In precedenti sezioni di questo libro, abbiamo dimostrato come i reperti fossili invalidano la teoria dell’evoluzione. In realtà non avevamo bisogno di riferirne alcuno perché la teoria dell’evoluzione crolla molto prima di fare qualunque dichiarazione sulle evidenze dei fossili. L’argomento che rende insignificante la teoria sin dalle origini è la questione del modo in cui la vita comparve per la riama volta sulla terra.
Quando affronta questa questione, la teoria dell’evoluzione afferma che la vita iniziò da una cellula che si formò per caso. Secondo questo scenario, quattro miliardi di anni fa vari composti chimici subirono una reazione nell’atmosfera primordiale della terra in cui gli effetti di fulmini e della pressione atmosferica portarono alla formazione della prima cellula vivente.
La prima cosa che va detta è che l’affermazione che materiali non viventi possono mettersi assieme per formare la vita è un’affermazione ascientifica che non è stata verificata da alcun esperimento o osservazione. La vita viene generata solo dalla vita. Ogni cellula vivente si forma per replicazione di un’altra cellula. Nessun al mondo è mai riuscito a formare una cellula vivente mettendo assieme materiali inanimati, nemmeno nei laboratori più avanzati.
La teoria dell'evoluzione afferma che una cellula vivente - che non può essere prodotta che quando tutto il potere di intelletto, conoscenze e tecnologie umani sono messi assieme – riuscì comunque a formarsi per caso nelle condizioni primordiali della terra. Nelle pagine che seguono, esamineremo perché questa affermazione è contraria ai principi più basilari della scienza e della ragione.
Se si crede che una cellula vivente possa venire all’esistenza per caso, allora niente impedisce di credere a una storia simile a quella riportata sotto. È la storia di una città.
Un giorno, un pezzo di argilla compresso tra le rocce in una terra sterile si bagna per la pioggia. L'argilla bagnata si asciuga e si indurisce al sorgere del sole, e assume un aspetto solido e resistente. Successivamente, queste rocce, servite anche da stampo, in qualche modo si fanno a pezzi, e appare un mattone ben fatto e resistente. Questo mattone attende per anni che, nelle stesse condizioni naturali, si formi un mattone simile. Questo va avanti fino a che centinaia e migliaia di mattoni simili si sono formati nello stesso luogo. Per caso, però, nessuno dei mattoni precedentemente formatisi è danneggiato. Anche se esposto per migliaia di anni a tempeste, pioggia, vento, sole che brucia e freddo che gela, i mattoni non si spaccano, non si rompono né vengono trascinati via ma attendono lì, allo stesso posto con la stessa determinazione la formazione di altri mattoni.
In Darwin's time, it was thought that the cell had a very simple structure. Darwin's ardent supporter Ernst Haeckel suggested that the mud pulled up from the bottom of the sea could produce life by itself.
Quando il numero dei mattoni è sufficiente, erigono un edificio mettendosi di lato e uno sull’altro, essendo stati trascinati a caso dagli effetti di condizioni naturali quali venti, tempesti o tornadi. Nel frattempo, materiali come cemento o miscele di terreno si formano in condizioni naturali, con perfetto tempismo, e strisciano tra i mattoni per farli aderire. Mentre avviene tutto ciò, materiali ferrosi sotto il terreno prendono forma, in "condizioni naturali" e gettano le fondamenta di un edificio da formare con questi mattoni. Alla fine di questo processo, compare un edificio completo con tutti i materiali, la carpenteria e le installazioni intatti.
Naturalmente, un edificio non consiste solo di fondamenta, mattoni e cemento. In che modo, allora, si devono ottenere gli altri materiali mancanti? La risposta è semplice: tutti i tipi di materiali necessari per la costruzione dell’edificio esistono nella terra in cui esso è eretto. Il silicio per il vetro, il rame per i cavi elettrici, il ferro per le colonne, le travi, i tubi dell’acqua, ecc. esistono tutti sotto terra in quantità abbondanti. Ci vuole solo l’abilità delle “condizioni naturali” per dare forma a questi materiali e porli all’interno dell’edificio. Tutte le installazioni, le opere di carpenteria e gli accessori sono messi tra i mattoni con l’aiuto del vento che soffia, della pioggia e di terremoti. Tutto è andato così bene che i mattoni sono disposti in modo da lasciare gli spazi necessari per le finestre come se sapessero che qualcosa chiamato vetro si sarebbe formato più tardi per condizioni naturali. Inoltre, non hanno dimenticato di lasciare un po’ di spazio per consentire l’installazione di acqua, elettricità e impianto di riscaldamento, che devono formarsi successivamente sempre per caso. Tutto è andato così bene che “coincidenze” e “condizioni naturali” producono un quadro perfetto.
Chi riesce a conservare la fede in questa storia fino a questo punto, non dovrebbe avere alcun problema nel supporre in che modo vennero fuori gli altri edifici, impianti, strade, sottostrutture, comunicazione e sistemi di trasporto della città. Se possiede conoscenze tecnologiche ed è versato nell'argomento, può anche scrivere alcuni volumi estremamente "scientifici" che affermano le sue teorie sul "processo evolutivo di un sistema fognante e la sua uniformità con le strutture presenti”. Potrebbe ben essere insignito di riconoscimenti accademici per i sui studi brillanti e può considerare se stesso un genio che getta luce sulla natura dell’umanità.
La teoria dell'evoluzione, che afferma che la vita è pervenuta all'esistenza per caso, non è meno assurda della nostra storia, poiché, con tutti i suoi sistemi operativi, di comunicazione, di trasporto e di gestione, una cellula non è meno complessa di una città. Nel suo libro Evolution: A Theory in Crisis, il biologo molecolare Michael Denton discute la complessa struttura della cellula.
Per cogliere la realtà della vita come è stata rivelata dalla biologia molecolare, dobbiamo ingrandire una cellula fino a raggiungere un diametro di venti chilometri, cosa da somigliare ad un'aeronave gigante grande abbastanza da coprire una città delle dimensioni di Londra o New York Ciò che vedremmo sarebbe un oggetto di complessità e design adattivo impareggiabili. Sulla superficie della cellula sarebbero visibili migliaia di fori, simili a oblò di una nave immensa, che si aprono alternativamente per permettere il continuo flusso e riflusso di materiali. Se entrassimo in uno di queste aperture, ci troveremmo in un mondo di suprema tecnologia e stupefacente complessità. È veramente credibile che processi casuali possano aver costruito una realtà il cui elemento più piccolo – una proteina funzionale o gene – è complesso al di là delle nostre capacità creative, una realtà che è l’antitesi stessa del caso, che supera in ogni senso qualsiasi cosa prodotta dall’intelligenza di un uomo?201
Fred Hoyle
La struttura complessa della cellula era sconosciuta ai tempi di Darwin e allora ascrivere la vita a “coincidenze e condizioni naturali” era considerato sufficientemente convincente dagli evoluzionisti. Darwin aveva proposto che la prima cellula poteva essersi formata facilmente in "qualche piccola pozzanghera calda”.202 Uno dei sostenitori di Darwin, il biologo tedesco Ernst Haeckel, esaminò al microscopio una miscela di fango prelevato dal fondo marino da una nave da ricerca e affermò che questa era una sostanza non vivente che si trasformava in una vivente. Questo cosiddetto “fango che giunge alla vita” noto come Bathybius haeckelii (“fango di Haeckel dalle profondità”) è una indicazione di quanto era considerata semplice la vita dai fondatori della teoria dell’evoluzione.
