Darwin espresse la sua convinzione che esseri umani e scimmie discendevano da un antenato comune nel suo libro L’origine dell’uomo, pubblicato nel 1871. Da quel momento in poi, i seguaci delle indicazioni di Darwin hanno cercato di supportare questa affermazione. Ma, nonostante tutte le ricerche eseguite, l'affermazione della "evoluzione umana" non è stata sostenuta da alcuna concreta scoperta scientifica, particolarmente nel campo dei fossili.
L’uomo della strada è per lo più inconsapevole di questo fatto e pensa che l’affermazione di una evoluzione umana sia sostenuta da una grande quantità di solide prove. Il motivo di questa opinione scorretta è che l’argomento è frequentemente discusso nei media e presentato come un fatto provato. Ma i veri esperti sull’argomento sono consapevoli che non c’è alcuna base scientifica per l’affermazione dell’evoluzione umana. David Pilbeam, un paleo-antropologo della Harvard University, dice:
Se si importasse un bravo scienziato da un’altra disciplina e gli si mostrassero le scarse prove che abbiamo, sicuramente direbbe, “scordatelo, non è abbastanza per andare avanti”. 145
E William Fix, autore di un importante libro sulla paleoantropologia, fa questo commenti:
Come abbiamo visto, ci sono numerosi scienziati e divulgatori oggi che hanno il coraggio di dirci che non c'è ‘alcun dubbio’ sul modo in cui ha avuto origine l’uomo. Se solo avessero la prova...146
Il n'existe aucune preuve scientifique de la thèse de l'évolution de l'homme. Ce qui est mis en avant comme "preuve" est un commentaire partial sur quelques fossiles.
Questa dichiarazione dell’evoluzione, che “manca di qualunque evidenza”, fa partire l’albero genealogico degli esseri umani con un gruppo di scimmie che si afferma abbiano costituito un genere distinto, Australopithecus. Secondo questa affermazione l’Australopithecus gradualmente cominciò a camminare in posizione eretta, il cervello crebbe ed egli passò attraverso una serie di fasi fino ad arrivare allo stato attuale dell’uomo (Homo sapiens). Ma i reperti fossili non supportano questo scenario. Nonostante l’affermazione che esistano tutti i tipi di forme intermedie, c'è una barriera invalicabile tra i resti fossili dell'uomo e quelli delle scimmie. Inoltre, è stato rivelato che le specie descritte come antenate l’una dell’altra, sono in realtà specie contemporanee, vissute nello stesso periodo. Ernst Mayr, uno dei più importanti proponenti della teoria dell’evoluzione nel ventesimo secolo, sostiene nel suo libro One Long Argument che "[enigmi] storici come l’origine della vita o dell’Homo sapiens, in particolare, sono estremamente difficili e potrebbero perfino resistere ad una spiegazione finale soddisfacente."147
Ma qual è la cosiddetta base della tesi dell’evoluzione umana? È l’esistenza di moltissimi fossili su cui gli evoluzionisti riescono a costruire interpretazioni immaginarie. Lungo tutto il corso della storia, sono vissute oltre 6000 specie di scimmie e la maggior parte di esse si è estinta. Oggi sulla terra vivono solo 120 specie. Queste circa 6000 specie di scimmie, la maggior parte delle quali estinte, costituiscono una ricca risorsa per gli evoluzionisti.
D’altro canto, ci sono notevoli differenze nella costituzione anatomica delle varie razze umane. Inoltre, le differenze erano ancora maggiori tra le razze preistoriche perché con il passare del tempo le razze umane si sono in qualche modo mescolate e si sono assimilate reciprocamente. Nonostante ciò, si vedono ancora importanti differenze tra i diversi gruppi di popolazioni che vivono oggi nel mondo, come, per esempio, scandinavi, pigmei africani, inuit, i nativi australiani e molti altri.
Non ci sono prove che mostrino che i fossili chiamati ominidi dai paleontologi evoluzionisti non appartenessero in realtà a specie diverse di scimmie o a razze di umani scomparse. Per dirla in un altro modo, non è stato trovato alcun esempio di forma di transizione tra esseri umani e scimmie.
Dopo queste spiegazioni generali, esaminiamo in che modo lo scenario della evoluzione umana contraddice le scoperte scientifiche.
Le affermazioni dei darwinisti sostengono che l'uomo di oggi si è evoluto da una creatura simile alla scimmia. Durante questo supposto processo evolutivo, che si ipotizza sia iniziato da 5 a 6 milioni di anni fa, si afferma che siano esistite alcune forme di transizione tra l’uomo di oggi e i suoi antenati. Secondo questo scenario completamente immaginario, sono elencate le seguenti quattro categorie di base:
1. Australopitecini (una delle varie forme appartenenti al genere Australophithecus)
2. Homo habilis
3. Homo erectus
4. Homo sapiens
Gli evoluzionisti chiamano il genere a cui appartenevano i supposti antenati dell’uomo simili alle scimmie Australopithecus, che significa “scimmia del sud”. Australopithecus, che non è altro che un vecchio tipo di scimmia estinta, si trova in varie forme diverse. Alcune di esse sono più grandi e con costituzione più robusta, mentre altre sono più piccole e gracili.
Gli evoluzionisti classificano la fase successiva dell’evoluzione umana come il genere Homo, cioè “uomo”. Secondo le affermazioni degli evoluzionisti, gli esseri viventi della serie Homo sono più sviluppati dell’Australopithecus, e non molto diversi dall’uomo moderno. Si dice che l’uomo di oggi, cioè la specie Homo sapiens, si sia formato nella fase più recente dell’evoluzione di questo genere Homo. Fossili come "l’uomo di Giava" "l’uomo di Pechino” e "Lucy," che compaiono di tanto in tanto nei media e che si trovano nelle pubblicazioni e nei libri di testo evoluzionisti, fanno parte di uno dei quattro gruppi elencati in precedenza. Si ipotizza anche che ciascuno di questi gruppi si dirami in specie e sub-specie, a seconda del caso. Alcune ipotetiche forme di transizione del passato, come il Ramapitecus, dovettero essere escluse dall’immaginario albero genealogico umano dopo che ci si accorse che erano normali scimmie.148
Descrivendo gli anelli della catena come "australopitecini > Homo habilis > Homo erectus > Homo sapiens," gli evoluzionisti intendono che ciascuno di questi tipi è antenato del successivo. Recenti scoperte da parte di paleoantropologi, però, hanno rivelato che australopitecini, Homo habilis e Homo erectus esistevano in diverse parti del mondo allo stesso tempo. Inoltre, alcuni degli umani classificati come Homo erectus probabilmente sono sopravvissuti fino a tempi molto recenti. In un articolo dal titolo "Latest Homo erectus of Java: Potential Contemporaneity with Homo sapiens in Southeast Asia," si riportò che fossili di Homo erectus trovati a Giava avevano "età medie da 27 ± 2 a 53.3 ± 4 migliaia di anni" e questo “fa sorgere la possibilità che l’H. erectus si sia sovrapposto nel tempo con esseri umani anatomicamente dei nostri giorni (H. sapiens) nell’Asia sud-orientale."149
Inoltre, anche l’Homo sapiens neanderthalensis (uomo di Neanderthal) e l’Homo sapiens sapiens (l’uomo di oggi) sono chiaramente coesistiti. Questa situazione indica evidentemente l’invalidità dell'affermazione secondo cui uno è antenato dell’altro.
Intrinsecamente, tutte le scoperte e le ricerche scientifiche hanno rivelato che i reperti fossili non suggeriscono un processo evolutivo come propongono gli evoluzionisti. I fossili, che gli evoluzionisti affermano essere gli antenati degli esseri umani, appartengono in realtà o a razze umane diverse o a specie di scimmie.
Allora quali fossili sono umani e quali sono scimmie? Perché è impossibile che una di esse possa essere considerata una forma di transizione? Per trovare le risposte, guardiamo più da vicino ciascuna categoria.
La prima categoria, del genere Australopithecus, significa "scimmia del sud," come abbiamo detto. Si ipotizza che queste creature comparvero per la prima volta in Africa circa 4 milioni di anni fa e vissero fino a 1 milione di anni fa. Tra gli australopitecini, c’è una serie di specie diverse. Gli evoluzionisti ipotizzano la specie di Australopithecus più vecchiasia A. afarensis. Dopo di essa, viene A. africanus e poi A. robustus, che ha ossa relativamente più grandi. Per quanto riguarda A. Boisei, alcuni ricercatori accettano che sia una specie diversa, mentre altri che sia una sub-specie di A. Robustus.
Australopithecus skulls and skeletons closely resemble those of present-day apes. The drawing to the side shows a chimpanzee on the left, and an Australopithecus afarensis skeleton on the right. Adrienne L. Zhilman, the professor of anatomy who did the drawing, stresses that the structures of the two skeletons are very similar.
An Australopithecus robustus skull. It bears a close resemblance to that of apes of our day.
"GOODBYE, LUCY"
Scientific discoveries have left evolutionist assumptions regarding "Lucy," once considered the most important example of the Australopithecus genus, completely unfounded. The famous French scientific magazine, Science et Vie, accepted this truth under the headline "Goodbye, Lucy," in its February 1999 issue, and confirmed that Australopithecus cannot be considered an ancestor of man.
Tutte le specie di Australopithecus sono scimmie estinte che somigliano alle scimmie di oggi. La loro capacità craniale è la stessa o inferiore a quella degli scimpanzé dei giorni nostri. Nelle mani e nei piedi, ci sono parti protuberanti che usavano per arrampicarsi sugli alberi, come gli scimpanzé di oggi e i piedi sono formati in modo da afferrarsi e tenersi ai rami. Molte altre caratteristiche, come dettagli del cranio, la vicinanza degli occhi, i molari affilati, la struttura della mandibola, le braccia lunghe e le gambe corte, costituiscono prova che queste creature non erano diverse dalle scimmie odierne. Gli evoluzionisti affermano, però, che nonostante gli australopitecini avessero l’anatomia delle scimmie, a differenza di queste camminavano erette come gli esseri umani.
