1: Ittiosauro, un rettile marino estinto
Gli evoluzionisti affermano che i pesci si sono evoluti da creature marine invertebrate come i pikaia; gli anfibi ed i pesci attuali da qualche pesce ancestrale; i rettili dagli anfibi, uccelli e mammiferi da gruppi separati di rettili – ed anche, alla fine, che gli esseri umani e le scimmie di oggi si sono evoluti da un progenitore comune.
Al fine di dimostrare la veridicità di queste affermazioni, gli evoluzionisti devono essere capaci di mostrare dei fossili di creature di transizione che rappresentino un chiaro punto di svolta nello sviluppo di queste specie. Come è già stato chiarito, comunque, non vi è la più piccola traccia di queste creature immaginarie. Per questa ragione, gli evoluzionisti persistono nelle loro distorte interpretazioni di alcuni fossili, suggerendo che questi rappresentano le forme transitorie. Ma questi obbligatori legami transitori sono il soggetto di molte controversie, proprio tra gli evoluzionisti stessi. Neanche un solo cosiddetto legame transitorio è stato mai accettato senza riserve, anche perché in effetti questi non sono affatto legami transitori. Dato che però gli evoluzionisti si sentono in dovere di far vedere una qualche progressione di questo tipo, essi valutano alcuni dei fossili che hanno trovato come se fossero veramente le forme intermedie in discussione.
Questo è quanto ha da dire Gareth Nelson, del Museo Americano di Storia Naturale, su come si è svolta questa arbitraria selezione di progenitori evolutivi, praticata dagli evoluzionisti:
(Devono essersi detto tra loro) Noi comunque dobbiamo avere qualche progenitore. E allora scegliamo quelli. Perché? "Perché sappiamo che dei progenitori ci devono essere stati, e questi ci sembrano i candidati migliori." Questo è come su per giù è stata fatta la selezione. Non sto esagerando. 25
In questo capitolo saranno esaminate le prove scientifiche di come gli esseri viventi sono emersi sulla Terra indipendentemente, e non per evoluzione da uno all'altro, come affermano gli evoluzionisti.
Secondo le affermazioni degli evoluzionisti, gli invertebrati furono i progenitori dei primi pesci vertebrati. Ma come hanno fatto questi esseri – che in qualche caso avevano solo un guscio duro, e niente ossa o spina dorsale – a trasformarsi in vertebrati? Questo è un quesito a cui gli evoluzionisti non sono capaci di rispondere, e per il quale non possono trovare alcuna prova. E ciò perché, se questa trasformazione si fosse verificata, questi esseri viventi avrebbero dovuto subire dei cambiamenti talmente enormi al punto che mentre i loro gusci diventavano vestigiali all'esterno, all'interno gli si veniva formando uno scheletro. Affinché una tale enorme trasformazione si completasse, vi sarebbero dovuto essere nel frattempo un enorme numero di forme intermedie tra i due estremi. Il fatto è, invece, che non esiste neanche un solo fossile che gli evoluzionisti possano presentare come una forma di vita di transizione tra invertebrati e vertebrati.
Un fossile di pikaia Gli evoluzionisti sostengono che la creatura conosciuta come pikaia sia il progenitore dei pesci. Ma ci si è resi conto, invece, che i pesci che si supponevano discendenti dai pikaia, vivevano già nella loro stessa epoca, il Periodo Cambriano |
La teoria dell'evoluzione ipotizza che i primi cordati, come i pikaia, si sono gradualmente trasformati in pesci. Questa affermazione è stata frequentemente ripetuta dagli evoluzionisti negli anni '90. Stephen Jay Gould, uno dei più autorevoli interpreti contemporanei del Darwinismo, ha dichiarato che i pikaia sono "i progenitori di noi tutti." Questa sua affermazione si basa sulla supposizione che durante il Periodo Cambriano non esistessero dei vertebrati. Il descrivere il pikaia, il cordato più vecchio conosciuto – cioè un animale con un sistema nervoso centrale, che emerse durante il Periodo Cambriano – come il progenitore di tutti i pesci identificati nei periodi che seguirono, appariva al momento del tutto compatibile con la documentazione sui fossili.
Ma una scoperta effettuata nel 1999 in Cina, però, ha scardinato questa tesi evoluzionista sul Periodo Cambriano, fornendo la prova che in effetti esistevano già dei pesci, durante lo stesso periodo dei pikaia, questi presunti progenitori di tutti i pesci.
Dei paleontologi, nel compiere scavi nella regine dello Yunnan, hanno trovato dei fossili di pesci vecchi di 530 milioni di anni. Nella sua relazione dal titolo "Waking up to the Dawn of Vertebrates (Risvegliarsi all'alba dei Vertebrati)", il ben noto paleontologo Richard Monastersky ha rilasciato la seguente dichiarazione su queste due differenti specie di pesci, la Haikouichthys ercaicunensis e la Myllokunmingia fengjiaoa:
I paleontologi hanno da tempo considerato i vertebrati come dei ritardatari rimasti indietro nella storia dell'evoluzione, dopo che buona parte della furia e del rumore iniziali erano finiti nel nulla. I paleontologi Cinesi, però, hanno scoperto i fossili di due pesci che portano l'origine dei vertebrati indietro al tempo del turbolento impatto biologico iniziale, quando quasi tutti i gruppi animali emersero nella documentazione geologica. Preservate nelle rocce vecchie di 530 milioni di anni della provincia dello Yunnan, delle impronte grandi come una graffetta registrano l'esistenza dei primi pesci conosciuti, in vita almeno 30 milioni di anni prima della venuta dei più vecchi vertebrati che li hanno seguiti. 26
Una volta riconosciuta l'esistenza dei vertebrati nel Periodo Cambriano, la metafora della teoria "dell'albero della vita" dell'evoluzione ha perso ogni credibilità. Tutte le categorie di base della vita, ivi inclusi i vertebrati, emersero durante lo stesso periodo geologico, il che rende evidente che non vi è stata alcuna "evoluzione" da un progenitore comune.
La circostanza che i pesci apparvero esattamente allo stesso tempo di tutti gli altri gruppi complessi, dimostra che i pesci non si sono evoluti da nessuna altra specie, ma che invece furono creati. Ed infatti, dopo il Periodo Cambriano, tutte le altre differenti categorie di pesci apparvero d'un tratto nella documentazione sui fossili, e senza alcun progenitore precedente.
Una nuova scoperta nel 1999 ha rivelato l'esistenza di due specie di pesci che vivevano nel Periodo Cambriano (immagine in alto) Haikouichthys ercaicunensis (immagine in basso) Myllokunmingia fengjiaoa |
Secondo gli evoluzionisti, il progenitore delle forme di vita terrestri era una qualche specie di pesce. Ed essi hanno suggerito che questa immaginaria creatura, i cui resti finora non si sono mai trovati, fu costretta a vivere in acque poco profonde e fangose a causa della siccità. E perciò, le pinne dei suoi discendenti si sono evolute in forma di piedi, e le loro branchie in polmoni. Questi discendenti hanno poi sviluppato dei reni atti ad eliminare le scorie corporali, e la loro pelle si è modificata in modo da non perdere l'umidità – e pertanto, come risultato finale, si sono trasformati in anfibi.
A meno che un pesce non subisca tutte queste ed altre metamorfosi insieme, non potrebbe vivere sulla terra asciutta, e come minimo morirebbe entro pochi minuti.
Gli evoluzionisti enumerano tre differenti specie di pesci come i progenitori degli anfibi. Una di queste è il famoso "fossile vivente," il celacanto. Dato lo spessore delle sue pinne e di alcune sue strutture ossee, questa specie è stata per anni raffigurata come la progenitrice degli anfibi. Nel 1938, però, quando ne fu trovato un esemplare vivo nell'Oceano Indiano, si comprese che tutte le supposizioni immaginate dagli evoluzionisti erano del tutto sbagliate. Circa altri 200 celacanti vivi furono infatti pescati negli anni seguenti. E quando questi vennero studiati, risultò chiaro che i tessuti molli di questa specie non assomigliavano per niente a quelli degli anfibi, che i celacanti non erano sul punto di andare a vivere sulla terra asciutta, e che non nuotavano in acque basse ma nelle profondità del mare. (Per ulteriori dettagli, si veda il capitolo sulle "False Forme Transitorie.")
Dato che ora il celacanto è "estinto" (non come essere vivente, ma come progenitore degli anfibi), la grande maggioranza degli evoluzionisti oggi propone un rimpiazzo: un gruppo di pesci della famiglia dei Ripidisti. Le pinne di questi pesci contengono ossa e tessuti spessi come quelli dei Celacanti. Data la differenza in queste strutture, gli evoluzionisti ora affermano che delle zampe iniziarono per prime ad apparire proprio in questa specie. In effetti queste strutture, in ogni caso, non hanno alcuna somiglianza con le zampe anteriori o posteriori degli esseri che vivono all'asciutto sulla terra. Ed inoltre, proprio come quelle dei Celacanti, le pinne dei Ripidisti sono sì collegate flessibilmente ai muscoli del loro scheletro, ma non alla loro spina dorsale in modo da riuscire a sopportare il peso del loro corpo. In altre parole, le pinne di questi pesci non hanno alcuna sembianza con le zampe degli animali terrestri. Inoltre, i fossili degli anfibi più vecchi conosciuti hanno un bacino e delle spalle ampie e poderose – fattezze interamente assenti nei pesci. In questi cosiddetti progenitori, proposti dagli evoluzionisti, non è stata trovata alcuna traccia vestigiale di una effettiva transizione verso tali strutture dinamiche.
Un celacanto vivente del giorno d'oggi Quando il primo celacanto vivo, che per anni era stato indicato dagli evoluzionisti come una forma di transizione, fu trovato nell’Oceano Indiano nel 1938, ci si rese conto che questo pesce non era per niente una forma transitoria. Contrariamente a quanto affermato dagli evoluzionisti, non era affatto una creatura che si preparava per la transizione dal mare alla terra ferma. In realtà viveva in acque molto profonde. E neanche fu trovata alcuna struttura nelle sue pinne che somigliasse a dei piedi, al contrario di quanto sostenuto dagli evoluzionisti |
Come terzi candidati al ruolo di progenitori degli anfibi, gli evoluzionisti propongono i prototteri (della famiglia dei Dipnoi). Queste specie possono respirare l'aria in superficie così come possono farlo con le branchie sott'acqua. La loro struttura polmonare, comunque, non ha alcuna analogia con quella dei polmoni degli animali terrestri.
Il pesce polmonato Australiano, che gli evoluzionisti sostenevano fosse il progenitore degli anfibi. Ma non vi è alcuna somiglianza tra i polmoni di queste creature e quelli degli animali di terraferma. |
La struttura scheletrica di questi pesci è inoltre molto differente da quella degli anfibi. Ad esempio, non vi è traccia di zampe nella configurazione delle loro pinne. Non solo la loro spina dorsale è molto diversa, ma lo è anche la struttura degli organi interni. Per potersi evolvere in anfibi, questi animali dovrebbero passare attraverso enormi cambiamenti. Per esempio, al momento della formazione delle loro ossa pelviche, dei polmoni dovrebbero rimpiazzare le loro branchie, e le loro orecchie ed occhi dovrebbero diventare capaci di funzionare all'aria aperta ed all'asciutto.
A prescindere da quale specie di pesci gli evoluzionisti scelgono di considerare come i cosiddetti progenitori degli anfibi, la quantità di cambiamenti che sarebbe necessaria perché un pesce diventi un anfibio, è enorme. Ed a causa di ciò, avrebbe dovuto esserci un numero straordinario di collegamenti transitori tra i due estremi: milioni di strani esseri con pinne e piedi, con branchie e polmoni, con o senza reni, avrebbero dovuto esistere nel frattempo. Ma non se ne è incontrato neanche uno, tra i circa 100 milioni di fossili reperiti in tutto il mondo. Nella documentazione sui fossili, si trovano fossili completi di pesci e fossili completi di anfibi, ma neanche un solo fossile di una qualsiasi forma transitoria. E questo è un fatto che confuta in pieno la teoria dell'evoluzione, e che d'altronde è accettato anche dagli stessi evoluzionisti.
Ad esempio, il Professor Robert Wesson del Massachusetts Institute of Technology (il famoso Istituto di Tecnologia del Massachusetts - MIT), così descrive come gli anfibi apparvero d'un tratto nella documentazione sui fossili, e come non vi sia alcuna prova di una transizione dai pesci fino a loro:
Non vi è conoscenza di presunti stadi attraverso i quali un pesce possa aver dato origine ad un anfibio. Vi sono delle somiglianze tra i primi anfibi ed alcuni pesci con delle pinne ossee (i Ripidisti), ma i primi animali terrestri sono apparsi con quattro zampe, con spalle e cintura pelvica, con costole e teste ben distinte dal resto del corpo. … Durante qualche milione di anni, 320 milioni di anni fa, una dozzina di ordini di anfibi apparve d'un tratto nella documentazione sui fossili, e nessuno che apparisse come il progenitore di un altro. 27
Secondo la teoria dell'evoluzione gli animali di terraferma si sono evoluti dai pesci. Se ciò fosse vero, allora si sarebbero dovute trovare nella documentazione sui fossili delle creature mezzopesce e mezzo-rettile del genere qui illustrato. Ma nella documentazione non vi è traccia alcuna dell'esistenza di tali creature |
Acantostega: Una creatura che gli evoluzionisti indicano come un esempio della transizione dai pesci agli anfibi. In effetti non è affatto una forma transitoria. |
Come ben chiarisce il Professor Wesson, gli animali terrestri apparvero d'un tratto nella documentazione sui fossili, con quattro piedi sani, con le spalle, con una cassa toracica e con tutte le altre fattezze a loro proprie. Non è stato trovato alcun essere che si possa affermare sia stato il progenitore evolutivo di questi animali, come d'altronde viene affermato anche dal Professore di Biologia Keith Stewart Thomson, emerito Professore di Storia Naturale all'Università di Oxford:
A parte il fatto che non abbiamo ancora trovato alcuna forma fossile realmente intermedia tra pesci e tetrapodi (animali con quattro arti), possiamo intanto liberamente e rumorosamente litigare sulla identità del gruppo di pesci che si può presumere sia stato il progenitore dei tetrapodi. 28
Secondo le affermazioni Darwiniste, i rettili come i coccodrilli, le lucertole ed i serpenti si sono evoluti dagli anfibi. Ma gli anfibi ed i rettili hanno caratteristiche molto differenti, sotto molti aspetti.
Una delle differenze più marcate tra i due è la struttura delle loro uova. Quelle degli anfibi, dato che vengono deposte in acqua, posseggono la conformazione necessaria atta allo sviluppo in quell'ambiente, e sono racchiuse in una membrana permeabile, trasparente e dall'aspetto gelatinoso. Le uova dei rettili, invece, hanno una struttura adatta ad un ambiente terrestre secco, con un guscio coriaceo, conosciuto come l'uovo amniotico, che permette il passaggio dell'aria ma non dell'acqua. In questo modo, il liquido necessario allo sviluppo dell'embrione viene preservato fino alla schiusa delle uova.
