Al giorno d'oggi
Malgrado questa mancanza di fossili delle forme di transizione, così importanti per la teoria dell'evoluzione, libri, riviste e qualche libro di testo fanno ancora riferimento a delle "forme transitorie." Molte di queste – gli Archeopitecidi o Lucy, per esempio – sono diventate gli emblemi per la teoria dell'evoluzione. Alle volte si vedono dei titoli di testa in giornali e riviste che annunciano "L'Anello Mancante è stato trovato." Questi articoli affermano che qualche fossile appena scoperto rappresenta la forma di transizione che gli evoluzionisti hanno cercato di trovare in tutti questi anni. Ebbene se è così, allora cosa sono questi fossili di transizione?
Come sarà mostrato in questo capitolo, la maggior parte delle cosiddette forme di transizione in realtà non lo sono per niente. Sono dei fossili di specie uniche e completamente sviluppate, che non hanno avuto alcuna relazione ancestrale con qualsiasi altra specie. Usando delle interpretazioni distorte e con metodi fraudolenti, però, gli evoluzionisti le descrivono come forme di transizione. Ma come si vedrà, tutte queste cosiddette forme transitorie sono il soggetto di dibattiti tra gli stessi evoluzionisti. Infatti anche qualcuno di loro, che non teme di riconoscere i fatti come sono, dichiara che queste non sono per niente delle forme transitorie!
Appartenente alla classe degli Osteitti, questa è una specie numerosa di pesci, lunghi circa 150 centimetri (59 pollici), e ricoperti da spesse squame che somigliano ad una armatura. I suoi primi resti fossili furono trovati in strati del Periodo Devoniano, vecchi da 408 a 360 milioni di anni. Fino al 1938, molti ittiologi evoluzionisti pensarono che quest'essere aveva camminato sul letto del mare, usando le sue due paia di pinne giganti, e che pertanto rappresentava una forma transitoria tra animali d'acqua e di terra. A sostegno di queste affermazioni, gli evoluzionisti esibivano le strutture ossee nelle pinne dei fossili di celacanto in loro possesso.
Una scoperta nello stesso anno, però, ha buttato del tutto all'aria queste affermazioni. Un celacanto vivo era stato pescato nel mare del Madagascar! Ed inoltre, degli studi su questa specie, che si pensava fosse scomparsa da almeno 70 milioni di anni, dimostrarono che non vi erano stati cambiamenti per 400 milioni di anni.
Nella sua edizione dell'aprile 2003, la rivista Focus ha descritto così lo stupore che questa scoperta aveva causato:
La scoperta di un dinosauro vivo sarebbe stata addirittura meno sorprendente, dato che i fossili indicano che il celacanto esisteva 150-200 milioni di anni prima della comparsa dei dinosauri. La creatura proposta da molti scienziati come il progenitore dei vertebrati terrestri, e che si credeva fosse scomparsa da almeno 70 milioni di anni, era sta trovata..viva! 110
Negli anni seguenti sono stati catturati circa altri 200 celacanti vivi (Latimera chalumnae). Si capì che questi pesci, che erano rimasti del tutto inalterati, vivevano ad una profondità tra i 150 ed i 600 metri (da .093 a .372 di un miglio) ed avevano una struttura corporale perfettamente adatta a tali profondità. Nel 1987, il Professor Hans Fricke dell'Istituto Max Planck discese con il mini-sub Geo ad una profondità di 200 metri (.124 di un mglio) nei pressi delle isole Comoro ad est dell'Africa, per compiere una serie di osservazioni su questi pesci nel loro ambiente naturale. Vide che le loro pinne ossee non avevano alcuna funzione equivalente a quella che permette di camminare ai tetrapodi (animali terrestri a quattro zampe).
Il Celacanto, Un Pesce Che Gli Evoluzionisti Hanno Usato Come Strumento Propagandistico Fino A Che Ne Fu Scoperto Un Esemplare Vivente. |
Con la scoperta nel 1938 di un celacanto vivente, questo pesce, che per anni è stato raffigurato come la forma di transizione dai pesci ai rettili, dovette essere tolto dalla cosiddetta lista delle prove preparata dagli evoluzionisti. |
La rivista Focus descrisse così i risultati del suo studio:
Le pinne flessibili non avevano alcuna funzione simile a quelle nei vertebrati terrestri a quattro zampe. Le pinne permettevano di nuotare a testa in giù ed in tutte le direzioni, anche all'indietro. 111
Il celacanto, che non presenta alcuna traccia di cambiamento in oltre 400 milioni di anni, ha lasciato gli evoluzionisti in una posizione difficile. Anche considerando lo spostamento continentale che si è potuto verificare in un periodo di 400 milioni di anni, gli evoluzionisti sembrano essere in una situazione terribilmente imbarazzante. Su Focus si scrive:
Secondo gli assiomi scientifici, circa 250 milioni di anni fa tutti i continenti erano uniti insieme. Questa enorme estensione di terraferma era circondata da un unico gigantesco oceano. Circa 125 milioni di anni fa, nacque l'Oceano Indiano, a seguito del cambiamento di posizione dei continenti. E di conseguenza si formarono così anche le cave vulcaniche nell'Oceano Indiano, che sono una vasta parte dell'habitat naturale del celacanto. Una importante verità viene fuori, alla luce di questi fatti. Questi animali, che esistono da circa 400 milioni di anni, sono rimasti uguali malgrado gli innumerevoli cambiamenti nel loro ambiente naturale! 112
Il fatto che il celacanto sia rimasto inalterato per 400 milioni di anni, chiaramente contraddice la tesi che le nuove specie ebbero origine con l'evoluzione, e che sono soggette ad un continuo processo evolutivo.
Ed inoltre, il celacanto rivela il profondo solco che divide le creature terrestri da quelle marine, che la teoria dell'evoluzione concepisce invece legate da una immaginaria transizione. Ecco come il Professor Keith P. Thomson ne scrive nel suo libro, The Story of the Coelacanth:
Ad esempio, il primo celacanto aveva senz'altro l'organo rostrato, la giunzione intracraniale, le pinne accoppiate, la colonna vertebrale, la notocorda cava, ed i denti ridotti, come i celacanti odierni … non si è evoluto di molto dal Periodo Devoniano, ma questo ci dice anche che vi è un ampio spazio vuoto nella documentazione: ci manca la sequenza di fossili ancestrali più vecchi. 113
Oltre al fatto che il Celacanto apparve tutto d'un tratto, senza alcun progenitore che lo precedesse, e che non subì alcun cambiamento nel corso di milioni di anni, anche la sua complessa struttura fisica contribuisce a far sì che gli evoluzionisti debbano fronteggiare una situazione imbarazzante. Il Professor Michael Bruton, direttore dell'Istituto JLB Smith in Sud Africa, famoso in tutto il mondo, descrive il Celacanto come una creatura molto complessa:
Una delle complesse caratteristiche del Celacanto è come fa nascere i suoi piccoli. Le sue uova, grandi come un'arancia, si schiudono al suo interno. E vi è la prova che si nutrono a mezzo di un organo interno del pesce che somiglia alla placenta nel corpo della madre. Oltre a somministrare, dalla madre al piccolo, il nutrimento e l'ossigeno necessario, la placenta è a sua volta una complessa struttura che provvede anche a smaltire gli scarti. Ed i fossili di embrioni dal Periodo Carbonifero (da 360 a 290 milioni di anni fa), dimostrano che questo complesso sistema già esisteva prima della comparsa dei mammiferi. 114
In aggiunta, la scoperta che i Celacanti sono sensibili ai campi elettromagnetici che li circondano, indica l'esistenza di un loro complesso sistema sensoriale. Esaminando la predisposizione dei nervi che connettono l'organo rostrale del pesce al suo cervello, gli scienziati convengono che il suo rostro serva anche a percepire i campi elettromagnetici. Assieme alle altre complesse strutture del Celacanto, il fatto che il suo organo rostrale sia stato rinvenuto anche nei fossili più datati, pone un problema che gli evoluzionisti non possono risolvere. Nella rivista Focus il problema viene posto in questi termini:
Secondo i fossili, i pesci sono apparsi 470 milioni di anni fa. Il Celacanto 60 milioni di anni dopo. È stupefacente che questa creatura, che ci si aspetterebbe fosse inizialmente dotata solo di caratteristiche primitive, aveva in effetti già all'origine una struttura enormemente complessa. 115
Tutti questi sono stati dei colpi letali inferti alla teoria dell'evoluzione: La presenza di un organo simile alla placenta, e la complessa struttura atta a percepire le correnti elettromagnetiche – in quel modo perfetto, ed in quei tempi remoti – chiaramente rivela che non vi è stato alcun processo evolutivo, dal semplice al complesso, nella storia naturale di questo pesce, come invece la teoria dell'evoluzione vorrebbe farci credere.
Dopo la scoperta di un celacanto vivente, su di lui sono stati fatti degli studi molto dettagliati. |
Nel 1966, un celacanto fu congelato immediatamente dopo la cattura. Gli scienziati che ne studiarono il sangue rimasero stupefatti nel constatare che il sangue del celacanto era uguale a quello di uno squalo!
Tutti i pesci con struttura ossea, escluso il celacanto, soddisfano il loro bisogno d'acqua bevendo quella salata del mare, ed espellendo poi l'eccesso di sale dal loro organismo. Questo sistema, nel celacanto, è invece uguale a quello dello squalo, un membro della famiglia dei pesci cartilaginosi (Condrenchelidi). Lo squalo converte l'ammoniaca, che viene rilasciata a seguito della scomposizione delle proteine, in urea, mantenendone un livello nel sangue che sarebbe letale per gli esseri umani, e regolando i livelli di queste sostanze secondo la salinità delle acque circostanti. E dato che il sangue raggiunge un livello isotonico con l'acqua di mare – quando le pressioni osmotiche dell'acqua, all'interno ed all'esterno, sono equiparate, e raggiungono la stessa densità – non vi è perdita d'acqua dai tessuti dello squalo verso l'esterno.
Si scoprì anche che il fegato del celacanto possiede gli enzimi necessari per creare l'urea. In altre parole, il sangue di questo pesce possiede sin dall'origine delle caratteristiche uniche, introvabili in qualsiasi altra specie della sua classe, che comparvero poi negli squali solo decine di milioni di anni più tardi.
Secondo la rivista Focus, il Professor Keith S. Thomson descrisse come "un problema evolutivo," la scoperta che il sangue del celacanto era come quello dello squalo. Nella rivista fu anche affermato che, sulla base di analisi molecolari, non era possibile stabilire l'esistenza di alcuna connessione evolutiva tra gli squali della classe dei pesci cartilaginosi ed i celacanti, membri della classe di pesci con struttura ossea. Nessuna ipotesi evolutiva può spiegare la similitudine tra le due specie. E neanche le analisi molecolari – a cui di solito gli evoluzionisti fanno ricorso – sono servite allo scopo. L'unica spiegazione possibile è che questi animali sono stati creati, da Dio
Qualche evoluzionista si riferisce a questa specie di anfibi come "i progenitori dei rettili." Ma con la scoperta che i rettili esistevano già da circa 30 milioni di anni prima che questa specie comparisse sulla Terra, si capì che i Seymouria non costituivano una forma di transizione. I loro fossili più vecchi risalgono al Periodo Permiano Inferiore – 280 milioni di anni fa. Ma le specie di rettili più vecchie conosciute, Hylonomus e Palaeothyris, trovate negli strati della Bassa Pennsylvania, sono datate da 330 a 315 milioni di anni fa. 116 Ed è naturalmente impossibile che i progenitori dei rettili abbiano vissuto tanto tempo dopo di loro.
I Terapsidi sono una specie che gli evoluzionisti raffigurano come una forma transitoria tra i rettili ed i mammiferi – una affermazione invalida, che possiamo brevemente esaminare.
I fossili che appartengono a quest'ordine non confermano le affermazioni degli evoluzionisti. Prima di tutto, i Terapsidi non compaiono nella documentazione sui fossili nell'ordine cronologico che il Darwinismo si aspetta. Per far sì che le affermazioni degli evoluzionisti fossero vere, si sarebbe dovuto poter tracciare una linea che partisse dalla mascella propria dei fossili Terapsidi fino alla mascella completa dei mammiferi. Ma una tale progressione non la si vede nella documentazione sui fossili.
Nel suo libro Darwin on Trial (Darwin in Giudizio), il ben noto critico del Darwinismo, Philip Johnson, così commenta:
Una linea artificiale di discendenza [tra rettili e mammiferi] può essere messa insieme, ma solo con il mischiare arbitrariamente degli esemplari provenienti da sottogruppi differenti, per poi metterli insieme senza rispettarne la loro vera sequenza cronologica. 117
La sola caratteristica comune, sia ai Terapsidi che ai mammiferi, sono le ossa delle loro orecchie e mascelle. Ma se si considerano le differenze tra i sistemi riproduttivi ed altri organi delle due specie, ci vorrà moltissimo tempo prima di poter rispondere affermativamente al quesito su come i rettili si siano potuti evolvere in mammiferi. Più si va avanti con le indagini, e più complicata diventa la situazione. Come è possibile che i mammiferi – un gruppo che include specie diverse come i primati, i cavalli, i pipistrelli, le balene, gli orsi polari, gli scoiattoli ed i ruminanti - si sia evoluto dai rettili per mezzo di mutazioni e della selezione naturale? A questa domanda non è proprio possibile rispondere.