Questa affermazione secondo cui gli australopitecini camminavano eretti è un’opinione che è sostenuta da decenni da paleo-antropologi come Richard Leakey e Donald C. Johanson. Tuttavia molti scienziati che hanno svolto tante ricerche sulle strutture scheletriche degli australopitecini hanno dimostrato l’invalidità di tale argomento. Ampie ricerche eseguite su vari esemplari di Australopithecus da due anatomisti di fama mondiale, uno inglese e l’altro statunitense, Lord Solly Zuckerman e Prof. Charles Oxnard, hanno dimostrato che queste creature non camminavano in posizione eretta alla maniera degli esseri umani. Avendo studiato le ossa di questi fossili per 15 anni grazie a stanziamenti del governo britannico, Lord Zuckerman e il suo team di cinque specialisti giunse alla conclusione che gliaustralopitecini erano una specie di scimmia ordinaria, e sicuramente non bipede, sebbeneZuckerman sia egli stesso un evoluzionista.150 In modo corrispondente, Charles E. Oxnard, che è un altro anatomista evoluzionista famoso per le sue ricerche sull’argomento, paragonò la struttura scheletrica degli australopitecini a quella degli orango tango odierni.151
Il fatto che l’Australopithecus non possa essere considerato un antenato dell’uomo è stato accettato di recente dalle fonti evoluzioniste. La famosa rivista scientifica popolare francese Science et Vie ha usato l’argomento come copertina del suo numero di maggio 1999. Sotto il titolo "Adieu Lucy", laddove Lucy era il più importante esempio fossile della specie Australopithecus afarensis, la rivista riportava che le scimmie della specie Australopithecus avrebbe dovuto essere eliminate dall’albero genealogico degli esseri umani. In questo articolo, basato sulla scoperta di un altro fossile di Australopithecus noto semplicemente come St W573, compaiono le seguenti frasi:
Una nuova teoria afferma che il genere Australopithecus non è la radice della razza umana...I risultati raggiunti dall’unica donna autorizzata ad esaminare St W573 sono diversi dalle normali teorie riguardanti gli antenati del genere umano: questo distrugge l’albero genealogico degli ominidi. I grandi primati, considerati antenati dell’uomo, sono stati eliminati dalla equazione di questo albero genealogico...Specie diAustralopithecus e Homo (umani) non compaiono sullo stesso ramo. I diretti antenati dell'uomo aspettano ancora di essere scoperti.152
AFARENSIS AND CHIMPANZEES
On top is the AL 444-2 Australopithecus afarensis skull, and on the bottom a skull of a chimpanzee of today. The clear resemblance between them is an evident sign that A. afarensis is an ordinary species of ape, with no human characteristics.
La grande somiglianza tra le strutture di scheletro e cranio di australopitecini e scimpanzé e la confutazione delle affermazioni che queste creature camminassero erette, hanno causato grandi difficoltà ai paleo-antropologi evoluzionisti. Il motivo è che, secondo l’immaginario schema evolutivo, l’Homo erectus viene dopo Australopithecus. Come implica il nome del genere Homo (che significa “uomo”), l’Homo erectus è una specie umana e il suo scheletro è eretto. La sua capacità cranica è due volte quella dell’Australopithecus. Una transizione diretta dall’Australopithecus, che è una scimmia simile allo scimpanzé, all’Homo erectus, che ha uno scheletro non diverso da quello dell’uomo odierno è fuori questione anche secondo la teoria evoluzionista. Pertanto, sono necessari “anelli”, cioè forme di transizione. Il concetto di Homo habilis derivò da questa necessità.
Fred Spoor
The claim that Australopithecus and Homo habilis walked upright was disproved by inner ear analyses carried out by Fred Spoor. He and his team compared the centers of balances in the inner ears, and showed that both moved in a similar way to apes of our own time.
La classificazione di Homo habilis fu presentata negli anni ’60 dai Leakey, una famiglia di “cacciatore fossili”. Secondo i Leakey, questa nuova specie, che essi classificarono come Homo habilis, aveva una capacità cranica relativamente grande, la capacità di camminare eretti e di usare strumenti di pietra e legno. Poteva essere, quindi, l’antenato dell’uomo.
Nuovi fossili della stessa specie, dissotterrati alla fine degli anni ’80, dovevano completamente cambiare questa visione. Alcuni ricercatori, come Bernard Wood e C. Loring Brace, che facevano affidamento su questi fossili appena scoperti, affermarono che l’Homo habilis (che significa "uomo abile" cioè uomo in grado di usare strumenti), doveva essere classificato come Australopithecus habilis o "scimmia meridionale abile" perché l’Homo habilis aveva molte caratteristiche in comune con le scimmie australopitecine. Aveva braccia lunghe, gambe corte e una struttura scheletrica simile a quella delle scimmie, proprio come Australopithecus. Le dita delle mani e dei piedi erano adatte per arrampicarsi. La loro mandibola somigliava molto a quella delle scimmie odierne. La capacità cranica media di 600 cc è anch’essa un’indicazione del fatto che erano scimmie. In breve, l’Homo habilis, che era presentato come una specie diversa da alcuni evoluzionisti, era in realtà una specie di scimmie proprio come tutti gli altri australopitecini.
Ricerche svolte negli anni dopo la pubblicazione dell’opera di Wood e Brace hanno dimostrato che l’Homo habilis in realtà non era diverso dall’Australopithecus. Il fossile di cranio e scheletro OH62, trovato da Tim White, dimostrarono che questa specie aveva una capacità cranica piccola, nonché braccia lunghe e gambe corte, che le consentivano di arrampicarsi sugli alberi proprio come fanno le scimmie odierne.
Le analisi dettagliate condotte dall’antropologa americana Holly Smith nel 1994 indicarono che l’Homo habilis non era affatto Homo, in altre parole umano, ma inequivocabilmente una scimmia. Parlando delle analisi da lei eseguite sui denti di Australopithecus, Homo habilis, Homo erectus e Homo neanderthalensis, Smith affermò quanto segue:
Limitando l’analisi dei fossili a campioni che soddisfano questi criteri, modelli di sviluppo dentale di australopitecini e Homo Habilis gracili restano classificati nell’ambito delle scimmie africane. Quelli di Homo erectus e Neanderthal sono classificati nell’ambito degli esseri umani.153
Femur KNM-ER 1472. This femur is no different from that of today's man. The finding of this fossil in the same layer as Homo habilis fossils, although a few kilometers away, gave rise to incorrect opinions, such as that Homo habilis was bipedal. Fossil OH 62, found in 1987, showed that Homo habilis was not bipedal, as had been believed. Many scientists today accept that Homo habilis was a species of ape very similar to Australopithecus.
Entro lo stesso anno, Fred Spoor, Bernard Wood e Frans Zonneveld, tutti specialisti di anatomia raggiunsero una conclusione simile attraverso un metodo completamente diverso. Questo metodo si basava su analisi comparative dei canali semicircolari dell’orecchio interno di esseri umani e scimmie, che consentono loro di mantenere l’equilibrio. Spoor, Wood e Zonneveld conclusero che:
Tra gli ominidi fossili la specie più antica che dimostra la morfologia dell’essere umano dei giorni nostri è l’Homo erectus. In contrasto, le dimensioni del canale semicircolare nei crani rinvenuti nell’Africa meridionale attribuiti a Australopithecus e Paranthropus somigliano a quelli delle grandi scimmie esistenti.154
Spoor, Wood e Zonneveld hanno anche studiato un esemplare di Homo habilis, cioè Stw 53, e hanno scoperto che "Stw 53 faceva meno affidamento su un comportamento da bipede rispetto agli australopitecini." Questo significava che l’esemplare di H. habilis era ancora più simile alle scimmie rispetto alla specie Australopithecus. Quindi essi conclusero che "Stw 53 rappresenta un'improbabile forma intermedia tra le morfologie viste in australopitecini e H. erectus."155
Questa scoperta dà due importanti risultati:
1. I fossili definiti Homo habilis in realtà non appartenevano al genere Homo, cioè agli umani, ma a quello dell’Australopithecus cioè delle scimmie.
2. Sia Homo habilis che Australopithecus erano creature che camminavano piegate in avanti, cioè avevano lo scheletro di una scimmia. Non hanno alcuna relazione di sorta con l’uomo.
Richard Leakey misled both himself and the world of paleontology about Homo rudolfensis.
Il termine homo rudolfensis è il nome dato ad alcuni frammenti fossili dissotterrati nel 1972. si pensava che la specie rappresentata da questo fossile fu indicata come homo rudolfensis perché questi frammenti fossili furono rinvenuti nelle vicinanze del lago Rudolf in Kenya. Molti paleo-antropologi accettano che questi fossili non appartengono ad una specie distinta ma che, in effetti la creatura chiamata homo rudolfensis non si distingua dall’homo habilis.
Richard Leakey, che dissotterrò questi fossili, presentò il cranio contrassegnato come KNM-ER 1470, che, egli disse, aveva 2,8 milioni di anni, come la più grande scoperta nella storia dell'antropologia. Secondo Leakey, questa creatura, che aveva una ridotta capacità cranica come quella dell’Australopithecus, insieme ad un volto simile a quello degli umani odierni, era l'anello mancante tra Australopithecus e esseri umani. Dopo poco tempo, però, ci si accorse che il volto simile a quello degli esseri umani del cranio KNM-ER 1470, che comparve di frequente sulle copertine di riviste scientifiche e di divulgazione scientifica, era il risultato di un assemblaggio non corretto di frammenti di cranio, che potrebbe essere stato deliberato. Il professor Tim Bromage, che conduce studi sull’anatomia facciale degli esseri umani, portò questo alla luce con l’aiuto di simulazioni al computer nel 1992.
Quando [KNM-ER 1470] fu ricostruito per la prima voklta, il volto era adattato al cranio in una posizione quasi verticale, molto simile al volto piatto degli umani odierni. Ma studi recenti sulle relazioni anatomiche dimostrano che, in vita, il volto doveva sporgere notevolmente creando un aspetto scimmiesco, proprio come il volto dell’Australopithecus.156
Il paleo-antropologo J. E. Cronin afferma quanto segue su questo argomento:
... il suo volto costruito in modo relativamente robusto, il clivus naso-alveolare piuttosto piatto (che richiama le facce piatte australopithecine), la bassa larghezza cranica massima (a livello temporale) la forte giugulare canina e i grandi molari (come indicati dalle radici rimaste) sono tutti tratti relativamente primitivi che allineano l’esemplare con i membri del taxon A. africanus.157
C. Loring Brace della Michigan University giunse alla stessa conclusione. Come risultato delle analisi condotte sulla struttura di mandibola e denti del cranio 1470, egli disse che “dalla forma del palato e dell’espansione dell’area delle radici dei molari, sembrerebbe che ER 1470 avesse un volto e una dentizione completamente delle dimensioni di quelli dell’Australopithecus."158
Il professor Alan Walker, paleo-antropologo della Johns Hopkins University, che ha fatto molte ricerche sul KNM-ER 1470 come Leakey, sostiene che questa creatura non deve essere classificata come Homo, cioè come specie umana, ma dovrebbe piuttosto essere messa nel genere Australopithecus 159.