Una delle principali differenze tra anfibi e rettili è la struttura delle loro uova. Quelle degli anfibi sono trasparenti e permeabili, adatte ad un ambiente acquatico, mentre quelle dei rettili hanno un guscio che le rende più adatte ad un ambiente terrestre.. | 1: Un Anfibio Completo Non esiste alcuna forma transitoria che dimostri che i rettili si siano evoluti dagli anfibi. |
Se gli anfibi dovessero deporre le loro uova sulla terra asciutta queste si disseccherebbero in poco tempo, e gli embrioni al loro interno morirebbero. Questo è un dato di fatto che non può essere spiegato dalla teoria dell'evoluzione, dove si sostiene che sia stata possibile la graduale evoluzione dei rettili dagli anfibi. Se la vita sulla terra deve continuare, allora le uova degli anfibi dovrebbero trasformarsi in uova amniotiche nel corso di una sola generazione. E nessuno può spiegare come ciò possa essere reso possibile dalla selezione naturale e dalle mutazioni, i due meccanismi dell'evoluzione prospettati dagli evoluzionisti.
D'altra parte, la documentazione sui fossili non ammette alcuna spiegazione evolutiva sull'origine dei rettili. In un articolo dal titolo "Problemi dell'origine dei rettili," il ben noto paleontologo evoluzionista Robert L. Carroll accetta la verità di questa argomentazione: Sfortunatamente, non si ha conoscenza neanche di un solo credibile esemplare di un anfibio progenitore di rettili, prima dell'apparizione dei veri rettili. L'assenza di tali forme ancestrali lascia irrisolti molti dei problemi relativi alla presunta transazione dagli anfibi ai rettili. 29
Quando ci si rese conto che i Seymouria, che gli evoluzionisti sostenevano fossero i progenitori dei rettili, in effetti vivevano durante la loro stessa epoca, fu necessario smettere di usre questa affermazione riguardo l'evoluzione. |
Carroll, considerato un'autorità nel campo della paleontologia dei vertebrati, ha dovuto convenire che "I primitivi amnioti si differiscono abbastanza da tutti gli anfibi Paleozoici di cui la specifica ascendenza non sia stata stabilita." 30 La stessa cosa viene ammessa da Stephen Jay Gould che ha scritto: "Nessun fossile anfibio sembra sia chiaramente ancestrale rispetto alla stirpe dei vertebrati esclusivamente terrestri (rettili, uccelli e mammiferi)." 31
La specie anfibia Seymouria è quella che finora è stato suggerito sia una progenitrice dei rettili. Tuttavia sono stati trovati dei fossili di rettili vissuti 30 milioni di anni prima dell'apparizione della specie Seymouria sulla terra, dimostrando così che questa non poteva essere una forma transitoria. I fossili più antichi della Seymouria risalgono al Periodo Sub-Permiano, di 280 milioni di anni fa. E comunque i fossili delle due specie di rettili più vecchie conosciute sono stati trovati in strati Sub-Pennsylvanian, e datati da 330 a 315 milioni di anni fa. 32 Ed è pertanto naturalmente impossibile che dei progenitori di rettili siano apparsi molti milioni di anni dopo i rettili stessi.
In breve, i ritrovamenti scientifici dimostrano che i rettili non apparvero sulla Terra a seguito di una graduale evoluzione, ma invece che emersero d'un tratto – e senza alcun loro progenitore.
I rettili marini sono un altro gruppo le cui origini non possono essere spiegate dagli evoluzionisti. Ai tempi nostri, testuggini e serpenti di mare sono esemplari di questo gruppo. Il più importante rettile marino estinto è l'Ittiosauro che gli evoluzionisti suggeriscono si sia evoluto da rettili terrestri. Ma non sono capaci di spiegare come ciò sia potuto accadere, comunque, e non possono neanche fornire alcuna prova, dalla documentazione sui fossili, che possa avvalorare tale tesi.
Gli Ittiosauri possedevano le complesse ed uniche caratteristiche delle specie che vivono negli oceani a grande profondità. Ma gli evoluzionisti sostengono che alcuni rettili terrestri si siano adattati, così per caso, alla vita in acque profonde ed aperte.
Questo scenario è impossibile. A. S. Romer, un esperto di storia naturale dei vertebrati, afferma che ci sarebbe voluto moltissimo tempo prima che le fattezze peculiari degli Ittiosauri emergessero – e pertanto l'origine di questi esseri avrebbe avuto luogo molto a ritroso nel tempo. Ed egli allora si dichiara d'accordo che non si possa considerare alcun rettile conosciuto del Periodo Permiano come un possibile progenitore di queste creature. 33 Questa riflessione, fatta da Romer negli anni '60, è valida ancora oggi.
Nell'articolo "Rulers of the Jurassic Seas (I dominatori dei Mari nel Periodo Giurassico)," pubblicato su un supplemento speciale della rivista Scientific American nell'aprile del 2003, si afferma che gli Ittiosauri erano adatti non solo alla vita sulle coste, ma anche nelle profondità degli oceani – e che pertanto avrebbero dovuto sottostare ad enormi adattamenti, al fine di passare dalla terra al mare, e perdendo così molte delle caratteristiche terrestri per acquistarne delle nuove, atte alla vita in acqua. 34 Questo, però, avrebbe richiesto un tempo lunghissimo, prima che la versione finale dell'animale potesse emergere, e solo dopo un'enorme quantità di forme transitorie. Eppure, nella documentazione sui fossili, non vi è traccia alcuna di forme transitorie tali da poter essere considerate come progenitrici degli Ittiosauri. I fossili finora scoperti sono di rettili terrestri o marini.
Sarebbe utile confrontare certe caratteristiche degli Ittiosauri con quelle dei rettili terrestri per dimostrare come sia impossibile che questi ultimi (i rettili) si siano evoluti, a ritroso, nei precedenti:
L'analisi delle membra degli Ittiosauri, in verità, rivela un processo evolutivo complesso nel quale le dita erano perse, aggiunte e divise. 35
1- Un fossile di coccodrillo con sembianze di rettile 2-4- Non vi è traccia, nella documentazione sui fossili, di queste immaginarie forme transitorie Un'altra differenza tra rettili ed ittiosauri è il numero di vertebre nella parte superiore dei loro corpi. I rettili ne hanno 20, e gli ittiosauri fino a 40. Pertanto, nel processo evolutivo, vi dovrebbero essere dei fossili di forma transitoria con, ad esempio, 25, 35 o 38 vertebre. Ma in effetti non vi è alcuna traccia di tali fossili. |
Come si è visto, la presunta evoluzione dei piedi a tavoletta degli Ittiosauri dimostra che non vi è stato il tipo di costante sviluppo che gli evoluzionisti si aspettavano. Tuttavia, come in tutte le pubblicazioni evoluzioniste, su Scientific American questo fatto viene ignorato e, con classica demagogia, viene inserita la seguente affermazione, per far si che i lettori continuino ad ignorare la verità:
Ed è inutile a dirsi, che l'evoluzione non segue sempre un percorso continuo e diretto da un tratto all'altro. 36
Gli ittiosauri erano dei rettili marini espressamente destinati a vivere in acque profonde. Non vi è assolutamente alcuna prova, nella documentazione sui fossili, dei loro immaginari progenitori evolutivi. A sinistra, un fossile di ittiosauro di 200 milioni di anni.
Quando gli evoluzionisti non riescono a trovare una conferma delle loro previsioni, cercano di salvare la loro teoria con dichiarazioni di questo tipo. Il fatto comunque rimane però, che i ritrovamenti della documentazione sui fossili dimostrano chiaramente che nessuna evoluzione ha mai avuto luogo.
Come si è visto, gli Ittiosauri avevano delle caratteristiche estremamente complesse create apposta per la loro vita nelle acque profonde degli oceani. Per disporre di questi vantaggi, un animale terrestre dovrebbe passare attraverso molte mutazioni, però benefiche. Ma non è tuttavia possibile che, solo per caso, le caratteristiche di un essere vivente vengano modificate come se fossero state pianificate per diventare compatibili con l'ambiente in cui vive. Delle coincidenze casuali non possono portare alla modifica delle dita del piede, delle vertebre, della struttura degli occhi, e del modo di nuotare di un animale terrestre, e neanche al tipo di disegno strutturale atto a renderlo capace di vivere in acque profonde.
Alle coincidenze manca l'intelligenza e l'intento di fare tutto ciò. Ed infatti, la documentazione sui fossili dimostra che questi rettili ebbero origine non attraverso una serie di coincidenze, ma in un unico singolo momento, e con già insite tutte le loro complesse e particolari strutture.
Nel loro libro Evolution of the Vertebrates (L'evoluzione dei vertebrati), Colbert e Morales dicono, sull'origine di questi esseri:
Gli Ittiosauri, sotto molti aspetti i più altamente specializzati tra i rettili marini, apparvero ai primi tempi del periodo Triassico. La loro comparsa nella storia geologica dei rettili è stata repentina e sensazionale; non vi sono indizi, nei sedimenti pre-Triassici, di possibili progenitori degli Ittiosauri … il problema di base, riguardo le relazioni degli Ittiosauri con altri animali, è che non si possono trovare delle prove inoppugnabili che evidenzino legami di questi rettili con un qualsiasi altro ordine di rettili. 37
Il paleontologo dei vertebrati Chris McGowan così descrive come gli Ittiosauri apparvero repentinamente nella documentazione sui fossili, senza alcun progenitore evolutivo che li precedesse:
Ho suggerito che gli Ittiosauri erano appena piovuti dal cielo. Quello che è imbarazzante è che non abbiamo ancora trovato i loro progenitori. Questo però non ha impedito ai paleontologi di formulare congetture, e quasi tutti i gruppi di rettili, una volta o l'altra, sono stati prospettati come i probabili progenitori degli Ittiosauri. 38
Come viene ammesso coraggiosamente da McGowan – un evoluzionista – la mancanza di prove non rappresenta un ostacolo per gli evoluzionisti nel presentare dei progenitori fittizi di rettili marini. Ma anche così, le illazioni evoluzioniste non bastano a nascondere la palese verità, e cioè che i rettili marini sono stati creati, come tutti gli altri esseri. Ed è per questa ragione che non è possibile trovare dei fossili appartenenti ai loro progenitori, nella documentazione sui fossili.
Secondo la teoria dell'evoluzione, alcuni rettili si sono evoluti in uccelli ed altri in mammiferi. Ma vi sono considerevoli, ben distinte differenze tra mammiferi e rettili. I rettili sono animali a sangue freddo, che si riproducono deponendo uova dal guscio coriaceo, ed i loro corpi sono ricoperti di squame. Tutti i rettili hanno sette ossa nella mascella inferiore, ma solo una nelle orecchie
I mammiferi, invece, sono animali a sangue caldo, partoriscono i loro cuccioli, ed hanno ghiandole mammarie e pelo sul corpo. Hanno un'unica mascella inferiore e tre ossa nelle orecchie, conosciute dagli anatomisti come martello, incudine e staffa. Se i mammiferi, con tutte i loro complessi ed interconnessi sistemi e strutture, si fossero davvero evoluti dai rettili, come per il risultato di varie mutazioni, allora nella documentazione sui fossili vi dovrebbe essere una gran quantità di specie che rispecchiano tale transizione. Ci si aspetterebbe di trovare i resti di creature con ghiandole mammarie semisviluppate, con squame in procinto di mutarsi in pelo, qualche zampa più lunga di quelle dei rettili, ed altre ancora no, e con fattezze similari, mezzo formate ed incomplete. Ma neanche un singolo fossile di questo tipo è stato mai rinvenuto. Se degli esseri simili fossero mai esistiti, i fossili dei loro resti avrebbero dovuto arrivare fino a noi.
Se, come ci vogliono far credere gli evoluzionisti, i mammiferi si fossero evoluti dai rettili in piccoli stadi, allora nella documentazione sui fossili si dovrebbero trovare milioni di fossili delle forme transitorie come quelle qui illustrate. La totale assenza di tali forme transitorie sta a testimoniare il fallimento della teoria dell’evoluzione. 1: Il coccodrillo, un rettile completo Nella documentazione sui fossili vi sono fossili di conigli, tartarughe, lucertole e scoiattoli, ma neanche un singolo fossile delle creature, mezzo mammifero e mezzo rettile, di cui sognano gli evoluzionisti. |
In aggiunta, gli evoluzionisti suggeriscono che numerosi tipi di animali, dai cavalli agli esseri umani, e dagli scoiattoli agli elefanti, si sono tutti evoluti dai rettili. Ed affermano anche che il lasso di tempo durante il quale comparvero le ghiandole mammarie durò circa 100 milioni di anni. Se una tale quantità di specie avesse davvero fatto la sua apparizione in un periodo così lungo, allora vi dovrebbero essere milioni di fossili delle forme di transizione. Ma nella documentazione sui fossili non se ne trova neanche una, di queste forme transitorie. Gli evoluzionisti indicano, come esempi delle forme transitorie, un gruppo di fossili appartenenti al gruppo dei Terapsidi, noti come "rettili dalle sembianze di mammiferi (o rettili-mammiferi)." Ma come si vedrà nel capitolo "False Forme Transitorie", queste loro affermazioni sono invalide.
Un fossile di una creatura appartenente alla classe dei Terapsidi. Gli evoluzionisti indicano questi come i progenitori dei mammiferi. Ma non è una affermazione con fondamento scientifico
Questi "rettili dalle sembianze di mammiferi," di cui si dice che siano i progenitori dei mammiferi, sono tutti estinti. Ed anche queste creature sono apparse repentinamente nella documentazione sui fossili, ed altrettanto repentinamente sono scomparse.
