuovi fossili scoperti alla fine degli anni '80 erano destinati a mutare radicalmente tale visione. Alcuni ricercatori, tra cui Bernard Wood e C. Loring Brace, confidando nei fossili appena rinvenuti, asserirono che l'Homo habilis (ovvero "uomo abile”, cioè capace di usare strumenti), avrebbe dovuto essere classificato Australopithecus habilis, ossia "scimmia abile dell'Africa meridionale", in quanto presentava parecchie caratteristiche in comune con le scimmie australopitecine. Aveva, infatti, braccia lunghe, gambe corte e una struttura scheletrica simile alla scimmia. Le sue dita delle mani e dei piedi erano prensili, mentre la sua struttura mandibolare era molto simile a quella dei moderni Primati. Anche la capacità cranica media, pari a 600 cc, offriva ulteriori conferme. In breve, l'Homo habilis, presentato da alcuni evoluzionisti come una specie differente, era in realtà una specie di scimmia così come tutte le altre australopitecine.
Le ricerche condotte in seguito al lavoro di Wood e Brace hanno dimostrato che l'Homo habilis non era affato diverso dall’Australopithecus. Il cranio e lo scheletro fossili OH62 trovati da Tim White dimostrarono che questa specie ebbe una ridotta capacità cranica, braccia lunghe e gambe corte, che le consentivano di arrampicarsi sugli alberi.
Le dettagliate analisi condotte dall'antropologa americana Holly Smith nel 1994 rivelarono che l'Homo habilis non era un "Homo", ovvere un "umano", ma bensì “piuttosto inequivocabilmente una scimmia". A proposito dei suoi studi sui denti dell'Australopithecus, dell'Homo habilis, dell'Homo erectus e dell'Homo neanderthalensis, Smith ha scritto:
Circoscrivendo l'analisi dei fossili a quei campioni che soddisfino tali criteri, i modelli di sviluppo dentale di australopithecinae gracili e di Homo Habilis rimangono classificati come scimmie africane. Quelli dell'Homo erectus e di Neanderthal sono classificati come umani.74
Nello stesso anno, Fred Spoor, Bernard Wood e Frans Zonneveld, tutti specialisti di anatomia, giunsero a conclusioni simili seppure con un metodo del tutto differente. Tale metodo era basato sull'analisi comparativa dei canali semicircolari nell'orecchio interno, che provvedono a mantenere l'equilibrio, di umani e scimmie. Spoor, Wood e Zonneveld hanno concluso che:
Tra i fossili di ominidi, la prima specie a mostrare una moderna morfologia umana è Homo erectus. In contrasto, le dimensioni del canale semicircolare nei crani provenienti dall’Africa meridionale, attribuiti all’Australopithecus e al Paranthropus, somigliano a quelli delle attuali grandi scimmie.75
Spoor, Wood e Zonneveld hanno anche studiato un esemplare di Homo habilis, Stw53, scoprendo che Stw53 adoperava un comportamento bipede ancora meno delle australopitecine”. Questo vuol dire che questo esemplare di H. habilis era ancora più scimmiesco della specie Australopithecus. Gli autori hanno concluso dicendo che Stw 53 rappresenta un improbabile intermediario tra le morfologie riscontrate nelle australopitecine e H. erectus”.
Queste scoperte hanno prodotto due importanti risultati:
1. I fossili a cui si fa riferimento come Homo habilis, in realtà, non appartengono al genere "Homo", ovvero agli esseri umani, ma a quello delle australopitecine, cioè alle scimmie.2. Sia l'Homo habilis che l’Australopithecus erano creature che camminavano ricurve in avanti, il loro scheletro era quindi quello di una scimmia. Non avevano alcun tipo di relazione con l’uomo.
Homo habilis: un’altra scimmia estinta | |
Per lungo tempo, gli evoluzionisti hanno sostenuto che le creature che essi chiamavano Homo habilis potessero camminare in modo eretto. Pensavano di aver trovato un collegamento che andava dalla scimmia all’uomo. Tuttavia, i nuovi fossili di Homo habilis che Tim White dissotterrò nel 1986 e che furono chiamati OH 62, confutarono questa asserzione. Questi frammenti fossili dimostrarono che l’Homo habilis aveva braccia lunghe e gambe corte, proprio come le scimmie attuali. Questo fossile mise fine all'affermazione secondo cui l’Homo habilis era un essere bipede capace di camminare in posizione eretta. In verità, l’Homo habilis non era altro che un’altra specie di scimmia. “L’Homo habilis OH 7” che si vede a destra è il fossile che meglio ha definito le caratteristiche mandibolari della specie Homo habilis. Questo fossile di mandibola ha grandi denti incisivi. I molari sono piccoli. La forma della mandibola è quadrata. Tutte queste qualità fanno sì che questa mandibola somigli molto a quella delle scimmie odierne. In altre parole, la mandibola dell’Homo habilis conferma una volta di più che questo essere era in realtà una scimmia. |
I risultati dell’analisi dell’orecchio interno: NON C’È STATA ALCUNA TRANSIZIONE DA SCIMMIA A UOMO | |
1. canali semicircolari | 6. condotti endolinfatici |
Un’analisi comparativa dei canali semicircolari presenti nell’orecchio interno sia degli esseri umani che delle scimmie dimostra che i fossili a lungo rappresentati come precursori degli esseri umani erano in realtà scimmie normali. Le specie Australopithecus e Homo habilis avevano i canali dell’orecchio interno di una scimmia, mentre l’Homo erectus li aveva di tipo umano. |
Homo Rudolfensis è il termine che si è dato ad alcuni frammenti fossili riportati alla luce nel 1972. Anche la specie ipoteticamente rappresentata da questo fossile venne designata con lo stesso nome, in quanto questi frammenti fossili furono scoperti nei pressi del lago Rudolf in Kenya. La maggior parte dei paleoantropologi accetta l'idea che questi fossili non appartengano a una specie distinta, ma che in realtà la creatura chiamata Homo rudolfensis fosse indistinguibile dall‘Homo habilis.