Per riassumere, classificazioni come quelle di Homo habilis o Homo rudolfensis, presentate come anelli di transizione tra australopitecini e Homo erectus, sono del tutto immaginarie. Oggi è stato confermato da molti ricercatori che queste creature sono membri della serie Australopithecus. Tutte le loro caratteristiche anatomiche rivelano che sono specie di scimmie.
Questo fatto è stato ulteriormente confermato da due antropologi evoluzionisti Bernard Wood e Mark Collard, le cui ricerche furono pubblicate nel 1999 su Science. Wood e Collard spiegarono che i taxa Homo habilis e Homo rudolfensis (cranio 1470) sono immaginari e che i fossili assegnati a queste categorie devono essere attribuiti al genere Australopithecus:
Più di recente, specie fossili sono state assegnate a Homo sulla base della dimensione assoluta del cervello, sulle interferenze tra abilità linguistica e funzioni manuali e retroindicazioni sulla loro capacità di forgiare strumenti di pietra. Con solo poche eccezioni, la definizione e l’uso del genere nell’evoluzione umana e la demarcazione di Homo sono state trattate come se non presentassero problemi. Ma...dati recenti, nuove interpretazioni delle prove esistenti e i limiti dei reperti paleo-antropologici invalidano i criteri esistenti per l'attribuzione di taxa a Homo...in pratica specie ominidi fossili sono assegnate a Homo sulla base di uno o più criteri su quattro. ... Ora è evidente, però, che nessuno di questi criteri è soddisfacente. Il rubicone cerebrale è problematico perchè la capacità cranica assoluta ha un significato biologico discutibile. Allo stesso modo c'è una stringente evidenza del fatto che la funzione linguistica non può essere dedotta in modo affidabile dall'aspetto complessivo del cervello e che le parti del cervello relative al linguaggio non sono tanto ben localizzate quanto avevano sottinteso studi precedenti.
... İn altre parole, con ipodigmi di H. habilis e H. Rudolfensis ad esso assegnati, il genere Homo non è un buon genere. Quindi H. habilis e H. rudolfensis (o homo habilis in senso lato per quelli che non sottoscrivono la suddivisione tassonomica di “primo Homo”) devono essere eliminati da Homo L’ovvia alternativa tassonomica, cioè trasferire uno o entrambi i tassa ad uno dei primi generi di ominidi esistenti, non è senza problemi ma noi raccomandiamo, per ora, di trasferire sia H. habilis che H. rudolfensis al genere Australopithecus.160
La conclusione di Wood e Collard dà forza a quella che abbiamo sostenuto qui. Nella storia non esistono “antenati umani primitivi”. Creature che si ipotizza lo siano sono in realtà scimmie che devono essere assegnate al genereAustralopithecus. I reperti fossili dimostrano che non c’è alcun collegamento evolutivo tra queste scimmie estinte e Homo cioè la specie umana che compare all’improvviso nei reparti fossili.
Secondo il fantasioso schema suggerito dagli evoluzionisti, l’evoluzione interna del genere Homo è quella che segue: Prima l’Homo erectus, poi il cosiddetto Homo sapiens “arcaico” e l’uomo di Neanderthal e, infine, l’uomo di Cro-Magnon (Homo sapiens sapiens). Tutte queste classificazioni, però, in realtà sono solo variazioni e razze uniche della famiglia umana. La differenza tra di loro non è maggiore della differenza tra un inuit e un africano o tra un pigmeo e un europeo.
The large eyebrow protrusions on Homo erectus skulls, and features such as the backward-sloping forehead, can be seen in a number of races in our own day, as in the native man shown here.
Esaminiamo per prima l’Homo erectus che viene definito come la specie umana più primitiva. Come suggerisce il nome, Homo erectus significa “uomo che cammina in posizione eretta”. Gli evoluzionisti dovettero separare questi fossili dai precedenti aggiungendo la qualifica di “eretto” perché tutti i fossili di Homo erectus sono eretti in un misura non osservata in alcun esemplare di australopitecini o di cosiddetto Homo habilis. Non c’è alcun differenza tra lo scheletro post-cranico dell’uomo odierno e quello dell’Homo erectus.
THE 10,000-YEAR-OLD HOMO ERECTUS
These two skulls, discovered on October 10, 1967, in the Kow Swamp in Victoria, Australia, were named Kow Swamp I and Kow Swamp V.
Alan Thorne and Phillip Macumber, who discovered the skulls, interpreted them both as Homo sapiens skulls, whereas they actually contained many features reminiscent of Homo erectus. The only reason they were treated as Homo sapiens was the fact that they were calculated to be 10,000 years old. Evolutionists did not wish to accept the fact that Homo erectus, which they considered a "primitive" species and which lived 500,000 years before today's man, was a human race which had lived 10,000 years ago.
La ragione principale per cui gli evoluzionisti definiscono l’Homo erectus come “primitivo” è la capacità cranica (900-1,100 cc), che è inferiore rispetto alla media dell’uomo di oggi e la forte proiezione dell’arco sopracciliare.Ci sono, però, molte persone viventi oggi nel mondo che hanno la stessa capacità cranica dell’Homo erectus (i pigmei, per esempio) e altre razze hanno archi sopraciliari prominenti (i nativi australiani per esempio). È un fatto comunemente accettato che differenze nella capacità cranica non denotano necessariamente differenze in intelligenza o abilità. L’intelligenza dipende dall’organizzazione interna del cervello piuttosto che da suo volume. 161
I fossili che hanno fatto conoscere l’Homo erectus in tutto il mondo sono quelli dell’uomo di Pechino e dell’uomo di Giava in Asia. Col tempo, però, ci si accorse che questi due fossili non sono affidabili. L’uomo di Pechino consiste di alcuni elementi di gesso i cui originali sono andati persi e l’uomo di Giava è composto di frammenti di cranio più un osso pelvico trovato a molti metri di distanza senza alcuna indicazione che appartenesse alla stessa creatura. Ecco perché i fossili di Homo erectus trovati in Africa hanno guadagnato una così crescente importanza. (Va anche notato che alcuni dei fossili detti essere di Homo erectus furono inclusi sotto una seconda specie chiamata Homo ergaster da alcuni evoluzionisti. Su questo tema non c’è accordo tra gli esperti. Tratteremo tutti questi fossili sotto la classificazione di Homo erectus).
HOMO ERECTUS'S SAILING CULTURE
"Ancient mariners: Early humans were much smarter than we suspected" According to this article in the March 14, 1998, issue of New Scientist, the people that evolutionists call Homo erectus were sailing 700,000 years ago. It is impossible, of course, to think of people who possessed the knowledge, technology and culture to go sailing as primitive.
Il più famoso esemplare di Homo erectus trovato in Africa è il fossile di "Homo erectus Narikotome," o "Turkana Boy” trovato vicino al lago Turkana in Kenya. È confermato che il fossile era di un ragazzo di 12 anni che, nell’adolescenza, sarebbe stato alto 1,83 metri. La struttura eretta dello scheletro del fossile non è diversa da quella dell’uomo di oggi. Il paleo-antropologo americano Alan Walker, disse che egli dubitava che “un patologo medio potesse dire la differenza tra lo scheletro fossile e quello di un essere umano odierno. Riguardo al cranio, Walzer scrisse di aver riso quando lo vide perchè "somigliava molto più a quello di un uomo di Neanderthal."162 Come vedremo nel prossimo capitolo, gli uomini di Neanderthal sono una razza umana dei giorni nostri. Quindi anche l’Homo erectus è una razza umana di oggi.
Anche l’evoluzionista Richard Leakey afferma che le differenze tra l’Homo erectus e l’uomo di oggi non sono più che variazioni razziali.
Si potrebbero anche vedere differenze: nella forma del cranio, nel grado di protusione del volto, nella robustezza delle sopracciglia e così via.Queste differenze probabilmente non sono più pronunciate di quelle che vediamo oggi tra razze geografiche diverse degli esseri umani odierni. Queste variazioni biologiche sorgono quando le popolazioni sono geograficamente separate l’una dall’altra per periodi di tempo significativi.163
Il professor William Laughlin dell’università del Connecticut ha eseguito estesi esami anatomici degli inuit e delle persone che vivono le isole Aleutine e ha notato che queste persone sono straordinariamente simili all’Homo erectus. La conclusione a cui è arrivato Laughlin è che tutte queste razze distinte erano in realtà razze diverse dell’Homo sapiens (l’uomo di oggi).
Quando consideriamo le grandi differenze che esistono tra gruppi remoti come eschimesi e boscimani, che si sa appartenere alla singola specie dell’Homo sapiens, sembra giustificabile concludere che Sinanthropus [un esemplare eretto] appartiene a questa stessa specie diversa.164
Ormai è un fatto più dichiarato nella comunità scientifica che Homo erectus è un taxon superfluo e che i fossili assegnati alla classe Homo erectus non sono in realtà tanto diversi dell’Homo sapiens da essere considerati una specie diversa. In American Scientist, le discussioni su questo tema e il risultato di una conferenza tenutasi sull’argomento nel 2000 furono riassunti in questo modo:
La maggior parte dei partecipanti alla conferenza di Senckenberg parteciparono ad un infiammato dibattito sullo stato tassonomico dell’Homo erectus avviato da Milford Wolpoff dell’università del Michigan, Alan Thorne dell’università di Canberra e dai loro colleghi. Essi affermavano con forza che l’Homo erectus non ha alcuna validità come specie e deve essere completamente eliminato. Tutti i membri del genere Homo, da circa 2 milioni di anni fa fino ai giorni nostri erano una specie altamente variabile, ampiamente diffusa, l’Homo sapiens, senza alcuna rottura o suddivisione naturale. L’oggetto della conferenza, Homo erectus non esisteva.165
La conclusione raggiunta dagli scienziati che difendevano la suddetta tesi può essere riassunta come “l’Homo erectus non è una specie diversa dall’Homo sapiens ma piuttosto una razza all’interno dell’Homo sapiens. D’altro canto c’è un enorme gap tra l'Homo erectus, una razza umana e le scimmie che precedettero l'Homo erectus nello scenario della "evoluzione umana" (Australopithecus, Homo Habilis e Homo rudolfensis). Questo significa che i primi uomini comparvero all’improvviso nei reperti fossili e senza alcuna precedente storia evolutiva.
