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Per alcuni, il concetto stesso di storia naturale implica l’evoluzione. Il motivo è la forte propaganda che è stata fatta. Nella maggior parte dei paesi, i musei di scienze naturali sono sotto il controllo di biologi evoluzionisti materialisti e sono loro a descrivere quello che c’è in mostra. Invariabilmente essi descrivono le creature che vissero nella preistoria e i loro resti fossili in termini di concetti darwinisti. Un risultato di ciò è che la maggior parte della gente pensa che il concetto di storia naturale sia equivalente a quello di evoluzione.
I fatti, però, sono molto diversi. La storia naturale rivela che classi diverse della vita emersero sulla terra non attraverso un processo evolutivo ma tutte in una volta con tutte le loro complesse strutture pienamente sviluppate sin dall’inizio. Specie viventi diverse comparvero in modo del tutto indipendente l’una dall’altra e senza alcuna "forma di transizione” tra loro.
In questo capitolo esamineremo la vera storia naturale prendendo i reperti fossili come base.
I biologi pongono gli esseri viventi in diverse classi. Questa classificazione, detta “tassonomia” o sistematica”, risale allo scienziato svedese del diciottesimo secolo Carl von Linné, noto come Linneo. Il sistema di classificazione creato da Linneo ha continuato e si è sviluppato fino ai giorni nostri.
Nel sistema di classificazione ci sono categorie gerarchiche. Gli esseri viventi sono per prima cosa divisi in regni, come il regno vegetale e quello animale.
Questi regni sono poi divisi in phyla o categorie. I phyla sono a loro volta divisi in sottogruppi. Dall’alto verso il basso, la classificazione è quella che segue:
Regno
Phylum (plurale phyla)
Classe
Ordine
Famiglia
Genere (plurale generi)
Specie
Oggi la maggior parte dei biologi accetta che ci siano cinque (o sei) regni separati. Oltre a piante e animali considerano i funghi, i protisti (creature unicellulari con un nucleo come le amebe e alcune alghe) e monera (creature unicellulari senza nucleo come i batteri) come regni separati. A volte i batteri sono suddivisi in eubatteri e archeobatteri per sei regni o, secondo alcuni, tre “super-regni” (eubatteri, archeobatteri e eucariote). Il più importante di questi regni è senza dubbio quello animale. E la divisione più alta nell’ambito del regno animale, come visto in precedenza, è quella tra i diversi phyla. Quando si definiscono questi phyla, deve essere tenuto presente il fatto che ciascuno possiede strutture fisiche completamente diverse. Gli Artropodi (insetti, ragni e altre creature con zampe articolate), per esempio, sono un phylum a sé e tutti gli animali del phylum hanno la stessa fondamentale struttura fisica. Il phylum dei Cordati comprende le creature dotate di notocorda, più comunemente nota come corda dorsale. Tutti gli animali con la corda dorsale comei pesci, gli uccelli e i mammiferi che sono familiari nella vita di ogni giorno, appartengono al sub-phylum dei Cordati noto come vertebrati.
Ci sono circa 35 phyla diversi di animali compresi i Molluschi che includono creature dal corpo molle come lumache e polipi o i Nematodi che comprendono piccoli vermi. La caratteristica più importante di queste categorie, come accennato prima, è che posseggono caratteristiche fisiche totalmente diverse. Le categorie un appartenenti a uno stesso phylum posseggono fondamentalmente un progetto corporeo simile, ma i phyla sono molto diversi l’uno dall’altro.
Dopo queste informazioni generali sulla classificazione biologica, consideriamo ora il problema di come e quando questi phyla emersero sulla terra.
Il cosiddetto “albero della vita” disegnato dal biologo evoluzionista Ernst Haeckel nel 1866.
Per prima cosa consideriamo l’ipotesi darwinista. Come sappiamo, Darwin propose che la vita si fosse sviluppata da un solo antenato comune e che avesse assunto tutte le varietà attraverso una serie di piccolissimi cambiamenti. In tal caso, la vita sarebbe dovuta emergere prima in forme molto simili e semplici. E, secondo la stessa teoria, la differenziazione tra gli esseri viventi e la loro crescente complessità devono essere avvenute parallelamente nel corso del tempo.
In breve, secondo Darwin, la vita deve essere come un albero con una radice comune che poi si è diviso in rami diversi. E questa ipotesi è costantemente enfatizzata nelle fonti darwiniste che usano di frequente il concetto di “albero della vita”. Secondo questo concetto di albero, i phyla - le unità fondamentali della classificazione tra esseri viventi - vennero fuori per fasi, come nel diagramma a sinistra. Secondo il darwinismo, un phylum deve prima emergere e poi gli altri devono lentamente venir fuori con minimi cambiamenti nel corso di lunghissimi periodi di tempo. L’ipotesi darwinista è che il numero di phyla animali deve essere gradualmente cresciuto. Il diagramma a lato mostra il graduale aumento di numero di phyla animali secondo la visione darwinista.
Secondo Darwin la vita deve essersi sviluppata in questo modo. Ma è andata veramente così?
Assolutamente no. Proprio al contrario: gli animali sono stati molto diversi e complessi sin dal momento in cui emersero per la prima volta. Tutti i phyla animali conosciuti oggi emersero allo stesso tempo, alla metà del periodo geologico noto come periodo Cambriano. Il periodo Cambriano è un periodo geologico che si stima sia durato circa 65 milioni di anni tra 570 e 505 milioni di anni fa. Ma l’epoca dell’improvviso apparire dei maggiori gruppi animali rientra in una fase ancora più breve del Cambriano spesso detto la “esplosione cambriana”. Stephen C. Meyer, P. A. Nelson, e Paul Chien, in un articolo del 2001 basato su una dettagliata indagine letteraria, notarono che la “esplosione cambriana avvenne in una finestra eccezionalmente stretta del tempo geologico che durò non più di 5 milioni di anni".28
I REPERTI FOSSILI CONFUTANO LA TEORIA DELL’EVOLUZIONE
L’Histoire Naturelle Selon La Theorie De L’Evolution |
La Veritable Histoire Naturelle Selon Les Archives Fossiles |
La teoria dell’evoluzione sostiene che gruppi diversi di esseri viventi (phyla) si svilupparono da un antenato comune e crebbero separatamente col passar del tempo, come afferma il diagramma che precede.. Secondo il darwinismo, gli esseri viventi si differenziarono l’uno dall'altro come i rami di un albero.
Ma i reperti fossili dimostrano proprio il contrario. Come si può vedere nel diagramma che segue, gruppi diversi di esseri viventi emersero all’improvviso con le loro diverse strutture. Circa 100 phyla comparvero improvvisamente nel periodo Cambriano. Successivamente, il numero diminuì piuttosto che crescere (perché alcuni phyla si estinsero). (da www.arn.org)
Prima di allora non c’è traccia nei reperti fossili se non di creature unicellulari e di alcune pluricellulari molto primitive. Tutti i phyla animali comparvero completamente formati tutti in una volta in un periodo molto breve rappresentato dalla esplosione cambriana (cinque milioni di anni è un periodo molto breve in termini geologici)!
I fossili rivenuti nelle rocce cambriane appartengono a creature diverse come lumache, trilobiti, spugne, meduse, stelle marine, molluschi, ecc. La maggior parte delle creature di questo strato hanno sistemi complessi e strutture avanzate come occhi, branchie e sistemi circolatori esattamente come quelli degli esemplari viventi. Queste strutture sono molto avanzate e allo stesso tempo molto diverse.
Richard Monastersky, un redattore della rivista ScienceNews, afferma quanto segue a proposito della "esplosione cambriana” che è una trappola mortale per la teoria evolutiva:
Mezzo miliardo di anni fa,…comparve all’improvviso la forma notevolmente complessa di animali che vediamo oggi. Questo momento, proprio all’inizio del periodo Cambriano, circa 550 milioni di anni fa, segna l’esplosione evolutiva che ha riempito i mari con le prime creature complesse del mondo. 29
Lo stesso articolo cita anche Jan Bergström, un paleontologo che ha studiato i primi depositi Cambriani a Chengjiang, in Cina dicendo: la fauna di Chengjiang dimostra che i grandi phyla animali di oggi erano già presenti all’inizio del Cambriano e che erano distinti come lo sono oggi.30
In che modo la terra fu invasa da un così gran numero di specie animali tutto in una volta e come queste specie diverse senza alcun antenato comune potessero essere emerse è una domanda che resta senza risposta da parte degli evoluzionisti. Lo zoologo Richard Dawkins, dell’Università di Oxford, uno dei maggiori sostenitori al mondo dell’evoluzione, commenta questa realtà che mina alle fondamenta tutti gli argomenti che egli è andato difendendo:
per esempio di strati roccia cambriana… sono i più antichi in cui troviamo la maggior parte dei maggiori gruppi di invertebrati. E troviamo molti di essi in uno stadio di evoluzione avanzato, la prima volta che comparvero.È come se fossero semplicemente piantati lì, senza alcuna storia evolutiva. 31
Phillip Johnson, professore all’Università californiana di Berkeley, che è anche uno dei più famosi critici mondiali del darwinismo, descrive la contraddizione tra questa verità paleontologica e il darwinismo:
La teoria darwinista prevede un “cono di crescente diversità”, con il primo organismo vivente o la prima specie animale, che si diversificava gradualmente e continuamente fino a creare i livelli superiori dell’ordine tassonomico. Il reperto fossile animale somiglia più a questo cono rovesciato, con i phyla presenti all’inizio e che poi vanno decrescendo. 32
Come ha rivelato Phillip Johnson, lungi dall’essere vero che i phyla sono venuti fuori a fasi, in realtà essi vennero all’esistenza all’improvviso, e alcuni si estinsero persino nei periodi successivi. I diagrammi a pagina 610 mostrano la verità che il reperto fossile ha rivelato riguardo all’origine dei phyla.