Richard Leakey, colui che rinvenne i fossili, alla presentazione del cranio da lui denominato "KNM-ER 1470", risalente, secondo lui, a 2,8 milioni di anni prima, definì la sua scoperta la più importante nella storia dell'antropologia. Secondo Leakey, questa creatura, che pur avendo una scarsa capacità cranica come l'Australopithecus, presentava nondimeno tratti umani nel volto, era l’anello mancante tra l'Australopithecus e l'uomo. Dopo breve tempo, tuttavia, si comprese che il viso dalle fattezze umane del cranio KNM-ER 1470, già apparso sulle copertine di numerose riviste scientifiche e pubblicazioni divulgative, era il risultato dell'errata congiunzione dei frammenti, compiuta forse intenzionalmente. Tim Bromage, che effettua studi sull'anatomia della faccia umana, ha descritto questo fatto, scoperto nel 1992 grazie all'aiuto di alcune simulazioni al computer:
Quando venne ricostruita per la prima volta (il KNM-ER 1470), la faccia era adattata al cranio in una posizione quasi verticole, in maniera molto simile al volto piatto degli umani moderni. Ma i recenti studi sulle relazioni anatomiche mostrano che in vita tale faccia deve essere stata assai prominente, creando un aspetto più simile a una scimmia che ad un Australopithecus.76
Il paleoantropologo evoluzionista J. E. Cronin scrive in riferimento a questa questione:
... la sua faccia costruita in modo relativamente robusto, il clivus naso-alveolare piuttosto piatto (che ricalca il volto delle australopithecinae), la scarsa ampiezza massima del cranio (presso le zone temporali), i forti canini e i larghi molari (come indicato dalle radici rimaste) sono tutti caratteri relativamente primitivi che imparentano l'esemplare con i membri del taxon A. africanus.77
Loring Brace dell'Università del Michigan pervenne alle stesse conclusioni. Dopo aver analizzato la mascella e la struttura dentale del cranio 1470, disse che “dalle dimensioni del palato e dall’espansione dell’area assegnata alle radici dei molari, sembrerebbe che ER 1470 abbia conservato la faccia e i denti delle dimensioni di un Australopithecus.78
Alan Walker, paleoantropologo presso la John Hopkins University, che ha svolto altrettante ricerche di Leakey sul KNM-ER, afferma che questa creatura non dovrebbe essere classificata come membro della specie "Homo", ovvero la specie umana, ma al contrario dovrebbe essere inclusa sotto il genere Australopithecus.79
Per ricapitolare, classificazioni quali Homo habilis o Homo rudolfensis, che vengono presentate come anelli di transizione tra le australopitecine e l'Homo erectus, sono del tutto immaginarie. Come è stato oggi confermato da molti ricercatori, queste creature sono membri della serie Australopithecus. Tutte le loro caratteristiche anatomiche rivelano che sono specie di scimmie.
Questo fatto è stato ulteriormente accertato da due antropologi evoluzionisti, Bernard Wood e Mark Collard, le cui ricerche sono state pubblicate nel 1999 nella rivista Science. Wood e Collard hanno speigato che i taxa dell’Homo habilis e dell’Homo rudolfensis (cranio 1470) sono immaginari e che i fossili assegnati a queste categorie dovrebbero essere assegnati al genere Australopithecus:
Più recentemente, alcune specie fossili sono state assegnate a Homo in base alle dimensioni assolute del cervello, a inferenze sulla capacità linguistica e alle funzioni manuali e retrodizioni sulla loro capacità di forgiare strumenti in pietra. Con poche eccezioni, la definizione e l’uso del genere all’interno dell’evoluzione umana, e la demarcazione di Homo, sono stati trattati come questioni non problematiche. Ma… i dati recenti, le nuove interpretazioni dell’evidenza esistenze e i limiti della documentazione paleoantropologica hanno invalidato i criteri esistenti per l’attribuzione dei taxa a Homo.
… in pratica, le specie fossili di ominini vengono assegnate a Homo in base a uno o più di quattro criteri… E’ chiaro però oggi che nessuno di questi criteri è soddisfacente. Il Rubicone cerebrale è problematico perché la capacità craniale assoluta è di dubbio significato biologico. Allo stesso modo, esistono evidenze decisive che indicano che non si possa dedurre in maniera affidabile la funzione linguistica in base all’aspetto grossolano del cranio e che le parti del cervello associate al linguaggio non sono così precisamente localizzate come si poteva supporre dagli studi precedenti…
… in altre parole, con l’assegnazione a esso dei due ipodigmi di H. habilis e H. rudolfensis, il genere Homo non è un buon genere. Così, H. habilis e H. rudolfensis (o Homo habilis in senso lato, per coloro che non accettano la suddivisione tassonomica di “Homo primevo”) dovrebbero essere tolti da Homo. L’ovvia alternativa tassonomica, che è di trasferire uno e entrambi i taxa a uno dei generi di ominini già esistenti, non è priva di problemi, ma per ora consigliamo di trasferire sia H. habilis che H. rudolfensis al genere Australopithecus.80
La conclusione di Wood e Collard rafforza la conclusione che sosteniamo qui: nella storia, non esistono gli “antenati umani primitivi”. Le creature che si afferma siano tali, sono in realtà scimmie che dovrebbero essere assegnate al genere Australopithecus. La documentazione fossile mostra che non esiste alcun legame evolutivo tra queste scimmie estinte e Homo, cioè la specie umana che compare improvvisamente nella documentazione fossile.