I neandertaliani (Homo neanderthalensis) erano esseri umani che comparvero all’improvviso 100.000 anni fa in Europa e che scomparvero, o furono assimilati mescolandosi ad altre razze, silenziosamente ma rapidamente 35.000 anni fa. L’unica differenza con l’uomo di oggi è che i loro scheletri erano più robusti e la loro capacità cranica leggermente superiore.
HOMO ERECTUS AND THE ABORIGINES
The Turkana Boy skeleton shown at the far right is the best preserved example of Homo erectus that has so far been discovered. The interesting thing is that there is no major difference between this 1.6 million-year-old-fossil and people of our day. The Australian aboriginal skeleton on the right particularly resembles Turkana Boy. This situation reveals once again that Homo erectus was a genuine human race, with no "primitive" features.
I neandertaliani erano una razza umana, una realtà oggi ammessa quasi da tutti. Gli evoluzionisti si sono sforzati molto di presentarli come una “specie primitiva", ma tutte le scoperte indicano che non erano diversi da un uomo “robusto” che cammina oggi per le strade. Una importante autorità nel campo, Erik Trinkaus, paleo-antropologo della New Mexico University, scrive:
COUNTERFACTUAL PROPAGANDA
Although fossil discoveries show that Neanderthals had no "primitive" features as compared to us and were a human race, the evolutionist prejudices regarding them continue unabated. Neanderthal man is still sometimes described as an "ape man" in some evolutionist museums, as shown in the picture to the side. This is an indication how Darwinism rests on prejudice and propaganda, not on scientific discoveries.
Confronti dettagliati di resti di scheletri dell’uomo di Neandertal con quelli di esseri umani moderni mostrano che non c’è niente nell’anatomia dell’uomo di Neandertal che indichi in modo chiaro abilità locomotorie, manipolative, intellettuali o linguistiche inferiori a quelle degli esseri umani moderni. 166
Molti ricercatori contemporanei definiscono l’uomo di Neanderthal come una sottospecie dell’uomo di oggi e lo chiamano Homo sapiens neanderthalensis.
D’altro canto i reperti fossili dimostrano che i neandertaliani avevano una cultura avanzata. Uno degli esempi più interessanti di questo è un flauto fossile realizzato da uomini di Neanderthal. Questo flauto, realizzato dal femore di un orso, fu trovato dall’archeologo Ivan Turk in una caverna nel nord della Jugoslavia nel luglio 1995. Il musicologo Bob Fink lo analizzò. Fink dimostrò che questo flauto, che secondo l’esame al radio-carbonio si pensa abbia tra i 43.000 e i 67.000 anni, produceva quattro note e aveva toni e semitoni. La scoperta dimostra che gli uomini di Neandertal usavano la scala di sette note, la formula di base della musica occidentale. Fink, che esaminò il flauto, afferma che “sul vecchio flauto la distanza tra il secondo e il terzo foro è doppia rispetta a quella tra il terzo e il quarto. Questo significa che la prima distanza rappresenta una nota completa e la distanza successiva una seminota. Fink dice: “Queste tre note…sono indubbiamente diatoniche e produrrebbero un suono quasi perfetto in qualunque tipo di scala diatonica standard, moderna o antica” rivelando così chegli uomini di Neandertal erano persone con orecchio musicale e conoscenza della musica. 167
Alcune altre coperte fossili dimostrano che i neandertaliani seppellivano i loro morti, si prendevano cura dei malati e usavano collane e simili ornamenti. 168
Un ago per cucire di 26.000 anni, che è stato dimostrato fosse usato degli uomini di Neandertal, fu trovato anch’esso durante scavi fossili. Quest’ago, fatto di osso, è straordinariamente diritto ed ha un foro per farci passare il filo. 169 Persone che indossavano abiti e sentivano il bisogno di un ago per cucire non possono essere considerate “primitive”.
La migliore ricerca sulle abilità degli uomini di Neandertal di costruire attrezzi e quella di Steven L. Kuhn and Mary C. Stiner, rispettivamente professori di antropologia e archeologia alla università di New Mexico. Sebbene questi due scienziati siano seguaci della teoria dell’evoluzione, il risultato delle loro ricerche archeologiche e delle loro analisi dimostrano che gli uomini di Neadertal vissuti sulla costa sud-occidentale d’Italia per migliaia di anni, svolgevano attività che richiedevano una capacità di pensiero tanto complessa quanto quella degli attuali esseri umani. 170
NEANDERTHALS: A HUMAN RACE
To the side is shown the Homo sapiens neanderthalensis Amud I skull, found in Israel. The owner is estimated to have been 1.80 meters tall. Its brain capacity is as big as that found today: 1,740 cc. Above, are shown a fossil skeleton from the Neanderthal race, and a stone tool believed to have been used by its owner. This and similar discoveries show that Neanderthals were a genuine human race who vanished over time.
Kuhn e Stiner trovarono numerosi attrezzi in queste caverne. Le scoperte riguardarono attrezzi da taglio affilati e appuntiti, comprese punte di lancia, realizzate scheggiando attentamente gli strati ai bordi della selce. Realizzare bordi affilati di questo tipo scheggiando i bordi è senza dubbio un processo che richiede intelligenza e abilità. La ricerca ha dimostrato che uno dei problemi più importanti affrontati in quel processo è rappresentato dalle rotture che avvengono come risultato della pressione ai bordi delle pietre. Per questa ragione il soggetto che svolgeva questo processo deve giudicare attentamente quanta forza usare per tenere i bordi diritti e, se stava realizzando un attrezzo angolato, l’angolazione precisa a cui colpire.
Margaret Conkey dell’università della California, spiega che anche gli attrezzi realizzati in periodi precedenti agli uomini di Neandertal erano fatti da comunità di uomini intelligenti che erano pienamente consapevoli di quello che stavano facendo.
Se si guardano le cose che gli esseri umani arcaici facevano con le loro mani, nuclei Levallois e così via, non sono cose raffazzonate. Apprezzavano il materiale con cui lavoravano e comprendevano il loro mondo. 171
NEANDERTHAL SEWING NEEDLE
26,000-year-old needle: This interesting find shows that Neanderthals had the knowledge to make clothing tens of thousands of years ago (D. Johanson, B. Edgar, From Lucy to Language, p. 99). 99)
NEANDERTHAL FLUTE
A Neanderthal flute made from bone. Calculations made from this artifact have shown that the holes were made to produce correct notes, in other words that this was an expertly designed instrument. Above can be seen researcher Bob Fink's calculations regarding the flute. Contrary to evolutionist propaganda, discoveries such as this show that Neanderthal people were civilized, not primitive cavemen (The AAAS Science News Service, "Neanderthals Lived Harmoniously," April 3, 1997).
In breve, le scoperte scientifiche dimostrano che gli uomini di Neandertal erano una razza umana non diversa da noi per livello di intelligenza e destrezza. Questa razza scomparve dalla storia mescolandosi ad altre razze o estinguendosi in qualche maniera sconosciuta. Ma, certamente, non era “primitiva” o “mezza scimmia”.
A typical Cro-magnon skull
Nell’immaginario schema evolutivo, l’Homo sapiens arcaico è l’ultima fase prima dell’uomo contemporaneo. In realtà gi evoluzionisti non hanno molto da dire su questi fossili perché ci sono solo piccolissime differenze tra essi e gli esseri umani dei giorni nostri. Alcuni ricercatori affermano persino che rappresentanti di questa razza vivono ancora oggi e indicano i nativi australiani come esempio. Come l’Homo sapiens (arcaico) anche i nativi australiani hanno l’arco sopraciliare prominente, la struttura mandibolare inclinata verso l’interno e una capacità cranica leggermente inferiore.
Il gruppo definito Homo heidelbergensis nella letteratura evoluzionista è in realtà lo stesso dell’Homo sapiens arcaico. Il motivo per cui si usano due termini diversi per definire lo stesso tipo di razza umana è il disaccordo tra gli evoluzionisti. Tutti i fossili compresi sotto la classificazione Homo heidelbergensis suggeriscono che quelle persone erano anatomicamente molto simili agli europei vissuti 500.000 e anche 740.000 anni fa in Inghilterra e in Spagna.
Si stima che l’uomo di Cro-magnon sia vissuto 30.000 anni fa. Aveva il cranio a cupola e la fronte ampia. Il cranio di 1600 cc, è al di sopra della media di quello dell’uomo contemporaneo. La testa presentava spesse sporgenze sopraciliari e una sporgenza ossea sul retro che è caratteristica sia dell’uomo di Neandertal che dell’Homo erectus.
Sebbene l’uomo di Cro-magnon sia considerato una razza europea, la struttura e il volume del suo cranio somigliano molto a quelli di alcune razze che vivono oggi in Africa e ai tropici. Basandosi su questa somiglianza, si stima che l’uomo di Cro-magnon fosse una razza africana arcaica. Le scoperte di alcuni altri paleo-antropologi hanno dimostrato che le razze di Cro-magnon e di Neandertal si mescolarono e gettarono le basi per le razze di oggi.
Come risultato, nessuna di questi esseri umani erano "specie primitive”. Erano esseri umani diversi che vivevano nei tempi antichi e furono assimilati o si mescolarono con altre razze o si estinsero e scomparvero dalla storia.
Quello su cui abbiamo indagato finora, forma un quadro chiaro: lo scenario della “evoluzione umana” è una completa finzione. Perché questo albero genealogico rappresenti la verità, dovrebbe esserci stata una graduale evoluzione da un antenato comune di esseri umani e scimmie e un reperto fossile di questo processo dovrebbe essere stato trovato. In realtà, però c’è un enorme divario tra scimmie e esseri umani. Strutture scheletriche, capacità cranica e criteri come il camminare eretti o inclinarsi nettamente in avanti distingue gli esseri umani dalle scimmie. (Abbiamo già detto che, sulla base di recenti ricerche svolte nel 1994 sull'orecchio interno, Australopithecus e Homo habilis furono riclassificati come scimmie mentre l'Homo erectus fu riclassificato come un essere pienamente umano dei nostri giorni.