Come si può vedere, nell Precambriano c’erano tre phyla differenti che consistevano di creature unicellulari. Ma nel periodo Cambriano, emersero all’improvviso da 60 a 100 diversi phyla animali. Nell’era successiva, alcuni di questi phyla si estinsero, e solo alcuni sono giunti fino ai giorni nostri.
Roger Lewin discute questo fatto straordinario che demolisce totalmente tutte le ipotesi darwiniste sulla storia della vita:Descritto di recente come “l’evento evolutivo più importante dell’intera storia mesozoica”, l’esplosione cambriana diede vita virtualmente a tutte le più importanti forme degli organismi animali - Baupläne o phyla — che sarebbero esistite successivamente, comprese molte che furono “sradicate” e si estinsero. In confronto con i circa 30 phyla esistenti, alcune persone stimano che l’esplosione cambriana possa averne generati fino a 100. 33
Lewin continua a chiamare questo fenomeno straordinario dell’era Cambriana un “evento evolutivo”, a causa della fedeltà al darwinismo, ma è chiaro che le scoperte fino ad ora non possono essere spiegate con un approccio evolutivo.
La figura ritrae esseri viventi con strutture complesse del periodo Cambriano. L’emergere di creature tanto diverse, senza alcun antenato comune, invalida completamente la teoria darwinista.
Marrella: una delle interessanti creature fossili trovate nel letto fossile Burgess Shale.
Quello che è interessante è che nuovi ritrovamenti fossili rendono il problema del periodo Cambriano ancora più complicato. Nel numero di febbraio 1999, la rivista Trends in Genetics (TIG), un importante giornale scientifico, tratta questo argomento. In un articolo sul letto fossile di Burgess Shale della regione della Colombia Britannica, in Canada, si confessa che i reperti fossili in questa area non offrono alcun supporto alla teoria dell’evoluzione.
Il letto fossile di Burgess Shale è accettato come una delle più importanti scoperte paleontologiche dei nostri tempi. I fossili di molte specie diverse scoperti nel Burgess Shale comparvero sulla terra all’improvviso, senza che si fossero sviluppati da alcuna specie preesistente trovata negli strati precedenti. TIG esprime questo importante problema come segue:
Un fossile del periodo Cambriano.
Potrebbe sembrare strano che fossili di una piccola località, non importa quanto interessanti, si trovino al centro di un aspro dibattito su temi così ampi della biologia evolutiva. Il motivo è che gli animali irruppero nei reperti fossili con una profusione stupefacente durante il Cambriano, apparentemente dal nulla. Datazioni radiometriche sempre più precise e nuove scoperte fossili hanno solo precisato il carattere improvviso e l’ambito di questa rivoluzione biologica. L’enormità di questo cambiamento nel biota della Terra richiede una spiegazione. Sebbene siano state proposte molte ipotesi, l'idea generale è che nessuna è pienamente convincente. 34
Queste ipotesi “non totalmente convincenti” sono quelle dei paleontologi evoluzionisti. TIG cita due importanti autorità in questo contesto, Stephen Jay Gould e Simon Conway Morris. Entrambi hanno scritto libri per spiegare, dal punto di vista evoluzionista, l’ “improvvisa comparsa di esseri viventi”. Però, come evidenziato anche da TIG, né Wonderful Life di Gouldné The Crucible of Creation: The Burgess Shale and the Rise of Animals di Simon Conway Morris hanno fornito una spiegazione per i fossili di Burgess Shale né per i fossili del periodo Cambriano in generale.
COLONNE DORSALI INTERESSANTI:
Una delle creature che comparvero all’improvviso nel periodo Cambriano è l’allucigenia che si vede in alto a sinistra. Come molti altri fossili cambriani ha colonne dorsali o gusci duri per proteggerlo degli attacchi dei nemici. La domanda a cui gli evoluzionisti non sono in grado di dare una risposta è “in che modo potevano avere un sistema di difesa così efficace quando non c’era alcun predatore nei dintorni?” La mancanza di predatori rende impossibile spiegare questo fatto in termini di selezione naturale.
Un’indagine più approfondita dell’esplosione cambrianacambriana mostra quale grande dilemma essa crei per la teoria dell’evoluzione. Recenti scoperte indicano che quasi tutti i phyla, le divisioni animali più fondamentali, emersero all’improvviso nel periodo Cambriano. Un articolo pubblicato sulla rivista Science nel 2001 dice: "L’inizio del periodo Cambriano circa 545 milioni di anni fa, vide la comparsa improvvisa nei reperti fossili di quasi tutti i principali tipi di animali (phyla) che ancora oggi dominano il biota."35 Lo stesso articolo nota che perché gruppi viventi così complessi e distinti possano essere spiegati secondo la teoria dell'evoluzione, dovrebbero essere stati trovati letti fossili molto ricchi, che mostrino un processo di sviluppo graduale, ma questo non si è ancora avverato:
Questa evoluzione e dispersione differenziale, inoltre, deve aver richiesto una precedente storia del gruppo per la quale non c’è alcun reperto fossile. 36
Il quadro presentato dai fossili cambriani confuta chiaramente le ipotesi della teoria dell’evoluzione e offre forti prove del coinvolgimento di un essere “sovrannaturale” nella loro creazione. Douglas Futuyma, un eminente biologo evoluzionista, ammette tale realtà:
Gli organismi o sono comparsi sulla terra già completamente formati, oppure no. Se non lo erano, essi devono essersi sviluppati da specie preesistenti per mezzo di un processo di modificazione. Se apparvero in uno stato di completo sviluppo, devono essere stati creati da un‘intelligenza onnipotente".37
I reperti fossili indicano chiaramente che gli esseri viventi non si evolvettero da forme primitive ad avanzate, ma emersero invece all’improvviso in uno stato completamente formato. Ciò dimostra che la vita non giunse all’esistenza attraverso processi naturali casuali ma attraverso l’atto di una creazione intelligente. In un articolo dal titolo "The Big Bang of Animal Evolution" nell’importante rivista Scientific American, Jeffrey S. Levinton, Professore di Ecologia ed Evoluzione presso l’Università Statale di New York, accetta questa realtà, anche se a malincuore, dicendo “perciò, qualcosa di speciale e molto misterioso – qualche “forza” altamente creativa – esisteva. 38
Un altro fatto che mette la teoria dell’evoluzione in profonda crisi quando si tratta dell’esplosione cambrianacambriana è il confronto genetico tra i diversi taxa viventi. I risultati di questi confronti rivelano che i taxa animali considerati “parenti stretti” dagli evoluzionisti fino a tempi recenti, sono in realtà geneticamente molto diversi. Ciò confuta totalmente l’ipotesi della “forma intermedia” che esiste solo in teoria. Un articolo pubblicato nella rivista statunitense Proceedings of the National Academy of Sciences, nel 2000, riporta che recenti analisi del DNA hanno riorganizzato i taxa che nel passato venivano considerati "forme intermedie":
L’analisi della sequenza del DNA suggerisce nuove interpretazioni dell’albero filogenico. I taxa, che si pensava rappresentassero gradi successivi della complessità alla base dell’albero metazoico, sono stati spostati in posizioni molto più alte all’interno dell’albero. Questo non lascia alcun “intermedio” evolutivo e ci costringe a ripensare la genesi della complessità bilaterale39.
Nello stesso articolo gli scrittori evoluzionisti notano che i taxa, che erano considerati “intermedi” tra gruppi quali spunge, cnidarian e ctenofori, non possono più essere considerati tali a causa di queste nuove scoperte genetiche. Questi scrittori dicono di aver “perso la speranza” di costruire questi alberi di famiglie evolutive.