Marinai di 700 mila anni fa |
“I primi umani erano più abili di quanto sospettassimo...” La notizia pubblicata su New Scientist del 14 marzo 1998 ci dice che gli esseri umani chiamati dagli evoluzionisti Homo erectus praticavano l'arte marinara 700 mila anni fa. Questi esseri umani, che avevano conoscenze e tecnologie sufficienti a costruire vascelli e possedevano una cultura che faceva uso di trasporto marino, si possono difficilmente definire “primitivi”. |
Il fantasioso schema proposto dagli evoluzionisti asserisce che l'evoluzione interna del genere Homo segua questa progressione: primo l'Homo erectus, poi il cosiddetto Homo sapiens “arcaico” e l'uomo di Neanderthal (Homo sapiens neanderthalensis) e, infine, l’uomo di Cro-Magnon (Homo sapiens sapiens). Tutte queste classificazioni sono in realtà soltanto variazioni e razze singole all’interno della famiglia umana. Le differenze che intercorrono tra loro sono pari a quelle tra un Inuit e un africano, o un pigmeo e un europeo.
Esaminiamo dapprima l'Homo erectus, a cui si fa riferimento come alla più primitiva specie umana. Come implica la parola stessa, "Homo erectus" significa un "uomo che cammina eretto". Gli evoluzionisti hanno dovuto distinguere questi fossili dai precedenti annettendovi la qualifica di "erezione", per la quale tutti i fossili di Homo erectus esistenti si distinguono nettamente rispetto agli esemplari di australopitecine o del cosiddetto Homo habilis. Non vi è alcuna differenza tra lo scheletro postcraniale di un uomo moderno e quello di un Homo erectus.
La ragione primaria per cui gli evoluzionisti definiscono "primitivo" l'Homo erectus è la capacità cranica (900-1100 cc.), inferiore rispetto alla media dell'uomo moderno, e la sporgenza delle arcate sopraccigliari. Nondimeno, molti popoli che vivono oggi nel mondo hanno la stessa capacità cranica dell'Homo erectus (ad esempio i pigmei), mentre altre razze umane hanno arcate sopraccigliari prominenti (come i nativi australiani).
È un fatto comunemente accettato che tali differenze di capacità cranica non denotino disparità per quanto riguarda l'intelligenza o la capacità. L'intelligenza dipende dall'organizzazione interna del cervello, non dal volume.81
I fossili che hanno reso noto al mondo l'Homo erectus sono quelli dell'uomo di Pechino e dell'uomo di Giava scoperti in Asia, per quanto si comprese nel corso del tempo che non erano attendibili. L'uomo di Pechino consisteva di alcuni calchi di gesso i cui originali erano andati perduti, mentre l'uomo di Giava era "composto" di alcuni frammenti di cranio e di un osso pelvico, trovato ad alcuni metri di distanza, privo di qualsiasi indicazione valida ad attribuirne l'appartenenza alla stessa creatura. Questa è la ragione per cui i fossili di Homo erectus scoperti in Africa hanno goduto di una tale crescente importanza (si deve menzionare il fatto che alcuni fossili identificati come Homo erectus vennero anche inclusi da alcuni evoluzionisti sotto una seconda specie detta "Homo ergaster". Regna tuttavia il disaccordo tra gli esperti su questo argomento. Tratteremo in seguito tutti questi fossili sotto la classificazione di Homo erectus).
Il più famoso esemplare di Homo erectus trovato in Africa è il fossile del “Narikotome erectus” o "ragazzo di Turkana", che venne rinvenuto nei pressi del lago Turkana in Kenya. È confermato che questo fossile apparteneva a un giovinetto di dodici anni, che, nel corso della sua adolescenza, avrebbe raggiunto l'altezza di 1,83 metri. La struttura scheletrica eretta del fossile non si differenzia da quella dell'uomo moderno. Il paleoantropologo americano Alan Walker affermò di dubitare che "un normale patologo potesse distinguere la differenza tra lo scheletro fossile e quello di un uomo moderno."82 Del cranio, Walker ha detto che si era messo a ridere quando lo ha visto, perché "assomiglia tanto a quello di un uomo di Neanderthal."83 Come vedremo in seguito, gli uomini di Neanderthal sono una razza umana moderna; ne consegue, quindi, che anche l'Homo erectus deve essere considerato tale.
Anche l'evoluzionista Richard Leakey nota che la differenza tra l'Homo erectus e l'uomo moderno è pari a una variazione di razza:
Si potrebbero considerare le differenze nella forma del cranio, nel grado di protrusione della faccia, nella robustezza della fronte e così di seguito. Tali differenze non sono probabilmente più pronunciate di quelle che vediamo oggi tra le diverse razze geografiche degli umani moderni. Una simile varazione biologica si presenta quando le popolazioni vivono geograficamente separate le une dalle altre per significativi periodi di tempo.84
Il Prof. William Laughlin dell'Università del Connecticut compì parecchi esami approfonditi sugli Inuit e sugli abitanti delle Isole Aleutine e osservò che queste popolazioni erano straordinariamente simili all'Homo erectus. La conclusione a cui arrivò fu che tutte queste distinzioni erano in realtà razze differenti di Homo sapiens (uomo moderno).