L'Archeopterige, che è vissuto 150 milioni di anni fa, è la specie animale che più spesso gli evoluzionisti sostengono sia la prova dell'evoluzione. Un gran numero di loro suggerisce che l'archeopterige è una forma di transizione, estinta, che presentava caratteristiche comuni sia ai rettili che agli uccelli. Ma delle autorità evoluzioniste come Alan Feduccia dichiarano che questa affermazione è falsa.
Gli ultimi studi condotti sui fossili di Archeopterige hanno rivelato che non si tratta di una forma transitoria, ma di una specie di uccelli, con delle caratteristiche leggermente diverse da quelle degli uccelli di oggi.
Seguono alcune affermazioni degli evoluzionisti che presentano l'archeopterige come una forma di transizione, e le relative risposte:
1. Lo sterno scoperto successivamente: Fino a poco tempo fa si affermava che l'Archeopterige non avesse lo sterno, e si sosteneva che questa mancanza fosse la prova più importante che l'Archeopterige non poteva volare. (Lo sterno è posizionato sotto la cassa toracica, ed è il posto dove sono fissati i muscoli essenziali per il volo. Lo sterno è presente in tutti gli uccelli moderni, volatili o non volatili, ed anche nei pipistrelli, che appartengono ad una famiglia molto differente dagli uccelli)
Il settimo fossile di Archeopterige scoperto nel 1992, però, ha dato la prova che questa argomentazione è falsa. Quel fossile infatti possedeva lo sterno di cui, fino a quel momento, gli evoluzionisti ne escludevano l'esistenza. 118
Questa scoperta ha escluso che vi sia un qualsiasi fondamento di base nell' affermazione che l'Archeopterige fosse un semi-uccello, incapace di volare.
2. La Struttura delle sue piume: Una delle prove più schiaccianti che l'Archeopterige era invece capace di volare è la struttura delle sue penne, asimmetrica ed identica a quella degli uccelli odierni, e che così dimostra la sua capacità di volare perfettamente. Come ha dichiarato il ben noto paleontologo Carl O. Dunbar: "Proprio per le sue penne l'Archeopterige deve indubbiamente essere classificato come un uccello." 119
Il paleontologo Robert Carroll propone la seguente spiegazione al riguardo:
La geometria delle penne remiganti primarie dell'Archeopterige è identica a quella dei moderni volatili, mentre gli uccelli non volatili hanno delle penne simmetriche. Il modo in cui le penne sono sistemate sull'ala è anch'esso quello dei volatili di oggi … Secondo Van Tyne e Berger, la relativa dimensione e la forma dell'ala dell'Archeopterige sono simili a quelle degli uccelli capaci di volare all'interno di strette aperture del fogliame, come i gallinacei, le colombe, le beccacce, i picchi e gran parte dei passeracei … Le penne remiganti primarie sono rimaste invariate per almeno 150 milioni di anni … 120
(a sinistra) Hoatzin, (giusto) Disegno di un dinosauro teropode |
3. Gli artigli sulle sue ali ed i denti nel suo becco: Gli evoluzionisti un tempo ritenevano che il fatto che l'Archeopterige avesse artigli sulle ali e denti nella bocca, fosse una prova importante del suo essere in effetti una forma di transizione. Ma queste caratteristiche non dimostrano l'esistenza di alcuna relazione tra questo animale ed i rettili. Anche due specie di uccelli odierni, il Touraco corythaix e l'Opisthocomus hoazin, hanno artigli che li aiutano ad aggrapparsi ai rami. Questi animali sono uccelli in grado di volare, e che non hanno alcuna sembianza di rettile. L'argomentazione che l'Archeopterige doveva essere per forza una forma di transizione, perché aveva degli artigli, è pertanto invalida.
E nemmeno i denti nella sua bocca lo fanno diventare una forma transitoria. Gli evoluzionisti sbagliano nell'affermare che questi denti siano una caratteristica dei rettili. Alcuni dei rettili odierni hanno denti, ma altri non li hanno. Ed ancora più rilevante, le specie di uccelli con i denti non si limitano all'Archeopterige. Sebbene oggi siano estinti, quando si esamina la documentazione sui fossili – nello stesso periodo dell' Archeopterige, o dopo, o anche in tempi molto più recenti – ci si trova un altro distinto gruppo di uccelli, che si possono considerare provvisti di denti.
Ed è ancora più importante notare che la struttura dentaria dell'Archeopterige e degli altri uccelli è molto differente da quella dei dinosauri, i cosiddetti progenitori di questi uccelli. Secondo le misurazioni fatte da ornitologi ben noti, come L. D. Martin, J. D. Stewart e K. N. Whetstone, i denti dell'Archeopterige e degli altri uccelli sono piatti in superficie ed a radice estesa. Mentre invece i denti dei dinosauri Teropodi, che gli evoluzionisti affermano siano i progenitori degli uccelli, hanno una superficie irregolare ed una radice stretta. 121 Gli stessi ricercatori hanno anche confrontato le ossa dei polsi dell'Archeopterige e dei suoi presunti progenitori Teropodi, rivelando che non vi è alcuna somiglianza tra loro. 122
Le similitudini tra questa creatura ed i dinosauri, prospettate da John Ostrom, uno delle più eminenti autorità che affermano che l'Archeopterige si sia evoluto dai dinosauri, sono state poi dichiarate come false interpretazioni da eminenti anatomisti come S. Tarsitano, M. K. Hecht ed A. D. Walzer. 123
4. La struttura dell'orecchio dell'Archeopterige: A. D. Walzer ha studiato la struttura dell'orecchio dell'Archeopterige ed ha dichiarato che è la stessa di quella degli uccelli odierni. 124
5. Le ali dell'Archeopterige: J. Richard Hinchcliffe, del Dipartimento di Scienze Biologiche dell'Università del Galles, ha usato le moderne tecniche isotopiche nei suoi studi sugli embrioni ed ha stabilito che le tre dita nell'arto anteriore del dinosauro sono I-II-III, mentre quelle sulle ali degli uccelli sono II-III-IV. E ciò rappresenta una grave complicazione per chi ha proposto il cosiddetto legame tra l'Archeopterige ed i dinosauri. 125 La ricerca e le osservazioni condotte da Hinchcliffe sono apparse sulla famosa rivista Science nel 1977:
I dubbi sulla omologia tra le dita dei Teropodi e degli uccelli ci ricorda gli altri problemi relativi alla ipotesi di una "origine dai dinosauri," che includono:
(i) L'arto anteriore molto più piccolo nei teropodi (in rapporto alle dimensioni del resto del corpo) se confrontato con l'ala dell'Archeopterige. Questi arti così piccoli non sono convincenti come ali preistoriche atte ad un volo terra-aria dei relativamente pesanti dinosauri.
(ii) La rarità, nei teropodi, di un osso del polso a forma di mezzaluna, riscontrato in solo quattro specie (inclusi i Deinodontidi). La maggioranza dei teropodi hanno un relativamente grande numero di elementi nel polso, difficili da omologare con quelli dell'Archeopterige.
(iii) Il paradosso temporale che consiste nella comparsa della maggior parte dei dinosauri teropodi, ed in particolare quelli dei dromeosauri, simili ad uccelli, tutti molto, molto più tardi dell'Archeopterige. 126
6. Collocazione nel tempo, incompatibile: Questa incompatibilità, che è stata identificata da Hinchcliffe, è uno dei colpi più letali inferti alle affermazioni degli evoluzionisti riguardo l'Archeopterige. Nel suo libro Icons of Evolution (Icone dell'Evoluzione), pubblicato nel 2000, il biologo Americano Jonathan Wells ha messo in evidenza come l'Archeopterige fosse adoperato come una icona per la teoria dell'evoluzione, sebbene le prove avessero dimostrato che esso non era affatto un primitivo progenitore degli uccelli. Una delle indicazioni di ciò, secondo Wells, è il fatto che i dinosauri Teropodi, proposti come suoi progenitori, sono in effetti molto più giovani dell'Archeopterige:
Ma i rettili con due zampe che corrono sul suolo, e che avevano le altre caratteristiche che ci si potrebbe aspettare di trovare in un progenitore dell'Archeopterige, sono comparsi ben più tardi. 127
Tutto questo sta a dimostrare che l'Archeopterige non è una forma transitoria, ma che semplicemente fa parte di una diversa classificazione, che può essere descritta come quella di uccelli con denti. Il cercare di costruire un legame tra questo animale ed i teropodi è grandemente incoerente. In un articolo dal titolo "Demise of the 'Birds are Dinosaurs' Theory (La fine della Teoria 'Gli uccelli sono Dinosauri')," il biologo Americano Richard L. Deem ha espresso così il suo punto di vista sull'idea della cosiddetta evoluzione degli uccelli dai dinosauri, e sull'Archeopterige:
I risultati di studi condotti di recente dimostrano che le mani dei dinosauri teropodi sono derivate dalle dita I, II, e III, mentre le ali degli uccelli, sebbene sembrino simili come struttura, sono derivate dalle dita II, III e IV … Vi sono anche altri problemi con la teoria "gli uccelli sono dinosauri." Gli arti anteriori dei teropodi sono molto più piccoli (in relazione con le dimensioni del corpo) di quelli dell'Archeopterige. Le piccole "ali preistoriche" dei teropodi non sono molto convincenti, specialmente se si considera il peso piuttosto consistente di questi dinosauri. Alla grande maggioranza dei teropodi manca l'osso del polso a mezzaluna, ed hanno un gran numero di altri elementi del polso che non hanno omologia con le ossa dell'Archeopterige. In aggiunta, in quasi tutti i teropodi, il nervo V1 fuoriesce da un lato della scatola cranica, assieme a diversi altri nervi, mentre negli uccelli fuoriesce dalla parte frontale della scatola cranica, attraverso un suo foro …. Vi è anche il piccolo problema che la gran parte dei teropodi sono comparsi dopo l'apparizione dell'Archeopterige. 128
7. Altri antichi fossili di uccelli: Alcuni fossili scoperti di recente rivelano altri aspetti dell'invalidità dello scenario evoluzionista circa l'Archeopterige.
Confuciusornis |
Nel 1995, Lianhai Hou and Zhonghe Zhou, due ricercatori paleontologi dell'Istituto di Paleontologia dei Vertebrati in Cina, hanno scoperto un nuovo fossile d'uccello, che hanno chiamato Confuciusornis. Quest'uccello, di 140 milioni di anni, più o meno della stessa età dell'Archeopterige che è di 150 milioni di anni, non aveva denti, ed il suo becco e le sue penne avevano le stesse caratteristiche degli uccelli odierni. Sulle ali di questo uccello – che ha una struttura scheletrica uguale a quella degli uccelli di oggi – vi erano degli artigli simili a quelli dell'Archeopterige. Si notavano anche delle strutture, conosciute come pigostili, che danno sostegno alle penne timoniere. 129
In breve, questa creatura, più o meno dell'età dell'Archeopterige, considerato dagli evoluzionisti come il progenitore più antico di tutti gli uccelli, e come un semi-rettile, aveva una forte somiglianza con gli uccelli odierni. E questo è in conflitto con la tesi degli evoluzionisti che l'Archeopterige sia il primitivo progenitore di tutti gli uccelli.
Un altro fossile di uccello, trovato in Cina nel novembre del 1996, ha portato altra confusione in questa materia. L'esistenza di questo uccello, di 130 milioni di anni, noto come Liaoningornis, fu annunciata da L. Hou, L. D. Martin ed Alan Feduccia in un saggio sulla rivista Science.
Il Liaoningornis possedeva un sterno su cui sono fissati i muscoli per il volo dei moderni uccelli. Ed era anche identico a questi ultimi in quasi tutti gli altri aspetti fisici. L'unica differenza era che aveva dei denti in bocca. E questo ha dimostrato che gli uccelli con i denti non possedevano la struttura primitiva prospettata dagli evoluzionisti. 130
Liaoningornis
L'Eoalulavis è un altro fossile che ha demolito le affermazioni degli evoluzionisti. Di circa da 25 a 30 milioni di anni più giovane dell'Archeopterige, L'Eoalulavis aveva la stessa struttura alare di alcuni dei volatili odierni. E questo ha fornito la prova che delle creature, identiche sotto molti aspetti agli uccelli di oggi, volavano nei cieli già 120 milioni di anni fa. 131
Nel 2002, sulla rivista Nature, Ricardo N. Melchor, Silvina de Valais e Jorge F. Genie hanno riferito di aver trovato delle impronte di uccelli che avevano vissuto 55 milioni di anni prima dell'Archeopterige:
La storia conosciuta degli uccelli ha inizio nella tarda epoca Giurassica (circa 150 milioni di anni fa) con il fossile dell'Archeopterige … Qui descriviamo delle impronte ben conservate ed abbondanti, con delle caratteristiche chiaramente aviarie, provenienti da un alveo del tardo Triassico in Argentina, datate almeno 55 milioni di anni prima dell'epoca del primo noto scheletro fossile di uccelli. 132
Eoalulavis, datato 120 milioni di anni. |
E così si è definitivamente dimostrato che l' Archeopterige ed altri uccelli arcaici non costituirono forme di transizione. I fossili non hanno evidenziato che delle specie differenti di uccelli si siano evolute l'una dall'altra. Al contrario, hanno fornito la prova che gli uccelli odierni e certe specie somiglianti all'Archeopterige hanno vissuto insieme, nello stesso periodo. Alcuni di questi uccelli, come il Confuciusornis e l'Archeopterige, si estinsero, e di loro solo un numero esiguo è arrivato fino ai giorni nostri.