La nuova filogenia basata sulla molecola ha diverse implicazioni importanti. La principale è la scomparsa dei taxa “intermedi” tra spugne, cnidariani e ctenofori e l'ultimo antenato comune o "Urbilateria". Un corollario è che abbiamo un ampio iato nel ramo che porta all’Urbilateria. Abbiamo perso la speranza, tanto comune nelle precedenti argomentazioni evoluzioniste, di ricostruire la morfologia “dell’antenato celomato” attraverso uno scenario che comporta gradi successivi di crescente complessità sulla base dell’anatomia di linee “primitive”.
Una delle più interessanti tra le molte specie che comparvero all’improvviso nel periodo Cambriano è quella dei trilobiti, ora estinta. I trilobiti appartenevano al phylum degli Artropodi ed erano creature molto complicate con gusci duri, corpi articolati e organi complessi. I reperti fossili hanno dato la possibilità di fare studi molto dettagliati sugli occhi dei trilobiti. L’occhio dei trilobiti era costituito da centinaia di minuscole sfaccettature, ognuna delle quali conteneva due strati di lenti. Questa struttura è una vera meraviglia della natura. David Raup, professore di geologia a Harvard, a Rochester e all’Università di Chicago, dice: “450 milioni di anni fa, i trilobiti usavano una struttura ottimale che avrebbe richiesto un ingegnere ottico ben preparato e immaginifico per svilupparla oggi. ."41
Un’altra immagine che mostra esseri viventi del periodo Cambriano.
La struttura straordinariamente complessa anche dei trilobiti è sufficiente da sola a invalidare il darwinismo, perché nessuna creatura complessa con strutture simili viveva nelle ere geologiche precedenti, il che dimostra che i trilobiti comparvero senza alcun processo evolutivo alla spalle. Un articolo di Science del 2001 dice:
L’analisi cladistica della filogenia degli artropodi ha rivelato che i trilobiti, come gli eucrustacea, sono “ramoscelli” piuttosto avanzati dell’albero degli artropodi. Ma i fossili di questi ipotetici artropodi ancestrali mancano. Anche se si scoprisse una prova di una precedente origine, resta una sfida spiegare perché tanti animali sarebbero cresciuti di dimensioni e avrebbero acquistato un guscio in un tempo così breve alla base del Cambriano.
Molto poco si sapeva circa la straordinaria situazione del periodo Cambiano, quando Darwin scriveva L’origine delle specie. Solo dopo i tempi di Darwin, i reperti fossili hanno rivelato che la vita era comparsa all’improvviso nel periodo Cambriano e che trilobiti e altri invertebrati giunsero all’esistenza tutto in una volta. Per questo motivo, Darwin non era in grado di trattare in pieno l’argomento nel libro. Ma toccò l’argomento sotto l’intestazione “Della subitanea comparsa di gruppi affini anche nei più antichi strati fossiliferi che si conoscano”, in cui scrisse quanto segue circa il periodo Siluriano (un nome che, all’epoca, comprendeva quello che ora chiamiamo il Cambriano):
Di conseguenza, se la mia teoria è vera, è incontestabile che, prima che fosse depositato lo strato siluriano inferiore, passarono lunghi periodi, uguali e forse anche più lunghi dell'intervallo intero che separa l'epoca siluriana dall'epoca presente; e che in questi estesi periodi di tempo, che ci sono interamente ignoti, il mondo formicolava di creature viventi. Alla domanda perché non troviamo reperti di questi vasti periodi primordiali non so dare una risposta soddisfacente. 43
Darwin disse; “se la mia teoria è vera, l’era [Cambriana] deve essere stata piena di esseri viventi”. Per quanto riguarda la domanda del perché non c’erano fossili di queste creature, egli cercò di cavarsela, in tutto il libro, dicendo che “i reperti fossili sono largamente mancanti”. Ma oggi i reperti fossili sono abbastanza completi e rivelano chiaramente che le creature del periodo Cambriano non avevano antenati. Questo significa che dobbiamo rifiutare la frase di Darwin che inizia con “se la mia teoria è vera". Le ipotesi di Darwin non erano valide e per questo la sua teoria era errata.
I reperti del periodo Cambriano demoliscono il darwinismo sia con i corpi complessi dei trilobiti che con la simultanea comparsa di corpi molto diversi. Darwin scrisse “se numerose specie appartenenti agli stessi generi o alle stesse famiglie avessero veramente cominciato a vivere tutte in una volta, il fatto sarebbe fatale per la teoria della discesa con lente modificazioni che avvengono attraverso la selezione naturale."44- cioè la teoria che sta al cuore del suo libro. Ma come abbiamo visto in precedenza, da 60 a 100 phyla animali diversi iniziarono a vivere nel periodo Cambriano, tutti assieme e allo stesso tempo, senza parlare di categorie minori come le specie. Questo dimostra che il quadro che Darwin aveva descritto come "fatale per la teoria”, è la realtà. Ecco perché il paleoantropologo evoluzionista svizzero Stefan Bengtson, che confessa la mancanza di anelli di congiunzione nel descrivere il periodo Cambriano, fa il seguente commento: "sconcertante (e imbarazzante) per Darwin, questo evento ci rende ancora perplessi".45
Un altro argomento che deve essere affrontato in relazione ai trilobiti è che la struttura composita degli occhi di queste creature di 530 milioni di anni fa è giunta fino ai giorni nostri completamente invariata. Alcuni insetti, come api e libellule, hanno la stessa struttura oculare. 46 Questa scoperta infligge un altro colpo di grazia alla teoria dell’evoluzione secondo cui gli esseri viventi si sono evoluti dal primitivo al complesso.
Come abbiamo detto all’inizio, uno dei phyla che comparvero all’improvviso nel periodo Cambriano è quello dei Cordati, quelle creature con un sistema nervoso centrale contenuto in una scatola cranica e una notocorda o corda dorsale. I vertebrati sono un sottogruppo dei cordati. I vertebrati divisi in classi fondamentali come pesci, anfibi, rettili, uccelli e mammiferi, sono probabilmente le creature più dominanti del regno animale.
Poiché i paleontologi evoluzionisti tentano di vedere ogni phylum come la continuazione evolutiva di un altro phylum, essi affermano che il phylum dei Cordati si sviluppò da un altro, quello degli invertebrati. Ma in realtà, come per tutti i phyla, i membri dei Cordati emersero nel periodo Cambriano invalidando questa affermazione dall’origine.
Una Pikaia fossile, il cordato più antico che si conosce, e la sua ipotetica anatomia (sotto).
Come affermato prima, pesci fossili cambriani di 530 milioni di anni fa furono scoperti nel 1999 e questa stupefacente scoperta fu sufficiente a demolire tutte le affermazioni della teoria dell’evoluzione su questo argomento.
Il più vecchio esemplare del phylum dei Cordati identificato nel periodo Cambriano èuna creatura marina chiamata Pikaia che con il suo lungo corpo ricorda a prima vista un verme. Le Pikaia emersero contemporaneamente a tutte le altre specie del phylum che potevano essere proposte come suoi antenati e senza alcuna forma intermedia. Il professor Mustafa Kuru, un biologo evoluzionista turco, dice nel suo libro vertebrati vertebrati:
Non c’è alcun dubbio che i Cordati si siano sviluppati dagli invertebrati. La mancanza di forme di transizione tra invertebrati e Cordati, però, fa fare alla gente molte ipotesi.48
Se non c’è alcuna forma di transizione tra Cordati e invertebrati, come è possibile dire “non c’è alcun dubbio che i Cordati si svilupparono dagli invertebrati?” Accettare un’ipotesi che manca di prove di supporto senza manifestare alcun dubbio non è certamente un approccio scientifico ma dogmatico. Dopo questa dichiarazione, il professor Kuru discute l’ipotesi evoluzionista riguardante l’origine dei vertebrati e una volta ancora confessa che i reperti fossili dei Cordati consistono solo di spazi vuoti.
Le opinioni espresse in precedenza circa l’origine dei Cordati e l’evoluzione sono sempre affrontate con sospetto perchè non si basano su alcun reperto fossile.49
I biologi evoluzionisti a volte affermano che il motivo per cui non esiste alcun reperto fossile le relativo alle origini dei vertebrati è perché gli invertebrati hanno tessuti molli e, di conseguenza, non lasciano tracce fossili. Questa spiegazione è completamente irreale perché c’è abbondanza di resti fossili di invertebrati. Quasi tutti gli organismi del periodo Cambriano erano invertebrati e sono state raccolte decine di migliaia di esemplari fossili. Per esempio ci sono molti fossili di creature dai tessuti molli nei letti di Burgess Shale in Canada (gli scienziati pensano che gli invertebrati si siano fossilizzati e i loro tessuti molli siano rimasti intatti in regioni come Burgess Shale perché erano stati coperti all’improvviso di fango a basso contenuto di ossigeno)50.