Il fatto che siano estinte, dà agli evoluzionisti l'opportunità di prospettare varie immaginarie congetture, a volontà, così come hanno fatto con i Celacanti. Ma cercare di far credere che esistono delle somiglianze tra le specie, solo sulla base di poche ossa, non è un metodo che dà affidamento. Alcuni evoluzionisti sbagliano quando pensano che degli animali con scheletri simili, posseggano anche tessuti connettivi simili. Michael Denton così commenta questo errore degli evoluzionisti:
Inoltre vi è sempre la possibilità che dei gruppi, come i rettili dalle sembianze di mammiferi (rettili-mammiferi) di cui non è rimasto alcun esemplare vivente, possano aver posseduto delle caratteristiche, nella biologia dei loro tessuti, completamente differenti da quelle di ogni altro rettile o mammifero di cui si ha conoscenza. La qual cosa li eliminerebbe dal novero dei potenziali progenitori dei mammiferi, un po' come quando la scoperta dei Celacanti ha rivelato delle caratteristiche, nella anatomia dei loro tessuti, che erano inaspettate e che hanno fatto sollevare dei dubbi sullo stato ancestrale dei loro parenti Ripidistiani. 39
Dopo aver studiato i teschi ed i cervelli dei cosiddetti rettili-mammiferi, gli scienziati sono arrivati alla conclusione che questi esseri non possedevano le caratteristiche dei mammiferi, ma somigliavano del tutto ai rettili. I mammiferi si distinguono dai rettili (ivi inclusi i rettili-mammiferi) dalle dimensioni dei loro cervelli:
Considerazioni di questo tipo offuscano lo status di altri classici gruppi intermedi come i rettili-mammiferi, un gruppo di rettili estinti nei quali la morfologia del teschio e della mascella era molto vicina a quella dei mammiferi. Non si può escludere la possibilità che i rettili-mammiferi fossero del tutto come i rettili, in termini di anatomia e fisiologia. La sola prova che abbiamo, riguardo la biologia dei loro tessuti, è la conformazione interna dei loro crani, che suggerisce, per quanto riguarda il loro sistema nervoso centrale, una totale appartenenza al gruppo dei rettili. Jerison, che probabilmente ha avuto più esperienza, nello studio della conformazione interna dei crani, di qualsiasi altra autorità in questo campo, così commenta circa i cervelli dei rettili-mammiferi: " … questi animali avevano dei cervelli dalle dimensioni tipiche dei vertebrati inferiori … " E dato che la parte interna dei loro crani aveva un volume molto vicino alle dimensioni previste del cervello, e dato anche che la parte interna del cranio è il limite massimo delle dimensioni che può raggiungere la massa cerebrale, i rettili-mammiferi non potevano aver avuto dei cervelli di dimensioni pari a quelle dei mammiferi … In breve, i rettili-mammiferi erano rettili e non mammiferi, per quanto riguarda l'evoluzione dei loro cervelli…Il primo mammifero di cui si ha una ragionevole prova, il Triconodonte del periodo Giurassico superiore, era apparentemente o molto vicino o già al livello dei "primitivi" mammiferi viventi, come gli insettivori o gli opossum della Virginia. 40 Di fatto, i rettili-mammiferi furono descritti così solo in base alle somiglianze delle loro giunture mascellari. Rimane il fatto, comunque, che una singola caratteristica non è sufficiente a permettere una simile definizione. 41
Gli studi su questi esseri hanno portato alla conclusione che essi non hanno niente in comune con i mammiferi. Nel 1973, ad esempio, il Dr. K. A. Kermack ed altri ricercatori della Università di Londra hanno descritto il Morganucodonte come appartenente ai Cinodonti, una cosiddetta forma transitoria con sembianze avanzate di rettile. Un certo numero di frammenti di Morganucodonte, trovati sia nel Galles che in Cina, dimostrarono che gli stessi stadi "evolutivi" avevano avuto luogo, su per giù allo stesso tempo, in due parti del mondo completamente differenti, divise tra loro da migliaia di miglia – il che è impossibile. I ricercatori affermarono che, dal punto di vista delle loro ossa mandibolari, il Morganucodonte ed il Kuehneotherium, scoperto in precedenza, erano senza dubbio ambedue dei rettili. 42
Roger Lewin |
Un altro problema per queste creature, che si affermava costituissero le forme transitorie tra i rettili ed i mammiferi, riguarda l'epoca della loro origine. Questi rettili-mammiferi apparvero non alla fine della grande Età dei Rettili, ma al suo inizio. E questo significa, secondo l'immaginario albero dell'evoluzione, che essi apparvero 100 milioni di anni troppo presto.
Tom Kemp, nel suo articolo evoluzionista "The Reptiles that Became Mammals (I Rettili che divennero Mammiferi)," pubblicato sulla rivista New Scientist, ammette che i rettili-mammiferi apparvero d'un tratto nella documentazione sui fossili:
Come ben si sa, la maggioranza delle specie fossili apparve istantaneamente nella documentazione sui fossili, continuò per milioni di anni, virtualmente senza alcun cambiamento, per poi sparire d'improvviso. 43
Tutto questo dimostra che la supposizione che i rettili si siano evoluti in mammiferi non ha basi scientifiche. È ancora attuale il dilemma che ha forzato il paleontologo evoluzionista Roger Lewin ad ammettere che "La transizione al primo mammifero … è ancora un enigma." 44
D'altra parte, anche l'origine delle classi di mammiferi è oscura, per quanto concerne la teoria dell'evoluzione. Eric Lombard ne scrive così al riguardo sulla rivista Evolution:
Quelli che cercano specifiche informazioni atte alla realizzazione di filogenesi di gruppi di mammiferi, rimarranno delusi. 45
Come per tutti gli altri gruppi, l'origine dei mammiferi non è per niente compatibile con la teoria dell'evoluzione.
Proprio come i mammiferi terrestri, le balene ed i delfini partoriscono, allattano i loro cuccioli, respirano a mezzo di polmoni, e sono di sangue caldo. Per gli evoluzionisti l'origine di questo gruppo, noto come mammiferi marini, è una delle cose più difficili da spiegare. Nella maggior parte della loro documentazione essi suggeriscono che i progenitori dei mammiferi marini vivevano sulla terra asciutta e che, dopo un lungo periodo di tempo, si sono evoluti in modo da adattarsi alla vita in un ambiente marino. Secondo questo punto di vista, i mammiferi marini – i cui presunti progenitori, i pesci, si presume siano passati attraverso una transizione dal mare alla terra – sono poi ritornati in acqua, come risultato di ulteriori cosiddette pressioni evolutive. Il fatto è, comunque, che non vi è alcuna prova paleontologica in supporto a tale teoria, che sfida anche ogni logica.
L'affermazione contenuta nella teoria dell'evoluzione, riguardo l'origine delle balene, si basa su una sequenza di fossili, dove una serie di specie sono disposte in una sequenza immaginaria, e poi sono presentate come le forme transitorie dell'evoluzione delle balene.
Le Affermazioni Degli Evoluzionisti Circa "Una Balena Che Cammina" Non Hanno Fondamento Scientifico |
Secondo gli evoluzionisti, la sequenza geologica seguita da queste creature è la seguente: Pakicetus (50 milioni di anni fa); Ambulocetus (49 milioni di anni fa); Rodhocetus (46.5 milioni di anni fa); Procetus (45 milioni di anni fa); Kutchicetus (da 43 a 46 milioni di anni fa); Dorudon (37 milioni di anni fa); Basilosaurus (37 milioni di anni fa); ed infine, Aetiocetus (da 24 a 26 milioni di anni fa).
Ma vi sono diversi aspetti ingannevoli in questo schema, tra i quali il principale è: Le prime due creature elencate, Pakicetus and Ambulocetus, vengono indicate dagli evoluzionisti come "balene camminanti". Ebbene, dichiarare questi due mammiferi come balene è un'affermazione illusoria, addirittura comica.
Un ornitorinco
Consideriamo dapprima il Pakicetus inachus. La comparazione dei fossili di questo mammifero estinto iniziò nel 1983. Gli scopritori del fossile, Philip D. Gingerich ed i suoi colleghi, non esitarono a dichiararlo una "balena primitiva", sebbene ne avessero trovato solo il teschio.
Ma in effetti questo fossile non ha alcun collegamento con le balene. Il suo scheletro a quattro zampe somiglia a quello dei lupi d'oggigiorno. Il fossile fu scoperto in uno strato contenente ossido di ferro assieme a dei fossili terrestri di lumache, tartarughe e coccodrilli. In altre parole, il fossile era parte della terraferma, e non di un precedente letto marino.
Questo abitante terrestre a quattro zampe fu dichiarato una "balena primitiva" solo per alcuni dettagli dei suoi denti e delle ossa delle sue orecchie! Il fatto è, invece, che queste caratteristiche non sono una prova su cui stabilire che esisteva un grado di parentela tra il Pakicetus e le balene di oggi. Anche gli evoluzionisti ammettono che presupporre parentele così campate in aria tra gli esseri viventi, è un modo di fare di solito estremamente inaccorto. Se l'ornitorinco – un mammifero che depone uova, esistente in Australia – e le anatre fossero ambedue estinti, allora gli evoluzionisti, con la stessa logica, e considerando inizialmente solo i loro becchi e le loro uova, li dichiarerebbero parenti. Però l'ornitorinco è un mammifero, e le anatre sono uccelli, e la teoria dell'evoluzione non può stabilire alcun legame tra loro. E non può neanche farlo nel caso del Pakicetus inachus che, malgrado gli evoluzionisti dichiarino sia una balena primitiva, è invece una specie unica con le sue particolari caratteristiche anatomiche. Anche Carroll, una preminente autorità nel campo della paleontologia dei vertebrati, afferma che la famiglia dei Mesonicoidei, nella quale dovrebbe essere inserito il Pakicetus, "era la combinazione di questi cambiamenti." 46 Ed anche preminenti evoluzionisti come Gould accettano il fatto che tali "creature mosaico" non possono essere considerate come forme di transizione.
L'immaginario Grafico Degli Evoluzionisti Sulle Balene |
In un articolo dal titolo "The Overselling of Whale Evolution (La Sopravvalutazione della Evoluzione della Balena)," lo scrittore creazionista Ashby L. Camp spiega l'invalidità dell'affermazione che le Archaeocetae (Archeoceti - il cui nome latino significa "balene arcaiche") – parte della classe dei Mesonicoidei, di cui i mammiferi terrestri come il Pakicetus sono membri – siano in effetti delle balene:
La ragione per cui gli evoluzionisti sono portati a credere che i Mesonicoidei abbiano dato origine agli Archeoceti, nonostante l'impossibilità di identificarne alcuna specie nella effettiva discendenza, è che i Mesonicoidei e gli Archeoceti, di cui si ha conoscenza, hanno una qualche rassomiglianza. Ma queste somiglianze, comunque, non sono sufficienti a farne un caso di ascendenza, specialmente considerandone le enormi differenze. La natura soggettiva di queste comparazioni è evidente, se si considera che gli evoluzionisti hanno indicato molti gruppi di mammiferi, ed anche rettili, come progenitori delle balene. 47
1: Un disegno di un ambulocetus |
Nell'immaginario albero dell'evoluzione, la seconda creatura estinta dopo il Pakicetus è l'Ambulocetus natans [In Latino "balena camminante"]. Questo fossile, per la prima volta annunciato in un articolo della rivista Science nel 1994, era un animale terrestre che gli evoluzionisti, con la solita tecnica di forzatura dei fatti, hanno cercato di far passare come una balena.
La verità, ancora una volta, è che non vi è alcuna prova che o il Pakicetus o l'Ambulocetus abbiano un qualche grado di parentela con le balene. Dopo queste due specie, lo schema evoluzionista si sposta sui mammiferi marini, listando specie di balene estinte di Archeoceti come il Protocetus ed il Rodhocetus. Queste creature sono in effetti dei mammiferi marini estinti. Vi sono però enormi differenze anatomiche tra loro ed il Pakicetus e l' Ambulocetus. I loro resti fossili dimostrano chiaramente che queste non sono le forme di transizione che colleghino insieme le specie di qualsiasi serie:
L'Ambulocetus è un animale terrestre a quattro zampe. La sua spina dorsale termina all'altezza del bacino, a cui sono collegate le poderose ossa delle zampe. Questa è la tipica anatomia di un mammifero terrestre. Le balene, invece, non hanno un bacino, e la loro spina dorsale continua ininterrotta giù fino alla coda. Il Basilosaurus, che si pensa sia esistito 10 milioni di anni dopo l'Ambulocetus, possiede la stessa esatta anatomia. In altre parole, è una tipica balena. Non esiste alcuna forma transitoria tra l'Ambulocetus, un tipico animale terrestre, ed il Basilosaurus, una tipica balena.
Nella parte inferiore delle spine dorsali, sia del Basilosaurus che dei capodogli, vi sono delle piccole ossa, indipendenti dalle vertebre. Gli evoluzionisti affermano che queste sono delle "zampe rattrappite". In effetti, invece, queste ossa sono servite a far loro adottare la posizione migliore per l'accoppiamento ai fini della riproduzione, ed oggigiorno supportano gli organi riproduttivi dei capodogli. 48 Descrivere come "vestigiali" quelle parti dello scheletro che servono ad una importante funzione, è semplicemente un pregiudizio evoluzionista.
In conclusione, rimane il fatto che i mammiferi marini sono emersi con tutte le loro particolari caratteristiche, e senza alcuna forma transitoria tra loro e gli animali terrestri. Non vi è alcuna catena evolutiva. Robert Carrol lo ammette, anche se con riluttanza, ed usando la terminologia evoluzionista: "Non è possibile identificare una sequenza di Mesonicoidei che porti direttamente alle balene." 49 Malgrado sia un evoluzionista, lo scienziato Russo G. A. Mchedlidze – un ben noto esperto su quanto riguarda le balene – non è d'accordo col descrivere come possibili progenitori delle balene il Pakicetus, l' Ambulocetus natans ed altri simili animali a quattro zampe. Egli li identifica, piuttosto, come un gruppo del tutto isolato. 50
In breve, lo scenario degli evoluzionisti – di mammiferi marini che si sono evoluti da animali terrestri – è incorretto. Anche l'altra loro affermazione, di una evoluzione tra gli stessi mammiferi marini, si deve confrontare con un terribile dilemma. Usando una classificazione scientifica, si è cercato di costruire una relazione familiare tra degli estinti mammiferi marini come gli Archeoceti e le balene ed i delfini in vita oggi.
Ma gli esperti in materia la pensano piuttosto diversamente. La paleontologa evoluzionista Barbara J. Stahl così ne scrive:
La forma serpeggiante del corpo, ed i peculiari denti su guance seghettate, rendono evidente che questi Archeoceti non possono essere stati i progenitori di alcuna delle moderne balene. 51
Anche la loro spiegazione sull'origine dei mammiferi marini è ragione di un grave imbarazzo per gli evoluzionisti, a causa delle risultanze della biologia molecolare. Il classico scenario evoluzionista ipotizza che i due principali gruppi di balene – con denti (Odontoceti) o con fanoni (Misticeti) – si sono evoluti da un qualche progenitore comune. Michel C. Milinkovitch dell'Università di Brussels si è opposto a questa opinione, facendo notare che tale supposizione, basata solo su delle similitudini anatomiche, viene invece invalidata dalle risultanze molecolari:
Mentre la monofilia dei cetacei è diffusamente accettata, l'origine e le relazioni evolutive tra i maggiori gruppi di cetacei sono più problematiche, dato che con le analisi morfologiche e molecolari si arriva a conclusioni molto differenti tra loro. In effetti, basandosi sulla interpretazione convenzionale dei dati morfologici e comportamentali disponibili, le balene che si nutrono con l'uso dei denti (67 specie - Odontoceti) e quelle che invece si nutrono filtrando tra i fanoni l'acqua ingurgitata (10 specie - Misticeti), sono considerate appartenenti a due distinti gruppi monofiletici … D'altra parte, invece, l'analisi filogenetica del DNA e delle sequenze di amino-acidi contraddicono questa suddivisone tassonomica, da lungo tempo accettata. Un gruppo di balene dentate, i capodogli, appare essere in una relazione più stretta con le altamente divergenti balene provviste di fanoni, i Misticeti, che con gli altri Odontoceti. 52
In breve. I mammiferi marini contraddicono qualunque schema evoluzionista in cui si cerca di infilarli.
Così si esprime al riguardo Henry Gee, redattore scientifico della rivista Nature:
Gli intervalli di tempo che separano i fossili sono così enormi che non possiamo dire niente di definitivo sulle loro eventuali connessioni tra ascendenza e discendenza. 53
1: Un Ippopotamo |
Vi è una differenza generazionale di milioni di anni che separa i fossili che gli evoluzionisti affermano siano dei progenitori dei mammiferi marini. Anche in presenza di registrazioni documentarie, è molto difficile stabilire l'identità delle remote progenitrici degli uomini, e qualche volta è addirittura impossibile. Per questa ragione, l'affermazione che i fossili rappresentanti le "forme di transizione" sono in una relazione di discendenza lineare diretta, non può essere altro che una supposizione.