Homo Erectus: una vera razza umana | ||
Homo erectus significa “uomo eretto”. Tutti i fossili compresi in questa specie appartengono a particolari razze umane. Poiché la maggior parte di fossili di Homo erectus non presenta una caratteristica comune, è abbastanza difficile definire questi uomini in base al loro cranio. Questo è il motivo per cui diversi ricercatori evoluzionisti hanno fatto varie classificazioni e designazioni. In alto a sinistra si vede un cranio trovato a Koobi Fora, in Africa, nel 1975, che può essere generalmente definito Homo erectus. In alto a destra c’è un cranio, Homo ergaster KNM-ER 3733, che presenta i punti oscuri in questione. La capacità cranica di tutti questi differenti fossili di Homo erectus va da 900 a 1100 cc. Queste cifre sono entro i limiti della capacità cranica umana di oggi. KNM-WT 15000 o scheletro del ragazzo di Turkana è probabilmente il più antico e più completo fossile umano mai trovato. Ricerche effettuate su questo fossile, che si dice abbia 1,6 milioni di anni, dimostrano che esso appartiene a un bambino di 12 anni che avrebbe raggiunto l'altezza di circa 1,80 m. se fosse vissuto fino all'adolescenza. Questo fossile, che è molto simile alla razza di Neanderthal, è una delle prove più evidenti che invalida la storia dell'evoluzione umana. | ||
L'evoluzionista Donald Johnson descrive questo fossile così: “Era alto e magro. La forma del corpo e la proporzione delle membra erano le stesse degli attuali africani equatoriali. La dimensione degli arti combacia perfettamente con quella degli odierni adulti nordamericani bianchi” (Donald C. Johanson & M. A. Edey, Lucy: The Beginnings of Humankind, New York: Simon & Schuster, 1981). |
Allorquando si considerino le ampie differenze che intercorrono tra gruppi remoti quali gli eschimesi e i Kung, noti per appartenere alla singola specie dell'Homo sapiens, pare giustificato concludere che lo stesso Sinanthropus [un esemplare eretto] ne faccia parte.85
E’ un fatto sempre più condiviso nella comunità scientifica che Homo erectus costituisce un taxon superfluo, e che i fossili assegnati alla classe Homo erectus non sono in realtà così diversi da Homo sapiens da poterli considerare una specie differente. In American Scientist, le discussioni su questo argomento e i risultati di un convegno svoltosi sul tema nel 2000 sono stati riassunti così:
La maggior parte dei partecipanti al convegno di Senckenberg si sono lasciati coinvolgere da un dibattito infuocato sullo statuto tassonomico di Homo erectus, lanciato da Milford Wolpoff dell’Università del Michigan, da Alan Thorne dell’Università di Canberra e dai loro colleghi. Tutti i membri del genere Homo, a partire da circa 2 milioni di anni fa fino al presente, costituivano un’unica specie altamente variabile e ampiamente diffusa, Homo sapiens, senza rotture o suddivisioni naturali. Il tema della conferenza, Homo erectus, non aveva motivo di esistere.86
Questa conclusione raggiunta dagli scienziati che difendevano tale tesi si può riassumere così: “Homo erectus non è una specie diversa da Homo sapiens, ma è piuttosto una razza all’interno di Homo sapiens”.
Esiste invece uno iato enorme tra Homo erectus, una razza umana, e le scimmie che hanno preceduto Homo erectus nello scenario dell’”evoluzione umana” (Australopithecus, Homo habilis e Homo rudolfensis). Ciò significa che il primo uomo è comparso nella documentazione fossile all’improvviso e senza una precedente storia evolutiva. Questa è una chiarissima indicazione della loro creazione.
Eppure, ammettere questo fatto va completamente contro la filosofia e l’ideologia dogmatica degli evoluzionisti. Perciò essi cercano di ritrarre Homo erectus, una razza autenticamente umana, come se fosse una creatura mezza scimmia. Nelle ricostruzioni di Homo erectus, persistono tenacemente nell'attribuirvi tratti scimmieschi. D'altra parte, in tali immagini, scimmie quali l'Australopithecus o l'Homo habilis vengono umanizzate. Tale metodo cela il tentativo di "avvicinare" le scimmie agli esseri umani, colmando così il vuoto intercorrente tra queste due distinte classi viventi.
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MASCHERE FALSE: sebbene non fosse diverso da quello moderno, l’uomo di Neanderthal è ancora raffigurato dagli evoluzionisti in modo simile alle scimmie. |
I Neandertaliani sono esser umani apparsi repentinamente centomila anni fa in Europa e scomparsi –o assimilati, per mescolanza, da altre razze– altrettanto rapidamente 35 mila anni orsono. L'unico elemento che li differenzia dall'uomo moderno è la superiore robustezza del loro scheletro e la maggiore capacità cranica.
I Neandertaliani sono una razza umana, come oggi per lo più si ammette. Sebbene gli evoluzionisti abbiano tentato con ogni mezzo di definirli "una specie primitiva", tutti i reperti dimostrano che essi non erano differenti da un "uomo robusto" odierno. Un'eminente autorità in questo campo, Erik Trinkaus, paleoantropologo presso l'Università del New Mexico, ha scritto:
Un dettagliato confronto tra gli scheletri di Neanderthal e quelli umani moderni ha rivelato che non vi è nulla nell'anatomia dell'uomo di Neanderthal che dimostri una capacità motoria, manipolativa, intellettuale o linguistica inferiore a quella degli uomini attuali.87
Molti ricercatori contemporanei definiscono l'uomo di Neanderthal una sottospecie dell'uomo moderno e lo chiamano "Homo sapiens neanderthalensis". I ritrovamenti testimoniano che i Neandertaliani seppellivano i loro morti, foggiavano strumenti musicali e presentavano alcune affinità culturali con l'Homo sapiens sapiens a lui contemporaneo. Per riassumere, i Neandertaliani erano una razza umana "robusta", semplicemente scomparsa nel corso del tempo.