Un’altra significativa scoperta che dimostra che non c’erano relazioni genealogiche tra queste specie diverse è che specie che sono presentate come antenate una dell’altra in realtà vivevano contemporaneamente. Se, come affermano gli evoluzionisti, l’Australopithecus diventò Homo habilis che, a sua volta si trasformò in Homo erectus, i periodi in cui vissero avrebbero dovuto necessariamente seguire l’uno all'altro. Nei reperti fossili, però, non si è visto alcun ordine cronologico di questo tipo.
Secondo le stime degli evoluzionisti, l’Australopithecus visse da 4 milioni fino a 1 milione di anni fa. Le creature classificate come Homo habilis, d’altro canto, si pensa siano vissute fino a 1,7 – 1,9 milioni di anni fa. Si sa che l’Homo rudolfensis, che si dice sia stato più “avanzato” dell’Homo habilis, risale a 2,5 – 2,8 milioni di anni fa. Questo significa che l’Homo rudolfensis è di circa 1 milione di anni precedente dell’Homo habilis, che si suppone ne sia stato “antenato”. D’altro canto, l’età dell’Homo erectus risale a 1,6 – 1,8 milioni di anni fa, il che significa che l’ comparve sulla terra allo stesso tempo del suo cosiddetto antenato Homo habilis.
Alan Walker conferma questo fatto affermando che “ci sono prove dall’Africa orientale della tarda sopravvivenza di piccoli individui di Australopithecus che erano contemporanei prima dell’H. Habilis, poi dell’H. erectus."172. Louis Leakey ha trovato fossili di Australopithecus, Homo habilis e Homo erectus quasi accanto l’un l’altro nella regione Olduvai Gorge in Tanzania, nello strato Bed II.173
Non esiste assolutamente alcun albero genealogico di questo tipo. Stephen Jay Gould, paleontologo della Harvard University, spiega questo punto morto che sta di fronte all’evoluzione, pur essendo egli stesso un evoluzionista.
Che ne è della nostra scala se ci sono tre linee di ominidi coesistenti (A. africanus, il robusto australopitecini e l’H. habilis), nessuna chiaramente derivata l’una dall’altra? İnoltre, nessuna delle tre mostra alcuna tendenza evolutiva durante la permamenza sulla terra.174
Quando passiamo dall’Homo erectus all’Homo sapiens, vediamo di nuovo che non c’è alcun albero genealogico di cui parlare. Ci sono prove che dimostrano che l’Homo erectus e l’Homo sapiens arcaico continuarono a vivere fino a 27.000 anni e anche fino a 10.000 anni prima dei nostri tempi. Nel Kow Swamp, in Australia, sono stati trovati alcuni crani di old Homo erectus di 13.000 anni. Sull’isola di Giava, furono trovati resti di Homo erectus di 27.000 anni. 175
Una delle scoperte più sorprendenti in questa area furono i fossili di Homo erectus, Neanderthal, e Homo sapiens di 30,000 anni trovati a Giava nel 1996. Il New York Times scrisse nel suo articolo di apertura: “Fino a un paio di decenni fa, gli scienziati concepivano la discendenza umana come una netta progressione di una specie verso la successiva e in genere si riteneva impossibile che due specie potessero essersi sovrapposte nello spazio o nel tempo”. 176
Questa scoperta rivela ancora una volta l’invalidità dello scenario dell’”albero evolutivo” riguardo l’origine dell’uomo
Le prove più recenti che scompigliano le affermazioni della teoria dell’evoluzione circa l’origine dell’uomo è il nuovo fossile Sahelanthropus tchadensis dissotterrato nel paese centro africano del Chad nell’estate del 2002.
Il fossile ha turbato il mondo del darwinismo. Nell’articolo in cui dava notizia della scoperta, la rivista Nature, famosa nel mondo, ammetteva che “il cranio trovato di recente potrebbe far affondare le nostre idee correnti sull’evoluzione umana”. 177
Daniel Lieberman della Harvard University disse che “questa [scoperta] avrà l’impatto di una piccola bomba atomica”.178
Il motivo è che, sebbene in fossile in questione abbia 7 milioni di anni ha una struttura “più di tipo umano" (secondo i criteri che gli evoluzionisti hanno usato finora) rispetto alla specie di scimmie Australopithecus che si suppone siano "il più vecchio antenato del genere umano". Questo dimostra che i collegamenti evolutivi stabiliti tra specie di scimmie sulla base di criteri soggettivi e pregiudiziali della “somiglianza umana” sono del tutto immaginari.
John Whitfield, nel suo articolo "Oldest Member of Human Family Found", pubblicato su Nature l’11 luglio 220, conferma questa opinione citando Bernard Wood, un antropologo evoluzionista della George Washington University di Washington:
“Quando andai alla scuola di medicina, nel 1963, l’evoluzione umana sembrava come una scala”, egli Bernard Wood[] dice. La scala andava dalla scimmia all’uomo attraverso una progressione di intermedi, ciascuno leggermente meno scimmiesco del precedente. Ora l’evoluzione umana somiglia ad un cespuglio. Abbiamo una messe di ominidi fossili... İn che modo si collegano l’uno all’altro e quali di essi, se ce n'è uno, sono progenitori degli esseri umani è ancora dibattuto.179
I commenti di Henry Gee, editor di Nature e importante paleo-antropologo, sul fossile di scimmia scoperto di recente, sono molto degni di nota. Nel suo articolo pubblicato in The Guardian, Gee si riferisce al dibattuto sul fossile e scrive:
Qualunque sia il risultato, il cranio mostra, una volta per tutte, che la vecchia idea di un “anello mancante” è una fandonia... Dovrebbe essere del tutto chiaro che l’idea dell’anello mancante, sempre incerta, è ora completamente insostenibile.180
Il fatto più interessante e significativo che annulla le basi stesse dell’immaginario albero genealogico della teoria dell’evoluzione è la storia inaspettatamente antica dell’uomo di oggi. Le scoperte paleo-antropologiche rivelano che le persone appartenenti all’Homo sapiens che avevano esattamente lo stesso nostro aspetto, vivevano fino a 1 milione di anni fa.
A face bone discovered in Atapuerca in Spain, showing that people with the same facial structure as present-day people were living 800,000 years ago.
Fu Louis Leakey, il famoso paleo-antropologo evoluzionista, a fare le prime scoperte sul tema. Nel 1932, nella regione Kanjera, attorno al lago Vittoria, in Kenia, Leakey trovò diversi fossili che appartenevano al medio pleistocene e che non erano diversi dall’uomo di oggi. Il medio pleistocene, però, risale a un milione di anni fa.181 Siccome queste scoperte capovolgevano l’albero genealogico evolutivo, furono abbandonate da alcuni paleo-antropologi evoluzionisti. Leakey, però, sostenne sempre che le sue stime erano corrette.
Proprio quando questa controversia stava per essere dimenticata, un fossile dissotterrato in Spagna nel 1995 rivelò in modo molto notevole che la storia dell’Homo sapiens era molto più vecchia di quanto era stato ipotizzato. Il fossile in questione fu scoperto in una caverna chiamata Gran Dolina nella regione spagnola Atapuerca da tre paleo-antropologi spagnoli dell’università di Madrid. Il fossile rivelò il volto di un ragazzo di 11 anni che era in tutto simile ad un uomo di oggi. Tuttavia erano passati 800.000 anni da quando il ragazzo era morto. La rivista Discover trattò la storia in dettaglio nel numero di dicembre 1997.
The skull reconstructed from the Atapuerca fossil (left) bears an incredible resemblance to that of man of today (right).
Questo fossile scosse anche le convinzioni di Juan Luis Arsuaga Ferreras che aveva guidato gli scavi del Gran Dolina. Ferreras disse:
Ci aspettavamo qualcosa di grosso, qualcosa di gande, qualcosa di grossolano - sapete, qualcosa di primitivo...Le nostre aspettative di un ragazzo di 800.000 anni erano qualcosa come il Turkana Boy. E quello che trovammo fu un volto assolutamente moderno. Per me questo è assolutamente spettacolare – questo è il genere di cose che ti scuotono. Trovare qualcosa di totalmente inatteso come questo. Anche non trovare fossili o trovare fossili è inatteso e va bene. Ma la cosa più spettacolare è trovare qualcosa che si pensa appartenga al presente, nel passato. È come trovare qualcosa come un registratore nel Gran Dolina. Sarebbe molto sorprendente. Non ci aspettiamo cassette e registratori nel basso pleistocene. Trovare un volto moderno di 800.000 anni fa è la stessa cosa. Fummo molto sorpresi quando lo vedemmo.182
Il fossile evidenziava il fatto che la storia dell’Homo sapiens doveva estendersi fino a 800.000 anni fa. Dopo essersi ripresi dallo shock iniziale, gli evoluzionisti che scoprirono il fossile decisero che apparteneva ad una specie diversa perché, secondo l’albero genealogico evolutivo, l’Homo sapiens non viveva 800.000 anni fa. Crearono quindi una specie immaginaria chiamata Homo antecessor e inclusero il cranio di Atapuerca in questa classificazione.
Ci sono state molte scoperte che dimostrano che l’Homo sapiens risale anche a prima di 800.000 anni fa. Una di esse è una scoperta di Louis Leakey all’inizio degli anni ’70 a Olduvai Gorge. Qui, nello strato Bed II, Leakey scoprì che Australopithecus, Homo habilis e Homo erectus erano coesistiti allo stesso tempo. Ancora più interessante fu una struttura che Leakey trovò nello stesso strato (Bed II). Qui trovò i resti di una capanna di pietra. L’aspetto insolito dell’evento era che questa costruzione, che è ancora usata in alcune parti dell’Africa, poteva essere stata realizzata solo dall’Homo sapiens! Quindi, secondo le scoperte di Leakey, Australopithecus, Homo habilis, Homo erectus e uomo dei nostri giorni devono essere coesistiti per circa 1,7 milioni di anni. Questa scoperta deve sicuramente invalidare la teoria dell’evoluzione che afferma che l’uomo dei nostri giorni si è evoluto da una specie scimmiesca come l’Australopithecus.
3.6-million-year-old human footprints in Laetoli, in Tanzania
In realtà alcune altre scoperte portano a far risalire le origini dell’’uomo moderno a 1,7 milioni di anni fa. Una di queste importanti scoperte è costituita dalle impronte trovate a Laetoli, Tanzania da Mary Leakey nel 1977. Queste impronte furono trovate in uno strato che si calcoli abbia 3,6 milioni di anni e, cosa più importante, non erano diverse dalle impronte che avrebbe lasciato un uomo contemporaneo.