La teoria dell‘evoluzione ipotizza che i primi Cordati come i Pikaia diventarono pesci. Proprio come nel caso della presunta evoluzione dei Cordati, però, la teoria dell’evoluzione dei pesci manca anch’essa di prove fossili a sostegno. Al contrario, tutte le distinte classi di pesci emersero nei reperti fossili all’improvviso e completamente formate. Ci sono milioni di fossili di invertebrati e milioni di fossili di pesci ma nemmeno uno che sia a mezza strada tra di essi.
Robert Carroll ammette l’impasse evoluzionista sulle origini di diversi taxa tra i primi invertebrati.
Non abbiamo ancora prove della natura della transizione tra cefalocordati e craniati. I più antichi vertebrati adeguatamente conosciuti mostrano tutte le caratteristiche definite dei craniati che possiamo aspettarci si siano conservati nei fossili. Non si conosce alcun fossile che documenti l’origine dei vertebrati mandibolati.51
Un altro paleontologo evoluzionista, Gerald T. Todd, ammette un fatto simile in un articolo dal titolo "Evolution of the Lung and the Origin of Bony Fishes":
Tutte e tre le sottodivisioni di questi pesci ossei compaiono nei reperti fossili all’incirca allo stesso tempo. Sono già morfologicamente molto divergenti e sono fortemente corazzati. Come ebbero origine? Che cosa consentì loro di divergere tanto? Come arrivarono tutti ad avere una pesante corazza? E perché non c’è traccia di forme precedenti intermedie? 52
I quadrupedi (o Tetrapodi) è il nome generico dato ad animali vertebrati che abitano sulla terra. Anfibi, rettili, uccelli e mammiferi sono compresi in questa classe. L’ipotesi della teoria dell’evoluzione riguardo ai quadrupedi sostiene che questi esseri viventi si siano sviluppati da pesci che vivevano nel mare. Questa affermazione, però, presenta contraddizioni sia in termini fisiologici che anatomici. Inoltre manca di qualsiasi base nei reperti fossili.
Un pesce avrebbe dovuto subire grosse modifiche per adattarsi alla terra. Fondamentalmente i suoi sistemi respiratori, secretivi e scheletrici avrebbero dovuto tutti modificarsi. Le branchie avrebbero dovuto trasformarsi in polmoni, le pinne avrebbero dovuto acquisire le funzioni di piedi in modo da poter sostenere il peso del corpo, e i reni e l’intero sistema secretivo si sarebbero dovuti trasformare in modo da funzionare in un ambiente terrestre, mentre la pelle avrebbe dovuto acquisire una nuova struttura per prevenire la perdita di acqua. Se non fossero avvenute tutte queste cose, un pesce sarebbe potuto sopravvivere sulla terra solo per pochi minuti.
L’ORIGINE DEI PESCI
I reperti fossili mostrano che anche i pesci, come altri tipi di esseri viventi, comparvero all’improvviso e già in possesso delle loro strutture peculiari. In altre parole i pesci furono creati, non si evolvettero.
1) Un pesce fossile chiamato Birkenia, dalla Scozia. Questa creatura, che si stima abbia 420 milioni di anni, è lunga circa 4 cm.
2)Gruppo di pesci fossili dell’era Mesozoica (da 248 a 65 milioni di anni fa).
3)Uno squalo fossile del genere Stethacanthus, di circa 330 milioni di anni.
4)Pesce fossile di circa 360 milioni di anni del periodoDevoniano. Chiamato Osteolepis panderi, è lungo circa 20 cm e somiglia molto da vicino ai pesci odierni.
Pesce fossile di 110 milioni di anni del letto fossile Santana in Brasile.
Quindi, in che modo l’opinione evoluzionista spiega l’origine di animali che abitano sulla terra? Alcuni superficiali commenti nella letteratura evoluzionista si basano principalmente sulla logica di Lamarck. Per esempio, riguardo alla trasformazione delle pinne in piedi, essi dicono, “proprio quando i pesci iniziarono a strisciare sulla terra, le pinne gradualmente divennero piedi”. Ali Demirsoy, uno dei più importanti scienziati evoluzionisti della Turchia, scrive quanto segue: “forse le penne dei pesci dotati di polmoni diventarono piedi di anfibi quando essi strisciavano nell’acqua fangosa”53.
Come detto prima, questi commenti si basano sulla logica di Lamarck dal momento che il commento si fonda essenzialmente sul miglioramento di un organo attraverso l’uso e il trasferimento di questa caratteristica alle generazioni successive. Sembra che la teoria postulata da Lamarck, che era crollata un secolo fa, abbia ancora oggi una forte influenza sull’inconscio dei biologi evoluzionisti.
Se mettiamo da parte questi scenari lamarchiani, e quindi non scientifici, dobbiamo rivolgere la nostra attenzione agli scenari basati sulla mutazione e sulla selezione naturale. Quando si esaminano questi meccanismi, però, si può vedere che la teoria del passaggio dall’acqua alla terra è in una completa impasse.
Lo scenario del “passaggio dall’acqua alla terra”, spesso sostenuto nelle pubblicazioni evoluzioniste adoperando diagrammi immaginifici come quello che precede, è frequentemente presentato con la logica lamarckiana che è chiaramente pseudoscienza.
Immaginiamo in che modo un pesce potrebbe emergere dall’acqua e adattarsi alla terra: se il pesce non subisce una rapida modifica nei sistemi respiratorio, secretivo e scheletrico, inevitabilmente muore. La catena di mutazioni, che è necessario avvenga, deve immediatamente fornire al pesce polmoni e reni terrestri. Similmente questo meccanismo deve trasformare le pinne in piedi e fornire la struttura cutanea che trattiene l’acqua all’interno del corpo. Inoltre, questa catena di mutazioni deve aver luogo durante la vita di un singolo animale.
Nessun biologo evoluzionista sosterrebbe mai una tale catena di mutazioni. La natura non plausibile e senza senso dell’idea stessa è ovvia. Nonostante ciò, gli evoluzionisti presentano il concetto di “preadattamento” che significa che i pesci acquisiscono le caratteristiche di cui hanno bisogno mentre sono ancora in acqua. In breve, la teoria dice che i pesci acquisiscono le caratteristiche di animali che vivono sulla terra prima ancora di sentire il bisogno di queste caratteristiche, mentre ancora vivono nel mare.
Un tale scenario, però, è privo di logica anche se osservato dal punto di vista della teoria dell’evoluzione. Certamente acquisire le caratteristiche di un animale che vive sulla terra non sarebbe un vantaggio per un animale marino. Di conseguenza, l’affermazione che queste caratteristiche si presentarono attraverso la selezione naturale non si fonda su alcun terreno razionale. Al contrario, la selezione naturale avrebbe eliminato qualunque creatura che subisse un “preadattamento” perché acquisire tratti che consentissero a tale creatura di vivere sulla terra, le avrebbe sicuramente provocato uno svantaggio nel mare.
In breve, lo scenario del "passaggio dal mare alla terra” è in un vicolo cieco. Ecco perché Henry Gee, editor di Nature, considera questo scenario un racconto non scientifico:
Le narrazioni convenzionali sull’evoluzione, sugli ‘anelli mancanti’, sono intrinsecamente non suscettibili di essere messe alla prova, perché gli eventi hanno avuto un solo corso – quello implicito nella stessa narrazione. Se la narrazione riguarda il modo in cui un gruppo di pesci strisciò sulla terra e sviluppò le zampe, si è costretti a vedere questo come un evento avvenuto un’unica volta, perché è così che va la narrazione. Si può sottoscrivere questa narrazione o no. Non ci sono alternative.54
L’impasse non deriva solo dai presunti meccanismi dell’evoluzione ma anche dai reperti fossili o dallo studio dei tetrapodi viventi. Robert Carroll deve ammettere che “né i reperti fossili né lo studio dello sviluppo dei generi moderni forniscono ancora un quadro completo del modo in cui si sono evolute le membra accoppiate dei tetrapodi”.55
Si afferma che parecchi generi di pesci e anfibi rappresentino il passaggio da pesci a tetrapodi, ma nessuno di questi presenta caratteristiche di forme di transizione.
Gli storici evoluzionisti della natura fanno riferimento ai celecanti (e ai parenti vicini, i ripidisti, estinti) come ai più probabili antenati dei quadrupedi. Questi pesci appartengono alla sottoclasse dei crossopterigi. Gli evoluzionisti investono in loro tutte le proprie speranze, semplicemente perché le loro pinne hanno strutture relativamente “carnose”. Tuttavia questi pesci non sono forme di transizione e ci sono enormi differenze anatomiche e fisiologiche tra questa classe e gli anfibi.