Neandertaliani: una popolazione robusta | |
A sinistra si vede il cranio di Homo sapiens neanderthalensis, Amud 1, trovato in Israele. Si sa che l’uomo di Neanderthal era robusto ma basso. Si stima, comunque, che l’uomo a cui apparteneva il fossile fosse alto 1,80 m. La sua capacità cranica è la più grande mai vista: 1740 cc. A causa di tutto ciò, questo fossile è tra le prove più importanti che distruggono in modo definitivo le affermazioni secondo cui i Neandertaliani erano una specie primitiva. |
L'Homo sapiens arcaico è l'ultimo gradino verso l'uomo contemporaneo nell'immaginario schema evolutivo. Gli evoluzionisti, infatti, non hanno molto da dire riguardo a questi fossili, che presentano scarse differenze rispetto agli uomini moderni. Alcuni ricercatori hanno addirittura affermato che esistono ancora oggi dei rappresentanti di questa razza, indicandone un esempio negli aborigeni australiani. Come l'Homo sapiens (arcaico), anche i nativi australiani hanno arcate sopraccigliari prominenti, una struttura mandibolare prognata e una capacità cranica lievemente inferiore.
Il gruppo denominato Homo heilderbergensis nella letteratura evoluzionista è in realtà lo stesso Homo sapiens arcaico. La ragione per cui vengono utilizzati due termini differenti per definire la medesima tipologia razziale umana è la diversità concettuale tra gli evoluzionisti. Tutti i fossili inclusi sotto la classificazione di Homo heidelbergensis indicano che popoli anatomicamente molto simili ai moderni europei vissero 500 e addirittura 740 mila anni orsono in Inghilterra e in Spagna.
Si è stimato che l'uomo di Cro-Magnon sia vissuto 30000 anni fa. Questi ebbe un cranio a cupola e una fronte ampia. La capacità cranica era superiore a quella dei suoi contemporanei. Le arcate sopraccigliari erano prominenti e presentava una protrusione ossea nella schiena, caratteristica che compare anche nell'uomo di Neanderthal e nell'Homo erectus.
Sebbene l'uomo di Cro-Magnon sia considerato una razza europea, la struttura e il volume del suo cranio sono molto simili a quelli di alcune razze viventi oggi in Africa e ai tropici. Confidando in tale similitudine, si è creduto che si trattasse di un'antica razza africana. Altre scoperte paleoantropologiche hanno mostrato che le razze di Cro-Magnon e di Neanderthal si mescolarono tra loro, gettando le basi delle razze attuali.
Di conseguenza, nessuno di questi esseri umani costituiva una “specie primitiva”. Erano esseri umani divesrsi, vissuti in tempi più remoti, che o sono stati assimilati e si sono mescolati con altre razze, oppure si sono estinti.
Ciò che abbiamo finora investigato ci permette di constatare la finzione assoluta dello scenario dell'evoluzione umana. Affinché un simile albero genealogico possa essere veritiero, dovrebbe essere avvenuta una graduale evoluzione dalla scimmia all'uomo e questo processo dovrebbe essere testimoniato dai reperti fossili. Vi è tuttavia uno iato enorme tra le scimmie e gli umani. La struttura scheletrica, la capacità cranica e altri fattori quali la camminata eretti distinguono nettamente le due specie (abbiamo già menzionato come, in base a una ricerca risalente al 1994, sull'orecchio interno, l'Australopithecus e l'Homo abilis sono stati riclassificati come scimmie, mentre l'Homo erectus è stato riclassificato come umano pienamente moderno).
Un'altra scoperta significativa che prova come non vi possa essere stato un rapporto genealogico tra queste specie differenti è il fatto che queste ultime, le quali vengono descritte come progenitrici le une delle altre, in realtà vissero contemporaneamente. Se, come sostengono gli evoluzionisti, l'Australopithecus si convertì nell'Homo habilis, e se questo, a sua volta, si evolvette nell'Homo erectus, allora i periodi in cui vissero dovrebbero necessariamente susseguirsi reciprocamente. Non c'è tuttavia un tale ordine cronologico nella documentazione fossile.
Sulla base delle stime degli evoluzionisti, l’Australopithecus comparve quattro milioni di anni orsono e scomparve un milione di anni fa. Le creature classificate come Homo habilis, d'altra parte, si ritiene che siano vissute fino a 1,7-1,9 milioni di anni fa. L'Homo rudolfensis, che si afferma sia stato più "avanzato" rispetto all'Homo habilis, risalirebbe a 2,5-2,8 milioni di anni addietro! Ciò significa che l'Homo rudolfensis è di circa un milione di anni più vecchio dell'Homo habilis, del quale si dice sia l'antenato. Per l'altro verso, l'età dell'Homo erectus risale a 1,6-1,8 milioni di anni fa, che indica come l’Homo erectus apparve sulla Terra nello stesso lasso di tempo dei loro cosiddetti antenati, ovvero, l'Homo habilis.