Ed è pure sbagliato provare a costruire una linea diretta di discendenza, basandosi solo su poche similarità tra le specie. Le sorprendenti rassomiglianze tra gli organismi di oggi furono notate anche in epoche precedenti a quella di Darwin, ma venivano considerate come il risultato di un disegno comune. Suggerire che tali similitudini sono la prova dell'evoluzione, non è una deduzione scientifica.
Ed inoltre gli evoluzionisti devono spiegare come le specie viventi che loro affermano rappresentino le forme transitorie, si possano essere cambiate in esseri idealmente adatti alla vita in acqua – e con quali congegni ciò è successo.
Non basta solo affermare "le zampe anteriori sono diventate pinne, quelle posteriori sono scomparse, e così pure il pelo, ed il grasso è diventato ciccia." Non vi è neanche una singola prova, tra gli esseri viventi oggigiorno, che possa dimostrare come le zampe anteriori si siano trasformate in pinne o come un animale terrestre si sia potuto adattare perfettamente alla vita in acqua, cambiando totalmente la forma del suo corpo e la struttura delle sue ossa interne.
Nessun congegno in natura può riuscire ad effettuare i cambiamenti che gli evoluzionisti insistono abbiano avuto luogo.
Considerando gli infiniti adattamenti a cui ogni animale terrestre dovrebbe sottostare, per poter vivere in acqua, si può ben dire che anche la parola impossibile non è sufficiente a descrivere una tale transizione. L'assenza di anche uno solo di questi adattamenti, che si afferma abbiano avuto luogo nell'immaginario processo evolutivo, renderebbe inattuabile la sopravvivenza di questi esseri.
Gli evoluzionisti hanno diversi scenari per la cosiddetta evoluzione degli uccelli, sebbene non abbiano alcuna prova scientifica per neanche uno di questi scenari. Secondo quello più in voga, si afferma che gli uccelli si sono evoluti da dinosauri carnivori conosciuti come Teropodi. L'ornitologo Storrs L. Olson, dello Smithsonian Institution Museum of Natural History (Museo di Storia Naturale della Istituzione Smithsoniana), definisce questa affermazione, che tra l'altro gli evoluzionisti non sono capaci di convalidare con alcuna prova, come "una delle più grandiose mistificazioni dei nostri tempi." 54
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Olson critica quelli che suggeriscono che gli uccelli si sono evoluti dai dinosauri, sebbene neanche lui possa offrire in alternativa una spiegazione evolutiva sull'origine degli uccelli.
Un animale terrestre, per acquisire la capacità di volare, dovrebbe passare attraverso una grande quantità di cambiamenti anatomici e fisiologici. La teoria dell'evoluzione non riesce a spiegare come questi cambiamenti possano aver avuto luogo, e neanche riesce a presentare alcuna prova, dalla documentazione sui fossili, che questi cambiamenti vi siano effettivamente stati. Pertanto la teoria che "gli uccelli sono dei dinosauri pennuti" è respinta da vari biologi e paleontologi, anche se questi comunque sostengono la teoria dell'evoluzione. Ad esempio, Alan Feduccia dell'Università della Carolina del Nord e Larry Dean Martin della Università del Kansas, due dei più importanti ornitologi del mondo, non credono che gli uccelli possano essersi evoluti da un gruppo di dinosauri di cui si abbia conoscenza. Feduccia in particolare, nonostante creda nella evoluzione, mette in evidenza le differenze tra dinosauri ed uccelli, dando anche le prove di quanto considerevoli siano tali differenze, per arrivare alla conclusione che pertanto è impossibile che gli uccelli si siano evoluti dai primitivi dinosauri.
A dimostrazione del perché la teoria dell'evoluzione, quando si riferisce all'origine degli uccelli, non è altro che un terribile imbroglio, è bene ricordarsi di alcune delle differenze tra uccelli e rettili:
1) Il polmone di un uccello possiede una struttura completamente diversa da quella di tutti gli altri vertebrati terrestri, inclusi i rettili. Nei polmoni degli uccelli, diversamente dai vertebrati terrestri, l'aria si muove in una sola direzione, permettendo così agli uccelli di inalare costantemente ossigeno, ed allo stesso tempo espellere il diossido di carbonio. È impossibile che questa struttura polmonare, unica tra gli uccelli, si sia potuta evolvere da un polmone di un vertebrato terrestre, dato che con un flusso di aria unidirezionale, ogni rettile-uccello di transizione non avrebbe mai potuto respirare. 55
2) Nel 1992, uno studio comparativo condotto da Alan Feduccia e Julie Nowicki su embrioni di uccelli e rettili, ha dimostrato le enormi differenze tra le strutture dei piedi dei due gruppi, ed anche che è impossibile stabilire un qualsiasi legame evolutivo tra loro. 56
1: Un uccello completo |
3) Recenti comparazioni dei teschi dei due gruppi hanno portato alla stessa conclusione. Come risultato di uno studio condotto nel 1999, Andrzej Elzanowski è arrivato alla conclusione che "le differenze sono la conseguenza di una riduzione filogenetica, piuttosto che di una variazione individuale." 57
4) I denti sono uno dei fattori che distinguono gli uccelli dai rettili. Si sa che in passato alcuni uccelli avevano dei denti nei loro becchi. Questa circostanza è stata a lungo rappresentata come la prova dell'evoluzione, anche se in seguito si capì che i denti degli uccelli erano davvero unici. Feduccia ne scrive così al riguardo:
Forse la differenza che colpisce di più tra i teropodi e gli uccelli concerne la struttura dei denti e la natura del loro impianto … È stupefacente che non si sia prestata più attenzione alle straordinarie differenze tra i denti dei teropodi e quelli degli uccelli (Tavola 1), specialmente se si considera che la base della paleontologia dei mammiferi coinvolge ampiamente la morfologia dei denti … In breve, i denti degli uccelli (come visti negli Archaeopteryx, Hesperornis, Parahesperornis, Ichthyornis, Cathayornis, ed in tutti gli uccelli dentati del periodo Mesozoico) sono notevolmente simili e non sono come quelli dei teropodi … Essenzialmente, non vi è alcuna condivisa o derivata relazione di nessun aspetto di morfologia dentale tra uccelli e teropodi, ivi incluso la forma dei denti, l'impianto, o il rimpiazzo. 58
5) Gli uccelli sono a sangue caldo, ed i rettili a sangue freddo. Questo indica due metabolismi completamente differenti, e pertanto delle mutazioni casuali non possono aver compiuto alcuna transizione tra i due. (Pur di rimediare a questo dato di fatto, è stata fatta circolare la tesi che i dinosauri fossero in effetti animali a sangue caldo. Però un gran quantità di prove smentisce tale tesi, che d'altra parte non poteva avvalersi di alcuna prova a favore.) 59
6) I rettili hanno le squame, gli uccelli le piume – due strutture totalmente differenti. È impossibile che delle piume evolvano dalle squame.
7) I rettili hanno ossa pesanti, spesse e solide. Le ossa degli uccelli, invece, sono più sottili e cave. Le ossa più leggere permettono agli uccelli di volare con facilità.
Queste sono solo alcune delle differenze tra i due vertebrati. Un rettile dovrebbe sottostare ad innumerevoli mutazioni per acquisire le caratteristiche di un uccello. Ad esempio, solo affinché le zampe anteriori di un rettile diventino ali, ci vorrebbero un gran numero di cambiamenti graduali. Ogni mutazione che influisce sui dati genetici di una zampa anteriore, deve portare certi minuscoli cambiamenti; e con ognuno di questi, la zampa deve acquisire pian piano sempre più le caratteristiche di un'ala. Ad esempio, perché le piume appaiano sulle zampe, devono svilupparsi gradualmente: prima deve spuntare il gambo, che sarà seguito poi dagli altri componenti. Le dita dei piedi devono scomparire un po' alla volta, ad ogni susseguente generazione, ed il piede deve somigliare sempre più ad un'ala. Ed almeno qualcuno di questi molto lenti e graduali cambiamenti si dovrebbe poter osservare nella documentazione sui fossili. Lo stesso vale per i cambiamenti ai polmoni, alla struttura dei denti, ed alle altre caratteristiche.
Ma alle mutazioni manca la capacità di apportare tali graduali cambiamenti di così vasta portata. Come è stato già fatto notare prima, le mutazioni sono quasi sempre dannose. E poiché capitano in modo casuale, manca loro una qualsiasi progettazione ed organizzazione – e naturalmente anche l'intento cosciente di trasformare un organo in un altro, con gradualità ed accuratezza ad ogni stadio.
(Per ulteriori e più dettagliate informazioni, si consulti il libro di Harun Yahya, Darwinism Refuted (Il Darwinismo Confutato), pubblicato a New Delhi dalla Goodword Books, nel november del 2002)
Se vi fosse veramente stata una evoluzione tra rettili ed uccelli, allora vi sarebbero milioni di fossili di transizione a provarne l'esistenza. Finora, invece, neanche un singolo fossile mezzo-uccello/mezzo-rettile è stato mai trovato. Quei fossili che sono stati scoperti appartengono ad uccelli o a rettili estinti. Le storielle sui dino-uccelli, che così frequentemente appaiono nei media, non sono altro che giochi di destrezza, come si vedrà in dettaglio più avanti. Nessuno di questi è la connessione mancante nella cosiddetta evoluzione degli uccelli.
Certe persone, che trovano la teoria dell'evoluzione credibile solo perché ne hanno una conoscenza limitata e di seconda mano, credono che i rettili volanti, come i pterodattili, siano i progenitori degli uccelli. La verità è che i rettili volanti non hanno alcun legame con gli uccelli, ed in effetti nessuna autorità evoluzionista sostiene che gli uccelli si siano evoluti da questi rettili altamente specializzati.
I rettili volanti conosciuti come pterosauri hanno delle strutture delle ali e dello scheletro molto differenti da quelle degli uccelli. |
Questi rettili volanti sono di un gruppo estinto, il pterosauro, la cui origine si presenta come un grande dilemma per la teoria dell'evoluzione. Come per tante altre specie nella documentazione sui fossili, questi rettili compaiono repentinamente e con tutte le loro uniche fattezze già completamente formate. Carroll, una delle più eminenti autorità della paleontologia dei vertebrati, confessa quanto segue, malgrado le sue credenziali evoluzioniste:
" … Tutti i pterosauri del Triassico erano altamente specializzati nel volo … Non esistono molte prove atte a determinare la loro precisa discendenza e non vi è prova di stadi precedenti nell'origine del volo." 60
La struttura delle ali dei rettili volanti è particolarmente interessante: Vi sono quattro dita sull'ala dei pterosauri, proprio come nelle zampe anteriori degli altri rettili. Il quarto "piccolo" dito, però, è circa 20 volte più lungo delle altre dita, e l'ala vi si distende al disotto. Se i rettili volanti si fossero evoluti da altri rettili terrestri, questo quarto dito avrebbe dovuto crescere molto gradualmente, ed in vari stadi. Ma non vi è alcuna prova di ciò nella documentazione sui fossili, ed una simile crescita non la si può spiegare neanche in termini di congegni di selezione naturale e di mutazioni, dato che durante gli stadi delle graduali forme transitorie la mano non sarebbe stata funzionale, e non avrebbe consentito al rettile di volare.
È un grave errore ascrivere una relazione evolutiva tra uccelli e rettili volanti, basandosi solo sulle loro strutture alari tanto diverse. Così come sarebbe da inesperti affermare l'esistenza di una relazione evolutiva tra mosche o pipistrelli (mammiferi) e storni, solo perché hanno tutti le ali, è sbagliato allo stesso modo presupporre una relazione tra rettili volanti ed uccelli.
Alan Feduccia |
Negli ultimi dieci anni, i dinosauri con le piume o "dino-uccelli" sono stati uno degli strumenti propagandistici più importanti usati nei mezzi d'informazione Darwinisti. Titoli in prima pagina su immaginari dino-uccelli sono apparsi uno dietro l'altro, e ricostruzioni ed affermazioni, date per certe da "esperti", sono state usate per convincere la gente che degli esseri mezzo-uccelli e mezzo-rettili un tempo gironzolavano sulla Terra. Ma non vi è uno straccio di prova di tutto questo.
Alan Feduccia, del Dipartimento di Biologia dell'Università della Carolina del Nord, negli USA, è una delle più importanti Autorità nel mondo sull'origine degli uccelli, ed il suo nome appare sempre nell'elenco dei cinque più famosi ornitologi del mondo. Il Dr. Feduccia crede nella teoria dell'evoluzione, ed anche che gli uccelli stessi si siano evoluti. Ma quello che lo distingue, tra i sostenitori dei dino-uccelli e certi fanatici evoluzionisti, è che egli ammette l'incertezza della teoria dell'evoluzione su questo argomento, e non crede allo scenario dei dino-uccelli, dato che è privo di qualsiasi fondamento.
La rivista The Auk è pubblicata dall'Unione degli Ornitologi Americani, ed è considerata la sede più appropriata dove ospitare i dibattiti ornitologici più tecnici. Nella sua edizione dell'ottobre 2002, l'articolo del Dr. Feduccia "Birds Are Dinosaurs: Simple Answer to a Complex Problem (Gli Uccelli sono Dinosauri: Una risposta semplice ad un Problema Complesso)," fornisce delle importanti informazioni. Viene descritto dettagliatamente come la teoria che gli uccelli si siano evoluti dai dinosauri, proposta negli anni '70 da John Ostrom, e da allora difesa con accanimento, non è confortata da alcuna prova – e vi si spiega anche il perché una simile evoluzione sia stata impossibile.