La tecnologia del ventesimo secolo ha scavato nelle particelle più infinitesimali della vita ed ha rivelato che la cellula è il sistema più complesso con cui il genere umano si sia mai confrontato. Oggi sappiamo che la cellula contiene stazioni energetiche che producono l’energia che la cellula stessa deve usare, fabbriche che producono enzimi ed ormoni essenziali per la vita, una banca dati dove sono registrate tutte le informazioni sui prodotti da fabbricare, un complesso sistema di trasporti e tubazioni per trasportare materie prime e prodotti da un posto all’altro, laboratori e raffinerie avanzati per spezzare esterna delle materie prime nelle loro parti utilizzabili e proteine specializzate della membrana cellulare per controllare i materiali in entrata e in uscita. E tutto ciò costituisce solo una parte di questo sistema incredibilmente complesso.
W. H. Thorpe, uno scienziato evoluzionista, riconosce che “il tipo di cellula più elementare costituisce un “meccanismo” inimmaginabilmente più complesso di qualsiasi macchina pensata, non solo costruita, dall’uomo”. 203
La cellula è così complessa che nemmeno l’alto livello di tecnologia raggiunto oggi può produrne una. Nessuno sforzo per creare una cellula artificiale ha mai avuto successo. In realtà, tutti i tentativi per farlo sono stati abbandonati.
DETAIL 1: Plasma Membrane (Lipid Bilayer): Controls exchange of materials between inside & outside of cell. DETAIL 2:: Nuclear Envelope Double phospholipid bilayer membrane that segregates contents of nucleus from cytoplasm. |
La teoria dell’evoluzione sostiene che questo sistema – che il genere umano con tutta l’intelligenza, le conoscenze e la tecnologia a sua disposizione non riesce a riprodurre – giunse all’esistenza “per caso” nelle condizioni della terra primordiale. In realtà, la probabilità di formare una cellula per caso è quasi la stessa di produrre una copia perfetta di un libro dopo una esplosione in una stamperia.
Il matematico e astronomo inglese Sir Fred Hoyle, ha fatto un confronto simile in una intervista pubblicata nella rivista Nature il 12 novembre 1981. Sebbene egli stesso un evoluzionista, affermò che la possibilità che forme di vita superiori potessero essere emerse in questo modo è comparabile alla possibilità che un tornado che spazza una discarica di rifiuti possa assemblare un Boeing 747 dai materiali in essa contenuti. Questo significa che non è possibile che la cellula sia giunta all’esistenza per caso e quindi deve sicuramente essere stata “creata”.
Una delle ragioni fondamentali per cui la teoria dell’evoluzione non può spiegare in che modo essa giunse all’esistenza e la “irriducibile complessità” al suo interno. Una cellula vivente si conserva con l’armoniosa cooperazione di molti organelli. Se solo uno di questi orfanelli non funziona, la cellula non può rimanere in vita. La cellula non ha la possibilità di aspettare che meccanismi inconsci come la selezione naturale o la mutazione le permettano di svilupparsi. Quindi la prima cellula sulla terra era necessariamente una cellula completa che possedeva tutti gli organelli e tutte le funzioni necessari e questo sicuramente significa che la cellula doveva essere stata creata.
The complex 3-D structure of the protein cytochrome-C. The slightest difference in the order of the amino acids, represented by little balls, will render the protein nonfunctional
Questo per quanto riguarda la cellula, ma l’evoluzione non riesce nemmeno a spiegare i blocchi costituenti la cellula. La formazione, in condizioni naturali, di solo una singola proteina sulle migliaia di complesse molecole delle proteine che costituiscono la cellula è impossibile.
Le proteine sono molecole giganti che consistono di unità più piccole, chiamate aminoacidi, che sono disposte in una particolare sequenza in certe quantità e strutture. Queste unità sono i blocchi che costituiscono una proteina vivente. La proteina più semplice è composta di 50 aminoacidi ma ce ne sono alcune che ne contengono migliaia.
Il punto cruciale è questo. L’assenza, l’aggiunta o la sostituzione di un singolo aminoacido nella struttura di una proteina fa sì che la proteina stessa diventi un inutile ammasso molecolare. Ogni aminoacido deve stare al posto giusto e nell'ordine giusto. La teoria dell’evoluzione, che afferma che la vita emerse come risultato del caso, è assolutamente disperata di fronte a questo ordine perché è troppo incredibile che esso sia spiegato dalle coincidenze. (Inoltre la teoria non può nemmeno sostanziare l’affermazione della formazione accidentale degli aminoacidi, come discuteremo in seguito).
Il fatto che sia del tutto impossibile che la struttura funzionale delle proteine venga fuori per caso può essere facilmente osservato anche da semplici calcoli della probabilità che tutti possono capire.
Per esempio, una molecola di una proteina di medie dimensioni è composta di 288 aminoacidi e contiene dodici tipi diversi di aminoacidi che possono essere disposti in 10300 modi diversi. (Questo è un numero astronomicamente grande che consiste di 1 seguito da 300 zeri). Di tutte queste possibili sequenze, solo una forma la molecola della proteina desiderata. Il resto dei essi sono catene di aminoacidi che sono o del tutto inutili o potenzialmente dannose per gli esseri viventi.
In altre parole, la probabilità della formazione di una sola molecola di proteina è "1 su 10300”. La probabilità che questo “1” si verifichi veramente è praticamente nulla. (In pratica. Probabilità minori di 1 e superiori a 1050sono considerate probabilità “zero”.
Inoltre, una molecola di proteina di 288 aminoacidi è piuttosto modesta in confronto ad alcune molecole di proteine giganti che consistono di migliaia di aminoacidi. Quando applichiamo simili calcoli delle probabilità a queste molecole di proteine giganti, vediamo che anche la parola “impossibile” è insufficiente a descrivere la vera situazione.
Quando andiamo un passo più avanti nello schema evolutivo della vita, osserviamo che una singola proteina non significa niente di per sé. Uno dei batteri più piccoli mai scoperti Mycoplasma hominis H39, contiene 600 tipi di proteine. In questo caso, dovremmo ripetere i calcoli delle probabilità fatti per una proteina per ciascuna di questi 600 diversi tipi di proteine. Il risultato riduce al nulla anche il concetto di impossibilità.
Alcuni che leggono queste righe e che hanno finora accettato la teoria dell’evoluzione come una spiegazione scientifica potrebbero sospettare che questi numeri sono esagerati e non riflettono i veri fatti. Non è così: questi sono fatti certi e concreti. Nessun evoluzionista può obiettare questi numeri.