Un fossile di Uccello, trovato in Cina ed a cui venne dato il nome di Jeholornis, aveva una lunga coda. Questo ha spinto gli evoluzionisti a raffigurarlo come la prova che gli uccelli si sono evoluti dai dinosauri. Il fatto è, però, che molte specie in natura possono avere delle caratteristiche comuni ad altre specie, e che neanche gli evoluzionisti possono costruire dei legami ancestrali tra gran parte di queste specie.
L'occhio del polpo, ad esempio, somiglia molto a quello dell'uomo. Ebbene neanche gli evoluzionisti possono pensare che vi sia un legame evolutivo tra i due esseri. Così come non lo possono pensare neanche per gli uccelli o i pipistrelli e le mosche, tutti esseri forniti di ali. Pertanto, il fatto che vi siano certe similitudini tra dinosauri ed uccelli non può essere usato come una prova che i primi siano i progenitori dei secondi.
Un disegno ed il fossile dell'uccello Jeholornis |
Il Professor Alan Feduccia, un ornitologo che per anni si è opposto alla teoria dell' evoluzione degli uccelli dai dinosauri, evidenziando gli errori in tale tesi, sebbene sia lui stesso un evoluzionista propone la seguente analisi:
Se si guarda lo scheletro di un pollo e quello di un dinosauro con il binocolo, questi sembrano uguali, ma un loro esame ravvicinato e dettagliato rivela molte differenze. I dinosauri Teropodi, per esempio, avevano denti curvi e seghettati, ma gli uccelli più antichi li avevano invece lisci e diritti come pioli. Ed avevano anche un differente sistema di fissaggio e sostituzione. 133
Un ornitorinco |
Stephen Jay Gould |
In aggiunta, si sa che le creature mosaico hanno caratteristiche riscontrabili in gruppi differenti. Ed anche delle eminenti autorità evoluzioniste, come Stephen Jay Gould, convengono che queste non sono le prove atte a confermare la teoria dell'evoluzione. 134
Anche l'ornitorinco Australiano, per esempio, ha su di sé delle caratteristiche sia dei mammiferi che dei rettili e degli uccelli. Ma gli evoluzionisti non sono capaci di offrire una spiegazione di questo animale, in termini della loro teoria. Il fatto che un uccello abbia una lunga coda non è la prova che si sia evoluto da un dinosauro. Gli esseri di cui gli evoluzionisti hanno bisogno, per confermare la loro teoria dell'evoluzione, sono delle vere forme di transizione, non dei mosaici. E queste forme dovrebbero avere organi carenti o mancanti del tutto, oppure non completamente formati, o per niente funzionali. Al contrario, tutti gli organi delle creature mosaico sono completamente formati e senza difetti.
Il Jeholornis, ad esempio, è un volatile completo e poderoso. Questo fossile, per di più, fu identificato come esistito 100 milioni di anni fa. Circa 50 milioni di anni prima di lui, vi erano altri esemplari di volatili, come l'Archeopterige. E naturalmente non è logico sostenere che dei progenitori degli uccelli, mezzo dinosauri e mezzo uccelli, siano vissuti 50 milioni di anni dopo dei loro discendenti.
Un disegno ed il fossile del Microraptor gui
Nel gennaio 2003, fu annunciata al mondo la scoperta di un fossile di 130 milioni di anni, che fu chiamato Microraptor gui. Si affermò che era il fossile di un dinosauro che si lanciava da un albero all'altro, e che questa scoperta confermava che gli uccelli si erano evoluti dai dinosauri. Ma gli scienziati ben presto fecero sapere invece che la nuova specie non costituiva una prova a sostegno di tale affermazione.
Per esempio, nell'articolo "Lord of the Wings (Il Padrone delle Ali)" di Christopher P. Sloan, pubblicato nell'edizione del maggio 2003 della rivista National Geographic, si ammise che il Microraptor gui continuava ad essere un enigma per gli evoluzionisti, e che molti scienziati erano propensi a pensare che questo essere non fosse un volatile. Sloan scrisse:
Ma la squadra Cinese che ha studiato il Microraptor gui, guidata da Xu Xing and Zhou Zhonghe dell'Istituto di Paleontologia e di Paleoantropologia dei Vertebrati, non crede che questo animale potesse prendere la rincorsa, o battere le braccia, abbastanza da prendere il volo. Le penne delle sue gambe lo avrebbero fatto inciampare come un ostacolista vestito con un abito da sera. Invece le ampie penne avrebbero potuto formare una superficie portante, o fungere da paracadute, come succede per gli scoiattoli volanti ed altri animali che saltano qua e là tra gli alberi dove vivono. 135
Anche altri scienziati si oppongono alla tesi che questa creatura cominciò a volare mentre si lanciava da un albero all'altro: Non pensano che sia stato ragionevole per queste creature fare degli sforzi battendo le ali quando avevano a disposizione una alternativa più facile. Ed altri ricercatori sostengono pure che le penne dei piedi del Microraptor gui non erano adatte al volo, e neanche per lanciarsi da un albero all'altro.
In breve, la teoria dei dino-ucelli è un dogma tenuto in vita a mezzo di propaganda e pregiudizi. E come si è visto nell'esempio del Microraptor gui, i pregiudizi di questo tipo vengono poi sconfessati ed abbandonati.
Gli evoluzionisti suggeriscono che il fossile di 130 milioni di anni, Sinovenator changii, scoperto in Cina, è il progenitore degli uccelli. Ma l'uccello più antico conosciuto, l'Archeopterige, è vissuto 150 milioni di anni fa; in altre parole è più vecchio dell'altro, di 20 milioni di anni. Ed allora è impossibile che il Sinovenator changii sia il progenitore degli uccelli, dato che visse nella stessa epoca degli uccelli che hanno le stesse caratteristiche di quelli odierni, ed addirittura anche 20 milioni di anni dopo di loro.
Sebbene non si siano trovate delle penne nel fossile del Sinovenator changii, alcuni evoluzionisti suppongono che probabilmente ne avesse. Come fondamento di questa supposizione, essi affermano che delle penne erano presenti in altri fossili di dinosauro scoperti nella stessa regione dove è stato trovato il Sinovenator changii.
Il supporre l'esistenza delle penne, malgrado non se ne siano trovate, e così arrivare alla conclusione che i dinosauri sono sicuramente i progenitori degli uccelli, non ha naturalmente alcun fondamento scientifico.
Sinovenator changii |
E per di più, anche le penne nei fossili di dinosauri trovate in precedenza nella regione Yixian sono in discussione. Molti scienziati sono d'accordo nel ritenere che le strutture notate in questi fossili non siano penne.
Nessuno dei dinosauri che si presume avessero delle penne è una certezza. Anche se alcune strutture simili a delle penne sono state trovate nei fossili di queste creature, non si è potuto stabilire con certezza che lo fossero davvero. Come si è visto nelle pagine precedenti, delle autorità come Feduccia sostengono che queste strutture erano delle fibre di collagene – e che è un grave errore considerarle come penne. 136
Nel campo dell'origine dei mammiferi, il mito dell'evoluzione equina è stato per molto tempo il fondamento delle argomentazioni degli evoluzionisti. Ma rimane solo un mito, però, che si basa unicamente sull'immaginazione, ma non su fatti scientifici.
Le esagerazioni sull'evoluzione del cavallo erano, fino a poco tempo fa, al vertice delle prove esibite a sostegno della teoria dell'evoluzione. Oggi, invece, molti evoluzionisti ammettono apertamente l'invalidità dello scenario dell'evoluzione equina. In una riunione durata quattro giorni nel Museo di Storia Naturale di Chicago, nel novembre 1980, 15 evoluzionisti hanno discusso sui problemi inerenti alla teoria della graduale evoluzione. Un relatore, Boyce Rensberger, così ha descritto come la raffigurazione dell'evoluzione del cavallo non ha alcun fondamento scientifico:
L'esempio comunemente diffuso riguardo l'evoluzione equina, che immagina una graduale evoluzione da esseri dalle dimensioni di una volpe e con piedi a quattro dita, esistiti circa 50 milioni di anni fa, fino al cavallo odierno, molto più grosso e con un solo zoccolo per gamba, è ormai da molto tempo considerato un esempio errato. Invece di cambiamenti graduali, i fossili di ogni specie intermedia appaiono ben distinti e persistono senza cambiamenti fino alla loro estinzione. Non si conoscono forme di transizione. 137
Nell'esprimere questo importante problema, e con tale onestà, Rensberger in effetti confermava che il dilemma più grave da affrontare, per la teoria dell'evoluzione, è proprio quello delle forme di transizione.
Il ben noto paleontologo evoluzionista Niles Eldredge, del Museo Americano di Storia Nazionale di New York, dice quanto segue, riguardo a questo scenario:
Devo ammettere che una gran parte di quella (storia immaginaria) è finita sui libri di testo come se si trattasse di una verità. Per esempio, la sua prova più famosa, ancora in esposizione qui sotto (nel Museo Americano) è una testimonianza sull'evoluzione equina preparata forse 50 anni fa. E che è stata continuamente presentata come una verità assoluta nei libri di testo, uno dopo l'altro. Ebbene io penso che tutto questo sia deplorevole. 138
Ed allora, qual è il fondamento su cui si basa l'ipotesi della evoluzione equina? I reperti esibiti non erano altro che dei fossili, messi in sequenza per dimensione, dal più piccolo al più grande, ma appartenenti a specie differenti vissute in India, Sud America, Nord America ed Europa in epoche molto diverse, e disposti secondo l'immaginario volere degli evoluzionisti. Vari ricercatori hanno proposto più di 20 grafici dell'evoluzione del cavallo – che, a proposito, sono completamente differenti uno dall'altro. Non vi è alcun accordo tra gli evoluzionisti su questi alberi di famiglia, così differenti. L'unico fattore che queste classificazioni hanno in comune è la credenza che una creatura simile ad un cane, l'Eoippo, ovvero "il cavallo degli albori" (Iracoterio), vissuto nel Periodo Eocene circa 55 milioni di anni fa, sia stato il primo progenitore del cavallo. Però l'Eoippo, ormai estinto da milioni di anni, è quasi identico ad un mammifero conosciuto come l'irace, che vive ancora oggi in Africa, e che non ha alcun legame con i cavalli. 139
Questa serie di cavalli in un museo consiste in effetti di varie creature che vissero in epoche ed in posti diversi, raggruppati in una sequenza arbitraria. Non vi è alcuna prova, nella documentazione sui fossili, dei cosiddetti progenitori dei cavalli. |
L'invalidità delle affermazioni sull'evoluzione equina viene constatata sempre più chiaramente ogni giorno che passa, con le scoperte di nuovi fossili. Sono stati trovati i fossili di alcune razze equine viventi (Equus nevadensis ed Equus occidentalis) negli stessi strati dove fu trovato l'Eoippo. 140 E questo dimostra che il cavallo odierno era in vita nella stessa epoca del suo presunto progenitore, ed è pertanto la riprova che non vi è mai stato un processo evolutivo del cavallo.
Il cosiddetto albero evolutivo del cavallo consiste di vari mammiferi, che vissero in epoche diverse, tenuti insieme solo per comprovare le aspettative degli evoluzionisti. Le dimensioni e le caratteristiche degli animali raffigurati in questo albero immaginario, come anche i periodi differenti in cui vissero, rivelano chiaramente le incongruenze insite in questa serie. |
Nel suo libro The Great Evolution Mystery (Il Gran Mistero dell'Evoluzione), che tratta i soggetti che il Darwinismo non è in grado di spiegare, l'evoluzionista Gordon R. Taylor così descrive l'essenza del mito della successione del cavallo:
Ma forse la debolezza più evidente del Darwinismo consiste nell'incapacità dei paleontologi di trovare delle filogenesi convincenti, o delle sequenze di organismi, con cui dimostrare degli importanti cambiamenti evolutivi … Il cavallo è spesso citato come l'unico esempio totalmente decifrato. Ma il fatto è che la linea dall'Eoippo all'Equino è molto discontinua. Si presume che dimostri un continuo incremento delle dimensioni, ma la verità è che alcune varianti sono addirittura più piccole dell'Eoippo, non più grandi. Degli esemplari di varia provenienza possono anche esser messi insieme in modo da rappresentare una sequenza convincente, ma non vi è alcuna prova che questa sia vera, sia in termini di ordinamento che di tempo. 141
l'Eoippo, che si è creduto fosse il primo progenitore del cavallo non ha niente a che vedere, né alcuna similitudine, col cavallo, ma ha una marcata somiglianza con l'irace che vive ancora oggi in Africa. |
I cavalli fanno la loro comparsa nella documentazione sui fossili perfettamente formati e con tutte le loro caratteristiche intatte. Se avessero veramente avuto origine grazie all'evoluzione, allora avrebbero dovuto passare attraverso stadi transitori come quelli illustrati a destra e nel retro di questa pagina. Ma non vi è assolutamente alcuna traccia di tali forme nella documentazione sui fossili Se, come sostengono gli evoluzionisti, i cavalli avessero veramente avuto origine grazie all'evoluzione, allora delle creature deformi, menomate e con strane sembianze avrebbero dovuto emergere ad ogni suo stadio. Ma la documentazione sui fossili rivela che non vi è traccia di tali difettosi e deficienti animali nella storia naturale dei cavalli, ma che invece questi vennero creati interi e già completamente rifiniti. 1: Un cavallo di oggi, completamente formato. 3: Una immaginaria forma transitoria di cui non vi è traccia nella documentazione sui fossili. |
Tutto questo rivela che i piani dell'evoluzione equina, una delle prove considerate tra le più valide per la teoria dell'evoluzione, sono solo frutto dell'immaginazione degli evoluzionisti, e sono scevre di qualsiasi validità. Come tutte le altre specie, anche i cavalli ebbero origine senza alcun loro progenitore.