Un ago di 26000 anni fa |
Un fossile interessante che dimostra come gli uomini di Neanderthal utilizzassero vestiti: un ago di 26000 anni fa. (D. Johanson, B. Edgar, From Lucy to Language, p. 99) |
Alan Walker, a conferma di questo fatto, ha affermato che "esistono prove dall'Africa orientale della tarda sopravvivenza di individui minuti di Australopithecus, i quali furono contemporanei dapprima dell'H. habilis, poi dell'H. erectus." 88 Louis Leakey ha rinvenuto fossili di Australopithecus, Homo habilis e Homo erectus contigui nella regione della Gola di Olduvai in Tanzania.89
Chiaramente un tale albero genealogico non esiste. Stephen Jay Gould, che fu paleontologo a Harvard, ha spiegato il vicolo cieco in cui si trova l'evoluzione nonostante fosse egli stesso un evoluzionista:
Che ne è della nostra scala se vi sono tre razze di uomini coesistenti (A. africanus, le robuste Austrlopithecinae e l'H. habilis), nessuna delle quali deriva dall'altra? Per di più, nessuna delle tre mostra alcun orientamento evolutivo durante la sua permanenza sulla Terra.90
Movendo dall'Homo erectus all'Homo sapiens, constatiamo ancora che non esiste alcun albero genealogico di cui parlare. È provato che l'Homo erectus e l'Homo sapiens arcaico continuarono a vivere 27.000 anni fa, e anzi addirittura 10.000 anni prima del nostro tempo. Nella palude di Kow in Australia, è stato rinvenuto il cranio di un Homo erectus risalente a 13.000 anni fa, mentre nell'Isola di Giava sono stati scoperti i resti di Homo erectus la cui datazione è attribuibile a 27.000 anni orsono.91
Uno dei più popolari periodici di letteratura evoluzionista, Discover, mise in copertina questo volto umano di 800 mila anni fa, con la domanda evoluzionista: “È questo il volto del nostro passato?”. |
Il fatto più interessante e significativo che invalida le basi reali dell'immaginario albero genealogico della teoria evoluzionista è l'impensata antichità della storia dell'uomo moderno. I dati della paleoantropologia rivelano che la gente Homo Sapiens, che assomigliava del tutto a noi, visse un milione di anni fa.
Fu Louis Leakey, il famoso paleoantropologo evoluzionista, a scoprire le prime tracce di questa realtà. Nel 1932, nella regione di Kanjera, nei pressi del Lago Vittoria in Kenya, Leakey scoprì parecchi fossili appartenenti al Medio Pleistocene, i quali non presentavano alcuna differenza rispetto all'uomo moderno. L'epoca del Medio Pleistocene corrisponde a un milione di anni fa.92 Poiché queste scoperte rovesciavano l'albero genealogico evoluzionista, vennero respinte da alcuni paleoantropologi evoluzionisti. Leakey, tuttavia, avallò sempre l'esattezza delle sue stime.
Proprio quando questa controversia stava per essere dimenticata, un fossile rinvenuto in Spagna nel 1995 rivelò in modo sorprendente che la storia dell'Homo sapiens era molto più antica di quanto si fosse presunto. Tale fossile venne scoperto nella grotta detta Gran Dolina nella regione di Atapuerca in Spagna da tre paleoantropologi iberici dell'Università di Madrid. Il fossile rivelò la faccia di un bambino undicenne del tutto simile agli uomini moderni. Erano nondimeno trascorsi 800000 anni dalla sua morte. La rivista Discover diede grande risalto all'evento, dedicandovi la copertina nel numero di dicembre 1997.
Il fossile scosse le convinzioni di Juan Luis Arsuaga Ferreras, a capo degli scavi di Gran Dolina, il quale dichiarò:
Ci aspettavamo qualcosa di grande, qualcosa di largo, qualcosa di gonfiato... qualcosa di "primitivo". Ciò che ci attendevamo da un bambino di 800.000 anni era qualcosa di simile al ragazzo di Turkana. Mentre ciò che trovammo fu una faccia del tutto moderna... Per me questa era la cosa più spettacolare... Questo è quel tipo di cosa che ti scuotono. Trovare qualcosa di assolutamente inaspettato come quella. Nella ricerca dei fossili, il rinvenirne è ugualmente inaspettato, ed è un bene. Ma la cosa più spettacolare è trovare ciò che tu riterresti appartenente al presente, nel passato. È come trovare qualcosa come... come rinvenire un audioregistratore a Gran Dolina. Ciò sarebbe sorprendente. Non ci aspettiamo cassette e registratori nel Basso Pleistocene. Trovarvi una faccia moderna di 800.000 anni fa è la stessa cosa. Noi fummo molto sorpresi quando la vedemmo.93
Il fossile mette in evidenza il fatto che la storia dell'Homo sapiens deve essere retrodatata di ben 800 mila anni. Dopo essersi ripresi dallo shock iniziale, gli evoluzionisti che rinvennero il fossile decisero che doveva essere attribuito a una specie differente, in quanto, sulla base del noto albero genealogico evoluzionista, nessun Homo Sapiens sarebbe vissuto 800 mila anni fa. Essi crearono, di conseguenza, una specie immaginaria chiamata "Homo antecessor", sotto la cui classificazione inclusero il cranio di Atapuerca.
Ricerche recenti hanno rivelato che è impossibile che lo scheletro curvo di una scimmia, adatto a un'andatura quadrupede, abbia potuto evolversi in uno scheletro umano eretto, adatto all’andatura bipede. |
Oltre ai fossili di cui ci siamo occupati, anche le insormontabili differenze anatomiche tra uomini e scimmie confutano la finzione dell'evoluzione umana; tra queste vi è il modo di camminare.
Gli esseri umani camminano eretti sui due piedi. Questo un tipo di locomozione è molto speciale in quanto non è presente in nessun'altra specie di mammifero. Alcuni animali hanno una limitata capacità di muoversi poggiando sulle zampe posteriori. L'orso e la scimmia, ad esempio, possono procedere in tal modo solo in rare occasioni e solo per breve tempo, quando vogliono raggiungere una fonte di cibo. Normalmente il loro scheletro è inclinato in avanti e in posizione quadrupede.
La locomozione bipede si sarebbe, allora, evoluta dall'andatura quadrupede delle scimmie come affermano gli evoluzionisti?