Questa situazione è in realtà riconosciuta da molti evoluzionisti. Per esempio, Harold F. Blum, eminente scienziato evoluzionista afferma che “La formazione spontanea di un polipeptide della dimensione delle più piccole proteine conosciute sembra al di fuori delle probabilità”.205
Gli evoluzionisti affermano che l’evoluzione molecolare avvenne in un periodo di tempo molto lungo e che questo rese possibile l’impossibile. Comunque, non importa quanto lungo possa essere il periodo, non è possibile che gli aminoacidi formino le proteine per caso. William Stokes, un geologo americano, ammette questo fatto nel suo libro, scrivendo che la probabilità è così piccola “che non avverrebbe durante miliardi di anni su miliardi di pianeti ciascuno coperto da una strato di soluzione acquosa concentrata dei necessari aminoacidi”.206
Allora che significa tutto ciò? Perry Reeves, professore di chimica, risponde alla domanda:
Quando si esamina il gran numero di possibili strutture che potrebbero risultare da una semplice combinazione casuale di aminoacidi in uno stagno primordiale in evaporazione, ci si sbalordisce a credere che la vita possa essersi originata in questo modo. È più plausibile che per un tale compito fosse necessario un Grande Costruttore con un progetto da maestro. 207
Se la formazione per coincidenze di anche una di queste proteine è impossibile, è miliardi di volte "più impossibile" che circa un milione di queste proteine si siano messe assieme per caso per formare una cellula umana completa. Per di più, una cellula non consiste affatto di un mero ammasso di proteine. Oltre alle proteine, la cellula comprende anche acidi nucleici, carboidrati, lipidi, vitamine e molti altri elementi chimici come elettroliti disposti in proporzione, equilibrio e disegno specifici sia come struttura che come funzione. Ciascuno di questi elementi funge da blocco costituente o co-molecola di vari organelli.
Robert Shapiro, professore di chimica alla università di New York ed esperto di DNA, ha calcolato la probabilità della formazione per coincidenza di 2000 tipi di proteine trovate in un singolo batterio (in una cellula umana ci sono 200.000 tipi di proteine diversi). Il numero trovato era oltre 1040000.208 (Questo è un numero incredibile ottenuto mettendo 40.000 zero dopo l’1).
Un professore di matematica applicata e astronomia dell’University College Cardiff, Galles, Chandra Wickramasinghe, commenta:
La probabilità della formazione spontanea della vita dalla materia inanimata è uno su un numero con 40.000 zero dopo di esso... È grande abbastanza da seppellire Darwin e tutta la teoria dell’evoluzione. Non c’era alcun brodo primordiale, né su questo pianeta né su alcun altro e, se l’inizio della vita non fu un caso, deve per forza essere stato il prodotto di una intelligenza risoluta.209
Il prof. Fred Hoyle commenta questi numeri non plausibili:
İn verità, tale teoria (che la vita fu assemblata da un’intelligenza) è tanto ovvia che ci si chiede perché non è ampiamente accettata come evidente per se stessa. İ motivi sono psicologici piuttosto che scientifici.210
Un articolo pubblicato nel numero di gennaio 1999 su Science News, rivelava che non era stata ancora trovata alcuna spiegazione del modo in cui gli aminoacidi diventano proteine:
...nessuno ha ancora spiegato in modo soddisfacente in che modo gli ingredienti ampiamente distribuiti si legano in proteine. Le presunte condizioni della terra primordiale avrebbero spinto gli aminoacidi verso l'isolamento.211
Esaminiamo ora in dettaglio in che modo lo scenario evoluzionista riguardo alla formazione delle proteine è impossibile.
Anche la corretta sequenza degli aminoacidi non è ancora sufficiente per la formazione di una molecola di proteina funzionale. Oltre a questi requisiti, ciascuno dei 20 diversi tipi di aminoacidi presenti nella composizione delle proteine deve essere mancino. Ci sono due diversi tipi di amminoacidi - come di tutte le molecole organiche – chiamati levogiri e destrogiri. La differenza tra di loro è la simmetria speculare tra le loro strutture tridimensionali, che è simile alla mano sinistra e alla mano destra di una persona.
The same protein's left- (L) and right- (D) handed isomers. The proteins in living creatures consist only of left-handed amino acids.
Aminoacidi di uno o l’altro questi due tipi possono facilmente legarsi l’uno all’altro. Ma un fatto stupefacente che è stato rivelato dalla ricerca è che tutte le proteine di piante e animali di questo pianeta, dall‘organismo più semplice al più complesso, sono costituite da aminoacidi levogiri. Se anche un singolo aminoacido destrogiro si attacca alla struttura di una proteina, essa viene resa inutile. In una serie di esperimenti, sorprendentemente, i batteri esposti a aminoacidi destrogiri li distruggevano immediatamente. In alcuni casi producevano aminoacidi levogiri utilizzabili dai componenti fratturati.
Supponiamo per un istante che la vita sia comparsa per caso, come sostengono gli evoluzionisti. In questo caso, gli aminoacidi destro e levogiri generati per caso dovrebbero essere presenti in natura più o meno in uguale proporzione. Quindi, tutti gli esseri viventi dovrebbero avere sia aminoacidi destrogiri che levogiri nella loro costituzione perché chimicamente è possibile che aminoacidi di entrambi i tipi si combinino tra loro. Come sappiamo, però, nel mondo reale le proteine esistenti in tutti gli organismi viventi sono costituite solo da aminoacidi levogiri.
La questione del come le proteine scelgono solo tra gli aminoacidi quelli levogiri e non un solo aminoacido destrogiro è coinvolto nei processi vitali è un problema che ancora rende perplessi gli evoluzionisti. Tale specifica e consapevole scelta costituisce uno delle maggiori impasse che sta davanti alla teoria dell'evoluzione.
Inoltre, questa caratteristica delle proteine rende il problema affrontato dagli evoluzionisti rispetto al "caso" ancora peggiore. Perché sia generata una proteina “significativa", non è sufficiente che gli aminoacidi siano presenti in numero e sequenza particolari e che si combinino tra loro nel corretto disegno tridimensionale. Inoltre, tutti questi aminoacidi nella catena devono essere levogiri: nemmeno uno di essi può essere destrogiro. Tuttavia non c’è alcun meccanismo di selezione naturale che possa identificare che è stato aggiunto alla sequenza un aminoacido destrogiro e riconoscere che deve quindi essere rimosso dalla catena. Questa situazione elimina ancora una volta la possibilità di coincidenze e caso.
La Britannica Science Encyclopaedia, che difende esplicitamente l’evoluzione, afferma che gli aminoacidi di tutti gli organismi viventi sulla terra e tutti i blocchi che costituiscono i polimeri complessi come le proteine, hanno la stessa asimmetria levogira. Aggiunge che è come lanciare in aria una moneta un milione di volte e fare sempre testa. La stessa enciclopedia afferma che è impossibile capire perché le molecole sono diventate destrogire o levogire e che questa scelta è collegata in modo affascinante all’origine della vita sulla terra.212
Se una moneta volge sempre la testa in su se lanciata milioni di volte, è logico attribuire ciò al caso o accettare piuttosto che c’è un intervento consapevole in corso? La risposta dovrebbe essere ovvia. Comunque,per quanto possa essere ovvia, gli evoluzionisti si rifugiano ancora nella coincidenza semplicemente perché non vogliono accettare l’esistenza di un intervento consapevole.
Una situazione simile a quello dell’essere levogiri da parte degli aminoacidi esiste rispetto ai nucleotidi, le più piccole unità degli acidi nucleici, DNA e RNA. A differenza delle proteine, in cui vengono scelti solo aminoacidi levogiri, nel caso degli acidi nucleici la forma preferita dei loro componenti nucleotidi è sempre destrogira. Questo è un altro fatto che non può mai essere spiegato con il caso.
In conclusione è dimostrato senza ombra di dubbio dalle probabilità che abbiamo esaminato che l’origine della vita non può essere spiegata con il caso. Se tentiamo di calcolare la probabilità che una proteina di medie dimensioni di 400 aminoacidi sia scelta solo da aminoacidi levogiri, arriviamo ad una probabilità di 1 su 2400° o 10120. Solo per confronto ricordiamo che il numero di elettroni nell’universo è stimato in 1079che, pur essendo grande, è un numero molto più piccolo. La probabilità che questi aminoacidi formino la sequenza e la forma funzionale richieste genererebbe numeri molto più grandi. Se aggiungiamo queste probabilità l’una all’altra se continuiamo a elaborare le probabilità di numeri e tipi di proteine ancora maggiori, i calcoli diventano inconcepibili.