Il Dr. Feduccia non è l'unico a pensarla così. L'evoluzionista Peter Dodson, professore di anatomia all'Università della Pennsylvania, negli USA, dichiara anche lui di guardare con sospetto all'affermazione che gli uccelli si siano evoluti da dinosauri teropodi. 61
Feduccia discute un fatto importante sui "dino-uccelli" scoperti in Cina: Anche se apparentemente delle piume rudimentali sono state trovate su rettili fossilizzati che sono presentati come dinosauri piumati, non è per niente certo che queste piume siano piume d'uccello. Anzi, vi sono considerevoli prove che queste tracce fossili, note come "dino-peluria", non hanno niente a che fare con le piume degli uccelli. Feduccia ne scrive così:
Il cosiddetto "diavolo peloso" pterosauro Sordes (dai sedimenti lacustri del Primo Periodo Giurassico, nel Kazakistan) si è conservato in sedimenti lacustri similari e conserva delle strutture eccezionalmente simili, se non identiche, alla "dino-peluria" (Wellnhofer, 1991). Eppure, il calcare litografico dalla finissima struttura granulare degli alvei Solnhofen, che ospitavano l'Archaeopteryx (Archeopterige), non conserva alcuna dino-peluria sul piccolo celurosauro Compsognathus, un assiduo compagno del primitivo Cretaceo Cinese Sinosauropteryx, che mostra un alone di tale materiale. 62
A seguito di tale analisi, Feduccia afferma che alcuni paleontologi stanno agendo in un modo prevenuto al riguardo:
… condiviso da molti paleontologi: gli uccelli sono dinosauri; pertanto ogni materiale filamentoso preservato nei dromeosauri deve per forza essere un piumaggio. 63
Un disegno di un Terizinosauro
Secondo Feduccia, uno dei fattori che invalidano questo preconcetto sono le tracce di dino-peluria, che non hanno niente a che vedere con le piume degli uccelli:
Ancora più importante, la dino-peluria si sta ora scoprendo in un certo numero di taxa (categorie animali), qualcuna ancora inedita, ma particolarmente in un pterosauro Cinese (Wang ed altri, 2002) ed in un terizinosauro, che ha dei denti come quelli del prosauropodo. Ed ancora più sorprendente, delle fibre epidermiche molto somiglianti alla dino-peluria sono state scoperte in un ittiosauro del Giurassico e descritte dettagliatamente (da Lingham-Soliar 1999, 2001). Alcune di queste fibre ramificate sono eccezionalmente simili in morfologia alle cosiddette protopiume ramificate ("Prum Protofeathers") descritte da Xu ed altri." 64
Feduccia fa presente che in passato certe strutture furono trovate in prossimità di fossili, ed all'inizio si era pensato che appartenessero a tali fossili – ma che erano poi state identificate come sostanze inorganiche:
Vengono alla mente i famosi segni a forma di felce sui fossili del Solnhofen, conosciuti come dendriti. Malgrado i loro contorni simili a quelli di una pianta, adesso si sa che erano strutture inorganiche causate da soluzioni di manganese provenienti dall'interno degli alvei, e che erano di nuovo precipitate come ossidi tra le fessure o lungo le ossa dei fossili. 65
Pertanto, anche se dei dinosauri piumati sono esistiti una volta, questo non costituisce alcuna prova che gli uccelli si siano evoluti dai dinosauri. Le "piume", che si afferma siano state presenti sui dinosauri in oggetto, non hanno alcuna rassomiglianza con le piume degli uccelli, e con le loro caratteristiche uniche, di struttura, disegno e biochimiche. Su questi rettili non vi è alcuna struttura che somigli a delle piume di uccello. Secondo il Professor Alan H. Brush, della Università del Connecticut:
" . . . per quanto concerne sviluppo, morfogenesi, struttura dei geni, forma e sequenza delle proteine, formazione e struttura dei filamenti, le piume sono differenti." 66
Ed inoltre, dato che le piume degli uccelli sono così straordinariamente complesse, dovrebbero esservi molte forme di transizione a dimostrazione dell'evoluzione di una tale struttura. Ma non ne esiste neanche una. Sulla rivista Nature questo fatto viene ammesso:
Le piume sono strutture complesse. È stato difficile spiegare la loro repentina apparizione, nella documentazione sui fossili degli uccelli, dato che non vi sono delle strutture intermedie preservate nelle relative taxa teropodi. 67
E pertanto, anche se si fosse trovato un dinosauro piumato, questo non potrebbe mai essere preso come prova che gli uccelli si siano evoluti dai dinosauri, dato che le piume degli uccelli hanno una struttura unica, e non vi è prova che possa suggerire che essi si siano evoluti da qualsiasi altro essere.
E c'è anche da notare che tutti i fossili esibiti come "dinosauri piumati" furono trovati in Cina. Come mai solo in Cina ed in nessuna altra parte del mondo? Gli alvei dei fossili Cinesi sono capaci di preservare non solo delle strutture incerte come la dino-peluria, ma anche delle piume di uccello. Feduccia esprime un quesito anche su questo:
Si deve anche spiegare come mai in tutti i teropodi e gli altri dinosauri scoperti in altri sedimenti dove viene preservato il tegumento non si riscontra dino-peluria, ma della vera pelle di serpente, priva di qualsiasi cosa simile alle piume, ed anche perché i dromasauri tipicamente Cinesi che preservano la dino-peluria, di solito non preservano le piume, quando, nel caso fosse stata presente, una rachide indurita sarebbe stata preservata più facilmente. 68
Ed allora cosa sono tutti questi cosiddetti "dinosauri piumati" trovati in Cina? Qual è la vera identità di questi esseri prospettati come le forme di transizione tra i rettili e gli uccelli?
Feduccia spiega che alcuni degli animali presentati come "dinosauri piumati" sono dei rettili estinti con della dino-peluria, e che gli altri invece sono dei veri uccelli:
Vi sono chiaramente due differenti fenomeni tafonomici nei primitivi sedimenti lacustri Cretacei delle formazioni Yixian e Jiufotang in Cina, uno che preserva filamenti di dino-peluria, come i primi scoperti, chiamati "dinosauri piumati" Sinosauropteryx (un compsognato), ed uno che preserva delle vere piume aviarie, come quei dinosauri piumati visti sulla copertina della rivista Nature, ma che poi si è scoperto essere solo degli uccelli incapaci di volare. 69
In altre parole, tutti i fossili presentati al mondo intero come dinosauri piumati o come dino-uccelli, appartengono o a vari tipi di uccelli incapaci di volare, oppure a rettili in possesso di un materiale organico noto come dino-peluria, che non ha niente a che vedere con le vere piume d'uccello. Neanche un solo singolo fossile rappresenta una qualsiasi forma di transizione tra uccelli e rettili.
In tutte le pubblicazioni evoluzioniste che sostengono il concetto dei dino-uccelli, viene ignorato, o addirittura occultato, un importante fattore: Le età dei fossili, che con l'inganno vengono fatti passare per dino-uccelli o per dinosauri piumati, non superano i 130 milioni di anni. Eppure un vero uccello, l'Archeopterige, è di almeno 20 milioni di anni più vecchio degli esseri che gli evoluzionisti cercano di descrivere come "semi-uccelli". L'Archeopterige è noto per essere un vero uccello, ed il più vecchio del mondo, con dei muscoli perfetti per volare, delle piume adatte al volo, un autentico scheletro di uccello, che si librava nei cieli di 150 milioni di anni fa. Stando così le cose, rappresentare degli esseri, che vissero tanto tempo dopo l'Archeopterige, come se fossero i progenitori degli uccelli, è un vero nonsenso.
Gli evoluzionisti, però, hanno trovato un modo per difendere questo nonsenso: il cosiddetto metodo cladistico. Si tratta di un nuovo metodo di interpretazione dei fossili, di cui si è sentito molto parlare, nel mondo della paleontologia, negli ultimi 20 o 30 anni. I proponenti del metodo cladistico raccomandano, semplicemente, di ignorare l'età dei fossili, e propongono di limitarsi al confronto delle caratteristiche dei fossili già disponibili – e di costruire un albero dell'evoluzione alla luce delle similitudini che emergono come risultato di tale confronto.
In uno dei siti web degli evoluzionisti, quelli che sostengono questo metodo arrivano addirittura a spiegare che è logico(!) considerare il Velociraptor, un dinosauro molto più giovane dell'Archeopterige, come il suo progenitore. E lo spiegano così:
Ed ora possiamo chiederci, "come può il Velociraptor essere il progenitore dell' Archeopterige, se questi è venuto dopo di lui? … A causa dei tanti spazi di tempo vuoti nella documentazione sui fossili, i fossili non sempre sono stati registrati "puntualmente." Ad esempio, un fossile parziale dal tardo periodo Cretaceo nel Madagascar e recentemente scoperto, il Rahonavis, sembra essere un incrocio tra gli uccelli e qualcosa come il Velociraptor, ma appare 60 milioni di anni troppo tardi. Nessuno, comunque, dice che la sua tardiva apparizione è la prova che esso non sia il legame mancante, in quanto potrebbe aver durato un lungo periodo di tempo (senza estinguersi). Questi esempi sono chiamati "discendenze fantasma"; noi ipotizziamo che questi animali siano esistiti prima del periodo di cui noi disponiamo di fossili dei probabili loro vecchi progenitori, di molto tempo indietro, e forse anche di probabili discendenti di quel periodo. 70
Questo resoconto è un eccellente sommario del metodo cladistico, e rivela quale grave travisamento dei fatti esso in effetti è. Gli evoluzionisti alterano apertamente i risultati ottenuti con la documentazione sui fossili, secondo quanto è necessario per convalidare le loro stesse teorie. Non vi è alcun significato valido in un travisamento che ipotizza che una specie fossile vecchia di 70 milioni di anni, in effetti sia invece esistita 170 milioni di anni prima, per poi costruirci sopra un grado di parentela.
Gli evoluzionisti fanno ricorso a dei travisamenti pur di costruire delle cosiddette relazioni evolutive. Ad esempio, considerano il Velociraptor, che è molto più giovane dell'Archaeopteryx, come il progenitore di quest'ultimo. |
Peter Dodson, professore di anatomia all'Università della Pennsylvania, afferma che l'apparizione dei cosiddetti dino-uccelli dopo la presenza dei veri primi uccelli, è in effetti un serio problema, e che la soluzione offerta dal metodo cladistico è una soluzione forzata, escogitata per rimediarvi:
Io continuo a trovare problematico che la maggioranza dei teropodi maniraptorani con sembianze di uccelli si sono trovati da 25 a 75 milioni di anni dopo l'origine degli uccelli? Le discendenze fantasma sono francamente una soluzione artefatta, un deus ex machina reso necessario dal metodo cladistico. Naturalmente si ammette che i maniraptorani del tardo periodo Cretaceo non siano i veri progenitori degli uccelli, ma solo una "categoria sorella". Ma ci si chiede forse di credere che un gruppo di maniraptorani, derivati al massimo grado ed in rapida evoluzione nel periodo Giurassico abbiano dato origine agli uccelli, come si evince dall'Archeopterige, e che poi questa discendenza molto progressiva sia entrata in una stasi dell'evoluzione ed è continuata così, senza variazioni nelle sue caratteristiche essenziali per milioni di anni? 71
Il metodo cladistico in effetti è una velata ammissione della sconfitta della teoria dell'evoluzione a cospetto della documentazione sui fossili. Per ricapitolare:
Questo ultimo punto ha costretto gli evoluzionisti a sviluppare l'incoerente metodo cladistico. Con la cladistica il Darwinismo dimostra chiaramente di non essere una teoria basata su scoperte scientifiche, ma piuttosto un dogma che travisa delle realtà scientifiche per cambiarle a piacimento secondo le proprie errate supposizioni
Gli evoluzionisti sostengono che le piume – una caratteristica degli uccelli unica nel suo genere, e di una straordinaria complessità strutturale – si siano evolute dalle squame dei rettili. Come tutte le altre peculiari caratteristiche degli uccelli, però, nella documentazione sui fossili non esiste alcuna forma transitoria che dimostri come le piume si siano evolute in un processo graduale. Nella documentazione sui fossili vi sono preservate squame di rettili, piume di uccelli, ed anche pelo e pelle di mammiferi, ma non è stato mai trovato un essere con una struttura, in parte a squame ed in parte con piume, che possa provare vi sia stata una continua, graduale transizione fino ad arrivare a delle piume completamente rifinite.
Qualche evoluzionista sostiene che non vi possono essere dei fossili di uccelli ben preservati, dato che le loro ossa sono fragili e cave all'interno. Ma questo non è assolutamente vero. Vi sono eccellenti fossili di uccelli e delle loro piume, trovati spesso specialmente in zone un tempo costellate da laghi, baie interne ed acque poco profonde.
1: Squame di rettile (figura 1), di cui vi sono molti esempi nelladocumentazione sui fossili |
Così come nella documentazione sui fossili non sono mai state rinvenute strutture con metà piume e metà squame, o metà pelle e metà piume, neanche si sono mai visti uccelli con meno piume di quelli che esistono oggi. 72 In un articolo sulla rivista American Zoology, Larry Dean Martin, e Stephen. A. Czerkas, direttore del Blanding Dinosaur Museum, hanno scritto: "Le piume più vecchie conosciute … erano già moderne nella forma e nei dettagli microscopici." 73
Ad esempio, l'Archeopterige è l'uccello più vecchio conosciuto. Malgrado avesse una particolare struttura, differente da quella degli uccelli d'oggi, aveva comunque delle piume esattamente uguali a questi. 74
L'analisi delle piume dell'Archeopterige, perfettamente conservate da 150 milioni di anni fa, ha portato alla conclusione che queste piume erano, in ogni dettaglio, come quelle degli uccelli d'oggi. 75 Già nel 1910, il famoso ornitologo e scrittore di storia naturale W. P. Pycraft ha affermato che le piume dell'Archeopterige non erano, sotto alcun aspetto, differenti da quelle conosciute come sviluppatesi fino al giorno d'oggi. 76
I ricchi ritrovamenti fossili effettuati da allora, non hanno modificato l'essenza di quel suo parere. Ed inoltre adesso sono disponibili molte più informazioni sulle pelli dei dinosauri. Secondo le conclusioni a cui si è arrivati, dopo una loro analisi, "Ora che si conoscono le caratteristiche delle pelli di una grande varietà di dinosauri, è inverosimile che da queste pelli si sia arrivati ad un tegumento (tessuto di rivestimento di organi) piumato.77
L'affermazione degli evoluzionisti su come le piume degli uccelli si siano evolute, ha portato a delle teorie che si contraddicono tra loro. 78 I vecchi libri di testo sull'evoluzione parlano di immaginarie forme transitorie delle piume d'uccello, e suggeriscono che presto se ne sarebbero trovate nella documentazione sui fossili. Ma finora nessuna di queste è stata rinvenuta. Ciò nondimeno gli evoluzionisti ancora continuano ad affermare che le piume degli uccelli si sono evolute dalle squame dei rettili. Secondo queste affermazioni, le squame si sono gradualmente allungate, hanno fatto crescere delle fronde, e lentamente hanno assunto una forma capace di sostenere un uccello in modo da renderlo poi capace di volare. 79 Tutto questo, comunque, non è altro che una fantasiosa illazione, scevra di una qualsiasi prova scientifica.
In effetti, dato che vi sono così tante rilevanti diversità, tra le piume d'uccello e le squame dei rettili, tra loro vi sarebbero dovute essere un gran quantità di forme transitorie. Ma nessun fossile di questo tipo appare nella documentazione sui fossili. 80
Vi sono molti fossili appartenenti a delle specie di uccelli nella documentazione sui fossili. |
Una delle più vecchie piume d'uccello mai conosciute fu trovata in un'ambra del Periodo Cretaceo (da 144 a 165 milioni di anni fa, alla fine del Periodo Mesozoico). Il gambo e le fibre della piuma erano perfettamente conservate, e si riuscì persino a stabilire a quale specie d'uccello la piuma appartenesse. Malgrado la scoperta di una piuma vecchia di 165 milioni di anni, non vi è comunque ancora una prova, nella documentazione sui fossili, della presunta evoluzione delle piume. Come la mette un biologo della Università della Columbia, " … non abbiamo alcun fossile degli stadi intermedi tra le squame dei rettili e le piume più primitive." 81 Un gran numero di fossili d'uccello sono stati rinvenuti nella documentazione sui fossili, e tutti con delle piume perfette. Per questa ragione, l'origine delle piume rappresenta ancora un gran punto interrogativo per i Darwinisti. 82
A sinistra, una piuma di Uccello di 90-95 milioni di anni inglobata nell'ambra. Sotto, a sinistra, un fossile di uccello pennuto di 120 milioni di anni, con alla sua destra una penna d'uccello della stessa età |
L'origine del genere umano è una delle controversie più problematiche per gli evoluzionisti. La postura eretta dello scheletro, l'uso delle mani, il cervello, il teschio e molte altre caratteristiche fisiologiche ed anatomiche umane, come pure l'intelletto e la coscienza – sono tutte ben diverse da quelle di ogni altro essere vivente.