È a causa delle enormi differenze anatomiche tra loro che i pesci non possono essere considerati gli antenati evolutivi degli anfibi. I due esempi preferiti della maggior parte degli scenari evolutivi contemporanei riguardanti le origini dei tetrapodi sono l’Eusthenopteron (un pesce estinto) e lo Acanthostega (un anfibio estinto). Robert Carroll, nel suo Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, fa il seguente commento su queste forme ipoteticamente imparentate tra di loro :
L’Eusthenopteron e l’Acanthostega possono essere presi come i punti finali del passaggio tra pesci e anfibi. Delle 145 caratteristiche anatomiche che potrebbero essere messe a confronto tra questi due generi, 91 mostravano cambiamenti associati all’adattamento alla vita sulla terra… Questo è di gran lunga superiore al numero di cambiamenti che sono avvenuti in ognuna delle transizioni che coinvolgono l’origine dei quindici principali gruppi di tetrapodi paleozoici.56
Novantuno differenze su 145 caratteristiche anatomiche… E gli evoluzionisti credono che tutte furono riprogettate attraverso un processo di mutazioni casuali in circa 15 milioni di anni.57 Credere a un tale scenario potrebbe essere necessario per amore della teoria dell’evoluzione, ma non è scientificamente e razionalmente fondato. Questo è vero per tutte le altre versioni dello scenario pesci-anfibi, che differiscono secondo i candidati scelti come forme di transizione. Henry Gee, l’editor di Nature, fa un commento simile sullo scenario che si basa sullo Ichthyostega, un altro anfibio estinto con caratteristiche molto simili a quelle dell’Acanthostega:
L’affermazione che l'Ichthyostegasia un anello mancante tra pesci e successivi tetrapodi rivela ancora di più sui pregiudizi che abbiamo riguardo le creature che si suppone siano oggetto di studio. Dimostra quanto ci risulta imposta una visione ristretta della realtà, basata sulla nostra esperienza limitata. quando la realtà può essere più ampia, più strana e più diversa di quanto possiamo immaginare. 58
Un’altra caratteristica notevole delle origini degli anfibi è l’improvvisa comparsa delle tre categorie anfibie di base. Carroll nota che “i primi fossili di rane, cecilie e salamandre comparvero tutti tra il primo e il medio Giurassico. Tutti mostrano la maggior parte degli attributi importanti dei loro discendenti viventi".59 In altre parole questi animali comparvero all’improvviso e non hanno subito alcuna evoluzione da allora.
Non c’è alcun processo “evolutivo” all’origine delle rane. Le rane più antiche che si conoscano sono completamente diverse dai pesci e comparvero con tutte le loro caratteristiche peculiari. Le rane dei giorni nostri hanno le stesse caratteristiche. Non c’è alcuna differenza tra la rana conservata nell’ambra nella Repubblica Dominicana e gli esemplari che vivono oggi.
I pesci appartenenti alla famiglia dei celecanti erano una volta accettati come prova forte dell’esistenza di forme di transizione. Basando le loro argomentazioni sui celecanti fossili, i biologi evolutivi proposero che questo pesce avesse un polmone primitivo (non completamente funzionante). Molte pubblicazioni scientifiche affermavano questo fatto insieme a disegni che mostravano in quali modi i celecanti erano passati sulla terra dall’acqua. Tutto ciò si basava sull’ipotesi secondo cui il celecanto era una specie estinta.
Il 22 dicembre 1938, però, fu fatta una scoperta molto interessante nell’Oceano Indiano. Fu catturato un esemplare vivente della famiglia dei celecanti, presentato in precedenza come forma di transizione estinta 70 milioni di anni fa! La scoperta di un esemplare vivente di celecanto sconvolse gli evoluzionisti. Il paleontologo evoluzionista J. L. B. Smith disse, “se avessi incontrato un dinosauro per la strada non sarei stato più stupefatto".60 Negli anni a venire, furono catturati 200 celecanti, molte volte in diverse parti del mondo.
I celecanti viventi rivelarono quanto infondate fossero le speculazioni su di loro. Al contrario di quanto era stato affermato, i celecanti non avevano né polmoni primitivi né un grosso cervello. L’organo che i ricercatori evoluzionisti avevano proposto come polmoni primitivi si rivelò essere nient’altro che una vescica natatoria piena di grasso.61 Inoltre il celecanto, che fu presentato come “un candidato rettile pronto a passare dal mare alla terra”, era in realtà un pesce che viveva nelle profondità degli oceani e non si avvicinava mai a meno di 180 metri della superficie.62
A seguito di ciò, il celecanto improvvisamente perse tutta la sua popolarità nelle pubblicazioni evoluzioniste. Peter Forey, un paleontologo evoluzionista, dice, in articolo su Nature:
la scoperta dei Latimeria suscitò la speranza di raccogliere informazioni dirette del passaggio dei pesci in anfibi perché allora c’era una credenza fortemente sostenuta che i celecanti fossero vicini ad essere antenati dei tetrapodi. Ma studi sull’anatomia e sulla fisiologia dei Latimeriahanno scoperto che questa teoria della parentela è manchevole e la reputazione del celecanto vivente come anello mancante sembra ingiustificata.63
Questo significò che la sola vera affermazione di una forma di transizione tra pesci e anfibi era stata demolita.
L’affermazione secondo cui i pesci sarebbero gli antenati di creature che abitano sulla terra è invalidata da osservazioni anatomiche e fisiologiche nonché dai reperti fossili. Quando esaminiamo le enormi differenze anatomiche e fisiologiche tra creature che abitano l’acqua e quelle che abitano la terra, possiamo vedere che queste differenze non potrebbero essere scomparse in un processo evolutivo con cambiamenti graduali basati sul caso. Possiamo elencare le più evidenti di queste differenze come segue:
1- Sostegno del peso: le creature che abitano nel mare non hanno problemi a sostenere il proprio peso, ma le strutture del loro corpo non sono fatte per tale compito sulla terra. La maggior parte delle creature terrestri, infatti, consuma il 40 percento delle proprie energie solo per portare il giro il proprio corpo. Le creature che si afferma abbiano fatto il passaggio dall’acqua alla terra avrebbero dovuto sviluppare allo stesso tempo nuovi sistemi muscolari e ossei per soddisfare questi bisogni energetici e questo non potrebbe essere avvenuto attraverso mutazioni casuali.
1-Midollo renale, 2 - Cortecci renale, 3 - Midollo renale, 4 -Arteria renale, 5 - Vena renale, 6 -Pelvi renale, 7 - Uretra, 8 - Seno renale, 9 - Capsula renale, 10 - Papilla renale, 11 - Seno renale, 12 - Neurone, 13 - capsula di Bowman
IL PROBLEMA DEI RENI
I pesci eliminano le sostanze dannose dal corpo direttamente nell’acqua, ma gli animali terrestri hanno bisogno dei reni. Per questo motivo, lo scenario del passaggio dall'acqua alla terra richiede lo sviluppo fortuito dei reni. I reni, però, hanno una struttura straordinariamente complessa e, per di più, per funzionare devono essere presenti al 100 percento e completamente in buon ordine. Un rene sviluppato al 50, al 70 o anche al 90 percento non avrebbe alcuna funzione. Poiché la teoria dell’evoluzione dipende dall’assunto secondo cui “organi che non sono usati scompaiono”, un 50 percento dei reni sviluppati scomparirà dal corpo nella prima fase dell’evoluzione.
Il motivo di base per cui gli evoluzionisti immaginano il celecanto e altri pesci simili come antenati di creature che abitano sulla terra è che le loro pinne contengono ossa. Si presume che nel tempo, queste pinne siano diventate piedi in grado di sopportare il peso. C’è, però, una differenza fondamentale tra le ossa di questi pesci e i piedi delle creature che abitano sulla terra. È impossibile che le prime assumano una funzione di sostegno del peso, perché non sono collegate alla colonna vertebrale. Le ossa delle creature che abitano sulla terra, al contrario, sono direttamente collegate alla colonna vertebrale. Per questo motivo, l'affermazione che tali pinne si trasformarono lentamente in piedi è infondata.
METAMORFOSI
Le rane nascono nell’acqua, vivono lì per un certo tempo e finalmente emergono sulla terraferma nel corso di un processo noto come “metamorfosi”. Alcuni pensano che la metamorfosi sia una prova dell’evoluzione mentre le due cose, in realtà, non hanno nulla a che fare l’una con l’altra.
L’unico meccanismo innovativo proposto dall’evoluzione è la mutazione. La metamorfosi, però, non avviene per mezzo di effetti causati da coincidenze, come fa la mutazione. Al contrario, questo cambiamento è scritto nel codice genetico delle rane. In altre parole, quando la rana nasce, è già evidente che ha un tipo di corpo che le consentirà di vivere sulla terra. Ricerche compiute in anni recenti dimostrano che la metamorfosi è un processo complesso governato da diversi geni. Per esempio, proprio la perdita della coda, durante questo processo, è governata, secondo la rivista Science News, da oltre una dozzina di geni (Science News, 17 luglio 1999, pagina 43).