Le difficoltà che la teoria dell’evoluzione è incapace di superare riguardo allo sviluppo di una singola proteina non si limitano a quelle descritte finora. Non è sufficiente che gli aminoacidi siano disposti nei numeri e nelle sequenze corrette e nelle strutture tridimensionali richieste. La formazione di una proteina ha anche bisogno che molecole di aminoacidi con più di un braccio siano legate l’una all’altra solo in un certo modo. Questo legame è chiamato “legame peptico”. Gli aminoacidi possono creare diversi legami tra di loro ma le proteine sono costituiti da quegli aminoacidi – e solo da quelli – che sono uniti da legami peptici.
Un confronto chiarirà il punto. Supponiamo che tutte le parti di una automobile siano complete e correttamente assemblate con la sola eccezione che una delle ruote fosse fissata al suo posto non con i soliti dadi e bulloni ma con un pezzo di filo in modo che il mozzo fosse rivolto a terra. Sarebbe impossibile per questa automobile percorrere anche una breve distanza per quanto complessa possa essere la sua tecnologia o potente il suo motore. A prima vista tutto sembrerebbe a posto, ma il collegamento difettoso di una sola ruota renderebbe inutilizzabile tutta l’automobile. Allo stesso modo, in una molecola di proteina, il collegamento anche di un aminoacido con un legame non peptico renderebbe inutilizzabile l’intera molecola.
La ricerca ha dimostrato che gli aminoacidi che si combinano a caso si combinano con un legame peptico solo il 50 percento delle volte e che le altre volte emergono legami diversi che non sono presenti nelle proteine. Per funzionare correttamente ogni aminoacido che costituisce una proteina deve essere legato agli altri solo con un legame peptico allo stesso modo in cui devono essere scelti solo quelli con forma levogira.
La probabilità che questo avvenga è la stessa di quella che ogni proteina sia levogira. Cioè, quando consideriamo una proteina costituita da 400 aminoacidi, la probabilità che tutti gli aminoacidi si combinino tra di loro solo con legami peptici è una su 2399.
Se mettiamo assieme le tre probabilità (che gli aminoacidi siano disposti correttamente, che tutti siano levogiri e che tutti siano collegati con un legame peptico) allora ci troviamo di fronte alla astronomica cifra di 1 su 10950. Questa probabilità esiste solo sulla carta. Parlando in pratica la probabilità che questo accada è zero. Come abbiamo visto prima, in matematica una probabilità inferiore a 1 su 1050 è statisticamente considerata zero.
Anche se supponiamo che gli aminoacidi si siano composti e decomposti con un metodo "prova ed errore", senza perdere tempo sin dalla formazione della terra, perchè si formasse una singola molecola di proteina, il tempo richiesto perché avvenisse una cosa con una probabilità di 10950 supererebbe di gran lunga l’età stimata della terra.
La conclusione da trarre da tutto ciò è che l’evoluzione cade in un terribile abisso di improbabilità, anche se parliamo della formazione di una singola proteina.
Uno dei principali esponenti della teoria dell’evoluzione, il professor Richard Dawkins, dichiara l'impossibilità in cui è caduta la teoria in questi termini:
Quindi il tipo di evento fortunato che stiamo guardando potrebbe essere tanto improbabile che le probabilità che avvenga in qualche punto dell’universo potrebbero essere una su un miliardo di miliardi di miliardi in un anno. Se questo è avvenuto su un solo pianeta in qualunque punto dell’universo, quel pianeta deve essere il nostro – perché qui ne stiamo parlando.213
Questa ammissione da parte di uno delle massime autorità della teoria dell’evoluzione riflette chiaramente il pasticcio logico su cui è costruita l’evoluzione. Le suddette dichiarazioni nel libro di Dawkins Climbing Mount Improbable sono un esempio che colpisce di ragionamento circolare che in realtà non spiega nulla. “Se siamo qui, vuol dire che l’evoluzione è avvenuta”.
Come abbiamo visto anche i più duri a morire tra coloro che propugnano l'evoluzione confessano che la teoria è sepolta nell'impossibilità quando deve spiegare la prima fase della vita. Ma quanto è interessante il fatto che, invece di accettare la completa irrealtà della teoria che sostengono essi preferiscono aderire all’evoluzione in maniera dogmatica! Questa è una fissazione completamente ideologica.
1. valine 2.cysteine 3. alanine
PROTEIN SYNTHESIS:
The ribosome reads the messenger RNA, and arranges the amino acids according to the information it receives there. In the illustrations, the consecutive order of the [ val, cys, and ala amino acids ], established by the ribosome and transfer RNA, can be seen. All proteins in nature are produced by this complex process. No protein comes about by "accident."
Alla fine possiamo concludere con un punto molto importante in relazione alla logica di base del calcolo delle probabilità, di cui abbiamo già visto alcuni esempi. Abbiamo spiegato che i calcoli delle probabilità fatti prima raggiungono livelli astronomici e che queste cifre astronomiche non hanno alcuna probabilità di avvenire realmente. C’è, però, un fatto molto più importante e dannoso davanti agli evoluzionisti. Il fatto è che, in condizioni naturali, un periodo di prova ed errore non può nemmeno iniziare, nonostante le cifre astronomiche, perché non c’è alcun meccanismo di prova ed errore in natura da cui potrebbero emergere le proteine.
I calcoli dati prima per dimostrare la probabilità della formazione di una molecola di proteina con 500 aminoacidi sono validi solo per un ideale ambiente di prova ed errore che non esiste nella vita reale. Cioè, la probabilità di ottenere una proteina utile è di "1" su 10950 solo se supponiamo che esiste un immaginario meccanismo in cui una mano lega 500 aminoacidi a caso e poi, vedendo che non è la combinazione giusta, li scioglie uno ad uno e li dispone di nuovo in un ordine diverso e così via. In ciascuna prova, gli aminoacidi sarebbero stati separati uno ad uno e disposti in un nuovo ordine. La sintesi si sarebbe dovuta interrompere dopo l’aggiunta del cinquecentesimo aminoacido e deve essere assicurato che non è coinvolto nemmeno un aminoacido extra. La prova dovrebbe poi essere interrotta per vedere se è stata formata o non una proteina funzionale e, nel caso di fallimento, tutto dovrebbe essere diviso di nuovo e poi testato per un’altra sequenza. Inoltre, in ciascuna prova, non dovrebbe essere consentito in coinvolgimento nemmeno di una sostanza estranea. È anche imperativo che la catena formata durante la prova non sia separata e distrutta prima di raggiungere il quattrocentonovantanovesimo collegamento. Queste condizioni significano che le probabilità citate in precedenza possono operare solo in un ambiente controllato dove c’è un meccanismo consapevole che dirige l’inizio, la fine e ciascuna fase intermedia del processo e dove solo “la scelta degli aminoacidi” è lasciata al caso. È chiaramente impossibile che un tale ambiente esista in condizioni naturali. Quindi la formazione di una proteina nell’ambiente naturale è impossibile.