Gli evoluzionisti affermano che noi umani ci siamo evoluti da uno stesso immaginario progenitore che abbiamo in comune con le scimmie. Ma non sono ancora riusciti a spiegare come si sono verificati i cambiamenti necessari per arrivare a questa evoluzione. Ci provano semplicemente vagheggiando su delle immaginarie mutazioni avvenute per caso, ma non esiste alcuna prova, nella documentazione dei fossili, dei vari stadi di sviluppo di ogni caratteristica umana, che si sarebbero dovuti verificare. In verità, gli evoluzionisti non sono in possesso neanche di un singolo fossile atto a dimostrare la cosiddetta evoluzione dell'uomo.
Il biologo e matematico Marcel-Paul Schutzenberger riassume alcune delle difficoltà con cui si confronta la teoria dell'evoluzione, per quanto riguarda l'origine degli esseri umani:
Sia i gradualisti che i sostenitori delle mutazioni genetiche sono del tutto incapaci di fornire una spiegazione convincente dell'apparizione quasi simultanea del gran numero di sistemi biologici che distinguono gli esseri umani dalla specie dei primati più evoluti. E cioè il bipedalismo, con la concomitante modifica del bacino e, senza dubbio, il cervelletto; una mano molto più abile, con un dattilogramma che conferisce un senso tattile eccezionalmente affinato; le modifiche alla faringe che hanno reso possibile la fonazione; la modifica al sistema nervoso centrale, specialmente al livello dei lobi temporali, che permette il riconoscimento vocale. Dal punto di vista dell'embriogenesi, questi sistemi anatomici sono completamente differenti l'uno dall'altro. Ogni modifica costituisce un dono … ed è stupefacente che questi doni si siano sviluppati simultaneamente. Qualcuno tra gli evoluzionisti parla di una predisposizione del genoma. Ma è davvero possibile che qualcuno possa identificare tale predisposizione, supponendo che ci sia veramente stata? Era presente nei primi pesci? La realtà è che ci stiamo confrontando con un totale fallimento concettuale. 83
Per occultare questa loro posizione senza speranza, riguardo la presunta evoluzione dell'Uomo, ed anche per consolarsi, gli evoluzionisti hanno predisposto, in una sequenza immaginaria, dei fossili provenienti da varie specie estinte di scimmie e razze umane. Nessuno di questi resti rivela una progressione da esseri di tipo scimmiesco fino all'uomo. Gli evoluzionisti cercano di dare una presunta sembianza scientifica alla teoria dell'evoluzione, con modelli e disegni immaginari, ed interpretazioni distorte di fossili selezionati a tale scopo.
Nature, 12 luglio, 2001 |
Henry Gee, direttore della rivista Nature, ha affermato, in un articolo del 12 luglio 2001, che i fossili che gli evoluzionisti affermano rappresentino i progenitori dell'uomo moderno, non seguono una progressione dal più primitivo al più avanzato – ma che, al contrario, questi fossili apparvero improvvisamente nella documentazione sui fossili. Nell'articolo viene anche spiegato che le forme transitorie, attese per più di 150 anni come prove della teoria dell'evoluzione, non esistono, e che le differenti specie apparvero tutte inaspettatamente. 84
Come si evince da questo schema, i fossili che gli evoluzionisti affermano essere i progenitori dell'uomo, non hanno alcuna relazione di discendenza che dimostri una continuità dal passato al presente. Ognuno emerge come la continuazione di specie differenti
Nel suo libro In Search of Deep Time (Alla Ricerca del Tempo Passato) Gee afferma che il cosiddetto piano dell'evoluzione umana (sotto) non fornisce alcuna informazione sulle relazioni tra antenati e discendenti; che non manca alcuna connessione; e che non risulta che gli esseri umani abbiano seguito uno sviluppo graduale. Ed afferma inoltre che le specie viventi, inserite nel piano, sono apparse in località completamente differenti. 85
Gee evidenzia di nuovo così la mancanza di prove della cosiddetta evoluzione del genere umano:
Le prove fossili della storia dell'evoluzione umana sono frammentarie, ed aperte a varie interpretazioni. Le prove fossili dell'evoluzione dello scimpanzé poi mancano del tutto. 86
Gee non è il solo ad ammettere tutto questo. In un articolo sulla rivista Nature, il Professor Bernard Wood della Università George Washington, scrive che le origini evolutive dell'Uomo sono avvolte nell'oscurità:
È un fatto rilevante che la tassonomia e le relazioni filogenetiche, dei primi rappresentanti conosciuti del genere umano, siano rimaste ancora poco chiare. I progressi nelle tecniche per la precisa datazione e rivalutazione degli stessi fossili, hanno comunque reso indifendibile un semplice modello di una linea diretta di evoluzione umana, dove l'Homo habilis succede agli australopitecini e poi si evolve da Homo erectus fino a Homo sapiens — ma non è emerso ancora, però, alcun chiaro consenso alternativo. 87
Richard C. Lewontin, professore al Museo di Zoologia Comparativa dell'Università di Harvard, così ammette che, nella documentazione sui fossili, non vi è alcuna prova della cosiddetta evoluzione umana:
Se si considera il remoto passato, prima dell'origine della effettiva specie dell'Homo sapiens, ci si trova di fronte ad una documentazione sui fossili frammentaria e scollegata. Nonostante le entusiaste ed ottimistiche affermazioni, fatte da alcuni paleontologi, non si può stabilire come diretta progenitrice dell'uomo, alcuna specie fossile di ominidi … Le forme più primitive riconosciute come ominidi, sono i famosi fossili che furono trovati, associati ad utensili primitivi in pietra, da Mary e Louis Leakey nell'Olduvai Gorge, ed anche altrove, in Africa. Questi fossili ominidi vissero più di un milione e mezzo di anni fa, ed avevano un cervello grande la metà del nostro. Certamente non erano membri della nostra specie, e non si sa neanche se erano della stessa nostra linea ancestrale, o solo di una linea parallela di discendenza, rassomigliante ai nostri diretti progenitori. 88
Gli evoluzionisti hanno speso 150 anni in sforzi alla ricerca di fossili di creature di immaginarie forme di transizione, al fine di fornire le prove della loro teoria. Ma questi 150 anni di tentativi non hanno dato alcun frutto. |
In un articolo dal titolo "How Man Began (Come ha Avuto Inizio l'Uomo)," Michael D. Lemonick, condirettore della rivista Time, e ligio evoluzionista, così descrive la disperazione dei suoi colleghi sul soggetto dell'evoluzione umana:
Malgrado scavi durati più di un secolo, la documentazione sui fossili rimane così scarsa, da far impazzire. Con così pochi indizi, anche un solo osso che non si adatti all'idea che ci si è fatta, può mandare tutto all'aria. In effetti quasi ogni importante scoperta attuata ha portato dissensi nel raziocinio convenzionale, ed ha costretto gli scienziati a preparare alla svelta nuove teorie, tra furiosi dibattiti. 89
Ed è significativo che, nonostante ora sappiano benissimo che non esiste alcuna prova dell'evoluzione dell'uomo, gli evoluzionisti si sentano ancora obbligati a difendere la loro teoria. E questo sta a dimostrare quanto siano fanatici al riguardo, e di come siano capaci di agire in violazione sia della scienza che della ragione.
L'idea dell'evoluzione umana, priva di qualsiasi prova a suo sostegno, indica l'inizio dell'albero della famiglia umana con una specie di scimmie conosciuta come Australopiteco, affermando che questi arrivò gradualmente ad assumere una postura eretta. E che poi il suo cervello crebbe sempre di più fino a quando, dopo un certo numero di stadi generazionali, arrivò ad evolversi nell'uomo moderno, l'Homo sapiens. Ma, ancora una volta, non vi è niente nella documentazione sui fossili che possa convalidare un tale scenario. Malgrado tutte le affermazioni sulle forme di transizione, c'è una barriera insormontabile, tra i fossili umani e quelli delle scimmie. Ed inoltre si è dimostrato che quelle specie dapprima descritte come progenitrici una dell'altra, in effetti erano vissute negli stessi periodi.
Gli evoluzionisti chiamano il presunto primo progenitore del genere umano Australopiteco, che significa "la scimmia del sud." Sebbene vi siano varie specie di Australopiteco, solo quello afarensis è in effetti considerato il diretto progenitore degli esseri umani. (Si tratta della specie rappresentata da "Lucy," scoperta nel 1974 e proclamata in tutto il mondo come la prova dell'evoluzione.) Le dettagliate analisi sui fossili dell'Australopiteco, però, hanno rivelato che questi erano in effetti i fossili di una specie estinta di scimmie.
Si è pensato che gli Australopitecini siano apparsi per la prima volta in Africa, circa 4 milioni di anni fa, e che siano sopravvissuti fino a circa 1 milione di anni fa. Tutte queste scimmie, ora estinte, somigliavano alle scimmie del giorno d'oggi. Il volume dei loro cervelli era equivalente o più piccolo di quello degli odierni scimpanzé. Avevano dei noduli sulle ossa delle mani e dei piedi che rendevano possibile l'arrampicarsi sugli alberi – proprio come fanno le scimmie moderne; ed i loro piedi erano prensili per aiutarsi nelle arrampicate. Erano bassi, al massimo circa 130 centimetri (51 pollici) di altezza e, come le scimmie attuali, i maschi erano più grossi delle femmine. Molte altre caratteristiche – come centinaia di dettagli dei loro teschi, occhi ravvicinati, denti incisivi affilati, struttura delle mascelle, braccia lunghe e gambe corte – tutte dimostrano che vi era ben poca differenza con le scimmie viventi oggi.
Si Era Soliti Suggerire Che Lucy Era Una Progenitrice Dell'uomo, Prima Che Ci Si Rendesse Conto Che In Effetti Era Una Specie Estinta Di Scimmia. |
"Lucy," della specie dell' Australopiteco afarensis, altrimenti conosciuto come AL 288-1. |
Gli evoluzionisti affermano che sebbene gli Australopitecini possedessero un'anatomia del tutto scimmiesca, camminavano diritti - al contrario delle scimmie moderne.
In effetti, comunque, molti studi condotti sull'Australopiteco hanno portato alla conclusione che questi non camminavano diritti, e che non erano bipedi:
In effetti, già anni prima il famoso evoluzionista Richard Leakey aveva detto che il modo di camminare degli Australopitecini somigliava a quello delle scimmie:
Gli Australopitecini Rudolf, infatti, camminavano molto probabilmente con le braccia penzoloni e le nocche quasi a terra, in un modo non diverso da quello delle scimmie africane ancora oggi esistenti. 94
Christine Berg, istruttore alla Scuola di Medicina dell'Università di Washington, in un articolo del 1994 sul Journal of Human Evolution, concluse che il modo di camminare e la postura degli Australopitechi erano molto differenti da quelli degli esseri umani:
I risultati attuali ci portano alla conclusione che il comportamento da bipede degli Australopitechi si differenziava da quello dell'Homo. Non solo gli Australopitechi erano meno capaci di mantenere l'estensione dell'anca e del ginocchio durante il cammino, ma probabilmente muovevano il bacino e gli arti inferiori in modo diverso. Ci sembra che l'andatura degli australopitecini differisse significativamente da quella degli umani, camminando dondolandosi un po' sulle anche e con ampi movimenti rotatori del bacino e delle spalle rispetto alla colonna vertebrale. Questa andatura sicuramente richiedeva uno sforzo ed un costo energetico più grande di quello dell'andatura su due piedi propria dell'uomo.95
Il Professor Peter Andrews, del Dipartimento di Paleontologia del Museo di Storia Naturale di Londra, dichiara che gli Australopitecini palesano delle caratteristiche più scimmiesche, e che la struttura dei loro piedi è la più adatta ad una vita sugli alberi. In un suo articolo sulla rivista Nature, il Professor Andrews dice:
Anche i loro modelli di sviluppo erano più da scimmie che da umani. Anche se, da un punto di vista filogenetico, siano stati o no degli ominidi, a me sembra che ecologicamente possano comunque essere considerati scimmie. 96
Anche il Professor Charles E. Oxnard è d'accordo sul fatto che gli Australopitecini non possono rappresentare una forma di transizione e che non sono simili agli umani, ma piuttosto che costituiscono un gruppo unico:
In ogni caso, sebbene gli studi iniziali suggerivano che i fossili sono simili agli umani, o al massimo intermedi tra gli umani e le scimmie africane, lo studio dei fossili completi dimostra che differiscono sia dagli umani che dalle scimmie, ancora di più di quanto questi due gruppi oggi viventi differiscano uno dall'altro. Gli Australopitecini sono unici. 97
Anche sulla ben nota rivista Francese Science e Vie (Scienza e Vita), ed altre pubblicazioni del genere, viene accettata l'idea che l'Australopiteco non possa essere considerato il progenitore dell'uomo. La rivista trattò questo soggetto come l'articolo di copertina nella edizione del maggio 1999, che aveva a che fare con Lucy, considerata l'esemplare fossile più importante della specie Australopiteco afarensis. Sotto il titolo di testa "Adieu Lucy" ("Farewell (Ciao), Lucy"), nell'articolo si affermava che le scimmie Australopitechi non erano i progenitori degli umani, e che dovevano essere rimossi dall'albero evolutivo degli uomini. 98
Nella giungla Bwindi, in Uganda, ci si è imbattuti in una definitiva scoperta, che rivela la invalidità delle tesi che gli Australopitechi camminassero su due gambe. Il ricercatore della Università di Liverpool, Robin Crompton, ha scoperto che in quella giungla gli scimpanzé camminano su due gambe. In un rapporto dal titolo "Chimps on Two Legs Run Through Darwin's Theory (Gli scimpanzé su due gambe corrono nel mezzo della teoria di Darwin)," il commento di Crompton è: "Questo è in contrasto con l'idea finora accettata che noi ci siamo evoluti dagli scimpanzé, che camminavano con le braccia penzoloni e le nocche quasi a terra – o addirittura su tutte e quattro le zampe"99
Come si vede, non vi è alcuna ragione per considerare l'Australopiteco come il progenitore dell'uomo. Le creature appartenenti a questa specie erano solo una specie estinta di scimmie.
Lo scimpanzè del Bwindi, che cammina su due gambe, dimostra che la teoria dell'evoluzione è un falso. |
Il fatto che lo scheletro ed il teschio dell'Australopiteco sono virtualmente identici a quelli degli scimpanzè, e che delle prove accurate smentiscono la teoria che essi camminassero in posizione eretta, ha lasciato i paleontologi evoluzionisti in una posizione alquanto difficile, dato che nel loro schema immaginario l'Australopiteco veniva seguito dall'Homo erectus. Come suggerisce il suo nome in latino, l'Homo erectus è del genere umano, ed il suo scheletro è completamente eretto, con un teschio grande due volte quello dell'Australopiteco. Anche secondo la teoria dell'evoluzione, è impossibile che ci sia una transizione diretta da una specie di scimmie scimpanzè come l'Australopiteco fino all'Homo erectus, la cui struttura scheletrica non differisce da quella degli uomini del giorno d'oggi.