AL 666-1: A 2.3-MILLION-YEAR-OLD HUMAN JAW
Fossil AL 666-1 was found in Hadar in Ethiopia, together with A. afarensis fossils. This 2.3-million- year-old jaw bone had features identical to those of Homo sapiens.
AL 666-1 resembled neither the A. afarensis jawbones that were found with it, nor a 1.75-millionyear- old Homo habilis jaw. The jaws of these two species, with their narrow and rectangular shapes, resembled those of present-day apes.
Although there is no doubt that AL 666-1 belonged to a "Homo" (human) species, evolutionary paleontologists do not accept this fact. They refrain from making any comment on this, because the jaw is calculated to be 2.3 million years old—in other words, much older than the age they allow for the Homo, or human, race.
The AL 666-1, 2.3-million-year-old Homo sapiens (human) jaw | Side view of AL 666-1 |
AL 222-1 fossil, an A. afarensis jaw from the same period as AL 666-1. | AL 222-1 – a side view. The side views of the two jaws make the difference between the two fossils clearer. The AL 222-1 jaw protrudes forwards. This is an ape-like feature. But the AL 666-1 jaw on top is a completely human one. |
Le impronte scoperte da Mary Leakey furono successivamente esaminate da una serie di famosi paleo-antropologi come Donald Johanson e Tim White. I risultati furono gli stessi. White scrisse:
Non facciamo errori su di esso... Sono come impronte umane moderne. Se una impronta fosse lasciata oggi su una spiaggia della California e si chiedesse a un bambino di quattro anni che cosa è egli direbbe all’istante che qualcuno ha camminato là. Non le distinguerebbe da cento altre impronte sulla spiaggia ne lo fareste voi.184 Dopo aver esaminato le impronte, Louis Robbins dell’università della North California fece il seguente commento.
SKELETAL VARIATION AMONG TODAY'S HUMAN RACES
Evolutionary paleontologists portray different Homo erectus, Homo sapiens neanderthalensis, and archaic Homo sapiens human fossils as indicating different species or subspecies on the evolutionary path. They base this on the differences between these fossil skulls. However, these differences actually consist of variations among different human races that have existed, some of which have become extinct or have been assimilated. These differences have grown less pronounced as human races have intermixed over time.
Despite this, quite striking differences can still be observed between human races living today. The skulls in these pages, all belonging to today's human beings (Homo sapiens sapiens), are all examples of these differences. To show similar structural differences between races that lived in the past as evidence for evolution is quite simply bias.
Native Peruvian from the fifteenth century | Middle-aged Bengali | Male from the Solomon Islands (Melanesia) who died in 1893. |
German male aged 25-30. | Male Congolese aged 35-40. | Male Inuit aged 35-40. |
L’arco è sollevato - l'individuo più piccolo aveva un arco più alto del mio e l'alluce è grande e allineato con il secondo dito...Le dita fanno presa sul terreno come le dita umane. Questo non si vede in altre forme animali.185 Gli esami della forma morfologica delle impronte mostrarono ancora una volta che dovevano essere accettate come impronte umane e, per di più, di un essere umano dei nostri tempi (Homo sapiens). Russell Tuttle, che esaminò anch'egli le impronte, scrisse:
Un piccolo Homo sapiens scalzo potrebbe averle fatte... İn tutte le caratteristiche morfologiche che si pososno discernere,i piedi degli individui che lasciarono le orme non si distinguono da quelle degli esseri umani moderni.186
Esami imparziali delle impronte rivelarono i loro veri possessori. In realtà queste impronte consistevano di 20 impronte fossili di un ragazzo moderno di 10 anni e 27 impronte di una persona ancora più giovane. Erano certamente persone moderne come noi.
Questa situazione mette da anni le impronte di Laetoli al centro di discussioni. I paleo-antropologi evoluzionisti cercarono disperatamente di trovare una spiegazione perché era duro per loro accettare il fatto che un uomo contemporaneo camminasse sulla terra 3,6 milioni di anni fa. Durante gli anni ’90, cominciò a prendere forma la seguente “spiegazione”. Gli evoluzionisti decisero che queste impronte devono essere state lasciate da un Australopithecus perché, secondo la loro teoria, era impossibile che una Homo species fosse esistita 3,6 milioni di anni fa. Russell H. Tuttle, però scrisse quanto segue in un articolo in 1990:
İnsomma, le impronte di 3,5 milioni di anni fa del sito Laetoli G somigliano a quelle di esseri umani abitualmente scalzi. Nessuna delle loro caratteristiche suggerisce che gli ominidi di Laetoli fossero bipedi meno abili di noi. Se non si sapesse che le impronte G sono tanto vecchie concluderemmo rapidamente che sono state lasciate da un membro del nostro genere, Homo...İn ogni caso dovremmo accantonare l'approssimativa ipotesi che le impronte di Laetoli furono lasciate da un individuo come Lucy, Australopithecus afarensis.187
In breve, queste impronte che si suppone abbiano 3,6 milioni di anni, non potrebbero essere appartenute ad un Australopithecus. L’unico motivo per cui si pensò che le impronte fossero state lasciate da un membro degli Australopithecus era lo strato vulcanico di 3,6 milioni di anni in cui esse furono trovate. Le impronte furono attribuite ad un Australopithecus solo sull’assunto che gli esseri umani non potevano essere vissuti tanto tempo fa.
Queste interpretazioni delle impronte di Laetoli dimostrano un fatto importante. Gli evoluzionisti supportano la loro teoria non sulla base di scoperte scientifiche ma nonostante esse. Qui abbiamo una teoria ciecamente difesa con tutte le nuove scoperte che gettano dubbi sulla teoria ignorate o distorte per sostenere la teoria stessa.
In breve la teoria dell’evoluzione non è una teoria scientifica ma un dogma tenuto in vita nonostante la scienza.
A parte i reperti fossili trattati finora, invalicabili divari anatomici tra uomini e scimmie invalidano dil racconto dell'evoluzione umana. Uno di questi ha a che fare con il modo di camminare.
Gli esseri umani camminano eretti su due piedi. Questa è una forma di locomozione molto speciale non vista in alcun'altra specie di mammiferi. Alcuni altri animali hanno una limitata capacità di muoversi quando stanno in piedi sulle due zampe posteriori. Animali come orsi e scimmie possono spostarsi in questo modo solo raramente come quando vogliono raggiungere il cibo e anche allora solo per un breve tempo. Normalmente i loro scheletri pendono in avanti ed essi camminano su tutte e quattro le zampe.
1 - scapula, 2 - sacroiliac joint, 3 - ilium, 4 - ischium, 5 - pubis
The human skeleton is created to walk upright. Ape skeletons, however, with their forward—leaning stance, short legs, and long arms, are suited to walking on four legs. It is not possible for there to be an "intermediate form" between them, because this would be extremely unproductive.
Bene,allora, il bipedalismo si è evoluto dall’andatura quadrupede delle scimmie come sostengono gli evoluzionisti?
Apes' hands and feet are curled in a manner suited to living in trees
Certamente no.Le ricerche hanno dimostrato che l’evoluzione del bipedalismo non è mai avvenuta né è possibile che sia avvenuta. Prima di tutto il bipedalismo non è un vantaggio evolutivo. Il modo in cui si muovono le scimmie è molto più facile veloce ed efficiente rispetto all’andatura bipede dell’uomo. L’uomo non può spostarsi saltando da albero ad albero senza scendere al suolo come uno scimpanzé né correre alla velocità di 125 km l’ora come un ghepardo. Al contrario, dal momento che l’uomo cammina su due piedi, si muove molto più lentamente sul terreno. Per lo stesso motivo, egli è una delle specie meno protette di tutte in natura in termini di movimento e difesa. Secondo la logica dell’evoluzione, le scimmie non si sarebbero dovute evolvere per adottare un’andatura bipede; gli esseri umani si sarebbero invece dovuti evolvere per diventare quadrupedi.
Un’altra impasse per le affermazioni evolutive è che il bipedalismo non serve al modello dello “sviluppo graduale” del darwinismo. Questo modello, che costituisce la base dell’evoluzione, richiede che ci debba essere una andatura “composta” tra bipedalismo e quadrupalismo. Con la ricerca computerizzata che svolse nel 1966, però, Robin Crompton lettore di anatomia alla Liverpool University, dimostrò che tale andatura “composta” non era possibile. Crompton arrivò alla seguente conclusione: un essere vivente può camminare o eretto o su quattro zampe.188 Un tipo di andatura tra le due è impossibile perché comporterebbe un eccessivo consumo di energie. Ecco perché un semi-bipede non può esistere.
L’immenso divario tra uomo e scimmia non si limita solo al bipedalismo. Molti altri punti restano ancora senza spiegazione come la opacità del cervello, la capacità di parlare e così via. Elaine Morgan, una paleo-antropologa evoluzionista, fa la seguente confessione in merito a questo argomento:
Quattro dei maggiori misteri riguardo agli esseri umani sono: 1) perchè camminano su due gambe? 2) perchè hanno perso la pelliccia? 3) perchè hanno sviluppato cervelli così grandi? 4) perchè hanno imparato a parlare?
Le risposte ortodosse a queste domande sono: 1) "Non lo sappiamo ancora”; 2) "Non lo sappiamo ancora”; 3) "Non lo sappiamo ancora”; 4) "Non lo sappiamo ancora”. L’elenco delle domande potrebbe essere notevolmente più lungo senza influenzare la monotonia delle risposte. 189
Lord Solly Zuckerman è uno degli scienziati più famosi del Regno Unito. Per anni ha studiato i reperti fossili e ha condotto molte indagini che gli hanno meritato il titolo di baronetto. Zuckerman è un evoluzionista. Quindi i sui commenti sull’evoluzione non possono essere considerati ignoranti o pregiudiziali. Dopo anni di ricerche sui fossili inclusi nello scenario dell’evoluzione umana, però, egli arrivò alla conclusione che non c’è verità nell’albero genealogico che viene presentato.