Poiché alcuni non sono in grado di avere una visione ampia di questi argomenti, ma si avvicinano ad essi da un punto di vista superficiale e credono che la formazione delle proteine sia una semplice reazione chimica, essi potrebbero fare la irrealistica deduzione che “gli aminoacidi si combinano attraverso una reazione e poi formano le proteine". Reazioni chimiche accidentali che avvengono in una struttura non vivente, però, possono portare solo a composti semplici. Il numero di essi è predeterminato e limitato. Per un materiale chimico più complesso è necessario il coinvolgimento di fabbriche, impianti chimici e laboratori enormi. I medicinali e molti altri materiali chimici che usiamo nella vita quotidiana, sono fatti proprio in questo modo. Le proteine hanno strutture molto più complesse di questi prodotti chimici realizzati dall’industria. È quindi impossibile per le proteine, ciascuna delle quali è una meraviglia di progettazione e ingegneria, in cui ogni parte prende il suo posto in un ordine fisso, orinarsi come risultato di reazione chimiche casuali.
Mettiamo da parte per un minuto tutte le impossibilità descritte finora e supponiamo che una proteina utile si sia evoluta spontaneamente “per caso”. Anche in questo caso, la teoria dell’evoluzione ancora una volta non ha risposte in quanto perché questa proteina sopravviva dovrebbe essere isolata dal suo habitat naturale e protetta in condizioni molto speciali. Altrimenti si disintegrerebbe per l’esposizione alle condizioni naturali della terra o li legherebbe con altri acidi, aminoacidi o composti chimici perdendo quindi le sue particolari proprietà e diventando una sostanza totalmente diversa e inutile.
Quello che abbiamo discusso finora è l’impossibilità che anche una sola proteina sia venuta fuori per caso. Nel solo corpo umano, comunque, ci sono circa 100.000 proteine funzionanti. Inoltre ci sono circa 1,5 milioni di specie note e si crede ne esistano altri 10 milioni. Anche se molte proteine simili si usano in molte forme di vita, si stima che ci debbano essere almeno 100 milioni di tipi di proteine nel mondo vegetale e animale. E i milioni di specie già estinte non sono comprese in questo calcolo. In altre parole, nel mondo sono esistiti centinaia di milioni di codici proteici. Se si considera che nemmeno una proteina può essere spiegata col caso, è chiaro quello che deve significare l’esistenza di centinaia di milioni di proteine diverse.
Tenendo in mente questa verità, può essere chiaramente compreso che le “coincidenze” non possono spiegare l’origine degli esseri viventi.
C’è, prima di tutto, un punto importante da tenere in considerazione. Se è dimostrato che qualunque passo nel processo evolutivo è impossibile, questo è sufficiente a dimostrare che tutta la teoria è completamente falsa e non valida. Per esempio, dimostrando che la formazione casuale delle proteine è impossibile, tutte le altre affermazioni riguardanti le fasi successive sono anch’esse confutate. Dopo di ciò diventa insignificante prendere qualche cranio umano e di scimmia e impegnarsi in speculazioni su di essi.
Il modo in cui gli organismi viventi giunsero all’esistenza dalla materia non vivente fu un tema che gli evoluzionisti non vollero nemmeno citare per molto tempo. Questa questione, però, che era stata costantemente evitata, alla fine dovette essere affrontata e furono fatti tentativi per dare una risposta con una serie di esperimenti nel secondo quarto del ventesimo secolo.
La questione principale era: In che modo la prima cellula vivente è comparsa sulla terra nell’atmosfera primordiale? In altre parole, che tipo di spiegazione potevano offrire gli evoluzionisti?
La prima persona a prendere in mano la faccenda fu il biologo russo Alexander I. Oparin, fondatore del concetto di “evoluzione chimica”. Nonostante i suoi studi teorici, Oparin non fu in grado di produrre alcun risultato che gettasse luce sull’origine della vita. Nel suo libro L’origine della vita, pubblicato nel 1936, egli dice quanto segue:
Sfortunatamente, però, il problema dell’origine della cellula è forse il punto più oscuro di tutto lo studio dell’evoluzione degli organismi.214
A partire da Oparin, gli evoluzionisti hanno eseguito innumerevoli esperimenti, condotto ricerche e fatto osservazioni per provare che la cellula avrebbe potuto formarsi per caso. Ognuno di tali tentativi, però, ha reso sempre più chiaro la complessa struttura della cellula e quindi ha confutato ancora di più le ipotesi degli evoluzionisti. Il prof. Klaus Dose, presidente dell'Istituto di Biochimica presso l'Università Johannes Gutenberg, afferma:
Più di 30 anni di sperimentazioni sull'origine della vita nei campi della chimica e dell'evoluzione molecolare hanno portato a una miglior percezione dell'immensità del problema dell’origine della vita sulla terra piuttosto che alla sua soluzione. Attualmente tutte le discussioni sulle principali teorie e gli esperimenti nel campo giungono a un punto morto o a un'ammissione di ignoranza. 215
Nel suo libro The End of Science, lo scrittore evoluzionista John Horgan dice dell’origine della vita. “Questa è di gran lunga il puntello più debole nel telaio della moderna biologia”.216
L’affermazione che segue, del geochimico Jeffrey Bada, dello Scripps Institute di San Diego, rende chiara la disperazione degli evoluzionisti:
Oggi, mentre lasciamo il ventesimo secolo, ci troviamo ancora di fronteal più grande problema irrisolto che avevamo quando ci siamo entrati: Come ha avuto origine la vita sulla terra? 217
Guardiamo ora in dettaglio il “maggior problema irrisolto” della teoria dell’evoluzione. Il primo argomento che dobbiamo considerare è il famoso esperimento di Miller.
The artificial atmosphere created by Miller in his experiment actually bore not the slightest resemblance to the primitive atmosphere on earth.
Lo studio comunemente più rispettato sull’origine della vita è l’esperimento di Miller condotto dal ricercatore americano Stanley Miller nel 1953. (L’esperimento è anche noto come “esperimento Urey-Mille”r per il contributo dell’istruttore di Miller all’università di Chicago , Harold Urey). Questo esperimento è la sola “prova” che gli evoluzionisti hanno con cui ipoteticamente dimostrare la “tesi dell’evoluzione chimica”; essi la propugnano come la prima fase del supposto processo evolutivo che porta alla vita. Anche se è passato quasi mezzo secolo e sono stati fatti grandi progressi tecnologici, nessun ha fatto ulteriori progressi. Nonostante ciò, l’esperimento di Miller è ancora riportato nei libri di testo come spiegazione evolutiva della prima generazione degli esseri viventi. Questo perché, consapevoli del fatto che tali studi non supportano, ma piuttosto confutano, le loro tesi, gli evoluzionisti evitano deliberatamente di imbarcarsi in tali esperimenti.
Lo scopo di Stanley Miller era quello di dimostrare per mezzo di un esperimento, che gli aminoacidi, i blocchi che costituiscono le proteine, potevano essere giunti all’esistenza “per caso” sulla vita inerte di miliardi di anni fa. Nel suo esperimento, Miller usò una miscela di gas che egli presumeva esistessero sulla terra primordiale (ma che successivamente si rivelò irrealistico), composta di ammoniaca, metano, idrogeno e vapore acqueo. Dal momento che questi gas non avrebbero reagito tra di loro in condizioni naturali, aggiunse energia alla miscela per avviare una reazione tra di loro. Supponendo che questa energia potesse essere venuta da fulmini nell’atmosfera primordiale, usò una corrente elettrica a tale scopo.
Miller riscaldò la miscela di gas a 100°C per una settimana e aggiunse la corrente elettrica. Alla fine della settimana, Miller analizzò i prodotti chimici che si erano formati al fondo del contenitore e osservò che si erano sintetizzati tre dei 20 aminoacidi che costituiscono gli elementi di base delle proteine.