Il Ramapiteco viene considerato come uno dei peggiori errori della teoria dell'evoluzione. Questo nome venne dato a dei resti fossili trovati in India nel 1932, che si affermò rappresentassero il primo passo nella separazione degli esseri umani dalle scimmie, circa 14 milioni di anni fa. Gli evoluzionisti l'hanno usato come una prova indiscutibile per circa 50 anni, dalla sua scoperta nel 1932 fino a che, nel 1982, si capì che si erano completamente sbagliati al riguardo.
immagine in alto: Dryopithecus, |
Nell'edizione del maggio 1977 della rivista Scientific American, l'evoluzionista Americano Dr. Elwyn Simons scrisse quanto segue sul Ramapiteco: "Questo primate estinto è il più antico membro ominide, o con distinte fattezze umane, dell'albero della famiglia dell'uomo. Il ritrovamento di molti suoi nuovi esemplari ha chiarito il suo posto nella evoluzione dell'uomo." Per poi aggiungere, con ancora più grande sicurezza, "La strada può essere ora tracciata, con poco timore di essere contraddetti, dagli ominidi in genere fino al genere umano." 142
L'importanza assunta dal Ramapiteco nell'evoluzione umana fu stabilita con un articolo che Simons scrisse per la rivista Time nel novembre 1977, dove affermò: "Il Ramapiteco è perfettamente strutturato per essere considerato il progenitore degli ominidi. Se non lo fosse, non avremmo niente altro che lo sia." 143
In un articolo del Dr. Robert B. Eckhardt, pubblicato sulla rivista Scientific American nel 1972, furono prese in considerazione le conclusioni di 24 differenti misurazioni dei denti del Ramapiteco e dei denti del Driopiteco (una specie estinta di gorilla). Il Dr.Eckhardt confrontò queste misurazioni con quelle che aveva precedentemente fatto su degli scimpanzé. Secondo questo confronto, la differenza tra i denti degli scimpanzé viventi era più marcata di quella tra i denti del Ramapiteco e del Driopiteco. Da questo ne trasse le seguenti conclusioni:
Il Ramapiteco era una volta considerato un essere parzialmente simile all'uomo, ma adesso si sa che è invece completamente simile alle scimmie. 144
Come Eckhardt, anche Richard Leakey ebbe i suoi dubbi sul Ramapiteco. Secondo Leakey, era troppo presto per poter arrivare ad una decisione definitiva sul Ramapiteco, il cui fossile consisteva solo in poche ossa mascellari. E riassunse il suo pensiero con queste parole: "Il caso del Ramapiteco ominide non è del tutto assodato, ed il materiale a disposizione è così frammentario da lasciare molti quesiti in sospeso." 145
A differenza della forma ad U della mascella nelle scimmie, quella dell'uomo è a forma di parabola (più a forma di V), in modo da permettere l'uso della parola. E questa è una cosa risaputa da lungo tempo. Si pensò che il Ramapiteco possedesse una mascella parabolica come quella degli esseri umani.
Ma le ricostruzioni eseguite da Elwyn Simons nel 1961, basandosi su un frammento della mascella inferiore del Ramapiteco, codificato col numero YPM 13799, dimostrarono l'esistenza di una struttura totalmente parabolica in tutti i denti, eccetto gli incisivi. Questa ricostruzione fu accettata da diversi autori ed usata in vari studi. Nel 1969, però, Genet e Varcin dimostrarono che, usando gli stessi esatti frammenti, si poteva arrivare a delle ricostruzioni differenti, con mascelle a forma di U, proprio come quelle delle scimmie … In aggiunta, molte specie viventi di scimmie hanno le stesse caratteristiche del Ramapiteco. Un babbuino (Theropithecus galada) che vive nelle alture dell'Etiopia è basso, con una faccia in posizione arretrata e denti incisivi più corti di quelli delle altre scimmie, proprio come il Ramapiteco e gli Australopitecini.
Un articolo del 1982 sulla rivista Science dal titolo "Humans Lose an Early Ancestor (Gli Esseri Umani Perdono un Lontano Progenitore)," comunque, dichiarò che questa nuova forma di transizione era sbagliata, e niente di più che un orangutan estinto:
Un gruppo di creature, che una volta si pensava fossero i nostri progenitori più lontani, sembra che siano state appena estromesse con decisione dall'albero della famiglia umana, secondo il paleontologo David Pilbeam. Molti paleontologi hanno sostenuto che i ramamorfi sono i nostri più lontani progenitori conosciuti, quando ci siamo evoluti dopo la scissione dalle scimmie Africane. Ma a queste conclusioni si arrivava avendo a disposizione solo poche ossa mascellari e qualche dente. La poderosa mascella, ed i denti con uno spesso strato di smalto, somigliano a quelli dei lontani progenitori dell'uomo," dice Pilbeam, ma sotto certi aspetti più significativi, come la forma del palato, le occhiaie ravvicinate che sono più alte che larghe, e la forma della giuntura mascellare, lo fanno somigliare più ad un progenitore di un orangutan. 146
Il fossile meglio conosciuto dell'Homo erectus trovato in Africa è il cosiddetto "Ragazzo Turkana", scoperto vicino al lago Turkana nel Kenia. Il fossile è quello di un bambino di 12 anni che, si stimò, avrebbe potuto crescere fino ad 1 metro e 83 centimetri. La struttura dello scheletro eretto del fossile è identica a quella dell'uomo moderno. Il paleontologo Americano Alan Walzer dice che dubita "che un paleontologo di media capacità possa vedere una qualsiasi differenza tra lo scheletro del fossile e quello di un uomo moderno." Walzer aggiunge che gli venne da ridere quando vide il teschio, poiché "sembrava così simile a quello dell'Neanderthal." 147 L'Homo erectus è, pertanto, una razza umana moderna.
La conclusione a cui sono arrivati gli scienziati che sostengono tale tesi è questa: L'Homo erectus non è una specie differente dall'Homo sapiens, ma una razza all'interno della nostra specie. Vi è un immenso abisso tra l'Homo erectus, una razza umana, e le scimmie che lo hanno preceduto nello scenario della "evoluzione umana": Australopiteco, Homo habilis e Homo rudolfensis. In altre parole, i primi fossili umani sono comparsi nella documentazione sui fossili repentinamente, nella stessa epoca, e senza alcun precedente processo evolutivo.
Le Diverse Razze Umane Non Sono La Prova Dell' Evoluzione |
Donald Johanson (a destra), scopritore del fossile "Lucy," mentre esamina un altro fossile di Australopithecus afarensis. |
Questo è il nome del famoso fossile scoperto nel 1974 dall'antropologo Donald Johanson. Molti evoluzionisti hanno affermato che Lucy è una forma di transizione tra l'uomo ed i suoi cosiddetti progenitori somiglianti alle scimmie. Ulteriori studi hanno comunque rivelato che Lucy non era altro che una specie estinta di scimmia.
Lucy rappresenta una specie appartenente al genere Australopiteco – un genere di scimmie a cui ci si è riferito prima, e che si è visto che non ha niente a che vedere con l'evoluzione umana. Questa particolare specie (Australopithecus afarensis) ha il cervello delle stesse dimensioni di quello degli scimpanzé, e le sue costole e ossa mascellari sono esattamente come quelle degli scimpanzé odierni. Le sue braccia e gambe dimostrano che questa creatura camminava allo stesso modo degli scimpanzé. Ed anche il suo bacino somiglia a quello degli scimpanzé. 148
Ma ancora una volta, sebbene gli evoluzionisti si riferiscano alle fattezze scimmiesche delle creature appartenenti al gruppo dell'Australopiteco, di cui Lucy ne è parte, essi insistono che aveva una postura ed un'andatura uguali a quelle dell'uomo. Ma le ricerche hanno dimostrato che questo non è vero. L'antropologo William Howells ha scritto che l'andatura di Lucy non era una transizione verso quella degli esseri umani:
Si è in generale d'accordo sul fatto che l'andatura di Lucy non è stata correttamente capita, e che non era un qualcosa di semplicemente transitorio verso la nostra andatura. 149
Adrienne Zihlman, professore di antropologia all'Università di California, afferma che i resti fossili di Lucy coincidono straordinariamente bene con le ossa di uno scimpanzé pigmeo. 150
In un articolo della rivista New Scientist, il Dr. Jeremy Cherfas dice quanto segue riguardo il cranio di Lucy:
Lucy, come gli Australopithecus afarensis, aveva un teschio molto simile a quello di uno scimpanzé, ed un cervello corrispondente. 151
La rivista Francese Science et Vie ha trattato il caso di Lucy in un articolo di copertina della sua edizione di maggio 1999. Nell'articolo, dal titolo "Adieu Lucy (Addio Lucy)" vi era scritto che le scimmie del genere Australopiteco dovevano essere rimosse dall'albero della famiglia umana. Nell'articolo, basandosi sulla scoperta di un nuovo fossile di Australopiteco, St W573, comparve anche la seguente dichiarazione:
Una nuova teoria afferma che il genere Australopiteco non è la radice della razza umana . . . I risultati a cui è arrivata la sola donna autorizzata ad esaminare il fossile St W573 sono differenti dalle normali teorie che riguardano i progenitori del genere umano. E questo distrugge l'albero della famiglia degli ominidi. I grandi primati, considerati i progenitori dell'uomo, sono stati rimossi dalla equazione dell'albero di questa famiglia. . . Le specie dell'Australopiteco e dell'Homo non compaiono sullo stesso ramo. I diretti progenitori dell'uomo devono ancora essere scoperti. 152
In un altro articolo di Tim Friend, su USA Today, è stato fatto il seguente commento su Lucy (Australopithecus afarensis), raffigurata come il diretto progenitore dell'uomo:
Il nome scientifico di Lucy è Australopithecus afarensis. Somigliava molto all'odierno scimpanzé bonobo, con un cervello piccolo, una faccia sporgente e grandi denti molari. Ma Lucy ha perso terreno negli ultimi 10 anni come diretta progenitrice del genere Homo. Ha delle caratteristiche scimmiesche che non si riscontrano nei presunti discendenti. 153
L'articolo dedica anche dello spazio ai punti di vista di Richard Potts, a capo del progetto "Origin of Man (L'origine dell'Uomo)" del Museo Smithsonian di Storia Naturale, secondo i quali Potts e molti altri evoluzionisti adesso sono convinti che sia necessario rimuovere Lucy dall'albero della famiglia umana. 154
Richard Leakey ha descritto il teschio da lui identificato come KNM-ER 1470, e stimandolo vecchio di 2.8 milioni di anni, come la più grande scoperta nella storia della antropologia. E ciò ha causato una enorme reazione. Secondo Leakey, questa creatura aveva un teschio piccolo come quello dell'Australopiteco, ma anche una faccia umana, e pertanto era da considerarsi l'anello mancante tra l'Australopiteco e l'Uomo. Poco tempo dopo, però, si capì che la faccia "con sembianze umane" del teschio KNM-ER 1470, usata come articolo di copertina nelle riviste scientifiche, in verità era solo il risultato – e forse anche premeditato - di errori commessi nel mettere insieme le parti del teschio. Il Professor Tim Bromate, che lavora sull'anatomia della faccia umana, riassume così questo fatto, con l'aiuto di simulazioni al computer che lui ha prodotto nel 1992:
Quando esso [il KNM-ER 1470] fu dapprima ricostruito, la faccia fu adattata al cranio in una posizione quasi verticale, come lo sono le facce piatte dell'uomo odierno. Ma degli studi recenti sulle relazioni anatomiche hanno dimostrato che in vita la faccia doveva essersi sporta in fuori considerevolmente, così da creare un aspetto scimmiesco, quasi come le facce degli Australopiteco. 155
Il paleontologo J. E. Cronin così si pronunzia su questo soggetto:
Il KNM-ER 1470, come altri esemplari Homo che lo hanno preceduto, dimostra di avere molte caratteristiche morfologiche in comune con i gracili australopitecini, che poi non sono condivise però con esemplari del genere Homo apparsi più tardi. 156
C. Loring Brace, dell'Università del Michigan, è arrivato alle seguenti conclusioni circa il teschio, a seguito delle analisi da lui condotte sulla struttura della sua mascella e dei suoi denti: "dalle dimensioni del palato e dall'espansione dell'area assegnata alle radici dei molari, sembrerebbe che ER 1470 abbia ritenuto una faccia ed una dentizione dalle dimensioni del tutto uguali a quelle dell'Australopiteco." 157
Alan Walker, professore di antropologia alla Università John Hopkins, che ha studiato il KNM-ER 1470 almeno quanto Leakey, sostiene che questa creatura non dovrebbe essere inclusa tra altre specie umane come l'Homo erectus o l'Homo rudolfensis, ma piuttosto messa nel genere Australopiteco. 158
In breve, le classificazioni del tipo Homo habilis o Homo rudolfensis, che si è cercato di raffigurare come la forma di transizione tra l'Australopiteco e l'Homo erectus, sono del tutto immaginarie. Come ormai è ammesso dalla maggioranza dei ricercatori, queste creature sono tutti membri del genere Australopiteco. Tutte le loro caratteristiche anatomiche indicano che questi esseri erano tutti varie specie di scimmie.