Le affermazioni degli evoluzionisti riguardanti il passaggio dall’acqua alla terra, dicono che i pesci, con un codice genetico completamente creato per consentire loro di vivere nell’acqua, si sarebbero trasformati in creature terrestri come risultato di mutazioni casuali. Proprio per questo motivo, però, la metamorfosi in effetti confuta l’evoluzione piuttosto che sostenerla, perché il minimo errore nel processo significherebbe la morte della creatura o la sua deformità. È essenziale che la metamorfosi avvenga perfettamente. È impossibile che un processo così complesso, che non lascia spazio ad errori, sia avvenuto per messo di mutazioni casuali come sostenuto dall’evoluzione.
2- Conservazione del calore: sulla terra la temperatura può cambiare rapidamente e fluttuare entro una gamma molto vasta. Le creature che vivono sulla terra possiedono un meccanismo fisico che può sopportare grandi cambiamenti di temperatura. Nel mare, però, la temperatura cambia lentamente ed entro una gamma ristretta. Un organismo vivente con un sistema corporeo regolato secondo la temperatura costante del mare avrebbe avuto bisogno di acquisire un sistema protettivo per subire meno danni dai cambiamenti di temperatura sulla terra. È pretestuoso affermare che i pesci acquisirono un tale sistema attraverso mutazioni casuali appena passarono sulla terra.
3- Acqua: essenziale per il metabolismo, l’acqua deve essere usata con parsimonia, a causa della relativa scarsità sulla terra. Per esempio, la pelle deve essere in grado di consentire una certa dispersione dell’acqua, impedendo allo stesso tempo l’eccessiva evaporazione. Ecco perché le creature che vivono sulla terra hanno sete, al contrario delle creature che vivono nel mare. Per questo motivo la pelle degli animali che vivono nel mare non è adatta a un habitat non acquatico.
4- Reni: gli organismi che vivono nel mare scaricano i materiali di rifiuto, specialmente l’ammoniaca, per mezzo dell’ambiente acquatico. Nei pesci di acqua dolce, la maggior parte dei residui di azoto (compresi grandi quantitativi di ammoniaca, NH3) fuoriesce per diffusione dalle branchie. I reni rappresentano principalmente un dispositivo per conservare l’equilibrio acquoso dell’animale, più che un organo di secrezione. I pesci marini ne hanno due tipi: squali e razze possono sopportare livelli di urea molto alti nel sangue. Il sangue degli squali può contenere il 2,5% di urea a differenza dello 0,01-0,03% di altri vertebrati. Gli altri tipi, cioè i pesci ossei marini, sono molto diversi. Essi perdono acqua in continuazione, ma la sostituiscono bevendo l’acqua del mare e desalinizzandola. Per eliminare gli eccessi o i soluti di scarto, fanno affidamento su sistemi secretivi che sono molto diversi da quelli dei vertebrati terrestri. Perché fosse avvenuto il passaggio dall’acqua alla terra, quindi, gli esseri viventi senza reni avrebbero dovuto sviluppare improvvisamente un sistema renale.
5- Sistema respiratorio: i pesci “respirano” prendendo l’ossigeno sciolto nell’acqua che lasciano passare attraverso le branchie. Non possono vivere più di pochi minuti fuori dall’acqua. Per sopravvivere sulla terra avrebbero dovuto acquisire all’improvviso un sistema polmonare perfetto.
È del tutto impossibile che tali drastici cambiamenti fisiologici possano essere avvenuti nello stesso organismo contemporaneamente e per caso.
Dinosauri, tartarughe, lucertole, coccodrilli – tutti questi ricadono sotto la classe dei rettili. Alcuni, come i dinosauri, sono estinti, ma la maggioranza di queste specie vive ancora sulla terra. I rettili hanno alcune caratteristiche peculiari. Per esempio, i loro corpi sono coperti di scaglie e sono a sangue freddo, il che significa che non possono regolare in modo fisiologico la temperatura corporea (questo è il motivo per cui espongono il corpo alla luce del sole per scaldarsi). La maggior parte si riproduce deponendo uova.
UOVA DIVERSE
Una delle incoerenze dello scenario evolutivo anfibi-rettili è la struttura delle uova. Le uova degli anfibi, che si sviluppano nell’acqua, hanno una struttura gelatinosa e una membrana porosa, mentre le uova dei rettili, come mostra la ricostruzione di un uovo di dinosauro, a sinistra, sono dure e impermeabili per conformarsi alle condizioni sulla terra. Perché un anfibio diventasse un rettile, le sue uova avrebbero dovuto trasformarsi, per coincidenza, in perfette uova di rettili e il minimo errore in tale processo avrebbe portato all’estinzione della specie.
Per quanto riguarda l’origine di queste creature, l’evoluzione è ancora una volta in un’impasse. I darwinisti affermano che i rettili si svilupparono dagli anfibi. Non è stata però mai fatta alcuna scoperta per verificare una tale affermazione. Al contrario, il confronto tra gli anfibi e i rettili dimostra che ci sono enormi differenze fisiologiche tra i due e che un “mezzo rettile – mezzo anfibio” non avrebbe avuto alcuna possibilità di sopravvivere.
Un esempio delle differenze fisiologiche tra questi due gruppi è la diversa struttura delle loro uova. Gli anfibi depongono le uova nell’acqua ed esse sono gelatinose, con una membrana trasparente e permeabile. Queste uova hanno la struttura ideale per svilupparsi nell’acqua. I rettili, d’altro canto, depongono le uova sulla terra e, di conseguenza, le loro uova sono create per sopravvivere là. Il guscio duro delle uova dei rettili, noto anche come “uovo amniotico”, consente l’ingresso dell’aria ma è impermeabile all’acqua. In questo modo, l’acqua necessaria per lo sviluppo dell’animale viene tenuta all'interno dell’uovo.
Se le uova degli anfibi fossero deposte sulla terra, si asciugherebbero immediatamente uccidendo l’embrione. Questo non può essere spiegato nei termini dell’evoluzione che asserisce che i rettili si svilupparono gradualmente dagli anfibi. Infatti, perché la vita potesse cominciare sulla terra, l’uovo degli anfibi avrebbe dovuto diventare di tipo amniotico entro il periodo di vita di una sola generazione. In che modo un tale processo sia potuto avvenire per mezzo della selezione naturale e delle mutazioni – i meccanismi dell’evoluzione – è inspiegabile. Il biologo Michael Denton spiega i dettagli dell’impasse evoluzionista su questo punto:
Ogni testo sull’evoluzione asserisce che i rettili si sono evoluti dagli anfibi, ma nessuno spiega come l’adattamento più peculiare dei rettili, l’uovo amniotico, sia venuto fuori gradualmente come risultato di successivi accumuli di piccoli cambiamenti. L’uovo amniotico dei rettili è molto più complesso di quello degli anfibi. Ci sono a stento due uova in tutto il regno animale che differiscono in modo più fondamentale…L’origine dell’uovo amniotico e la transizione dagli anfibi ai rettili è un’altra delle importanti divisione dei vertebrati per cui non sono mai stati forniti schemi evolutivi chiaramente elaborati. Cercando di spiegare, per esempio, in che modo il cuore e gli archi aortici di un anfibio potrebbero essersi gradualmente convertiti in quelli dei rettili e nelle condizioni dei mammiferi solleva problemi assolutamente terribili.64
Né i reperti fossili forniscono alcuna prova per confermare l‘ipotesi evoluzionista riguardo all’origine dei rettili.
Robert L. Carroll è obbligato ad accettare ciò. Nella sua opera classica Vertebrate Paleontology and Evolution, egli ha scritto che “i primi amnioti sono sufficientemente distinti da tutti gli anfibi paleozoici e la loro specifica ascendenza non è stata stabilita”.65 Nel suo libro più recente Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, pubblicato nel 1997, egli ammette che “l’origine dei moderni ordini degli anfibi (e) la transizione tra i primi tetrapodi” sono ancora scarsamente note insieme con l’origine di molti altri gruppi maggiori.66
L’ERRORE DEI SEYMOURIA
Una volta gli evoluzionisti sostenevano che il fossile di Seymouria a sinistra era una forma di transizione tra anfibi e rettili. Secondo questo scenario, la Seymouria sarebbe stata “l’antenato primitivo dei rettili”. Successive scoperte fossili, però, dimostrarono che i rettili vivevano sulla terra circa 30 milioni di anni prima dei Seymouria. Alla luce di ciò, gli evoluzionisti misero fine ai loro commenti riguardo ai Seymouria
Un pitone fossile di circa 50 milioni di anni fa del genere Palaeopython.