L’esperimento suscitò molta emozione tra gli evoluzionisti e fu presentato come un enorme successo. Inoltre, in uno stato di euforia ubriaca, vari pubblicazioni ebbero titoli come “Mileer crea la vita”. Quella che Miller era riuscito a sintetizzate, però, erano solo alcune molecole inanimate.
Incoraggiati da questo esperimento, gli evoluzionisti iniziarono immediatamente a produrre nuovi scenari. Furono rapidamente ipotizzate fasi dopo lo sviluppo degli aminoacidi. Si suppose che gli aminoacidi si fossero successivamente uniti per caso nelle sequenze corrette per formare le proteine. Alcune di queste proteine, emerse per caso, dettero forma a strutture simili alla membrana cellulare che “in qualche modo”, giunsero all’esistenza e formarono una cellula primitiva. Queste cellule, poi, ipoteticamente si misero assieme nel tempo per formare organismo viventi multicellulari.
L’esperimento di Miller, tuttavia, si è dimostrato falso sotto molti punti di vista.
Today, Miller too accepts that his 1953 experiment was very far from explaining the origin of life.
L’esperimento di Miller tentava di dimostrare che gli aminoacidi potevano formarsi da soli in condizioni come quelle primordiali della terra ma contiene incoerenze in un serie di aree.
1- Usando un meccanismo chiamato “trappola fredda”, Miller isolò gli aminoacidi dall’ambiente appena si erano formati. Se non lo avesse fatto, le condizioni dell’ambiente in cui gli aminoacidi si erano formati avrebbero immediatamente distrutto queste molecole.
Senza dubbio questo tipo di meccanismo di isolamento consapevole non esisteva sulla terra primordiale. Senza tale meccanismo, anche se si fosse ottenuto un aminoacido, sarebbe stato immediatamente distrutto. Il chimico Richard Bliss esprime questa contraddizione osservando che “in realtà senza questa trappola i prodotti chimici sarebbero stati distrutti dalla fonte di energia”. 218 E, sicuramente, nei suoi precedenti esperimenti, Miller non era stato in grado di produrre un singolo aminoacido usando gli stessi materiali senza il meccanismo della trappola.
2- L’atmosfera primordiale che Miller tentò di simulare nel suo esperimento non era realistica. Negli anni ’80, gli scienziati furono d’accordo che in questo ambiente artificiale si sarebbero dovuti usare azoto e biossido di carbonio invece di metano e ammoniaca
Perché allora Miller insisté su questi gas? La risposta è semplice: senza ammoniaca era impossibile sintetizzare qualunque aminoacido. Kevin Mc Kean parla di questo in un articolo pubblicato nella rivista Discover:
Miller e Urey imitarono l’antica atmosfera della terra con una miscela di metano e ammoniaca.... Con gli studi più recenti, però, si è compreso che la terra era molto calda a quei tempi ed era composta di nickel e ferro fusi. L’atmosfera chimica di quel tempo, perciò, doveva essere formata per la maggior parte di azoto (N2), biossido di carbonio (CO2) e vapore acqueo (H2O). Questi, tuttavia, non sono appropriati quanto metano e ammoniaca per la produzione di molecole organiche.219
Gli scienziati americani J. P. Ferris e C. T. Chen ripeterono l’esperimento di Miller con un ambiente atmosferico che conteneva biossido di carbonio, idrogeno, azoto e vapore acqueo e non riuscirono a ottenere nemmeno una sola molecola di aminoacido.220
3- Un altro punto importante che invalida l’esperimento di Miller è che al tempo in cui si pensava si fossero formati, c’era ossigeno sufficiente a distruggere tutti gli aminoacidi nell’atmosfera Il fatto, trascurato da Miller, è rivelato tra tacce di ferro ossidato trovate in rocce che si stima abbiamo 3,5 miliardi di anni.221
Ci sono scoperte che dimostrano che il quantitativo di ossigeno nell’atmosfera a quel tempo era molto maggiore di quanto affermato originariamente dagli evoluzionisti. Gli studi dimostrano anche che il quantitativo di raggi ultravioletti a cui era esposta la terra era 10.000 volte maggiore di quanto stimato dagli evoluzionisti. Questa intensa radiazione avrebbe inevitabilmente liberato ossigeno scomponendo il vapore acqueo e il biossido di carbonio nell’atmosfera.
Questa situazione nega completamente l’esperimento di Miller in cui l’ossigeno è completamente trascurato. Se in questo esperimento fosse stato usato l’ossigeno, il metano si sarebbe decomposto in biossido di carbonio e acqua e l’ammoniaca in azoto e acqua. D’altro canto, in un ambiente in cui non c’era ossigeno non ci sarebbe stato neppure strato di ozono; gli aminoacidi, quindi, sarebbero stati distrutti immediatamente perché sarebbero stati esposti ai raggi ultravioletti più intensi senza la protezione dello strato di ozono. In altre parole, con o senza ossigeno nel mondo primordiale, i risultati sarebbero stati un ambiente mortale per gli aminoacidi.
4- Alla fine dell'esperimento di Miller, si erano formati molti aminoacidi con caratteristiche che andavano a detrimento della struttura e delle funzioni degli esseri viventi. Se gli aminoacidi non fossero stati isolati e fossero stati lasciati nello stesso ambiente con questi elementi chimici, la loro distruzione o trasformazione in composti diversi attraverso reazioni chimiche sarebbe stata inevitabile.
Inoltre, l’esperimento di Miller produsse anche aminoacidi destrogiri. 222 L’esistenza di questi aminoacidi confuta la teoria con i suoi stessi termini perché aminoacidi destrogiri non possono funzionare nella composizione di organismi viventi. Per concludere, le circostanze in cui si formarono gli aminoacidi nell’esperimento di Miller non erano adatte alla vita. In verità, questo mezzo prese la forma di una miscela di acidi che distruggeva e ossidizzava le molecole utili ottenute.
Tutti questi fatti evidenziano una verità certa: L’esperimento di Miller non può dire di aver dimostrato che gli esseri viventi si formarono per caso nelle condizioni primordiali della terra. Tutto l’esperimento non è altro che un esperimento deliberato e controllato in laboratorio per sintetizzare aminoacidi. Il quantitativo e il tipo di gas usati nell’esperimento furono stabiliti in modo ideale per consentire agli aminoacidi di originarsi. Il quantitativo di energia fornito al sistema non fu né troppo né troppo poco ma disposto in modo preciso per consentire le reazioni necessarie. Il dispositivo dell’esperimento fu isolato in modo da non consentire la perdita di alcun elemento dannoso o distruttivo o di altri elementi che potessero impedire la formazione degli aminoacidi. Nessun elemento, minerale o composto che poteva essere presente sulla terra primordiale ma che avrebbe modificato il corso della reazione fu incluso dell’esperimento. L’ossigeno, che avrebbe impedito la formazione degli aminoacidi a causa dell’ossidazione, è solo uno di questi elementi distruttivi. Anche in tali condizioni di laboratorio ideali, era impossibile per gli aminoacidi prodotti sopravvivere ed evitare la distruzione senza il meccanismo della “trappola fredda”.
In realtà, con questo esperimento, Miller distrusse l’affermazione degli evoluzionisti che “la vita emerse come risultato di coincidenze inconsapevoli". Questo perché, se l’esperimento prova qualcosa, è che gli aminoacidi possono essere prodotti solo in un ambiente di laboratorio controllato dove tutte le condizioni sono specificamente progettate da un intervento consapevole.