Sicuramente no. Le ricerche hanno dimostrato che l'evoluzione verso la locomozione bipede non è mai avvenuta, né ciò sarebbe possibile, principalmente in quanto questo carattere non rappresenta un vantaggio evolutivo. Il modo in cui si muovono i primati è molto più facile, veloce ed efficiente di quello degli uomini. Un uomo non potrebbe mai saltare da un ramo all'altro senza scendere a terra come uno scimpanzé, né correre alla velocità di 125 km orari come un ghepardo. Al contrario, l'andatura bipede dell'uomo è molto più lenta sul terreno. Per la stessa ragione, è la specie più indifesa in natura in termini di movimento e protezione. Secondo la logica della teoria dell’evoluzione, le scimmie non avrebbero dovuto evolversi verso la locomozione bipede: gli umani, piuttosto, sarebbero dovuti diventare quadrupedi.
Un'altra impasse dell'evoluzionismo è che la locomozione bipede non è funzionale al modello dello "sviluppo graduale" del darwinismo, il quale richiede un passo "scalare" tra l'una e l'altra postura. Nondimeno, grazie ad alcune ricerche condotte al computer nel 1996, il paleoantropologo inglese Robin Crompton ha dimostrato che tale passo scalare non sarebbe stato possibile. Lo studioso è pervenuto alla conclusione che un essere vivente può camminare eretto o a quattro zampe.99 Un tipo di passo intermedio tra i due è impossibile a causa dell'estremo consumo di energia che comporterebbe. Questa è la ragione per cui è impossibile che sia esistito un mezzo bipede.
L'immensa distanza tra l'uomo e la scimmia non si limita solo alla locomozione bipede. Molti altri problemi restano insoluti, quali le capacità cerebrali e verbali. A questo riguardo, la paleoantropologa evoluzionista Elaine Morgan confessa:
Quattro dei misteri più insolubili dell'uomo sono:
Le risposte ortodosse a queste domande sono:
La lista delle domande potrebbe essere considerevolmente estesa senza intaccare la monotonia delle risposte. 100
Solly Zuckerman è uno tra i più famosi e stimati scienziati britannici. Per anni si è dedicato allo studio dei fossili e ha condotto molte indagini dettagliate. Venne onorato con il titolo di 'Lord' per i suoi contributi alla scienza. Zuckerman è un evoluzionista, quindi, i suoi commenti all'evoluzione non possono essere ritenuti basati sull’ignoranza o sul pregiudizio. Dopo anni di studi sui fossili inclusi nello scenario dell'evoluzione umana tuttavia, ha raggiunto la conclusione che, in realtà, non esiste tale albero genealogico.
Zuckerman ha anche preparato uno "spettro della scienza" al fine di sceverare quelle dottrine che riteneva scientifiche da quelle che non lo erano. Secondo tale spettro, i rami della scienza più "scientifici" –ovvero dipendenti da dati concreti– sono la chimica e la fisica. Seguono poi le scienze biologiche e infine quelle sociali. All'estremità opposta dello spettro, ovvero nella parte considerata "meno scientifica", si trovano le "percezioni extrasensoriali" –concetti quali la telepatia e il sesto senso– e infine "l'evoluzione umana". Zuckerman giustifica la sua posizione con queste parole:
Muovendo dal registro della verità oggettiva verso quegli ambiti di presunta scienza biologica, come le percezioni extrasensoriali o l'interpretazione della storia fossile dell'uomo, dove per il fedele tutto diventa possibile –e dove, per l'ardore della sua fede, è talvolta in grado di ritenere vere le cose più contraddittorie allo stesso tempo.101
Robert Locke, editore di Discovering Archaeology, un’importante pubblicazione sulle origini dell’uomo, scrive in tale rivista che “la ricerca di antenati umani emette più calore che luce”, citando la confessione del famoso paleoantropologo evoluzionista Tim White:
Siamo tutti frustrati da tutte le domande cui non siamo stati in grado di rispondere.102
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Il mito dell‘evoluzione umana non si basa su alcuna scoperta scientifica. Tali affermazioni non hanno altro significato che riflettere i desideri del pensiero fantasioso degli evoluzionisti. |
L’articolo di Locke analizza il vicolo cieco in cui si trova la teoria dell’evoluzione riguardo le origini dell’uomo e l’infondatezza della propaganda diffusa su questo argomento:
Forse non esiste alcuna area della scienza più percorsa da polemiche della ricerca delle origini umane. L’élite dei paleontologi è in disaccordo anche sulla forma più generica dell’albero genealogico umano. Nuovi rami spuntano tra grandi applausi, poi appassiscono e muoiono appena si scoprono nuovi fossili. 103
Lo stesso fatto è stato riconosciuto recentemente da Henry Gee, editore della nota rivista Nature. Nel suo libro In Search of Deep Time (“Alla ricerca del tempo profondo”), uscito nel 1999, Gee sottolinea come tutte le prove dell’evoluzione umana “tra 10 e 5 milioni di anni fa, diverse migliaia di generazioni di creature viventi, si potrebbero mettere tutte in una piccola scatola”. Conclude che le teorie convenzionali dell’origine e dello sviluppo degli esseri umani sono “un’invenzione puramente umana, creata dopo i fatti, modellata per conformarsi ai pregiudizi umani”, e aggiunge:
Prendere una linea di fossili e sostenere che rappresentano un albero genealogico non è un’ipotesi scientifica suscettibile di prova, ma un’affermazione che ha la stessa validità delle storie che si raccontano ai bambini prima di andare a letto: divertenti, forse anche istruttive, ma non scientifiche.104
Cosa allora fa sì che tanti scienziati si attacchino in maniera così tenace a questo dogma? Perché cercano con tanti sforzi di mantenere in vita la loro teoria, al costo di dover ammettere innumerevoli conflitti e di dover buttar via le prove che hanno scoperto?