Questo fatto è stato reso ancora più evidente dagli studi fatti dagli antropologi evoluzionisti Bernard Wood e Mark Collard, e pubblicati sulla rivista Science nel 1999. Dove hanno dichiarato che le categorie Homo habilis e H. rudolfensis (le specie del teschio 1470) erano immaginarie, e che i fossili inclusi in quelle categorie dovevano essere studiati invece come appartenenti al genere Australopiteco:
Di recente, delle specie fossili sono state assegnate al genere Homo sulla base delle sole dimensioni del cervello, di illazioni sulla capacità del linguaggio e funzionalità delle mani, e di predizioni circa la loro abilità nel passato di forgiare degli utensili di pietra. Con solo poche eccezioni (1,2), la definizione e l'uso del genere Homo, all'interno della evoluzione umana, e la demarcazione dell'Homo, sono state trattate come se fossero scevre da problemi. Ma i criteri su addottati sono adeguati e fattibili, ed è questo l'uso corretto della categoria genere? (3-5). Noi forniamo una panoramica della categoria genere e dimostriamo che dei dati recenti, delle nuove interpretazioni delle prove esistenti, e le limitazioni proprie della documentazione paleoantropologica, invalidano i criteri esistenti per attribuire delle categorie al genere Homo . . . Indipendentemente da qualsiasi definizione formale, in pratica i fossili della specie degli ominini sono assegnati al genere Homo sulla base di uno o più su quattro criteri . . . Ed è adesso evidente, però, che nessuno di questi criteri è soddisfacente. Decidere rischiosamente solo sulla base dei limiti delle dimensioni del cervello è problematico, dato che la capienza assoluta del cranio è di un dubbio significato biologico. E vi sono anche prove convincenti che la funzione del linguaggio non può essere attendibilmente desunta dal solo aspetto fisico del cervello, e che le parti del cervello preposte al linguaggio non sono così ben localizzate, come degli studi precedenti avevano fatto capire . . . In altre parole, con i campioni degli esemplari di Homo abilis e Homo rudolfensis a lui assegnati, il genere Homo non è un genere giusto. Pertanto dal genere Homo devono essere rimossi l'Homo abilis e l'Homo rudolfensis (ovvero Homo abilis in senso lato, per quelli che non sono d'accordo sulla suddivisione tassonomica de "l'Uomo primitivo"). L'ovvia alternativa tassonomica, cioè trasferire una o ambedue le categorie ad uno dei già esistenti primi generi degli ominini, non è senza problemi, ma noi raccomandiamo che, per il futuro, sia l'Homo abilis che l'Homo rudolfensis dovrebbero essere trasferiti al genere Australopiteco. 159
I teschi, che dovrebbero raffigurare delle forme transitorie, non sono altro che una classificazione totalmente immaginaria. |
La conclusione a cui sono arrivati Wood e Collard conferma ciò che abbiamo detto finora: Non vi sono progenitori primitivi dell'uomo nella storia. Le creature che si è cercato di dare ad intendere che fossero tali progenitori, in effetti sono solo delle scimmie, che dovrebbero essere considerate come Australopitechi. La documentazione sui fossili dimostra che queste specie estinte di scimmie non hanno alcun legame evolutivo con il genere Homo, la specie umana che d'un tratto compare in tale documentazione.
Una delle scoperte più recenti, che contraddice le affermazioni della teoria dell' evoluzione per quanto riguarda l'origine dell'uomo, è un fossile trovato nel Chad, nazione dell'Africa Centrale, nell'estate del 2002.
Questo fossile, chiamato Sahelanthropus tchadensis, ha suscitato un vespaio nei circoli evoluzionisti. Nel resoconto della scoperta di questo fossile, pubblicato sulla famosa rivista Nature, si ammette che "Un teschio appena trovato potrebbe mandare a fondo le nostre idee sulla evoluzione umana." 160
Daniel Lieberman, della Università di Harvard ha detto che questa nuova scoperta "avrà lo stesso impatto di una piccola bomba nucleare." 161
La ragione di ciò è che, secondo i criteri correntemente adottati dagli evoluzionisti, questo fossile, nonostante abbia 7 milioni di anni, possiede una struttura più somigliante ad una struttura umana di quella delle scimmie del genere Australopiteco che hanno 5 milioni di anni, e che gli evoluzionisti affermano siano i più antichi progenitori dell'uomo. Questo ha dimostrato che le relazioni evolutive tra queste specie estinte di scimmie, costruite ad arte su basi estremamente soggettive e preconcette sulla similitudine con l'uomo, erano del tutto inventate.
Sahelanthropus tchadensis |
In un articolo dal titolo "Oldest Member of Human Family Found (È stato trovato il membro più antico della Famiglia Umana)," pubblicato nell'edizione del 11 luglio 2002 della rivista Nature, John Whitfield ha confermato questo punto di vista citando uno scritto del paleontologo evoluzionista Bernard Wood, dell'Università Gorge Washington:
Quando mi iscrissi alla scuola medica nel 1963, l'evoluzione umana era raffigurata come una scala. Che saliva dalla scimmia fino all'uomo, attraverso una sequenza progressiva di forme intermedie, ognuna con meno caratteristiche di scimmia della precedente . . . Ora l' evoluzione umana sembra un cespuglio . . . Come (i fossili) sono in relazione l'uno con l'altro e quali, sempre che ve siano, sono fossili di antenati dell'uomo, è ancora una questione dibattuta. 162
Per quanto riguarda il fossile appena trovato, sono di grande importanza i commenti di Henry Gee, editore della rivista Nature, ed eminente paleoantropologo. In un articolo pubblicato sul quotidiano The Guardian ha così accennato al dibattito sul fossile:
Quale che sia il risultato, il teschio dimostra, una volta per tutte, che la vecchia idea di un "anello mancante" è una fesseria . . E dovrebbe ormai essere chiaro che l'idea stessa dell'anello mancante, sempre incerta, è ora completamente insostenibile. 163
Nature, 11 luglio 2002 |
Scoperto nel 2000 e descritto come "L'Uomo del Millennio", l'Orrorin tugenensis (Orrorin = "uomo originale" / tugenensis = zona della scoperta: Tugen Hills, in Kapsomin, Kenya) è una specie che si basa su dodici piccoli fossili. I ricercatori Francesi che hanno scoperto i fossili, Martin Pickford (del Collège de France – Collegio di Francia) e Brigitte Senut (del National Museum of Natural History, Paris – Museo Nazionale di Storia Naturale di Parigi) affermarono che gli esseri di questa specie camminavano su due gambe. Ma questa opinione non è stata del tutto condivisa dagli evoluzionisti, che, per la maggior parte, pensano che tali esseri non avrebbero potuto camminare come un bipede. Il Professor Leslie Aiello, dell'Università di Londra, pensa che l'affermazione che la specie fosse in effetti bipede non ha un valido fondamento, ed anche che la specie può essere forse il progenitore delle scimmie, ma non dell'uomo. 164
Stando così le cose gli evoluzionisti, che avevano sperato di poter considerare il fossile come un fossile umano, dovettero rinunciare anche a quanto affermato sul fossile Lucy – su cui avevano già basato molto della loro propaganda. E questo perché i ricercatori che avevano scoperto l'Orrorin tugenensis fecero sapere che, in termini morfologici, questa specie era più vicina al genere Homo che al genere Australopitecine, ovvero più vicina all'Australopithecus afarensis, a cui appartiene Lucy, e all' Australopithecus amanensis. I ricercatori sostengono che l'evoluzione non può naturalmente aver funzionato a ritroso, e consigliano pertanto che il genere Australopithecus venga rimosso dall'albero della famiglia. 165
Ritrovamenti di fossili di Orrorin tugenensis, noto come l'Uomo del Millennio |
In conclusione, nelle pubblicazioni pertinenti l'Orrorin tugenensis è stato raffigurato come un altro fossile, creando così solo confusione nell'albero della famiglia degli evoluzionisti, e mettendo quest'ultimi di fronte ad un altro terribile dilemma.
Un fossile consistente nel calvarium (calotta cranica) e datato nel Periodo Pleistocenico (da 1,8 milioni a 10.000 anni prima dell'era volgare) fu trovato nella regione del Sangbungman in Indonesia. I ricercatoti evoluzionisti sostennero che questo teschio, con uno spazio adatto a contenere il cervello di 1.006 centimetri cubici, era una forma transitoria dai presunti progenitori primitivi dell'uomo fino agli esseri umani moderni. Fu affermato che questo fossile, a cui fu assegnata la sigla Sm4, fosse una forma di transizione evolutiva tra gli esemplari dell'Homo erectus (Sangiran and Ngangdong) precedentemente scoperti in Giava. Fu inoltre asserito che una importante caratteristica del fossile Sm4 era che l'area del suo tronco encefalico fosse più realistica di quella degli altri esemplari Giavanesi, somigliando sotto questo aspetto più a quella dell'Homo sapiens. Ma comunque queste affermazioni degli evoluzionisti erano tutte basate su pregiudizi.
Gli evoluzionisti descrivono i fossili dell'Homo erectus come esseri umani primitivi, e li identificano nelle cosiddette forme transitorie del loro immaginario albero della famiglia umana. Ma la verità è, comunque, come già è stato dimostrato nei capitoli precedenti, che vi sono prove che l'Homo erectus era in vita, come essere umano, nello stesso periodo dell'Homo sapiens.
E si stimò, inoltre, che il cranio, il cui volume fu calcolato fosse di 1.006 centimetri cubici, aveva tutte le sembianze di appartenere ad un uomo maschio, giovane o di mezza età. Considerando che il cranio di una scimmia non supera i 650 centimetri cubici, ciò significa che apparteneva senza dubbio ad un essere umano. Le sue arcate sopraccigliari avevano delle dimensioni ragionevoli, anche per un uomo moderno. Al punto che, se questi fossili fossero in vita oggi ed a passeggio in un'area affollata, vestiti con abiti moderni non attirerebbero l'attenzione di nessuno.
Malgrado fosse lui stesso un evoluzionista, Kenneth Mowbray, un paleoantropologo del Museo Americano di Storia Naturale che li ha studiati, si oppone alla classificazione dei fossili Sm4 come forma di transizione, affermando che le differenze riscontrate nel fossile del teschio Indonesiano sono dovute alle naturali variazioni che si notano in qualunque specie. Mowbray descrive così questa sua interpretazione sul sito Web della rivista National Geographic:
Se si guardano le popolazioni moderne, si notano persone con dei crani corti e rotondi, ed altre con crani lunghi e stretti; queste sono le normali variazioni riscontrabili in qualsiasi popolazione. 166
In breve, le illazioni degli evoluzionisti riguardo il fossile Sm4 non hanno alcun fonda-mento scientifico. L'Sm4 è un fossile di un essere umano, e non quello di una forma di transizione
Nel 2001, Haile Selassie, un antropologo dell'Università della California, affermò che il fossile da lui trovato in Etiopia era il primo progenitore dell'uomo. Gli fu dato il nome di Ardipithecus ramidus kaddaba e, stando alle apparenze, sembrò che rappresentasse quella creatura mezzo uomo e mezzo scimmia che gli evoluzionisti avevano sperato di trovare durante gli ultimi 150 anni. Questa scoperta, annunciata nelle edizioni della rivista Nature del 12 luglio 2001, e della rivista Science del 13 luglio 2001, fu anche riportata in altre riviste come Time. 167
Vi erano, comunque, diverse contraddizioni nei resoconti concernenti il fossile, ed anche gli evoluzionisti accettano l'idea di un dibattito per accertare se questa creatura si debba considerare una forma transitoria nella cosiddetta evoluzione del genere umano. Ad esempio, in un articolo dal titolo "Return to the Planet of the Apes (Ritorno al Pianeta delle Scimmie)," Henry Gee, capo redattore alla rivista Nature, dove furono pubblicati i risultati di questa ricerca, affermò che tale descrizione, basata su quei resti fossili, era discutibile:
La designazione dell'Ardipithecus ramidus kaddaba come sottospecie sarà oggetto di discussione … 168
Ciò nondimeno, si continuò a descrivere il fossile come una forma primitiva dell'essere umano, basandosi unicamente sui pregiudizi evoluzionisti, ed a considerarlo appropriato per colmare lo spazio vuoto nell'albero evolutivo della famiglia umana.
Nella sua critica, Henry Gee spiega che queste interpretazioni evoluzioniste non hanno corrispondenza nei fatti. Ed afferma che, nell'osservare queste ossa, ci si accorgeva che vi erano diverse possibilità per decifrare lo stile di vita ed il comportamento di queste creature, ma che comunque nessuna conclusione sarebbe stata scientificamente soddisfacente:
Io dubito che lo status di queste creature possa essere chiarito con un'ipotesi accettabile da tutti. 169
In breve, questi fatti rivelano chiaramente che la presunta relazione evolutiva tra l'uomo e la scimmia non ha alcun fondamento.