Zuckerman avanzò anche un interessante concetto di “spettro delle scienze” che vanno da quelle considerate scientifiche a quelle considerate ascientifiche. Secondo lo spettro di Zuckerman, i campi più scientifici, cioè dipendenti da dati concreti, sono chimica e fisica. Dopo di essi vengono le scienza biologiche e poi le scienze sociali. All’estremità dello spettro, che è la parte considerata più “ascientifica” ci sono le percezioni extrasensoriali, come la telepatia e il “sesto senso” e – in fine - l’evoluzione umana. Zuckerman spiega il suo ragionamento come segue:
Passiamo poi dal registro della verità oggettiva ai campi della presunta scienza biologica, come la percezione extrasensoriale o l’interpretazione della storia dei fossili umani, dove, per la verità tutto è possibile – e dove il fervido credente a volte può credere a diverse cose contraddittorie allo stesso tempo.190
Robert Locke, editore di Discovering Archeology, una importante pubblicazione sulle origini dell’uomo, scrive in quella rivista: “La ricerca degli antenati dell’uomo dà più calore che luce”, citando la confessione del famoso paleo-antropologo evoluzionista Tim White:
Siamo tutti frustrati da “tutte le domande a cui non siamo riusciti a dare una risposta”.192
L’articolo di Locke esamina l’impasse della teoria dell’evoluzione sulle origini dell’uomo e la mancanza di basi della propaganda diffusa sull’argomento.
Forse nessun ambito della scienza è più controverso della ricerca delle origini dell’uomo. İ maggiori paleontologi sono in disaccordo anche sui contorni più fondamentali dell’albero genealogico umano. Nuovi rami crescono in mezzo a grande clamore per seccare e morire di fronte a nuove scoperte fossili. 192
Lo steso fatto è stato accettato di recente da Henry Gee, l’editore della ben nota rivista Nature. Nel suo libro In Search of Deep Time, pubblicato nel 1999, Gee sottolinea che tutte le prove dell’evoluzione umana “tra 10 e 5 milioni di anni fa circa – diverse migliaia di generazioni di creature viventi – possono stare in una piccola scatola”. Egli conclude che le teorie convenzionali sull’origine e lo sviluppo degli esseri umani sono “una invenzione completamente creata dopo i fatti, forgiata secondo i pregiudizi umani”, e aggiunge:
Tracciare una linea dei fossili e affermare che rappresentano una discendenza non è una ipotesi scientifica che può essere testata ma un’asserzione che ha la stessa validità di una favola – divertente, forse anche istruttiva, ma non scientifica. 193
Come abbiamo visto non c’è alcuna scoperta scientifica che supporti o sorregga la teoria dell’evoluzione, solo alcuni scienziati che ciecamente credono in essa. Questi scienziati credono essi stessi nel mito dell’evoluzione, sebbene non abbia alcun fondamento scientifico, e fanno sì che altri credano in essa usando i media che collaborano con loro. Nelle pagine che seguono esamineremo alcuni esempi della ingannevole propaganda fatta nel nome dell'evoluzione.
Anche se gli evoluzionisti non riescono a trovare prove scientifiche a sostegno delle loro teorie, riescono molto bene in una cosa: la propaganda. L’elemento più importante di questa propaganda è la pratica di creare falsi disegni noti come “ricostruzioni”.
La ricostruzione può essere spiegata come un disegno, una immagine o la costruzione di un modello di un essere vivente sulla base di un singolo osso – a volte solo un frammento – che è stato dissotterrato. Gli “uomini-scimmia” che vediamo in giornali, riviste e film sono tutte ricostruzioni.
Poiché i fossili sono di solito frammentati e incompleti, qualsiasi congettura che si basa su di essi può essere completamente speculativa. In realtà, le ricostruzioni (disegni o modelli) fatte dagli evoluzionisti sulla base dei resti fossili, sono preparati in modo speculativo proprio per dare validità alle tesi evolutive. David R. Pilbeam, un eminente antropologo di Harvard, sottolinea questo fatto quando dice: “Almeno in paleo-antropologia, i dati sono ancora così frammentari che la teoria influenza fortemente le interpretazioni. In passato, le teorie hanno chiaramente riflesso le nostre ideologie correnti piuttosto che i veri e propri dati”.194 Poiché la gente è molto influenzata dalle informazioni visive, queste ricostruzioni servono al meglio allo scopo degli evoluzionisti che è quello di convincere la gente che queste creature ricostruite esistevano realmente nel passato.
A questo punto dobbiamo sottolineare un aspetto particolare: Le ricostruzioni basate su resti ossei possono solo rivelare le caratteristiche più generali della creatura perché i reali tratti morfologici distintivi di qualsiasi animale sono i tessuti molli che scompaiono rapidamente dopo la morte. Quindi, a causa della natura speculativa dell’interpretazione dei tessuti molli, i disegni o i modelli ricostruiti dipendono totalmente dall’immaginazione della persona che li produce. Earnst A. Hooten dell’Harvard University, spiega la situazione in questo modo:
Tentare di ripristinare le parti molli è un’impresa ancora più rischiosa. Labbra, occhi, orecchie e punta del naso non lasciano alcun indizio sulle sottostanti parti ossee. Sul cranio di un Neandertaloide si possono modellare con uguale facilità le sembianze di uno scimpanzé o i lineamenti di un filosofo. Queste presunte restaurazioni di antichi tipi di uomini hanno poco o nessun valore scientifico e possono solo fuorviare il pubblico ... Non bisogna fidarsi, quindi, delle ricostruzioni.195
In realtà gli evoluzionisti inventano storie tanto pretestuose da attribuire persino volti differenti allo stesso cranio. Per esempio, i tre diversi disegni ricostruiti per il fossile detto Australopithecus robustus (Zinjanthropus), sono un famoso esempio di tale falsificazione.
La distorta interpretazione dei fossili e la completa fabbricazione di molte ricostruzioni immaginarie sono una indicazione di quanto spesso gli evoluzionisti sono ricorsi ad inganni. Tuttavia questo sembra innocente in confronto alle deliberate falsità perpetrate nella storia dell’evoluzione.
Non c’è alcuna evidenza fossile a sostegno dell’immagine “uomo-scimmia” che viene incessantemente promulgata dai media e dai circoli accademici evoluzionisti. Con i pennelli in mano, gli evoluzionisti producono creature immaginarie; il fatto però che questi disegni non corrispondono ad alcun fossile costituisce per loro un grave problema. Uno dei metodi interessanti che usano per superare questo problema è “produrre” i fossili che non riescono a trovare. L’uomo di Piltdown, che è forse il maggiore scandalo nella storia della scienza, è un tipico esempio di questo metodo.
Nel 1912, un ben noto dottore e paleo-antropologo dilettante di nome Charles Dawson venne fuori con l’asserzione di aver trovato un osso mascellare e un frammento di cranio in una fossa a Piltdown, in Inghilterra. Anche se la mascella era più simile a quella di una scimmia, denti e cranio erano come quelli di un uomo. Questi esemplari furono etichettati come “uomo di Piltdown”. Con una età presunta di 500.000 anni, essi furono messi in mostra in diversi musei come prova assoluta dell’evoluzione umana. Per oltre 40 anni, molti articoli scientifici furono scritti sull’”uomo di Piltdown“, ci furono molte interpretazioni e molti disegni e il fossile fu presentato come prova importante dell’evoluzione umana. Non meno di 500 tesi di laurea furono scritte sull’argomento.196 Mentre visitava il British Museum, nel 1921, l’importante paleontologo americano Henry Fairfield Osborn disse ”dobbiamo sempre ricordare che la natura è piena di paradossi” e proclamò Piltdown “una scoperta di importanza trascendente per la preistoria dell'uomo"197.
Une illustration de N. Parker de l'édition de septembre 1960 de National Geographic
2-Une illustration de Maurice Wilson
3-Une illustration de l'édition du 5 avril 1964 du Sunday Times
Les évolutionnistes inventent des "histoires si grotesques" qu'ils attribuent plusieurs visages au même crâne. Par exemple, les trois dessins de reconstructions faites pour le fossile nommé Australopithecus robustus (Zinjanthropus), sont un célèbre exemple d'une telle supercherie.
Nel 1949, Kenneth Oakley del dipartimento di paleontologia del British Museum, tentò di usare il “test al fluoro”, un nuovo test usato per stabilire la data dei fossili. Fu fatta una prova sul fossile dell’uomo di Piltdown. Il risultato fu stupefacente. Durante il test ci si accorse che la mascella dell’uomo di Piltdown non conteneva fluoro. Questo indicava che era rimasta sepolta solo per pochi anni. Il cranio, che conteneva solo una piccola quantità di fluoro, mostrava che aveva solo poche migliaia di anni.
Fu stabilito che i denti della mascella, appartenenti ad un orangutango, erano stati logorati artificialmente e che gli attrezzi “primitivi” scoperti con i fossili erano semplici imitazioni che erano stati affilati con l’acciaio. Nell’analisi dettagliata completata da Joseph Weiner, questa frode fu rivelata al pubblico nel 1953. Il cranio apparteneva ad un uomo di 500 anni prima e la mascella apparteneva ad una scimmia morta di recente. I denti erano stati disposti in un modo particolare e aggiunti alla mascella e le superfici dei molari erano state riempite in modo che somigliassero a quelli degli uomini. Poi tutti i pezzi erano stati macchiati con dicromato di potassio per dare loro un aspetto antico. Queste macchie cominciarono a sparire quando immerse nell’acido. Sir Wilfred Le Gros Clark, che era nel team che scoprì la frode, non poté nascondere il suo stupore per la situazione e disse: “Le prove dell’abrasione artificiale saltava immediatamente agli occhi. In realtà tanto ovvie che ci si potrebbe chiedere – come non erano state notate prima? Sull’onda di ciò, “l’uomo di Piltdown" fu frettolosamente rimosso dal British Museum dove era rimasto esposto per oltre 40 anni.
Nel 1922, Henry Fairfield Osborn, direttore del museo americano di storia naturale, dichiarò di aver trovato un molare fossile appartenente al periodo Pliocene nel Nebraska occidentale, vicino Snake Brook. Egli asseriva che questo dente aveva caratteristiche comuni all’uomo e alla scimmia. Un ampio dibattito scientifico iniziò intorno a questo fossile, che fu chiamato “uomo del Nebraska”, in cui alcuni interpretavano il dente come appartenente al Pithecanthropus erectus, mentre altri affermavano che era più vicino agli esseri umani. All’uomo del Nebraska fu immediatamente dato un "nome scientifico", Hesperopithecus haroldcooki.
Reconstruction drawings reflect only evolutionists' imaginations, not scientific discoveries.
Molte autorità dettero il loro sostegno a Osborn. Sulla base di questo singolo dente furono disegnate ricostruzioni della testa e del corpo dell’uomo del Nebraska. Inoltre l’uomo del Nebraska fu persino disegnato con moglie e figli, come un’intera famiglia in un ambiente naturale.