Oggi l'esperimento di Miller non è tenuto in alcuna considerazione neppure dagli scienziati evoluzionisti Nel numero del febbraio 1998, la famosa rivista scientifica evoluzionista Earth, sono comparse le seguenti considerazioni in un articolo intitolato “Life's Cruciale”
I geologi ora credono che l'atmosfera primordiale consisteva soprattutto di biossido di carbonio e di azoto, gas che sono meno reattivi di quelli utilizzati nell'esperimento del 1953. Anche se l'atmosfera di Miller potesse essere esistita, come sarebbe stato possibile che molecole semplici come gli amminoacidi subissero le trasformazioni chimiche che le avrebbero convertie in composti assai più complicati, o polimeri, come le proteine? Miller stesso ha alzato le mani a questo punto del puzzle. È un problema", ha sospirato esasperato.“Com'è possibile ottenere polimeri? Non è facile” 223
Come si è visto, anche lo stresso Miller ha ammesso che il suo esperimento non porta ad una spiegazione dell'origine della vita Nel numero di marzo 1998 del National Geographic in un articolo, dal titolo "The Emergence of Life on Earth" è comparso il commento che segue:
Molti scienziati ora sospettano che l'atmosfera primordiale fosse differente da quanto supposto in principio da Miller.Pensano che consistesse di biossido di carbonio e azoto piuttosto che di idrogeno, metano e ammoniaca.
Questa è una cattiva notizia per i chimici. Quando tentano di stimolare il biossido di carbonio e l'azoto, essi ottengono una misera quantità di molecole organiche – equivalente alla dissoluzione di una goccia di colorante nell'acqua di una piscina. Gli scienziati trovano difficile immaginare che la vita sia emersa da un tale brodo diluito. 224
In breve, né l'esperimento di Miller, né alcun altro simile tentato può rispondere alla domanda sul modo in cui la vita è comparsa sulla terra. Tutte le ricerche fatte dimostrano che è impossibile che la vita sia emersa per caso e quindi confermano che la vita è stata creata. Il motivo per cui gli evoluzionisti non accettano questa ovvia realtà è la loro cieca aderenza a pregiudizi che sono totalmente ascientifici. È abbastanza interessante che Harold Urey, che organizzò l’esperimento Miller con il suo studente, Stanley Miller, fece la seguente confessione sulla’rgomento:
Tutti noi che studiamo l’origine della vita troviamo che più cerchiamo e più sentiamo che è troppo complessa per essersi evoluta da qualche parte, Tutti crediamo come ad un articolo di fede al fatto che la vita si è evoluta dalla materia inerte del pianeta. È solo che la sua complessità è tanto grande, è difficile per noi immaginare che lo fece.225
Le fonti evoluzioniste usano l’esperimento di Miller, nonostante tutte le sue incoerenze, per cercare di interpretare erroneamente la questione dell’origine degli aminoacidi. Dando l’impressione che il problema sia stato da lungo tempo risolto da quell’esperimento privo di validità, essi cercano di coprire le crepe della teoria dell'evoluzione.
Tuttavia, per spiegare la seconda fase dell’origine della vita, gli evoluzionisti si sono trovati di fronte un problema ancora maggiore di quello della formazione degli aminoacidi – cioè l’origine delle proteine, i blocchi costituenti della vita, che sono composti di centinaia di aminoacidi diversi che si legano tra di loro in un ordine particolare.
Affermare che le proteine si sono formate per caso in condizioni naturali è ancora più irrealistico e irragionevole che affermare che gli aminoacidi si sono formati per caso. Nelle pagine che precedono abbiamo visto con il calcolo delle probabilità l’impossibilità matematica che il caso unisca gli aminoacidi nella sequenza corretta per formare le proteine. Ora esamineremo l’impossibilità che le proteine siano prodotte chimicamente nelle condizioni primordiali della terra.
Come abbiamo visto prima, quando si combinano per formare le proteine, gli aminoacidi formano uno speciale legame tra di loro chiamato legame peptico, Durante la formazione di questo legame peptico, viene rilasciata una molecola d’acqua.
Questo fatto confuta in modo definitivo la spiegazione evoluzionista che la vita primordiale ebbe origine nell’acqua perché, secondo il “principio di Le Châtelier”, in chimica non è possibile che una reazione che rilascia acqua (una reazione di condensazione) avvenga in un ambiente acquoso. Si dice che le possibilità che questo tipo di reazione avvenga in un ambiente idrato “hanno la minore probabilità di avvenire" di tutte le razioni chimiche.
Quindi l’oceano, che si dice essere il posto in cui iniziò la vita e si originarono gli aminoacidi, non è assolutamente un ambiente appropriato perché gli aminoacidi formino le proteine. 22 D’altro canto, sarebbe irrazionale per gli evoluzionisti cambiare opinione e affermare che la vita ebbe origine sulla terra perché l’unico ambiente i cui gli aminoacidi potrebbero essere stati protetti dalle radiazioni ultraviolette è costituito dagli oceani e dai mari. Sulla terra sarebbero stati distrutti dai raggi ultravioletti. Il principio diLe Châtelier, d’altro canto, confuta l’affermazione della formazione della vita nel mare. Questo è un altro dilemma che asta di fronte all’evoluzione.
Sfidati dal suddetto dilemma, gli evoluzionisti cominciarono ad inventare scenari irrealistici basati su questo “problema dell’acqua” che in modo tanto definitivo confuta le loro teorie. Sydney Fox fu uno dei più noti di questi ricercatori. Fox avanzò la seguente teoria per risolvere il problema. Secondo lui, i primi aminoacidi devono essere stati trasportati su qualche altura vicino ad un vulcano subito dopo la loro formazione nell’oceano primordiale. L’acqua contenuta in questa miscela che conteneva gli aminoacidi deve essere evaporata quando la temperatura superò il punto di ebollizione. Gli aminoacidi “asciugati” in questo modo, potevano dopo essersi combinati per formare le proteine.
Questo modo “complicato” non fu però accettato da molte persone del campo perché gli aminoacidi non avrebbero sopportato tali alte temperature. La ricerca confermò che gli aminoacidi sono immediatamente distrutti a temperature molto alte.
FOX'S "PROTEINOIDS"
Sydney Fox, who was influenced by Miller's scenario, formed the above molecules, which he called "proteinoids," by joining amino acids together. However, these chains of nonfunctioning amino acids had no resemblance to the real proteins that make up the bodies of living things. Actually, all these efforts showed not only that life did not come about by chance, but also that it could not be reproduced in laboratory conditions.
Ma Fox non si diede per vinto. Combinò aminoacidi purificati in laboratori, “in condizioni molto speciali”, riscaldandoli in un ambiente asciutto. Gli aminoacidi si combinarono ma non fu ancora ottenuta alcuna proteina. Quello che in realtà venne fuori fu un semplice e disordinato viluppo di aminoacidi, combinati tra di loro in modo arbitrario che erano lungi dal somigliare ad una proteina vivente. Inoltre Fox aveva tenuto gli aminoacidi ad una temperatura costante quindi anche questi viluppi si sarebbero disintegrati.
Un altro punto che rese nullo l’esperimento fu che Fox non usò gli inutili prodotti finali ottenuti nell’esperimento di Miller, piuttosto usò aminoacidi puri di organismi viventi. Questo esperimento, però, che intendeva essere una continuazione dell’esperimento di Miller, avrebbe dovuto cominciare dai risultati ottenuti da Miller. Tuttavia né Fox né altri ricercatori usarono gli inutili aminoacidi prodotti da Miller.