Segue un esame delle incoerenze ostentate dagli scienziati evoluzionisti riguardo questo fossile:
1. Le ossa furono trovate a molti chilometri di distanza l'una dall'altra, ed in epoche differenti:
Il fossile consiste di sette frammenti ossei e quattro denti. Basandosi su un singolo frammento di un dito del piede, in un articolo della rivista Time si affermò che la creatura "camminava in posizione eretta." 170 Nell'ultima delle 8 pagine dell'articolo, però, si specificava che il dito era stato trovato a 16 chilometri di distanza dalle altre ossa. E se si esamina il rapporto originale, pubblicato sulla rivista Nature, viene rivelato che "Finora, 11 esemplari di fossili ominidi sono statti rinvenuti in cinque località diverse, da quando il primo (una parte di una mandibola) fu trovato da Alayla nel 1977." 171 Il frammento del dito fu scoperto nel 1999, ed è di seicentomila anni più recente delle altre ossa. In altre parole, tutte le ossa che furono trovate non appartengono allo stesso essere, e neppure ad esseri che vissero nella stessa epoca!
L'interpretare delle ossa messe insieme in tal modo, facendo illazioni sulle caratteristiche di un qualche essere vivente, e cercando di posizionare tale essere in un posto qualunque della evoluzione umana, non è altro che dare delle false informazioni, e non ha niente a che fare con la scienza.
2. La struttura dentaria del fossile contrasta con l'immaginario albero della evoluzione umana:
L'osso di un dito del piede che si afferma appartenga ad A. r. kaddaba
Morfologicamente parlando, l'Ardipithecus ramidus kaddaba viene considerato come facente parte del gruppo Ardipithecus, dato che presenta alcune similitudini con l'Ardipithecus ramidus trovato nel 1992 da Tim White. Ma la struttura dentaria del fossile è incompatibile con un simile raggruppamento poiché il fossile è di 1.5 milioni di anni più antico di quello scoperto nel 1992. E comunque, come viene affermato sulla rivista Time, i denti vecchi di 4.4 milioni di anni del ramidus hanno più caratteristiche scimmiesche dei denti vecchi di 5.8 milioni di anni del kaddaba. In altre parole, i denti del fossile più giovane appartengono di più alle scimmie che i denti del fossile più vecchio. Ma secondo la teoria dell'evoluzione, le caratteristiche delle scimmie dovrebbero tendere a scomparire, col trascorrere del tempo. Questo fatto, che per gli evoluzionisti viene considerato insignificante, è invece in effetti importante al fine di rivelare che la cronologia dell'immaginario uomo-scimmia è piena di incongruenze.
Donald Johanson, professore di antropologia e direttore dell'Istituto delle Origini Umane dell'Università dello Stato dell'Arizona, così si riferisce riguardo la preconcetta classificazione che si sta facendo:
. . . quando si mettono insieme dei fossili vecchi di 5.5 milioni di anni, con altri fossili vecchi di 4.4 milioni di anni, come se fossero membri della stessa specie, non si prende in considerazione che questi potrebbero essere come rami su di un albero. Invece ci si sforza di mettere tutto su una linea retta. 172
3. Questa creatura è una specie estinta di scimpanzé
Un dente di Ardipithecus ramidus |
Alcuni evoluzionisti considerano l'Ardipithecus come un anello nella catena tra esseri umani e scimmie. Henry Gee, comunque, dice che questo fossile somiglia molto più ad uno scimpanzé che ad un essere umano.
In un articolo pubblicato nell'edizione del 13 luglio 2001 della rivista Science, Bernard Wood così commenta:
È un errore essere dell'opinione che è necessario inserire a forza questo (fossile) o nella categoria dei progenitori umani o in quella dei progenitori delle scimmie. 173
Nella rivista Time vengono citate queste parole di Wood,
Questo potrebbe essere il primo esempio di una creatura che non è possibile etichettare come progenitore dell'uomo o della scimmia. Ma ciò non lo rende certo l'ultimo progenitore comune a tutti e due. Credo che sarà molto difficile colpire nel segno. 174
Gli evoluzionisti cercano di raffigurare le specie estinte delle scimmie come componenti della catena tra esseri umani e scimmie. Questi esseri, descritti con il suffisso –piteco, che significa "scimmia senza coda" in Latino, sono in effetti delle specie estinte di scimmie senza coda, e non costituiscono alcuna prova della evoluzione umana. I fossili descritti come i progenitori degli esseri umani sono in verità degli scimpanzè estinti. Lucy, ad esempio, la più nota dei –pitechi (Australopithecus afarensis), ha un cervello delle stesse dimensioni di quello di una scimmia, le costole e la mandibola identiche a quelle dello scimpanzé, e le sue gambe e braccia dimostrano che camminava come loro. Ed anche il suo bacino è come quello degli scimpanzé. 175
John Mastropaolo, riconosciuto come uno delle più eminenti autorità della scienza dei fossili nel mondo, ha studiato per suo conto le dita dei piedi, raffrontando quelle del kadabba con quelle dell'uomo, dello scimpanzé e dei babbuini. Il confronto effettuato da Mastropaolo si basava su criteri anatomici in una prospettiva matematica, che lo hanno portato a delle conclusioni molto diverse. Il fossile del dito non somigliava ad un dito di scimpanzé o di babbuini, e la somiglianza con le dita umane non era abbastanza. Le sue conclusioni vennero annunciate il 27 agosto 2002, ad una conferenza tenuta dalla Società Fisiologica Americana in San Diego, California. Nella parte finale dell'articolo affermò che era puramente ipotetico, l'aver identificato il dito come appartenente ad un progenitore evolutivo bipede:
Di conseguenza, l'oggettiva analisi sulla discendenza delle ossa fossili conferma che le conclusioni a cui erano arrivati Haile-Salassie e Robinson erano solo delle immaginifiche congetture. 176
In conclusione, come viene affermato sulla rivista Nature, il fossile di Ardipithecus ramidus kadabba somiglia a quello di un scimpanzé e non ha niente a che fare con le origini del genere umano.
Il fossile Kenyanthropus platyops, scoperto nel 2001 e conosciuto come "l'uomo dalla faccia piatta", fu proclamato dai suoi scopritori, Meave Leakey e la sua squadra, il progenitore dell'uomo. Il fatto è, però, che questo teschio fossile, vecchio di 3.5 milioni di anni, ha invece capovolto del tutto il cosiddetto albero della famiglia che raffigura l'evoluzione umana, prediletto dagli evoluzionisti, aggravandone ancor di più le incongruenze.
Questo fossile, a cui neanche i più eminenti evoluzionisti del mondo riescono a trovare il posto giusto, nel loro immaginifico scenario, ha delle caratteristiche più marcate, secondo i criteri evoluzionisti, di quelle comuni a certe specie di scimpanzé (come Lucy) che vissero dopo di lui. E pertanto questo fossile, con le sue caratteristiche tanto diverse, ha mandato all'aria le supposizioni degli evoluzionisti, dato che questi non sanno trovargli una ragionevole collocazione.
Dando uno sguardo a tutti i fossili scoperti finora, e di cui si è discusso in queste pagine, si può chiaramente constatare che non esiste uno schema evolutivo che vada da un progenitore comune, uno stadio dopo l'altro, fino all'uomo. Ci si rende conto, invece, che si è in mezzo al caos.
Un grafico pubblicato sul sito web della BBC, in un servizio su questo fossile, ha addirittura evidenziato ancor di più tale caos. Nel grafico, dal titolo "Complex Hominid Tree (L'intricato Albero degli Ominidi)", 177 è possibile notare come non vi sia stato affatto un ordinato sviluppo ma che, al contrario, nelle scoperte dei fossili non si riscontrano caratteristiche rivelatrici di collegamenti comuni.
Sotto al grafico vi era questo commento:
Gli scienziati stanno cercando con tutti i mezzi di identificare possibili collegamenti tra le loro diverse raccolte di ominidi. 178
Daniel E. Lieberman, professore di Antropologia Biologica all'Università di Harvard, così ha commentato, riguardo al Kenyanthropus platyops, in un articolo sulla rivista Nature:
La storia della evoluzione umana è complicata ed irrisolta. Ora sembra addirittura che vi si è aggiunta ancor più confusione con la scoperta di un'altra specie e genere, datata 3.5 milioni di anni fa . . . .La natura del Kenyanthropus platyops suscita ogni genere di quesiti, sia sulla evoluzione umana in generale, che sul comportamento di questa specie in particolare. Perché, ad esempio, ha una insolita combinazione di molari piccoli e di una grande faccia piatta, con l'arco degli zigomi posizionato anteriormente? Tutte le altre specie conosciute di ominidi con grandi facce e zigomi nella stessa posizione hanno dei denti grandi. Io temo che il ruolo principale del Kenyanthropus platyops, nei prossimi anni, sarà quello del disturbatore, evidenziando ancor di più la confusione che regna tra i ricercatori che si confrontano con le relazioni evolutive tra gli ominini. 179
Il servizio della BBC uscì con le scritte "L'uomo con la faccia piatta è un rompicapo", "Un'immagine che crea confusione", "Sfida scientifica" e diceva,
La scoperta di Meave Leakey, del Museo Nazionale del Kenya, e dei suoi colleghi, minaccia di rendere ancor più confuso il già impreciso scenario della evoluzione umana. 180
Il commento del Dr. Fred Spoor, famoso evoluzionista dell'University College di Londra, sul fossile è stato "Suscita una quantità di quesiti." 181
Un servizio sull'ornitorinco nel sito web della BBC |
In breve, la teoria dell'evoluzione è un terribile dilemma, come si può arguire da queste affermazioni ed ammissioni. Nel campo della paleontologia in particolare, ogni nuova scoperta porta ad una teoria con nuove contraddizioni. Gli evoluzionisti mettono, sul tavolo della loro immaginaria cosiddetta evoluzione umana, i fossili appartenenti a varie specie estinte di razze umane e di scimmie, e cercano poi di renderli compatibili con i loro schemi.
Ma nessun fossile è di fatto compatibile, dato che gli esseri umani non si sono evoluti da un progenitore che avevano in comune con le scimmie. Nel corso della storia, gli esseri umani sono sempre stati esseri umani, e le scimmie sempre scimmie. Ed a causa di ciò, la teoria dell'evoluzione si troverà ad affrontare sempre nuove difficoltà, ogni qualvolta vi sarà una nuova scoperta scientifica.
Nel 2002, tre fossili di teschio furono scoperti nella regione Dmanisi, vicino a Tbilisi, capitale della Georgia. Alcuni evoluzionisti hanno tentato di far passare questi teschi come forme di transizione tra gli esseri umani ed i loro presunti progenitori, mentre molti altri evoluzionisti non hanno potuto far a meno di ammettere che questi fossili avevano vanificato molte delle affermazioni evoluzioniste. Uno di questi fu Daniel E. Lieberman, dell'Università di Harvard, che ha affermato che il teschio avrebbe completamente fatto cambiare opinione a quelle persone che ancora sostengono che i primi esseri umani migrarono dall'Africa. 182
Meave Leakey
Questi sono i commenti, sui tre teschi fossili, pubblicati sulla rivista Science:
Studiati insieme, i tre teschi Dmanisi fanno pensare che i nostri progenitori abbiano lasciato l'Africa in precedenza, e ad uno stadio dell'evoluzione anteriore a quello che per tanto tempo si è immaginato. Ma esattamente dove si dovrebbero collocare i resti Dmanisi nell'albero di famiglia degli ominidi – e rappresentano una specie sola o più specie? Questi quesiti stanno provocando molti dibattiti … 183
Gli evoluzionisti non sanno decidersi su come classificare questi teschi, ed ognuno di loro ha un'opinione diversa dagli altri. La rivista Science ha dato spazio a questi punti di vista:
. . . La squadra classifica il nuovo teschio, come per gli altri due, come appartenente all' Homo erectus . . . In effetti, alcune caratteristiche del minuscolo nuovo teschio somigliano anche a quelle dell'Homo habilis . . . Ed infatti, afferma Rightmire, se i ricercatori avessero trovato queste ossa per prime, probabilmente le avrebbero classificate fossili di Homo habilis. 184
L'immaginario albero dell'evoluzione: |
In altre parole, secondo Rightman, la ragione per cui questi fossili sono stati classificati come Homo erectus risiede nel fatto che altri fossili, trovati nella stessa regione, furono anch'essi classificati come Homo erectus. Queste dichiarazioni chiariscono in pieno che i fossili vengono descritti solo secondo i desideri, i pregiudizi ed i preconcetti degli evoluzionisti.
D'altra parte Ian Tattersall, del Museo Americano di Storia Naturale, non ha classificato questi fossili né come Homo erectus né come Homo habilis:
Questo esemplare mette in evidenza la necessità di una completa rivalutazione della diversità dei primi . . . Homo 185
La rivista National Geographic ha annunciato la scoperta del nuovo fossile con la scritta "Un fossile di teschio mette in dubbio la teoria Fuori-dell'Africa." Questo servizio conteneva i punti di vista di David Lordkipanidze, che aveva condotto la ricerca stessa nella Georgia, scoprendo i fossili, e che dice:
La variazione tra gli ominidi recuperati a Dmanisi rende difficile poter indicare esattamente chi fossero queste persone. Penso che questa variazione possa costringere gli scienziati a riconsiderare la definizione di "Homo." 186
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I fossili di teschi Dmanisi, che nella rivista National Geographic furono annunciati come "il ritrovamento che scuote il mondo scientifico", contribuiscono ad aumentare ancor di più le incongruenze delle affermazioni degli evoluzionisti sulla presunta evoluzione degli umani. |
Reid Ferring, un membro della stessa squadra, ed allo stesso tempo un archeologo all'Università del Nord Texas, ha questo da dire:
I fossili Dmanisi evidenziano molta più variazione di quanto ci si poteva aspettare da un qualsiasi gruppo di umani di quell'epoca. 187
Questi non erano gli unici evoluzionisti ad offrire differenti interpretazioni di questi fossili. Eric Delson della City University di New York, Alan Walker della Pennsylvania State University e Milford H. Wolpoff della Università del Michigan hanno anche loro elaborato prospettive totalmente inconciliabili al riguardo.