Tutti questi scenari furono sviluppati solo da un dente. I circoli evoluzionisti riposero tanta fede in questo “uomo immaginario” che quando un ricercatore di nome William Bryan si oppose a queste distorte conclusioni che facevano affidamento su un singolo dente, fu aspramente criticato.
Nel 1927 furono trovate anche altre parti dello scheletro. Secondo i pezzi successivamente scoperti, il dente non apparteneva né a un uomo né ad una scimmia. Ci si rese conto che apparteneva ad una specie estinta di maiale selvatico americano chiamato Prosthennops. William Gregory intitolò l’articolo pubblicato in Science, in cui annunciava la verità "Hesperopithecus a quanto pare né una scimmia né un uomo”.199 Allora tutti i disegni di Hesperopithecus haroldcooki e della sua “famiglia” furono frettolosamente rimossi dalla letteratura evoluzionista.
Tutti gli inganni scientifici e tutte le valutazioni pregiudiziali fatti a supporto della teoria dell’evoluzione dimostrano che la teoria è un tipo di ideologia e per niente una spiegazione scientifica. Come tutte le ideologie, anche questa ha i suoi sostenitori fanatici che fanno di tutto per dimostrare l’evoluzione, costi quello che costi. Oppure sono tanto dogmaticamente legati alla teoria che ogni nuova scoperta è percepita come una grande prova della teoria stessa anche se non ha nulla a che fare con l’evoluzione. Questa è davvero un’immagine molto penosa per la scienza perché dimostra che essa viene fuorviata in nome di un dogma.
Nel suo libro Darwinism: The Refutation of a Myth, lo scienziato svedese Soren Lovtrup ha da dire quanto segue sull’argomento:
suppongo che nessuno negherà che è una grande sfortuna se una intera branca della scienza diventa dipendente da una falsa teoria. Ma è questo che è accaduto alla biologia: da molto tempo ormai si discutono i problemi evolutivi con un vocabolario peculiarmente “darwinista” – “adattamento”, “pressione selettiva”, “selezione naturale”, ecc., credendo così che esso contribuisca alla spiegazione degli eventi naturali. Non è così... Credo che un giorno il mito darwinista sarà considerato il più grande inganno nella storia della scienza.200
Ulteriori prove che il darwinismo è il più grande inganno della storia della scienza sono fornite dalla biologia molecolare.
145 Richard E. Leakey, The Making of Mankind, Sphere Books Limited, Barcelona, 1982, p. 43.
146 William R. Fix, The Bone Peddlers, Macmillan Publishing Company, New York, 1984, pp. 150-153.
147 "Could science be brought to an end by scientists' belief that they have final answers or by society's reluctance to pay the bills?" Scientific American, December 1992, p. 20.
148 David Pilbeam, "Rearranging Our Family Tree," Human Nature, June 1978, p. 40.
149 C. C. Swisher III, W. J. Rink, S. C. Antón, H. P. Schwarcz, G. H. Curtis, A. Suprijo, Widiasmoro, "Latest Homo erectus of Java: Potential Contemporaneity with Homo sapiens in Southeast Asia," Science, Volume 274, Number 5294, Issue of 13 Dec 1996, pp. 1870-1874; also see, Jeffrey Kluger, "Not So Extinct After All: The Primitive Homo Erectus May Have Survived Long Enough To Coexist With Modern Humans, Time, December 23, 1996
150 Solly Zuckerman, Beyond The Ivory Tower, Toplinger Publications, New York, 1970, pp. 75-94.
151 Charles E. Oxnard, "The Place of Australopithecines in Human Evolution: Grounds for Doubt," Nature, vol. 258, 4 December 1975, p. 389.
152 Isabelle Bourdial, "Adieu Lucy," Science et Vie, May 1999, no. 980, pp. 52-62. (emphasis added)
153 Holly Smith, American Journal of Physical Antropology, vol. 94, 1994, pp. 307-325. (emphasis added)
154 Fred Spoor, Bernard Wood & Frans Zonneveld, "Implications of Early Hominid Labyrinthine Morphology for Evolution of Human Bipedal Locomotion," Nature, vol 369, 23 June 1994, p. 645
155 Fred Spoor, Bernard Wood & Frans Zonneveld, "Implications of Early Hominid Labyrinthine Morphology for Evolution of Human Bipedal Locomotion," Nature, vol 369, 23 June 1994, p. 648
156 Tim Bromage, "Faces From the Past," New Scientist, vol. 133, issue 1803, 11 January 1992, p. 41. (emphasis added)
157 J. E. Cronin, N. T. Boaz, C. B. Stringer, Y. Rak, "Tempo and Mode in Hominid Evolution," Nature, vol. 292, 1981, pp. 117.
158 C. L. Brace, H. Nelson, N. Korn, M. L. Brace, Atlas of Human Evolution, 2. b., Rinehart and Wilson, New York, 1979.
159 Alan Walker and Richard E.F. Leakey, "The Hominids of East Turkana", Scientific American, vol. 239 (2), August 1978, p. 54.
160 Bernard Wood, Mark Collard, "The Human Genus," Science, vol. 284, No 5411, 2 April 1999, pp. 65-71.
161 Marvin Lubenow, Bones of Contention: a creationist assessment of the human fossils, Baker Books, 1992, p. 83.
162 Boyce Rensberger, Washington Post, 19 October 1984, p. A11.
163 Richard Leakey, The Making of Mankind, Sphere Books, London, 1981, p. 116.
164 Marvin Lubenow, Bones of Contention: a creationist assessment of the human fossils, Baker Books, 1992. p. 136.
165 Pat Shipman, "Doubting Dmanisi," American Scientist, November- December 2000, p. 491
166 Erik Trinkaus, "Hard Times Among the Neanderthals," Natural History, vol. 87, December 1978, p. 10; R. L. Holloway, "The Neanderthal Brain: What Was Primitive," American Journal of Physical Anthropology Supplement, vol. 12, 1991, p. 94. (emphasis added)
167 "Neandertals Lived Harmoniously," The AAAS Science News Service, April 3, 1997.
168 Ralph Solecki, Shanidar, The First Flower People, Knopf, New York, 1971, p. 196; Paul G. Bahn and Jean Vertut, Images in the Ice, Windward, Leichester, 1988, p. 72.
169 D. Johanson, B. Edgar, From Lucy to Language, p. 99.
170 S. L. Kuhn, "Subsistence, Technology, and Adaptive Variation in Middle Paleolithic Italy," American Anthropologist, vol. 94, no. 2, March 1992, pp. 309-310.
171 Roger Lewin, The Origin of Modern Humans, Scientific American Library, New York, 1993, p. 131.
172 R.E.F. Leakey, A. Walker, "On the Status of Australopithecus afarensis", Science, vol. 207, issue 4435, 7 March 1980, p. 1103.
173 A. J. Kelso, Physical Antropology, 1st ed., J. B. Lipincott Co., New York, 1970, p. 221; M. D. Leakey, Olduvai Gorge, vol. 3, Cambridge University Press, Cambridge, 1971, p. 272. 174 S. J. Gould, Natural History, vol. 85, 1976, p. 30. (emphasis added)
175 Jeffrey Kluger, "Not So Extinct After All: The Primitive Homo Erectus May Have Survived Long Enough To Coexist With Modern Humans," Time, 23 December 1996.
176 John Noble Wilford, "3 Human Species Coexisted Eons Ago, New Data Suggest," The New York Times, 13 December 1996.
177 John Whitfield, "Oldest member of human family found," Nature, 11 July 2002.
178 D.L. Parsell, "Skull Fossil From Chad Forces Rethinking of Human Origins," National Geographic News, July 10, 2002.
179 John Whitfield, "Oldest member of human family found," Nature, 11 July 2002 .
180 The Guardian, 11 July 2002
181 L. S. B. Leakey, The Origin of Homo Sapiens, ed. F. Borde, UNESCO, Paris, 1972, pp. 25-29; L. S. B. Leakey, By the Evidence, Harcourt Brace Jovanovich, New York, 1974.
182 Robert Kunzig, "The Face of An Ancestral Child", Discover, December 1997, pp. 97, 100. (emphasis added)
183 A. J. Kelso, Physical Anthropology, 1st Ed., 1970, p. 221; M.D. Leakey, Olduvai Gorge, vol. 3, Cambridge: Cambridge University Press, 1971, p. 272
184 Donald C. Johanson & M. A. Edey, Lucy, The Beginnings of Humankind, Simon & Schuster, New York, 1981, p. 250. (emphasis added)
185 "The Leakey Footprints: An Uncertain Path," Science News, vol. 115, 1979, p. 196.
186 Ian Anderson, "Who made the Laetoli footprints?" New Scientist, vol. 98, 12 May 1983, p. 373. (emphasis added)
187 Russell H. Tuttle, "The Pitted Pattern of Laetoli Feet," Natural History, vol. 99, March 1990, p. 64. (emphasis added)
188 Ruth Henke, "Aufrecht aus den Bäumen," Focus, vol. 39, 1996, p. 178.
189 Elaine Morgan, The Scars of Evolution, Oxford University Press, New York, 1994, p. 5.
190 Solly Zuckerman, Beyond The Ivory Tower, Toplinger Publications, New York, 1970, p. 19. (emphasis added)
191 Robert Locke, "Family Fights," Discovering Archaeology, July/August 1999, pp. 36-39.
192 Robert Locke, "Family Fights," Discovering Archaeology, July/August 1999, pp. 36-39.
193 Henry Gee, In Search of Time: Beyond the Fossil Record to a New History of Life, New York, The Free Press, 1999, pp. 126-127.
194 David R. Pilbeam, "Rearranging Our Family Tree," Human Nature, June 1978, p. 45. (emphasis added)
195 Earnest A. Hooton, Up From The Ape, McMillan, New York, 1931, p. 332. (emphasis added)
196 Malcolm Muggeridge, The End of Christendom, Grand Rapids, Eerdmans, 1980, p. 59.
197 Stephen Jay Gould, "Smith Woodward's Folly," New Scientist, 5 April 1979, p. 44.
198 Stephen Jay Gould, "Smith Woodward's Folly," New Scientist, 5 April 1979, p. 43. (emphasis added)
199 William K. Gregory, "Hesperopithecus Apparently Not An Ape Nor A Man," Science, vol. 66, issue 1720, 16 December 1927, p. 579.
200 Søren Løvtrup , Darwinism: The Refutation of A Myth, Croom Helm, New York, 1987, p. 422.