Lo stesso fatto è riconosciuto da Stephen Jay Gould:
Nessun anfibio fossile sembra chiaramente antenato della linea dei vertebrati pienamente terrestri (rettili, uccelli, e mammiferi)67
Finora, il più importante animale presentato come “antenato dei rettili” è stata la Seymouria, una specie di anfibio. Il fatto che la Seymouria non potesse essere una forma di transizione è stato però rivelato dalla scoperta che i rettili esistevano sulla terra circa 30 milioni di anni prima che la Seymouria vi apparisse per la prima volta. Le più antiche Seymourie fossili sono stati trovate nello strato del Permiano inferiore, cioè 280 milioni di anni fa. Invece le specie di rettili più antichi conosciuti, l’Hylonomus e il Paleothyris, furono trovati negli strati inferiori del Pennsylvaniano, il che li rende vecchi di 315-330 milioni di anni.68 È certamente non plausibile che lo “antenato dei rettili” vivesse successivamente ai primi rettili.
In breve, al contrario dell’affermazione degli evoluzionisti secondo cui gli esseri viventi si evolvettero gradualmente, i fatti scientifici rivelano che comparvero sulla terra all’improvviso e pienamente formati.
Inoltre ci sono confini insormontabili tra ordini di rettili molto diversi come serpenti, coccodrilli, dinosauri e lucertole. Ciascuno di questi ordini diversi compare all’improvviso nei reperti fossili e con strutture molto diverse. Osservando le strutture molto diverse di questi gruppi, gli evoluzionisti arrivano ad immaginare i processi evolutivi che potrebbero essere avvenuti. Ma queste ipotesi non si riflettono nei reperti fossili. Per esempio, un‘ipotesi evolutiva molto diffusa è che i serpenti si evolvettero da lucertole che persero gradualmente le zampe. Ma gli evoluzionisti non sono in grado di rispondere alla domanda su quali “vantaggi” avrebbe tratto una lucertola che cominciasse a perdere gradualmente le zampe e sul modo in cui questa creatura poteva essere “preferita” dalla selezione naturale.
Resta da dire che i serpenti più antichi che si conoscano non hanno alcuna caratteristica di “forma intermedia" e che non sono diversi dai serpenti dei giorni nostri, Il fossile di serpente più antico che si conosca è la Dinilysia, trovato nelle rocce del Cretaceo superiore in Sud America. Robert Carroll accetta che questa creatura “mostra una fase di evoluzione abbastanza avanzata di queste caratteristiche [le caratteristiche specializzate del cranio dei serpenti]”,69 in altre parole che già possedeva tutte le caratteristiche dei serpenti dei giorni nostri.
Un altro ordine di rettili è quello delle tartarughe che emersero nei reperti fossili insieme con i gusci che sono tanto caratteristici delle stesse. Le fonti evoluzioniste affermano che “sfortunatamente le origini di questo ordine di gran successo sono oscurate dalla mancanza di fossili antichi, sebbene le tartarughe lascino resti fossili più numerosi e migliori rispetto ad altri invertebrati. Entro la metà del periodo giurassico (circa 200.000.000 anni fa) le tartarughe erano numerose e in possesso delle loro caratteristiche di base…Forme intermedie tra tartarughe e cotilosauri, i rettili da cui [si suppone] derivarono le tartarughe, mancano completamente”70.
Quindi Robert Carroll è anche costretto a dire che le prime tartarughe si incontrano nelle formazioni triassiche in Germania e che queste si distinguevano facilmente dalle altre specie grazie al guscio duro che era molto simile a quello degli esemplari che vivono oggi. Va poi avanti affermando che nessuna traccia di tartarughe precedenti o più primitive è stata mai identificata, sebbene le tartarughe si fossilizzino molto facilmente e siano facilmente riconoscibili, anche se se ne trovano parti molto piccole.71
Tutti questi tipi di esseri viventi emersero all’improvviso e in modo indipendente. Questo fatto è una prova scientifica che furono creati.
Un fossile di rettile volante della specie Pterodactylus kochi. Questo esemplare, trovato in Baviera, ha circa 240 milioni di anni.
Un gruppo interessante nella classe dei rettili è costituito da quelli volanti. Questi emersero per la prima volta 200 milioni di anni fa nel Triassico superiore ma successivamente si estinsero. Queste creature erano rettili perché avevano tutte le caratteristiche fondamentali della classe. Erano a sangue freddo (cioè non erano in grado di regolare il calore interno) e i loro corpi erano ricoperti di scaglie. Ma avevano ali possenti e si pensava che questo consentisse loro di volare.
I rettili volanti sono ritratti in alcune popolari pubblicazioni evoluzioniste come scoperte paleontologiche che supportano il darwinismo – almeno è l’impressione che danno. L’origine dei rettili volanti, però, è in realtà un vero problema per la teoria dell’evoluzione. La più chiara indicazione di ciò è che i rettili volanti comparvero improvvisamente e completamente formati senza alcuna forma intermedia tra loro e i rettili terrestri. I rettili volanti possedevano ali perfettamente create che nessun rettile terrestre possedeva. Nessuna creatura semialata è stata mai incontrata nei reperti fossili.
In ogni caso, nessuna creatura semialata potrebbe essere vissuta perchè se immaginarie creature fossero esistite, avrebbero avuto gravi svantaggi rispetto agli altri rettili, avendo perso le zampe anteriori ma essendo comunque incapaci di volare. In tal caso, secondo le stesse regole dell’evoluzione, sarebbero state eliminate e si sarebbero estinte.
Infatti, quando si esaminano le ali dei rettili volanti, si nota che hanno strutture così perfette da non poter essere mai attribuite all’evoluzione. Proprio come gli altri rettili hanno cinque dita sulle zampe anteriori, i rettili volanti hanno cinque dita sulle ali. Ma il quarto dito è circa 20 volte più lungo degli altri e l’ala sporge da sotto quel dito. Se i rettili terrestri si fossero evoluti in rettili volanti, allora questo quarto dito sarebbe dovuto crescere gradualmente, col passar del tempo. Non solo il quarto dito, ma tutta la struttura dell’ala avrebbe dovuto svilupparsi con mutazioni casuali e tutto il processo avrebbe dovuto apportare qualche vantaggio alla creatura. Duane T. Gish, uno dei principali critici della teoria dell’evoluzione a livello paleontologico, fa questo commento:
Un fossile di Eudimorphodon, una delle più antiche specie di rettili volanti. Questo esemplare, trovato nell’Italia settentrionale, ha circa 220 milioni di anni.
la nozione stessa di un rettile terrestre che possa essersi gradualmente convertito in un rettile volante è assurda. Le strutture incipienti, semi-evolute, piuttosto che confermare i vantaggi per le fasi intermedie, sarebbero state un grosso svantaggio. Per esempio, gli evoluzionisti suppongono che, per quanto possa sembrare strano, avvennero mutazioni che influenzarono solo il quarto dito, poco per volta. Naturalmente altre mutazioni casuali, avvenute contemporaneamente, per quanto possa sembrare incredibile furono responsabili della graduale origine della membrana alare, dei muscoli del volo, dei tendini, dei nervi, dei vasi sanguigni e delle altre strutture necessarie a formare le ali. In qualche fase, il rettile volante in evoluzione, avrebbe avuto ali al 25 percento. Questa strana creatura, però, non sarebbe mai sopravvissuta. A che servono ali al 25 percento? Ovviamente la creatura non poteva volare e non poteva più correre… 72
In breve, è impossibile spiegare le origini dei rettili volanti con i meccanismi dell’evoluzione darwiniana. E, infatti, i reperti fossili rivelano che non ebbe luogo alcun processo evolutivo. Gli strati fossili contengono solo rettili di terra come quelli che conosciamo oggi e rettili volanti perfettamente sviluppati. Non c’è alcuna forma intermedia. R. Carroll, come evoluzionista, fa la seguente ammissione:
…tutti gli pterosauri del Triassico erano altamente specializzati per il volo… Essi forniscono poche prove della loro specifica discendenza e nessuna di fasi precedenti nell’origine del volo.73
Più di recente, Carroll nel suo Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, mette l’origine degli pterosauri tra le transizioni importanti di cui non si sa molto.74
Come si può vedere, non c’è alcuna prova dell’evoluzione dei rettili volanti. Poiché per la maggior parte delle persone il termine “rettile” indica solo quelli che vivono sulla terra, popolari pubblicazioni evoluzioniste cercano di dare l’impressione che i rettili svilupparono le ali e iniziarono a volare. Resta il fatto, però, che sia i rettili abitanti sulla terra che quelli volanti comparvero senza alcuna relazione evolutiva tra loro.