Dato che la teoria dell'evoluzione non ha alcun fondamento scientifico, e viene tenuta in vita solo grazie a falsi scenari ed a tecniche propagandistiche, è ugualmente impossibile trovare un qualsiasi fossile che possa essere preso a sostegno di tale teoria. I Darwinisti hanno predisposto una immaginaria storia naturale, ed hanno cercato di collocare dei fossili al suo interno. Ma è successo proprio l'opposto, ogni nuova scoperta di un fossile ha procurato difficoltà sempre più grandi a questa teoria.
Nel 1912, Charles Dawson, un ben noto dottore, e paleontologo dilettante, affermò di aver scoperto una mascella ed un frammento di un teschio in una cavità vicina a Piltdown in Inghilterra. Sebbene la mascella somigliasse a quella di una scimmia, i denti ed il teschio somigliavano invece a quelli di un essere umano. A questi esemplari fu dato il nome di "Uomo di Piltdown", fu calcolato che fossero vecchi di 500.000 anni, e da allora furono esibiti in vari musei come la prova definitiva della cosiddetta evoluzione umana. Per circa 40 anni, su questi fossili furono scritti moltissimi articoli e commenti, accompagnati da disegni descrittivi. Più di 500 accademici di varie università in tutto il mondo scrissero delle tesi di dottorato sul soggetto dell'Uomo di Piltdown. 188 Il ben noto paleoantropologo H. F. Osborn così commentò durante una visita al British Museum nel 1935:
". . . La natura è piena di paradossi . . . una scoperta di trascendentale importanza per la preistoria dell'uomo." 189
Nel 1949, però, Kenneth Oakley del Dipartimento di Paleontologia del British Museum richiese che fosse eseguito su certi vecchi fossili un test fatto con il fluoro, un nuovo metodo per determinarne l'età con precisione. Al test furono sottoposti anche i resti dell'Uomo di Piltdown. Il risultato di questo test fu molto sorprendente, si vide infatti che la sua mascella non conteneva fluoro. E ciò significava che era stata sottoterra solo per poco tempo. Il teschio, invece, che conteneva un basso livello di fluoro, doveva esservi stato per qualche migliaia di anni.
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Evolutionists interpreting the Piltdown Man |
Ulteriori indagini cronologiche, condotte sempre con il metodo del fluoro, rivelarono che il teschio infatti aveva poche migliaia di anni. Ed inoltre che i denti nella mascella erano stati abrasi artificialmente, e che gli strumenti primitivi trovati a fianco del fossile erano stati incisi con attrezzi in acciaio (non ancora disponibile all'epoca!). Questa contraffazione fu confermata nel 1953, dopo dettagliate analisi eseguite da Weiner. Il teschio era umano e vecchio di 500 anni, e la mascella era di un orangutan morto da poco!
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La falsificazione dell'Uomo di Piltdown |
I denti erano stati dapprima messi insieme e poi posizionati nell'ordine voluto, limandone anche le articolazioni, apposta per dare l'impressione che fossero appartenuti ad un essere umano. Poi tutti i componenti erano stati macchiati con del dicromato di potassio, per dargli una sembianza di vetustà. Macchie che poi scomparvero quando le ossa furono pulite con l'acido. Le Gros Clark, uno dei membri della squadra che scoprì la contraffazione, non credeva ai suoi occhi: "Le prove della abrasione artificiale mi furono immediatamente evidenti. Al punto che, essendo così ovvie, mi sono chiesto come mai nessuno se ne era accorto prima?" 190 A seguito di ciò, l'Uomo di Piltdown, messo in mostra ed esibito per quasi 40 anni, fu precipitosamente rimosso dal British Museum.
Nel 1922, Henry Fairfield Osborn, direttore del Museo Americano di Storia Naturale, annunciò che, nelle vicinanze della Snake Valley (Valle dei Serpenti) nel Nebraska Occidentale, era stato scoperto un fossile di dente molare, del Periodo Pliocene. Questo dente, fu affermato, presentava caratteristiche comuni sia agli esseri umani che alle scimmie. In poco tempo, su questa scoperta, si iniziarono approfonditi dibattiti scientifici. Alcuni interpretarono questo dente come appartenente al Pithecanthropus erectus, altri invece che fosse più vicino agli esseri umani. A questo fossile, che aveva dato origine a tanti dibattiti, fu poi dato il nome di Nebraska Man (Uomo del Nebraska). E fu anche coniato per lui un nome scientifico: Hesperopithecus haroldcooki.
Molte autorità scientifiche sostennero l'opinione di Osborn. E solo basandosi su un singolo dente, furono disegnate delle immagini del teschio e delle ricostruzioni del corpo dell'Uomo del Nebraska. Ed addirittura si arrivarono a creare delle immaginarie raffigurazioni dell'Uomo del Nebraska nel suo ambiente naturale, assieme a sua moglie ed ai suoi figli.
Tutte queste fantasie ruotavano attorno ad un singolo dente. Gli ambienti evoluzionisti adottarono in pieno l'idea di creare così questo uomo fittizio, al punto che quando un ricercatore, William Bryan, si oppose a questi giudizi così risolutivi, emessi sulla base di un solo dente, tutti gli si scagliarono contro.
Nel 1927, però, si trovarono altri frammenti dello scheletro. Ed a seguito di questi ritrovamenti, venne accertato che il dente originale non era né di una scimmia né di un uomo, ma solo di una specie estinta di un maiale selvaggio Americano, il Prsothennops. William Gregory così introdusse l'articolo dove si annunciava l'errore in cui si era incorsi, "Hesperopithecus: A quanto pare non è una scimmia, nè un uomo." 191 In conclusione, tutte le immagini del Hesperopithecus haroldcooki e della sua famigliola furono eliminate di corsa dalle pubblicazioni scientifiche.
Disegni immaginari dell'Uomo del Nebraska e della sua famiglia |
Non essendo stati capaci di trovare ciò che speravano nell'Archaeopteryx, i sostenitori della teoria dell'evoluzione, negli anni '90, decisero di porre tutte le loro speranze su alcuni altri fossili. Una serie di affermazioni circa i "dino-uccelli fossili" cominciò ad essere pubblicata dai media, in quegli anni. Si scoprì in breve tempo, però, che tutte queste affermazioni erano il frutto di travisamenti, se non addirittura di frodi.
Il primo esempio di queste affermazioni sui dino-uccelli fu la storia di un fossile di dinosauro pennuto trovato in Cina, a cui i media nel 1996 dedicarono grande attenzione. Era stato trovato un fossile di rettile, a cui fu dato il nome di Sinosauropteryx, sebbene alcuni evoluzionisti paleontologi, che esaminarono bene il fossile, fecero notare che in realtà questi aveva delle penne d'uccello, diversamente da tutti i rettili conosciuti. Degli studi condotti l'anno seguente, comunque, rivelarono che il fossile non aveva alcuna caratteristica che somigliasse a delle penne d'uccello.
In un articolo della rivista Science, dal titolo "Plucking the Feathered Dinosaur (Spennando il Dinosauro Pennuto)," venne affermato che le strutture individuate come penne dagli evoluzionisti paleontologi, in effetti non avevano niente in comune con delle vere penne:
Esattamente un anno fa, i paleontologi erano tutti eccitati per le foto dei cosiddetti "dinosauri pennuti", che venivano fatte circolare nelle sale durante il meeting annuale della Società di Paleontologia dei Vertebrati. L'esemplare di Sinosauropteryx, proveniente dalla Yixian Formation in Cina, finì sulla prima pagina del quotidiano The New York Times, e fu visto da alcuni come la conferma dell'origine degli uccelli per evoluzione dai dinosauri. Ma al meeting sulla Paleontologia dei Vertebrati tenuto a Chicago quest'anno, solo un mese più tardi, il giudizio fu un bel po' differente: Le strutture non sono penne moderne, a detta della mezza dozzina di paleontologi occidentali che hanno esaminato gli esemplari . . Larry Martin dell'Università del Kansas pensa che le strutture siano delle fibre sfilacciate di collagene poste sottopelle. 192
Una tempesta ancora più grande, riguardo il dino-uccello, scoppiò nel 1998. Sulla edizione della rivista National Geographic del luglio di quell'anno, fu dichiarato che l'idea che gli uccelli si fossero evoluti dai dinosauri si basava su solidi fondamenti scientifici. L'articolo dedicava un considerevole spazio al fossile trovato in Cina, sostenendo che esso possedeva caratteristiche sia di uccelli che di rettili. L'articolista, Christopher P. Sloan, era così convinto della sua interpretazione del fossile che scrisse, "Possiamo ora dire che gli uccelli sono teropodi con la stessa certezza di quando diciamo che gli esseri umani sono mammiferi." 193 A questa specie, che si diceva avesse vissuto 125 milioni di anni fa, fu dato il nome scientifico di: Archaeoraptor lioaningensis.
Lo Sinosauropteryx fu dapprima presentato come un dinosauro pennuto, fino a che si capì quasi subito che non aveva alcuna struttura somigliante a delle penne d'uccello.
Però questo fossile, in effetti, era una contraffazione, perpetrata mettendo abilmente insieme cinque fossili differenti. Un anno più tardi un gruppo di ricercatori, tra cui tre paleontologi, con l'aiuto di una TAC (Tomografia Assiale Computerizzata), diedero la conferma che si trattava proprio di una contraffazione. Il dino-uccello era infatti l'opera di un evoluzionista Cinese. Dei dilettanti Cinesi avevano messo insieme il dino-uccello usando 88 diverse ossa e denti, incollandole con adesivi e malta. La parte anteriore dell' Archaeoraptor era di un fossile d'uccello, e la coda ed il quarto posteriore contenevano ossa provenienti da quattro specie differenti.
La parte più interessante di tutto questo fu il modo in cui, senza alcuna esitazione, sulla rivista National Geographic, venisse presentata per vera una simile contraffazione, ed addirittura suggerendo poi, basandosi solo su questo falso, che lo scenario dell'evoluzione degli uccelli dai dinosauri era stato infine provato. Il Dr. Storrs Olson dello Smithsonian Institution Museum of National History, disse che aveva in precedenza avvertito la redazione della rivista National Geographic sulla falsità del fossile, ma che la direzione della rivista aveva completamente ignorato il suo avvertimento. Secondo Olson, praticando questo tipo di giornalismo scandalistico solo per far colpo, e senza alcun prova, la credibilità della rivista era scesa al livello più basso possibile. 194
Olson, in una lettera indirizzata a Peter Raven, un impiegato della National Geographic, così descrisse, con qualche dettaglio, quanto succedeva tra le quinte della redazione, durante la bufera causata dal dino-uccello:
Prima della pubblicazione dell'articolo dal titolo "Dinosaurs Take Wing (I Dinosauri prendono le Ali)", pubblicato nell'edizione della rivista National Geographic, del luglio 1998, fui invitato da Lou Mazzatenta, il fotografo che aveva contribuito all'articolo di Sloan, a recarmi presso la Società National Geographic per esaminare le sue foto dei fossili cinesi, ed anche per commentare il taglio giornalistico che stava per essere dato alla storia del ritrovamento. In quella occasione, cercai di portare a conoscenza il fatto che esistevano ben sostanziati punti di vista, divergenti da quanto National Geographic intendeva pubblicare, ma alla fine mi resi conto che alla direzione della rivista non interessava altro che il dogma al momento prevalente, e cioè che gli uccelli si erano evoluti dai dinosauri.
L'articolo di Sloan è infarcito di pregiudizi ad alto livello, e consiste in gran parte di informazioni non verificabili e non documentate, atte a "fabbricare" le notizie invece di riferirle." La sua esplicita dichiarazione "Possiamo ora dire che gli uccelli sono teropodi con la stessa certezza di quando diciamo che gli esseri umani sono mammiferi" non ha come base di riferimento i punti di vista di alcun particolare scienziato o gruppo di scienziati, e pertanto è solo poco di più di una mera propaganda redazionale.
Questa sua melodrammatica affermazione era stata già smentita da recenti studi di embriologia e di morfologia comparativa che, naturalmente, non vengono mai menzionati.
Ma ancora più importante, comunque, è il fatto che nessuna delle strutture illustrate nell'articolo di Sloan, che lui afferma essere piume, siano mai state identificate come tali. Dicendo invece che lo sono, non è altro che presentare un pio desiderio come se fosse un fatto vero. La dichiarazione a pagina 103 che "delle strutture cave, simili a capelli, caratterizzano le protopiume (piume preistoriche)" è un non senso se si considerano che le protopiume esistono solo come concetto teoretico, e pertanto la loro struttura interna è ancor di più ipotetica.
La montatura giornalistica sui dinosauri pennuti, che prende lo spunto dall'oggetto attualmente esposto nei locali della Società National Geographic, è ancora peggio, dato che così si cerca di diffondere la falsa affermazione che vi sia la prova sicura che una ampia varietà di dinosauri carnivori avessero delle penne. Un modello dell'indiscusso dinosauro Deinonychus e delle illustrazioni di cuccioli di tirannosauri rivestiti di penne, il tutto semplicemente immaginario, non è altro che fantascienza.