La famiglia Leakey, nota come "i cacciatori di fossili." Sopra , Louis e Mary Leakey A sinistra, Richard Leakey
Tra le due specie ci sarebbero voluti delle connessioni, o in altre parole delle forme di transizione. Ebbene, il concetto di Homo habilis è nato da questa necessità.
La classificazione di Homo habilis fu per prima suggerita negli anni '60 dalla famiglia dei Leakey, cacciatori di fossili. Secondo i Leakey, questa nuova specie aveva la capacità di camminare eretti, un cervello relativamente grande, e l'abilità di usare degli attrezzi di pietra e di legno – e potevano pertanto essere i progenitori dell'uomo.
A metà degli anni '80, però, dei nuovi fossili appena scoperti, appartenenti alla stessa specie, fecero completamente cambiare quest'opinione. Basandosi su quei fossili, i ricercatori Bernard Wood e Loring Brace dissero che invece della classificazione Homo habilis, che significa "umano che usa attrezzi," si sarebbe dovuto usare la classificazione Australopithecus habilis, che significa "Scimmia Sud Africana che usa attrezzi." E ciò perché l'Homo habilis aveva moltissime caratteristiche uguali a quelle delle scimmie del genere Australopiteco. Proprio come questi, possedeva braccia lunghe, gambe corte ed una struttura scheletrica scimmiesca. Le sue mani e piedi erano fatte apposta per arrampicarsi. La sua struttura mascellare somigliava del tutto a quella delle scimmie odierne. Ed il volume del suo cervello, di appena 630 centimetri cubici, era un'altra indicazione che si trattava di una specie di scimmie. In breve, l'Homo habilis, descritto da qualcuno come se fosse stata una forma di transizione, era in effetti una specie estinta di scimmie – come tutti gli Australopitecini.
Una ricerca condotta negli anni seguenti ha rivelato che l'Homo habilis era infatti una creatura per niente differente dall'Australopiteco. I fossili di uno scheletro e di un teschio, catalogati come OH62, scoperti da Tim White nel 1984, dimostrarono che questa specie, come le scimmie odierne, possedeva un cervello piccolo, lunghe braccia atte ad arrampicarsi, e gambe corte.
Delle analisi dettagliate condotte dall'antropologa Americana Holly Smith nel 1994, dimostrarono ancora una volta che l'Homo habilis era in effetti una scimmia, e non un essere umano. Dopo aver analizzato i denti delle specie Australopithecus, Homo habilis, Homo erectus and Homo neandertalensis, la Smith disse:
Restringendo l'analisi dei fossili a degli esemplari che soddisfino questi criteri, gli schemi dello sviluppo dentario di gracili Australopitecini e di Homo habilis rimangono classificati come scimmie Africane. Quelli dell'Homo erectus e Neanderthals come umani. 100
In quello stesso anno Fred Spoor, Bernard Wood e Frans Zonneveld arrivarono alla stessa conclusione, ma con un metodo molto differente, basato su una analisi comparativa dei canali semisferici della parte interna dell'orecchio delle scimmie e degli esseri umani, che servono a far mantenere l'equilibrio. Spoor, Wood e Zonneveld spiegarono come i primi fossili che palesassero una morfologia umana appartenevano al gruppo dell'Homo erectus, ma che l'Australopiteco – ed il Parantropo, conosciuto come l'Australopiteco robustus – avevano le classiche caratteristiche delle scimmie:
Tra i fossili ominidi, la prima specie con una evidente morfologia umana moderna è quella dell'Homo erectus. In contrapposizione, le dimensioni dei canali semicircolari nei crani trovati nel Sud Africa, attribuiti agli Australopitechi ed ai Parantropi, assomigliano a quelli delle grandi scimmie ancora esistenti 101
Nel loro studio del fossile di Homo habilis, catalogato come Stw 53, Spoor, Wood e Zonneveld riscontrarono, con sorpresa, che "Il fossile Stw 53 mostrava d'avere un comportamento da bipede più modesto di quello degli Australopitecini." Questo significava che gli esemplari di Homo habilis somigliavano ad una scimmia molto più dell'Australopiteco. Questi ricercatori conclusero pertanto che il fossile Stw 53 rappresenta una improbabile forma intermedia tra le morfologie riscontrate negli Australopitecini e l'Homo erectus. 102
In un articolo del 1999, pubblicato sulla rivista Science, Wood e Collard ripeterono la conclusione a cui si era già arrivati:
Presentiamo una definizione riveduta, basata su criteri verificabili, per l'Homo e concludiamo che le due specie, Homo habilis e Homo rudolfensis, non appartengono a tale genere. 103
L'Australopiteco robustus possiede le classiche sembianze della scimmia
Come risultato di una loro ricerca, alcuni scienziati come S. Hartwig-Scherer e R. D. Martin hanno dichiarato che l'Homo habilis rivelava molte più caratteristiche scimmiesche dell'Australopiteco:
Basandosi sulla lunghezza del femore in relazione a quella dell'omero (indice omero-femorale), ne emerge l'immagine che l'Homo habilis ha delle proporzioni omero-femorali simili a quelle delle scimmie Africane viventi. … 104
Ian Tattersall, in un suo documento dal titolo "Le molte facce dell'Homo habilis," commenta così:
È sempre più chiaro che l'Homo habilis è diventato una specie di categoria tipo cestino dei rifiuti, non molto di più che un recipiente utile per un eterogeneo assortimento di fossili ominidi. 105
Per ricapitolare i risultati di tutte queste scoperte, si può stabilire che:
(1) I fossili noti come Homo habilis in effetti sono parte della classe Australopiteco, e non della classe Homo.
(2) Sia l'Homo che l'Australopiteco camminavano curvi ed avevano lo scheletro delle scimmie. Non hanno niente a che vedere con gli esseri umani, e non sono le forme di transizione nel cosiddetto albero della evoluzione umana.
Homo erectus significa "uomo che cammina eretto." Gli evoluzionisti hanno dovuto distinguere questi umani da quelli che li hanno preceduti con la denominazione eretto. E ciò perchè tutti i fossili di Homo erectus trovati sono diritti, al contrario dell'Australopiteco o dell'Homo habilis. Non vi è differenza tra lo scheletro umano odierno e quello dell'Homo erectus.
Uno dei motivi principali perché gli evoluzionisti hanno dichiarato l'Homo erectus come "primitivo", oltre alla sua fronte stretta e folte sopracciglia, è l'esiguo volume del suo cervello (da 900 a 1.100 centimetri cubici), se confrontato con la media di quello degli uomini moderni. Ma molte persone al giorno d'oggi hanno, in media, le stesse dimensioni del cranio dell'Homo erectus (i pigmei, per esempio). Ed anche varie razze moderne hanno una fronte stretta ed occhiaie prominenti (i nativi dell'Australia, gli Aborigeni, per esempio).
È ormai un fatto assodato che le differenze nella grandezza dei crani non costituiscono differenze in termini di intelligenza ed abilità. L'intelligenza non varia secondo le dimensioni del cervello, ma secondo la sua organizzazione interna. 106
I fossili che hanno fatto conoscere l'Homo erectus in tutto il mondo sono quelli dell'Uomo di Pechino e dell'Uomo di Giava, tutti e due scoperti in Asia. Col passare del tempo, però, si comprese che questi due resti non erano attendibili. L'uomo di Pechino consisteva solo di modelli di malta, essendosi persi gli originali. E tutto quello che rimaneva dell'Uomo di Giava era un pezzo del teschio ed un osso pelvico trovato diverse dozzine di metri distante: e non vi era un'indicazione sicura che fossero appartenuti allo stesso essere. Per questa ragione i fossili dell'Homo erectus trovati invece in Africa acquisirono un'importanza maggiore.
L'homo Erectus Non È Unaforma Transitoria, Ma Un Membro Della Razza Umana. |
Un gran numero di persone oggi hanno in media le dimensioni del teschio come quelle dell'Homo erectus. E questo dimostra che l'Homo erectus è un uomo completo, non una forma transitoria. |
L'esame del Ragazzo di Turkana, il più noto di questi fossili di Homo erectus scoperti in Africa, rivelò che non vi era alcuna differenza tra l'Homo erectus e l'uomo moderno.
L'uomo Di Pechino, Un Esempio Di Frode Evoluzionista |
Anche il paleontologo evoluzionista Richard Leakey dichiarò che la differenza tra l'Homo erectus e l'uomo moderno non va oltre che una differenza solo di razza:
Si possono anche vedere delle differenze: nella forma del cranio, nel grado di prominenza della faccia, nello spessore delle sopracciglia e così via. Ma queste differenze sono probabilmente non più pronunciate di quelle che si notano oggi tra le diverse razze geografiche dell'uomo moderno. Tale variazione biologica sorge quando le popolazioni sono geograficamente separate l'una dall'altra per lunghi periodi di tempo. 107
Il Professor William Laughlin dell'Università del Connecticut ha passato degli anni a condurre una ricerca anatomica sugli Inuit (un tempo noti come Eschimesi) e sugli abitanti delle Isole Aleutine, e vide che queste popolazioni presentavano una sorprendente somiglianza all'Homo erectus. Laughlin concluse che tutte queste "specie" erano in realtà razze diverse dell'Homo sapiens – o Uomo moderno:
Quando si considerano le ampie differenze che esistono tra gruppi remoti come gli Eschimesi ed i Boscimani, che si sa che appartengono ognuno a singole specie diverse dell'Homo sapiens, sembra sia giustificato concludere che i Sinantropi appartengono alle stesse specie diverse. 108
Il "Turkana Boy," Proposto Come Un Fossile Di Forma Transitoria, In Effetti Non È Differente Dall'uomo Odierno |
Nelle riviste scientifiche oggi ci si riferisce sempre di più all'Homo erectus come ad una classificazione artificiosa, ed ai fossili appartenenti a tale categoria come non abbastanza diversi da quelli della categoria Homo sapiens, perché si possano considerare di una specie separata. La rivista American Scientist ricapitola così il dibattito su questo punto, ed il risultato di una conferenza tenuta nel 2000:
… la maggioranza dei partecipanti alla conferenza di Senckenberg è stata coinvolta in un appassionato dibattito sullo status tassonomico dell'Homo erectus, iniziato da Milford Wolpoff della Università del Michigan, Alan Thorne della Università di Canberra e dai loro colleghi. I quali hanno energicamente sostenuto che, come specie, l'Homo erectus non ha una validità, e che si dovrebbe eliminarla del tutto. Ed anche che tutti i membri del genere Homo, da circa 2 milioni di anni fa fino ad oggi, appartengono ad una sola specie, l'Homo sapiens, largamente diffusa ed assai variabile, e senza alcuna interruzione o suddivisione naturale. Il soggetto della conferenza, l'Homo erectus, non è esistito. 109
Gli scienziati che sostengono questa tesi sono arrivati alla conclusione che l'Homo erectus non è una specie diversa, bensì una razza all'interno della specie Homo sapiens.
Vi è un immenso baratro tra l'Homo erectus, una razza umana, e le scimmie che lo precedono nello scenario della "evoluzione umana" (Australopiteco, Homo habilis e Homo rudolfensis). Per dirlo in un altro modo, i primi umani identificati nella documentazione sui fossili apparvero repentinamente e simultaneamente, senza alcun processo evolutivo.
Nell'immaginario albero dell'evoluzione l'Homo sapiens rappresenta lo stadio prima dell'uomo moderno. In effetti, vi è poco da dire circa queste sotto-specie, dal punto di vista dell'evoluzione, dato che si distinguono dall'uomo moderno solo per delle differenze molto piccole. Ed infatti alcuni ricercatori indicano i nativi dell'Australia (Aborigeni) come rappresentanti di questa razza (Homo sapiens arcaico) ancora in vita oggi. Proprio come in quella razza, gli Aborigeni hanno delle ossa molto spesse sotto le sopracciglia, delle mascelle sporgenti ed un cervello dalle dimensioni leggermente più piccole. Ed inoltre, un certo numero di importanti ritrovamenti ha dimostrato che in un passato molto recente queste popolazioni hanno vissuto in villaggi siti in Ungheria ed in Italia.
La classe Homo heilderbergensis, così chiamata nelle pubblicazioni evoluzioniste, in effetti è la stessa cosa dell'Homo sapiens arcaico. La ragione per cui si usano due nomi per descrivere la stessa razza umana, risiede nelle differenze di opinione tra gli evoluzionisti. Tutti questi fossili classificati come Homo heilderbergensis indicano che delle genti molto somiglianti ai moderni Europei, anatomicamente parlando, vissero in Inghilterra ed in Spagna 500.000 ed anche 780.000 anni fa.
Si stima che l'uomo Cro-Magnon sia vissuto fino a circa 30.000 anni fa. Questa razza aveva una testa a forma di cupola ed una fronte larga. Il volume del loro teschio, di 1.600 centimetri cubici, era più grande della media di quelli dell'uomo moderno. Avevano delle ampie sporgenze nel teschio, e nel retro una sporgenza ossea tipica dell' uomo di Neanderthal e dell'Homo erectus.
I Cro-Magnon vengono considerati come una razza Europea, ma la struttura ed il volume dei loro teschi somigliano di più a quelli di certe razze che vivono oggi in Africa ed in climi tropicali. Sulla base di queste similitudini, si crede che l'uomo Cro-Magnon sia un'antica razza originaria dell'Africa. Un certo numero di altri ritrovamenti paleo-antropologici dimostrano che tra le razze dell'uomo Cro-Magnon e dell'uomo di Neanderthal vi sono state delle unioni incrociate, modellando così la forma originaria di alcune razze del giorno d'oggi.
In conclusione, queste genti non sono né "specie primitive" né forme di transizione, ma sono razze diverse di umani che vissero in passato, e che si sono o fuse o sono state assimilate con altre razze, oppure si estinsero.
I fossili umani di 780.000 anni, scoperti nella Gran Dolina Cave nel nord della Spagna, furono classificati come di Homo heilderbergensis. |
Come è stato dimostrato finora, le informazioni ottenute dalla documentazione sui fossili dimostrano che lo scenario della "evoluzione" umana non ha alcun fondamento scientifico. Cosa si trova nella documentazione sui fossili sono dei resti fossili o di esseri umani o di scimmie. Non vi è alcuna traccia di forme di transizione, come speravano gli evoluzionisti. In effetti non esiste alcun congegno in natura che possa portare ad una tale evoluzione. La teoria dell'evoluzione non può neanche spiegare come una singola molecola di proteina possa aver avuto origine per caso, ed è fuori questione che si possa accettare l'evoluzione come il risultato di mutazioni casuali degli esseri umani, con i loro corpi così complessi, la loro capacità di pensiero, di gioire, di decidere, di comprendere, di godere dell'arte e della bellezza, di comporre musica, di scrivere libri, e di tutte le altre loro caratteristiche.
Fossili Di Razze Umane Differenti Sono Descritti Dagli Evoluzionisti Come Mezzo Scimmia E Mezzo Uomo. La documentazione sui fossili contiene fossili appartenenti a delle razze umane differenti o a delle specie di scimmie. Non vi è traccia, comunque, di esseri mezzo scimmia e mezzo uomo, a cui sono tanto affezionati gli evoluzionisti . |
In breve, non esiste alcuna prova che gli esseri umani abbiano avuto origine mediante l'evoluzione. Un tale graduale cambiamento è comunque impossibile in ogni caso. Ed il fatto che gli evoluzionisti non vogliano accettare questa cosa, non cambia niente. Il Creatore dell'Uomo non è il caso cieco, ma Dio Onnipotente, il Grande e Potente, il Signore dei Mondi.