L’unica risposta è che temono ciò che dovranno affrontare, se abbandonano la teoria dell’evoluzione. Il fatto che dovranno affrontare, quando abbandonano l’evoluzione, è che Dio ha creato l’uomo. Ma, se consideriamo i loro presupposti e la filosofia materialista a cui credono, la creazione è un concetto inaccettabile per gli evoluzionisti.
Perciò, ingannano se stessi, e anche il mondo, usando i media con cui collaborano. Se non riescono a trovare i fossili necessari, li “fabbricano”, o sotto forma di figure immaginarie o di modelli fittizi, e cercano di dare l’impressione che esistano davvero fossili che dimostrino l’evoluzione. Una parte dei media che condivide il loro punto di vista materialistico cerca anch’essa di ingannare il pubblico e di instillare la storia dell’evoluzione nell’inconscio delle persone.
Per quanti sforzi facciano, resta evidente la verità: l’uomo è arrivato all’esistenza, non tramite un processo evolutivo, ma tramite la creazione di Dio. Quindi, è responsabile verso di Lui.
70 David Pilbeam, "Humans Lose an Early Ancestor", Science, aprile 1982, pp. 6-7.
71 C. C. Swisher III, W. J. Rink, S. C. Antón, H. P. Schwarcz, G. H. Curtis, A. Suprijo, Widiasmoro, "Latest Homo erectus of Java: Potential Contemporaneity with Homo sapiens in Southeast Asia", Science, Volume 274, Number 5294, Issue of 13 Dec 1996, pp. 1870-1874; also see, Jeffrey Kluger, "Not So Extinct After All: The Primitive Homo Erectus May Have Survived Long Enough To Coexist With Modern Humans, Time, dicembre 23, 1996.
72 Solly Zuckerman, Beyond The Ivory Tower, New York: Toplinger Publications, 1970, pp. 75-94.
73 Charles E. Oxnard, "The Place of Australopithecines in Human Evolution: Grounds for Doubt", Nature, Vol 258, p. 389.
74 Holly Smith, American Journal of Physical Antropology, Vol 94, 1994, pp. 307-325.
75 Fred Spoor, Bernard Wood, Frans Zonneveld, "Implication of Early Hominid Labryntine Morphology for Evolution of Human Bipedal Locomotion", Nature, vol 369, giugno 23, 1994, p. 645-648.
76 Tim Bromage, New Scientist, vol 133, 1992, p. 38-41.
77 J. E. Cronin, N. T. Boaz, C. B. Stringer, Y. Rak, "Tempo and Mode in Hominid Evolution", Nature, Vol 292, 1981, p. 113-122.
78 C. L. Brace, H. Nelson, N. Korn, M. L. Brace, Atlas of Human Evolution, 2.b. New York: Rinehart and Wilson, 1979.
79 Alan Walker, Scientific American, vol 239 (2), 1978, p. 54.
80 Bernard Wood, Mark Collard, "The Human Genus", Science, vol 284, No 5411, aprile 2, 1999, p. 65-71.
81 Marvin Lubenow, Bones of Contention, Grand Rapids, Baker, 1992, p. 83.
82 Boyce Rensberger, The Washington Post, novembre 19, 1984.
84 Richard Leakey, The Making of Mankind, London: Sphere Books, 1981, p. 62.
85 Marvin Lubenow, Bones of Contention, Grand Rapids, Baker, 1992. p. 136.
86 Pat Shipman, "Doubting Dmanisi", American Scientist, novembre- dicembre 2000, p. 491.
87 Erik Trinkaus, "Hard Times Among the Neanderthals", Natural History, vol 87, dicembre 1978, p. 10; R. L. Holloway, "The Neanderthal Brain: What Was Primitive", American Journal of Physical Anthropology Supplement, Vol 12, 1991, p. 94.
88 Alan Walker, Science, vol 207, 1980, p. 1103.
89 A. J. Kelso, Physical Antropology, 1st ed., New York: J. B. Lipincott Co., 1970, p. 221; M. D. Leakey, Olduvai Gorge, Vol 3, Cambridge: Cambridge University Press, 1971, p. 272.
90 S. J. Gould, Natural History, Vol 85, 1976, p. 30.
92 L. S. B. Leakey, The Origin of Homo Sapiens, ed. F. Borde, Paris: UNESCO, 1972, p. 25-29; L. S. B. Leakey, By the Evidence, New York: Harcourt Brace Jovanovich, 1974.
93 "Is This The Face of Our Past", Discover, dicembre 1997, pp. 97-100.
94 A. J. Kelso, Physical Anthropology, 1.b., 1970, pp. 221; M. D. Leakey, Olduvai Gorge, Vol 3, Cambridge: Cambridge University Press, 1971, p. 272.
95 Donald C. Johanson & M. A. Edey, Lucy: The Beginnings of Humankind, New York: Simon & Schuster, 1981, p. 250.
96 Science News, Vol 115, 1979, pp. 196-197.
97 Ian Anderson, New Scientist, Vol 98, 1983, p. 373.
98 Russell H. Tuttle, Natural History, marzo 1990, pp. 61-64.
99 Ruth Henke, "Aufrecht aus den Baumen", Focus, Vol 39, 1996, p. 178.
100 Elaine Morgan, The Scars of Evolution, New York: Oxford University Press, 1994, p. 5.
101 Solly Zuckerman, Beyond The Ivory Tower, New York: Toplinger Publications, 1970, p. 19.
102 Robert Locke, "Family Fights", Discovering Archaeology, luglio/augusto 1999, p. 36-39.
104 Henry Gee, In Search of Time: Beyond the Fossil Record to a New History of Life, New York, The Free Press, 1999, p. 126-127.