Le ali dei rettili fossili si estendono su un “quarto dito” lungo circa 20 volte più delle altre dita. Il punto importante è che questa interessante struttura alare emerge improvvisamente e pienamente formata nei reperti fossili. Non ci sono esempi che indichino che questo “quarto dito” sia cresciuto gradualmente – in altre parole che ci sia stata un‘evoluzione.
Un’altra interessante categoria nella classificazione dei rettili è quella dei rettili marini. La grande maggioranza di queste creature si è estinta, sebbene le tartarughe siano un esempio di un gruppo che è sopravvissuto. Come nel caso dei rettili volanti, l'origine dei rettili marini è qualcosa che non può essere spiegato con un approccio evolutivo. Il rettile marino più importante che si conosce è la creatura nota come ittiosauro. Nel loro libro Evolution of the Vertebrates, Edwin H. Colbert e Michael Morales, ammettono il fatto che non può essere data alcuna spiegazione evolutiva per l'origine di queste creature.
Uno ittiosauro fossile del genere Stenopterygius, di circa 250 milioni di anni fa.
Gli ittiosauri, sotto molti aspetti i più altamente specializzati tra i rettili marini, comparvero all’inizio dei primi tempi triassici. Il loro avvento nella storia geologica dei rettili fu improvviso e drammatico,non c’è alcun esempio nei sedimenti pre-triassici come possibile antenato degli ittiosauri...Il problema di base delle parentele dell’ittiosauro è che non può essere fornita alcuna prova conclusiva per collegare questi rettili a qualsiasi altro ordine di rettili.75 Così Alfred S. Romer, un altro esperto di storia naturale dei vertebrati scrive:
Uno ittiosauro fossile di 200 milioni di anni fa.
Non si conosce alcuna forma precedente [di ittiosauri]. Le peculiarità della struttura degli ittiosauri richiederebbero apparentemente un lungo tempo per lo sviluppo e quindi un’origine molto antica del gruppo ma non si conosce alcun rettile permiano antecedente ad esso.76
Ancora, Carroll deve ammettere che l’origine degli ittiosauri e dei notosauri (un'altra famiglia di rettili acquatici), è tra i molti casi “poco conosciuti” per gli evoluzionisti.77
In breve, le diverse creature che ricadono sotto la classificazione di rettili giunsero all’esistenza sulla terra senza alcuna relazione evolutiva tra di loro. Come vedremo a tempo debito, la stessa situazione si applica ai mammiferi: ci sono mammiferi volanti (pipistrelli) e mammiferi marini (delfini e balene). Questi diversi gruppi, però, sono lungi dall’essere prova dell’evoluzione. Essi rappresentano piuttosto serie difficoltà che l’evoluzione non può spiegare perché in tutti i casi le diverse categorie tassonomiche comparvero sulla terra improvvisamente, senza alcuna forma intermedia tra di loro e con tutte le diverse strutture già intatte.
Questa è una chiara prova scientifica che tutte queste creature in realtà furono create.
28 Stephen C. Meyer, P. A. Nelson, and Paul Chien, The Cambrian Explosion: Biology's Big Bang, 2001, p. 2.
29 Richard Monastersky, "Mysteries of the Orient," Discover, April 1993, p. 40. (emphasis added)
30 Richard Monastersky, "Mysteries of the Orient," Discover, April 1993, p. 40.
31 Richard Dawkins, The Blind Watchmaker, W. W. Norton, London, 1986, p. 229. (emphasis added)
32 Phillip E. Johnson, "Darwinism's Rules of Reasoning," in Darwinism: Science or Philosophy by Buell Hearn, Foundation for Thought and Ethics, 1994, p. 12. (emphasis added)
33 R. Lewin, Science, vol. 241, 15 July 1988, p. 291. (emphasis added)
34 Gregory A. Wray, "The Grand Scheme of Life," Review of The Crucible Creation: The Burgess Shale and the Rise of Animals by Simon Conway Morris, Trends in Genetics, February 1999, vol. 15, no. 2.
35 Richard Fortey, "The Cambrian Explosion Exploded?," Science, vol. 293, no. 5529, 20 July 2001, pp. 438-439.
36 Richard Fortey, "The Cambrian Explosion Exploded?," Science, vol. 293, no. 5529, 20 July 2001, pp. 438-439.
37 Douglas J. Futuyma, Science on Trial, Pantheon Books, New York, 1983, p. 197.
38 Jeffrey S. Levinton, "The Big Bang of Animal Evolution," Scientific American, vol. 267, November 1992, p. 84.
39 "The New Animal Phylogeny: Reliability And Implications", Proc. of Nat. Aca. of Sci., 25 April 2000, vol. 97, no. 9, pp. 4453-4456.
40 "The New Animal Phylogeny: Reliability And Implications, Proc. of Nat. Aca. of Sci., 25 April 2000, vol. 97, no. 9, pp. 4453-4456.
41 David Raup, "Conflicts Between Darwin and Paleontology," Bulletin, Field Museum of Natural History, vol. 50, January 1979, p. 24.
42 Richard Fortey, "The Cambrian Explosion Exploded?," Science, vol. 293, no. 5529, 20 July 2001, pp. 438-439.
43 Charles Darwin, The Origin of Species, 1859, p. 313-314.
44 Charles Darwin, The Origin of Species: A Facsimile of the First Edition, Harvard University Press, 1964, p. 302.
45 Stefan Bengston, Nature, vol. 345, 1990, p. 765. (emphasis added)
46 R. L. Gregory, Eye and Brain: The Physiology of Seeing, Oxford University Press, 1995, p. 31.
47 Douglas Palmer, The Atlas of the Prehistoric World, Discovery Channel, Marshall Publishing, London, 1999, p. 66.
48 Mustafa Kuru, Omurgal? Hayvanlar (Vertebrates), Gazi University Publications, 5th ed., Ankara, 1996, p. 21. (emphasis added)
49 Mustafa Kuru, Omurgal? Hayvanlar (Vertebrates), Gazi University Publications, 5th ed., Ankara, 1996, p. 27.
50 Douglas Palmer, The Atlas of the Prehistoric World, Discovery Channel, Marshall Publishing, London, 1999, p. 64.
51 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, pp. 296.
52 Gerald T. Todd, "Evolution of the Lung and the Origin of Bony Fishes: A Casual Relationship," American Zoologist, vol. 26, no. 4, 1980, p. 757.
53 Ali Demirsoy, Kal?t?m ve Evrim (Inheritance and Evolution), Meteksan Publishing Co., Ankara, 1984, pp. 495-496.
54 Henry Gee, In Search of Deep Time: Going Beyond the Fossil Record to A Revolutionary Understanding of the History of Life, The Free Press, A Division of Simon & Schuster Inc., 1999, p. 7.
55 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, p. 230.
56 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, p. 301.
57 This time frame is also given by Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, p. 304.
58 Henry Gee, In Search of Deep Time: Going Beyond the Fossil Record to A Revolutionary Understanding of the History of Life, The Free Press, A Division of Simon & Schuster, Inc., 1999, p. 54.
59 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, pp. 292-93.
60 Jean-Jacques Hublin, The Hamlyn Encyclopædia of Prehistoric Animals, The Hamlyn Publishing Group Ltd., New York, 1984, p. 120.
61 www.ksu.edu/fishecology/relict.htm< /p>
62 http://www.cnn.com/TECH/science/9809/23/living.fossil/index.html
63 P. L. Forey, Nature, vol. 336, 1988, p. 727.
64 Michael Denton, Evolution: A Theory In Crisis, Adler and Adler, 1986, pp. 218-219.
65 Robert L. Carroll, Vertebrate Paleontology and Evolution, W. H. Freeman and Co., New York, 1988, p. 198.
66 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, pp. 296-97.
67 Stephen Jay Gould, "Eight (or Fewer) Little Piggies," Natural History, vol. 100, no. 1, January 1991, p. 25. (emphasis added)
68 Duane Gish, Evolution: The Fossils Still Say No!, Institute For Creation Research, California, 1995, p. 97.
69 Robert Carroll, Vertebrate Paleontology and Evolution, p. 235.
70 Encyclopaedia Britannica Online, "Turtle – Origin and Evolution."
71 Robert L. Carroll, Vertebrate Paleontology and Evolution, p. 207.
72 Duane T. Gish, Evolution: The Fossils Still Say No, ICR, San Diego, 1998, p. 103.
73 Robert L. Carroll, Vertebrate Paleontology and Evolution. p. 336. (emphasis added)
74 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, pp. 296-97.
75 E. H. Colbert, M. Morales, Evolution of the Vertebrates, John Wiley and Sons, 1991,p. 193. (emphasis added)
76 A. S Romer, Vertebrate Paleontology, 3rd ed., Chicago University Press, Chicago, 1966, p. 120. (emphasis added)
77 Robert L. Carroll, Patterns and Processes of Vertebrate Evolution, Cambridge University Press, 1997, p. 296-97.