25 Gareth Nelson, The Wall Street Journal, 9 dicembre, 1986.
26 Richard Monastersky, "Waking Up to the Dawn of Vertebrates (Risveglio all'Inizio dei Vertebrati)," Science News, Vol. 156, no. 19, 6 novembre 1999, p. 292 (enfasi aggiunta).
27 Robert Wesson, Beyond Natural Selection (Oltre la Selezione Naturale), Cambridge: MIT Press, 1991, p. 50.
28 Keith Stewart Thomson, "The Origin of Tetrapods (L'Origine dei Tetrapodi)," American Journal of Science, Vol. 293-A:58, 1993, p. 39.
29 Robert L. Carroll, "Problems of the Origin of Reptiles (Problemi dell'Origine dei Rettili)," Biological Reviews of the Cambridge Philosophical Society (Riviste Biologiche della Società Filosofica di Cambridge), Vol. 44, p. 393.
30 Robert L. Carroll, Vertebrate Paleontology and Evolution (Paleontologia dei Vertebrati e l'Evoluzione), New York: W. H. Freeman and Co., 1988, p. 198.
31 Stephen Jay Gould, Eight Little Piggies (Otto Piccoli Porcellini),. W. Norton & Company; reprint editino (ristampa) (aprile 1994), p. 67 (enfasi aggiunta).
32 Barbara J. Stahl, Vertebrate History: Problems in Evolution (La Storia dei Vertebrati: Problemi nell'Evoluzione), New York: Dover Publications, 1985, pp. 238-39.
33 A.S. Romer, Vertebrate Paleontology (Paleontologia dei Vertebrati), 3rd ed., Chicago: Chicago University Press, 1966, p. 120.
34 Ryosuke Motani, "Rulers of the Jurassic Seas (I Sovrani dei Mari Giurassici)," Scientific American, Special Issue (Edizione Speciale), aprile 1993, p. 18.
37 E. H. Colbert, M. Morales, Evolution of the Vertebrates (L'Evoluzione dei Vertebrati), New York: John Wiley and Sons, 1991, p. 193 (enfasi aggiunta).
38 Chris McGowan, In The Beginning. A Scientist Shows Why the Creationists are Wrong (In Principio. Uno Scienziato dimostra perchè i Creazionisti hanno torto), Prometheus Books, 1984, pp. 158-159.
39 Michael Denton, Evolution: A Theory in Crisis (L'Evoluzione: Una Teoria in Crisi), London: Burnett Books, 1985, pp. 181-182.
41 W. R. Bird, The Origin of Species Revisited (L'Origine delle Specie Rivisitata), New York: Thomas Nelson Inc., Reprint edition (Ristampa) (dicembre 1991), p. 221.
42 Kermack, Kermack and Mussett, The Welsh Pantothere Kuehneotherium Praecursoris (I Pantothere Kuehneotherium Praecursoris del Galles), Zool. J. Linnean Society, 47:407-423; London, 1968, p. 418,
43 Tom Kemp, "The Reptiles That Became Mammals (I Rettili che divennero Mammiferi)," New Scientist, Vol. 92, 4 marzo 1982, p. 583.
44 Roger Lewin, "Bones of Mammals, Ancestors Fleshed Out (Le Ossa dei Mammiferi, I Progenitori ingrassati)," Science, Vol. 212, 26 giugno 1981, p. 1492.
45 Eric Lombard, "Review of Evolutionary Principles of the Mammalian Middle Ear, Gerald Fleischer (Riesame dei Principi Evolutivi dell'orecchio medio dei Mammiferi, Gerald Fleischer) ," Evolution, Vol. 33, dicembre 1979, p. 1230.
46 Robert L. Carroll, Patterns and Process of Vertebrate Evolution (Modelli e Processo dell' Evoluzione dei Vertebrati), Cambridge: Cambridge University Press, 1998, p. 329.
47 Ashby L. Camp, "The Overselling of Whale Evolution (Sopravvalutazione della Evoluzione delle Balene)," Creation Matters (Argomenti sulla Creazione), una newsletter pubblicata dalla the Creation Research Society, maggio/giugno 1998.
48 National Geographic, "Evolution of the Whales (Evoluzione delle Balene)" novembre 2001, p. 163.
49 Robert L. Carroll, Op cit.,, p. 329.
50 G. A. Mchedlidze, General Features of the Paleobiological Evolution of Cetacea (Aspetti Tipici della Evoluzione Paleobiologica dei Cetacei), Rotterdam: A. A. Balkema, 1986, p. 91.
51 B. J. Stahl, Vertebrate History: Problems in Evolution (Problemi nell'Evoluzione), New York: McGraw-Hill, 1974, p. 489.
52 Michel C. Milinkovitch, "Molecular phylogeny of cetaceans prompts revision of morphological transformations (La Filogenesi molecolare dei Cetacei porta alla revisione delle trasformazioni morfologiche)," Trends in Ecology and Evolution (Tendenze in Ecologia ed Evoluzione), Vol. 10, agosto 1995, pp. 328-334.
53 Getting the Facts Straight, A Viewer's Guide to PBS's Evolution (Precisazioni: Una Guida per l'Evoluzione del PBS) , Seattle: Discovery Institute Press, 2001 (enfasi aggiunta).
54 Storrs . L. Olson, "Open Letter to Dr. Peter Raven, Secretary, Committee for Research and Exploration (Lettera Eperta al Dr. Peter Raven, Segretario del Comitato per la Ricerca e l'Esplorazione)," National Geographic Society, 1° novembre 1999.
55 Michael J. Denton, Nature's Destiny (Destino della Natura), New York: Free Press, 1998, p. 361.
56 David Williamson, "Scientist Says Ostrich Study Confirms Bird 'Hands' Unlike Those Of Dinosaurs (Gli Scienziati informano che uno studio sugli struzzi conferma che le "mani" degli uccelli non sono come quelle dei dinosauri)," EurekAlert, 14 agosto 2002, http://www.eurekalert.org/pub_releases/2002-08/uonc-sso081402.php
57 Andrzej Elzanowski, "A comparison of the jaw skeleton in theropods and birds, with a description of the palate in the Oviraptoridae (Un confronto delle scheletro mascellare nei teropodi ed uccelli, con una descrizione del palato negli Oviraptoridi)," Smithsonian Contributions to Paleobiology, 1999, Vol. 89, pp. 311–323.
58 Alan Feduccia, "Birds are Dinosaurs: Simple Answer to a Complex Problem (Gli Uccelli sono Dinosauri: Una risposta semplice per un Problema Complesso)," The Auk, ottobre 2002, Vol. 119, No. 4, pp. 1187–1201.
59 V. Morell, "A Cold, Hard Look at Dinosaurs (Un Distaccato Esame Critico dei Dinosauri) ," Discover, 1996, Vol. 17, no. 12, pp. 98–108.
60 Robert L. Carroll, Vertebrate Paleontology and Evolution (Paleontologia dei Vertebrati ed Evoluzione), New York: W.H. Freeman & Company (agosto 1987), p. 336.
61 Peter Dodson, "Mesozoic feathers and fluff (Penne e Peluria Mesozoiche)," American Paleontologist, 2001, Vol. 9, No. 1, p. 7.
62 Alan Feduccia, Op cit., pp. 1187–1201.
66 A. H. Brush, "On the Origin of Feathers (Sull'Origine delle Penne)," Journal of Evolutionary Biology, Vol. 9, 1996. p. 132.
67 Xing Xu, Zhi-Lu Tang, Xiao-Lin Wang, "A therizinosauroid dinosaur with integumentary structures from China (Un Dinosauro Terizinosauroide con caratteristiche Tegumentarie)," Nature, 1999, Vol. 399, pp. 350-354.
70 http://www.geocities.com/CapeCanaveral/Hall/2099/DinoKabin.html
71 Peter Dodson, "Response by Peter Dodson (Replica di Peter Dodson)," American Paleontologist, 2001, Vvol. 9, No. 4, pp. 13-14.
72 B. J. Stahl, Op. cit., p. 350.
73 Larry Martin, Stephen. A. Czerkas, "The Fossil Record of Feather Evolution in the Mesozoic (La Documentazione sui Fossili della Evoluzione delle Penne nel Mesozoico)," American Zoology, 2000, vol. 40, pp. 687-694.
74 R.O. Prum, "Development and Evolutionary Origin of Feathers (Sviluppo ed Origine Evolutiva delle Penne)," Journal of Experimental Zoology, 1999, Vol. 285, pp. 291-306.
75 K. Parkes, "Speculations on the Origin of Feathers (Illazioni sull'Origine delle Penne)," Living Bird, 1966, Vol. 5, pp. 77-86.
76 W. P. Pycraft, Animal Life: an Evolutionary Natural History (La Vita Animale: Una Storia della Evoluzione Naturale), Vol. II – A History of Birds (Una Storia degli Uccelli), London: Methuen, 1910, p. 39.
77 Larry D. Martin, Stephen. A. Czerkas, Op. cit.
78 K. C. Parkes, Speculations on the origin of feathers (Illazioni sull'Origine delle Penne). Living Bird, 1966, 5:77-86
80 W. J. Bock, "Explanatory history of the origin of feathers (Storia Esplicativa dell'Origine delle Penne)," American Zoology, 2000, Vol. 40, pp. 478-485.
82 C. E. A. Turner, "Archæopteryx, a bird: No link (L'Archæopteryx, un Uccello: Nessun Legame)," Evolution Protest Movement (Movimento di Protesta contro l'Evoluzione), settembre 1973.
83 M-S. Schutzenberger, in "The Miracles of Darwinism: Interview with Marcel-Paul Schutzenberger (I Miracoli del Darwinismo: Intervista con Marcel-Paul Schutzenberger," Origins & Design (Origini e Disegno), Vol. 17, no. 2, Primavera 1996, pp.10-15 (enfasi aggiunta)).
84 Henry Gee, "Palaeontology: Return to the Planet of the Apes (Paleontologia: Ritorno al Pianeta delle Scimmie)," Nature, 12 luglio 2001, V vol. 412, pp. 131-132.
85 Henry Gee, In Search of Deep Time (Alla Ricerca del Tempo Remoto), Ithaca: Cornell University Press, 1999, p. 211.
86 Henry Gee, " Palaeontology: Return to the Planet of the Apes (Paleontologia: Ritorno al Pianeta delle Scimmie)," Loc. cit.
87 Bernard Wood, "Origin and evolution of the genus Homo (Origine ed Evoluzione del Genere Homo)," Nature, 1992, Vol. 355, No. 6363,pp. 783-90.
88 Richard C. Lewontin, "Human Diversity (Eterogeneità Umana)," Scientific American Library, New York, 1995, p. 163.
89 Michael D. Lemonick, "How Man Began (Come ebbe origine l'Uomo)," Time , maggio 1994.
90 Solly Zuckerman, Beyond The Ivory Tower (Oltre la Torre d'Avorio), New York: Toplinger Publications, 1970, pp. 75-94.
91 Charles E. Oxnard, "The Place of Australopithecines in Human Evolution: Ground for Doubt (La Posizione degli Australopitecini nell'Evoluzione Umana: c'è possibilità per dei dubbi)," Nature, Vol. 258, p. 389.
92 Fred Spoor, Bernard Wood, Frans Zonneveld, "Implications of early hominid labyrinthine morphology for evolution of human bipedal locomotion (Conseguenze della morfologia labirintica degli ominidi primitivi sulla evoluzione della locomozione bipede degli umani)," Nature, Vol. 369, 23 giugno 1994, pp. 645-648.
93 B.G. Richmond, D.S. Strait, "Evidence that humans evolved from a knuckle-walking ancestor (La Prova che gli esseri umani si sono evoluti da un progenitore che camminava con braccia a penzoloni e nocche quasi a terra)," Nature, 2000, Vol. 404, No. 6776, p. 382.
94 Richard E. F. Leakey, "Further Evidence of Lower Pleistocene Hominids from East Rudolf, North Kenya (Una Ulteriore Prova degli Ominidi del Periodo Pleistocene Inferiore da East Rudolf nel Kenia del Nord)," Nature, Vol. 231, 28 maggio 1971, p. 245.
95 Christine Berg, "How Did the Australopithecines Walk? A Biomechanical Study of the Hip and Thigh of Australopithecus afarensis (Come Camminavano gli Australopitecini? Uno Studio Biomeccanico dell' anca e della coscia dell'Australopithecus afarensis," Journal of Human Evolution, Vol. 26, aprile 1994, pp. 259-273.
96 Peter Andrews, "Ecological Apes and Ancestors (Scimmie Ecologiche e Progenitori)," Nature, 17 agosto 1995, Vol. 376, pp. 555-556.
97Dr. Charles E. Oxnard, "Fossils, Teeth and Sex (Fossili, Denti e Sesso)" in New Perspectives on Human Evolution (Nuove Prospettive sulla Evoluzione Umana), Seattle and London: University of Washington Press, 1987, p. 227.
98 Isabelle Bourdial, "Adieu Lucy (Addio Lucy)," Science et Vie (Scienza e Vita), maggio 1999, no. 980, pp. 52-62.
99 The Scotsman.com: "Chimps on two legs run through Darwin's theory (Scimmie su due gambe scorazzano nella Teoria di Darwin), " " http://news.scotsman. com/index.cfm?id =1016102002
100 Holly Smith, American Journal of Physical Anthropology, Vol. 94, 1994, pp. 307-325.
101 Fred Spoor, Bernard Wood & Frans Zonneveld, "Implications of Early Hominid Labyrinthine Morphology for Evolution of Human Bipedal Locomotion (Conseguenze della morfologia labirintica degli ominidi primitivi sulla evoluzione della locomozione bipede degli umani)," Nature, Vol. 369, 23 giugno 1994, p. 645.
103 Bernard Wood and M. Collard, "The Human Genus (Il Genere Umano)," Science, 2 Nisan 1999, Vol. 284, pp. 65-71.
104 P. Hartwig-Scherer-, R. D. Martin, "Was 'Lucy' more human than her 'child'? Observations on early hominid postcranial skeletons (Ma Lucy era più Umana del suo Bambino? Riflessioni sugli scheletri retrocraniali dei primi ominidi)," Journal of Human Evolution, 1991, Vol. 21, pp. 439-49.
105 Ian Tattersall, "The Many Faces of Homo habilis (Le Molte Facce dell'Homo Habilis)," Evolutionary Anthropology, 1992, pp. 33-37.
106 Marvin Lubenow, Bones of Contention (Le Ossa della Controversia), Grand Rapids: Baker, 1992, p. 136.
107 Richard Leakey, The Making of Mankind (La Formazione del Genere Umano), London: Sphere Books, 1981, p. 116.
108 William S. Laughlin, "Eskimos and Aleuts: Their Origins and Evolution (Gli Eschimesi e gli Aleuti: Le Loro Origini ed Evoluzione)," Science, novembre 1963.
109 Pat Shipman, "Doubting Dmanisi (Dubbi sui Dmanisi)" American Scientist, novembre/dicembre 2000, p. 491.