Distinti saluti,
Storrs L. Olson
Conservatore del Reparto Uccelli
National Museum of Natural History
Smithsonian Institution 195
Questa contraffazione dei fossili indica due fatti importanti:
Il primo è che le persone che vorrebbero trovare le prove a sostegno della teoria dell'evoluzione possono facilmente essere ingannate con delle contraffazioni.
Il secondo è che alcune riviste scientifiche, che si sono assunte il compito di imporre la teoria dell'evoluzione sui lettori, non prendono per niente in considerazione la possibilità che le scoperte che loro pensano di poter usare a sostegno di tale teoria, possano essere state interpretate in modo diverso oppure erroneamente, e così le usano per fini propagandistici di loro convenienza. In altre parole, si comportano dogmaticamente, e non scientificamente, permettendo così con facilità delle concessioni logiche in difesa della teoria dell'evoluzione, in cui loro credono così fermamente.
Non hanno visto, sopra di loro, gli uccelli spiegare e ripiegare le ali? Non li sostiene altri che il Compassionevole. In verità Egli osserva ogni cosa. (Surat al Mulk, 19) |
Un altro aspetto importante è che non vi è alcuna prova che gli uccelli si siano evoluti dai dinosauri. Dato che non si sono trovate delle prove, si sono allora create delle contraffazioni, oppure le prove disponibili sono state male interpretate o addirittura travisate. In verità, non vi è alcuna prova che gli uccelli si siano evoluti da una differente classe vivente. Al contrario, tutte le prove dimostrano che gli uccelli apparvero d'un tratto sulla terra, con tutte le loro caratteristiche fisiche individuali.
113 Focus, aprile 2003 (enfasi aggiunta).
116 http://www.darwinisdead.com/Amphibians%20to%20Reptiles.htm
117 Philip E. Johnson, Darwin on Trial (Darwin alla Prova), Intervarsity Press, 1993, p. 79.
118 Nature, Vol. 382, 1 agosto 1996, p. 401.
119 Carl O. Dunbar, Historical Geology (Geologia Storica), New York: John Wiley and Sons, 1961, p. 310.
120 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution (Modelli e Processi della Evoluzione dei Vertebrati), Cambridge: Cambridge University Press, 1997, pp. 280-81.
121 L. D. Martin, J. D. Stewart, K. N. Whetstone, The Auk, vol. 98, 1980, p. 86.
123 P. Tarsitano, M. K. Hecht, Zoological Journal of the Linnaean Society, Vol. 69, 1985, p. 178; A. D. Walker, Geological Magazine, Vol. 177, 1980, p. 595.
124 Peter Dodson, "International Archæopteryx Conference (Conferenza Internazionale sull' Archæopteryx)," Journal of Vertebrate Paleontology, giugno 1985, Vol. 5, no. 2, p. 177.
125 Richard Hinchliffe, "The Forward March of the Bird-Dinosaurs Halted? (La Marcia in Avanti del Dino-Uccello si è fermata?)," Science, Vol. 278, No. 5338, 24 ottobre 1997, pp. 596-597.
127 Jonathan Wells, Icons of Evolution (Icone della Evoluzione), New York: Regnery Publishing, 2000, p. 117.
128 Richard L. Deem, "Demise of the 'Birds are Dinosaurs' Theory (Dileguamento della Teoria "Gli Uccelli sono Dinosauri),"http://www.godandscience.org/evolution/dinobird.html
129 Pat Shipman, "Birds do it . . . Did Dinosaurs? (Gli Uccelli lo fanno … I Dinosauri lo fecero?)," New Scientist, 1° febbraio 1997, p. 31.
130 "Old Bird (Vecchio Uccello)," Discover, Vol. 18, No. 03, marzo 1997.
131 Pat Shipman, Op cit., p. 28.
132 R.N. Melchor, P. de Valais, J.F. Genise, "Bird-like fossil footprints from the Late Triassic (Impronte fossili simili a quelle di Uccelli, dal Tardo Periodo Triassico)," Nature, 2002, Vol. 417, pp. 936-938.
133 David Williamson, "Scientist says ostrich study confirms bird 'hands' unlike those of dinosaurs (Gli Scienziati informano che uno studio sugli struzzi conferma che le "mani" degli uccelli non sono come quelle dei dinosauri),"http://www.unc.edu/news /archives/aug02/feduccia082602.htm
134 Stephen. J. Gould & Niles Eldredge "Punctuated equilibria: the tempo and mode of evolution reconsidered (Equlibri Interrotti: Il tempo ed il Modo dell'Evoluzione Riesaminati) ," Paleobiology, 3 (1977): 115-151, p. 147
135 Christopher P. Sloan, "Kanatlar›n Efendisi," National Geographic Turkey, maggio 2003.
136 Alan Feduccia, The Origin and Evolution of Birds (L'Origine e l'Evoluzione degli Uccelli), 2nd ed., New Haven: Yale University Press, 1999.
137 Boyce Rensberger, Houston Chronicle, 5 novembre 1980, Section 4, p. 15.
138 Luther D. Sunderland, Darwin's Enigma: Fossils and Other Problems (L'Enigma di Darwin: Fosili ed Altri Problemi), Santee, CA: Master Book Publishers, 1984.
139 Francis Hitching, The Neck of the Giraffe: Where Darwin Went Wrong (Il Collo della Giraffa: Dove Darwin ha sbagliato) , New York: Ticknor and Fields, 1982, pp. 30-31.
141 Gordon Rattray Taylor, The Great Evolution Mystery (Il Gran Mistero dell'Evoluzione), London Sphere Books, 1984, p. 230.
142 Elwyn Simons, "Ramapithecus," Scientific American, No. 236, May 1977, p. 28.
143 Elwyn Simons, "Puzzling Out Men's Ascent (Scervellarsi sulla Ascesa dell'Uomo)," Time, 7 novembre 1977, No. 110, p. 48.
144 Robert Ackhardt, "Population Genetics and Human Origins (Genetica dei Popoli e Origini dell'Uomo)," Scientific American, No. 226, 1972, p. 94.
145 http://majikthise.typepad.com/majikthise_/2005/04/fairness_and_ba.html
146 David Pilbeam, "Humans Lose an Early Ancestor (Gli Umani perdono un Antico Progenitore)," Science, aprile 1982, pp. 6-7.
147 Marvin Lubenow, Bones of Contention (Le Ossa della Controversia), Grand Rapids: Baker, 1992, p. 83.
148 Richard Allan e Tracey Greenwood, "Primates and Human Evolution (I Primati e l'Evoluzione Umana)" nel libro di testo: Year 13 Biology, 1999. Student Resource and Activity Manual, (Biozone International, printed in New Zealand.), p. 260.
149 William Howells, Getting Here: The Story of Human Evolution (Arrivare sin quì: La Storia dell'Evoluzione Umana), Washington D.C.: The Compass Press, 1993, p. 79.
150 Adrienne Zihlman, "Pygmy chimps, people, and the pundits (Scimmie Pigmee, La Gente, ed i Sapientoni)," New Scientist, 15 novembre 1984, p. 39.
151 Cherfas, Jeremy. "Trees have made man upright (Gli Alberi hanno raddrizzato l'Uomo)," New Scientist, 20 gennaio 1983, p. 172.
152 Isabelle Bourdial, "Adieu Lucy (Addio Lucy)," Science et Vie (Scienza e Vita), maggio 1999, No. 980, pp. 52-62.
153 Tim Friend, "Discovery rocks human-origin theories (La Scoperta fa vacillare le Teorie sulle Origini Umane)," 21 marzo 2003; http://www.usatoday.com/news/science/2001-03-21-skull.htm
155 Tim Bromage, "Faces From the Past (Facce dal Passato)," New Scientist, Vol. 133, Edizione 1803, 11 gennaio 1992, p. 41.
156 E. Cronin, N. T. Boaz, C. B. Stringer, Y. Rak, "Tempo and Mode in Hominid Evolution (Il tempo ed il Modo nell'Evoluzione degli Ominidi)," Nature, Vol. 292, 1981, pp. 113-122.
157 C. L. Brace, H. Nelson, N. Korn, M. L. Brace, Atlas of Human Evolution (Atlante della Evoluzione Umana), Seconda Edizione, New York: Rinehart and Wilson, 1979.
158 Alan Walker, Scientific American, Vol. 239, No. 2, 1978, p. 54.
159 Bernard Wood, Mark Collard, "The Human Genus (Il Genere Umano)," Science, Vol. 284, No. 5411, 2 aprile 1999, pp. 65-71.
160 John Whitfield, "Oldest Member of Human Family Found (Trovato il più Vecchio Membro della Famiglia Umana)," Nature, 11 luglio 2002 (enfasi aggiunta)
161 D. L. Parsell, "Skull Fossil From Chad Forces Rethinking of Human Origins (Il Fossile di un Teschio dal Ciad costringe ad un Riesame delle Origini Umane)," National Geographic News, 10 luglio 2002 (enfasi aggiunta).
162 John Whitfield, "Oldest Member of Human Family Found (Trovato il più Vecchio Membro della Famiglia Umana)," Nature, 11 luglio 2002
163 "Face of yesterday : Henry Gee on the dramatic discovery of a seven-million-year-old hominid (Una Faccia di ieri: Henry Gee sulla sensazionale scoperta di un ominide di sette milioni di anni)," The Guardian, 11 luglio 2002 ((enfasi aggiunta).
164 http://www.versiontech.com/ origins/news/news_article.asp?news_id=18
165 http://www.columbia.edu/~rk2143/web/orrorin/Otungensis1.html
166 http://news.nationalgeographic.com/news/2003/02/0227_030227_javaskull.html
167 Michael D. Lemonick and Andrea Dorfman, "One Giant Step for Mankind (Un Passo Gigante per l'Umanità)," Time, 23 luglio 2001.
168 Henry Gee, "Palaeontology: Return to the Planet of the Apes (Paleontologia: Ritorno al Pianeta delle Scimmie)," Nature 412, 12 luglio 2001, pp. 131-132
170 Michael D. Lemonick and Andrea Dorfman, op. cit.
171 Yohannes Haile-Selassie, "Late Miocene hominids from the Middle Awash, Ethiopia (Ominidi del Tardo Periodo Miocene dal Middle Awash in Etiopia)," Nature, 412, 12 luglio 2001, pp. 131-132.
172 Michael D. Lemonick ed Andrea Dorfman, op cit.
173 Michael Balter and Ann Gibbons, "Another Emissary From the Dawn of Humanity (Un Altro Inviato dagli Albori dell'Umanità)," Science, 13 luglio 2001.
174 Michael D. Lemonick ed Andrea Dorfman, op cit.
175 Richard Allan e Tracey Greenwood, "Primates and Human Evolution (I Primati e l'Evoluzione Umana)," Loc. cit., p. 260.
176 "Oldest Human Ancestor is (Again) Called into Question (Il più vecchio Progenitore Umano è (di nuovo) in discussione) ," 27 agosto 2002, http://www.innovations-report.de/html/berichte/interdisziplinaere_forschung/bericht-2345.html
177 http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/nature/1234006.stm
179 Daniel E. Lieberman, "Another face in our family tree (Un'Altra Faccia nel Nostro Albero di Famiglia)," Nature, 22 marzo 2001.
180 http://news.bbc.co.uk/2/hi/science/ nature/1234006.stm (enfasi aggunta))
182 http://www.fas.harvard.edu/~skeleton/pdfs/2005c.pdf
183 Michael Balter and Ann Gibbons, "Were 'Little People' the First to Venture Out of Africa? (Furono le "Genti Piccole (Pigmei?)" le prime ad avventurarsi fuori dall'Africa?)," Science, Vol. 297, No. 5578, 5 luglio 2002, pp. 26-27.
186 John Roach, "Skull Fossil Challenges Out-of-Africa Theory (Il Fossile di un Teschio mette in dubbio la Teoria Via-dall'Africa)," National Geographic News, 4 luglio 2002.
188 Malcolm Muggeridge, The End of Christendom (La Fine della Cristianità), Grand Rapids: Eerdmans, 1980, p. 59.
189 Stephen Jay Gould, "Smith Woodward's Folly (La Follia di Smith Woodward)," New Scientist, febbraio 5, 1979, p. 44.
191 W. K. Gregory, "Hesperopithecus Apparently Not an Ape Nor a Man (L'Hesperopithecus non sembra né scimmia né uomo)," Science, Vol 66, dicembre 1927, p. 579.
192 Ann Gibbons, "Plucking the Feathered Dinosaur (Spennando il Dinosauro Pennuto)," Science, Vol. 278, No. 5341, 14 novembre 1997, pp. 1229-1230.
193 Sloan, C.P., "Feathers for T. Rex? (Penne per T. Rex?)," National Geographic, Vol. 196, no. 5, novembre 1999 (enfasi aggiunta).
194 Tim Friend, "Dinosaur-bird link smashed in fossil flap (Il Legame con il Dino-Uccello smontato da una aletta fossile)," USA Today, 25 gennaio 2000.
195 Open Letter: "Smithsonian decries National Geographic's 'editorial propagandizing' of dinosaur-to-bird evolution (Lettera Aperta: L'Istituto Smithsonian condanna l'Editoriale della Rivista National Geographic sulla Evoluzione dai Dinosauri agli Uccelli),"http://www.trueorigin.org/birdevoletter.asp (enfasi aggiunta).