L’esperimento di Fox non fu ben accolto nei circoli evoluzionisti perché era chiaro che le insignificanti catene di aminoacidi che egli ottenne (che egli chiamò “proteinoidi”) non si sarebbero potuti formare in condizioni naturali. Inoltre ancora non fu possibile produrre le proteine, le unità di base della vita. Il problema dell’origine delle proteine restava insoluto. In un articolo di divulgazione scientifica, Chemical Engineering News, che uscì negli anni ’70, l’esperimento di Fox fu citato come segue:
Sidney Fox e altri ricercatori riuscirono a unire gli aminoacidi in forma di “proteinoidi” usando tecniche di riscaldamento molto speciali in condizioni che, difatti, non esistevano per niente nelle fasi primordiali della terra. İnoltre non sono affatto simili alle proteine molto regolari presenti negli esseri viventi. Sono solo inutili, irregolari macchie chimiche. È stato spiegato che anche se tali molecole si fossero formate nei primi tempi, sarebbero state certamente distrutte.227
In realtà, i proteinoidi che Fox ottenne erano totalmente diversi dalle reali proteine, sia in struttura che in funzioni. La differenza tra le proteine e questi proteinoidi era tanto enorme quanto la differenza tra un dispositivo high-tech e un ammasso di ferro non lavorato.
Inoltre non c’era alcuna possibilità che queste catene irregolari di aminoacidi potessero sopravvivere nell’atmosfera primordiale. Effetti chimici dannosi e distruttivi causati dalla forte esposizione ala luce ultravioletta e altre condizioni naturali instabili avrebbero fatto sì che i proteinoidi si disintegrassero. Per il principio di Le Châtelier, era anche impossibile che gli aminoacidi si combinassero sotto l’acqua dove i raggi ultravioletti non li avrebbero raggiunti. Tenuto conto di ciò, l’idea che i proteinoidi fossero la base della vita alla fine perse sostegno tra gli scienziati.
I nostri esami, finora, hanno dimostrato che la teoria dell’evoluzione è in grave imbarazzo a livello molecolare. Gli evoluzionisti non hanno gettato alcuna luce sulla formazione degli aminoacidi. La formazione delle proteine, d’altro canto, è un altro mistero per sé.
I problemi, però, non si limitano solo ad aminoacidi e proteine. Questo è solo l’inizio. Al di là di loro, la struttura estremamente complessa della cellula porta gli evoluzionisti ancora ad una altro impasse. Il motivo è che la cellula non è solo un ammasso di proteine strutturate dagli aminoacidi ma piuttosto uno dei sistemi più complessi che l’uomo abbia mai incontrato.
Mentre la teoria dell’evoluzione stava avendo tanti problemi a fornire una spiegazione coerente dell’esistenza delle molecole che sono alla base della struttura cellulare, sviluppi nella scienza della genetica e la scoperta dei acidi nucleici (DNA e RNA) produssero nuovi problemi per la teoria. Nel 1953, James Watson e Francis Crick aprirono una nuova era nella biologia con il loro lavoro sulla struttura del DNA.
La molecola nota come DNA, che si trova nel nucleo di ciascuno dei 100 trilioni di cellule presenti nel nostro corpo, contiene il piano completo di costruzione del corpo umano. Le informazioni riguardanti tutte le caratteristiche di una persona, dall'aspetto fisico alla struttura degli organi interni, sono registrate nel DNA in una sequenza di quattro basi speciali che costituiscono la molecola gigante. Queste basi sono note A, T, G e C, come secondo le lettere iniziali dei loro nomi. Tutte le differenze strutturali tra le persone dipendono da variazione nelle sequenze di queste lettere. Oltre a caratteristiche come altezza, colore di occhi, capelli e pelle, il DNA di una singola cellula contiene il disegno delle 206 ossa, dei 600 muscoli, dei 100 miliardi di cellule nervose (neuroni), di 1 trilione di connessioni tra i neuroni del cervello, di 97.000 chilometri di vene e di 100 trilioni di cellule del corpo umano. Se dovessimo trascrivere le informazioni codificate nel DNA dovremmo compilare una gigantesca biblioteca di 900 volumi di 500 pagine ciascuna. Ma le informazioni che questa enorme biblioteca conserverebbe sono codificate all’interno delle molecole di DNA nel nucleo della cellula che è molto più piccola della cellula stessa luna un centesimo di millimetro.
A questo punto c’è un dettaglio importante che merita attenzione. Un errore nella sequenza dei nucleotidi che costituiscono un gene renderebbe quel gene completamente inutile. Quando si considera che ci sono circa 30.000 geni nel corpo umano, diventa più chiaro quanto è impossibile che i milioni di nucleotidi che costituiscono questi geni si siano formati nella giusta sequenza, per caso. Il biologo evoluzionista Frank Salisbury ha commentato questa impossibilità:
Una proteina media potrebbe comprendere circa 300 aminoacidi. İl gene di DNA che controlla questo avrebbe circa 1000 nucleotidi nella sua catena. Poiché ci sono quattro tipi di nucleotidi in una catena di DNA, uno che consiste di 1000 legami potrebbe esistere in 41,000 forme. Usando un po’ di algebra (logaritmi) possiamo vedere che 41,000=10600. Dieci moltiplicato per se stesso 600 volte dà la cifra 1 seguita da 600 zero! Questo numero è completamente al di là della nostra comprensione.228
Il numero 41,000 è equivalente a 10600. Questo significa 1 seguito da 600 zeri. Poiché 1 con 12 zero dopo di esso indica un trilione, 600 zeri rappresentano un numero inconcepibile.
L’impossibilità della formazione di RNA e DNA per accumulo casuale di nucleotidi è espressa dallo scienziato francese Paul Auger in questo modo:
Dobbiamo nettamente distinguere le due fasi nella formazione casuale di complesse molecole come i nucleotidi da parte di eventi chimici. La produzione di nucleotidi uno per uno – che è possibile – e la combinazione di questi entro sequenze speciali. La seconda è assolutamente impossibile.229
Per molti anni, credette nella teoria dell’evoluzione molecolare ma, alla fine, anche egli dovette ammettere con se stesso che una molecola così complessa non poteva essere emersa spontaneamente per caso come risultato di un processo evolutivo.
Un uomo onesto, armato di tutte le conoscenze di cui disponiamo ora, potrebbe solo affermare che, in qualche modo, l’origine della vita al momento appare essere quasi un miracolo.230
L’evoluzionista turco professor Ali Demirsoy fu costretto a fare la seguente confessione sull'argomento:
İn realtà, la probabilità della formazione di una proteina e di un acido nucleico (DNA-RNA) è una probabilità al di là delle stime. Inoltre, la possibilità della comparsa di una certa catena proteica è così piccola da essere astronomica.231
Un paradosso molto interessante emerge a questo punto: Mentre il DNA può replicarsi solo con l’aiuto di speciali proteine (enzimi), la sintesi di queste proteine può essere realizzata solo dalle informazioni codificate nel DNA. Poiché essi dipendono l’uno dall’altro, per replicarsi devono essere esistiti allo stesso tempo. Lo scrittore scientifico John Horgan spiega questo dilemma in questo modo:
Il DNA non può svolgere la sua funzione, inclusa la formazione di altro DNA, senza l'aiuto di proteine catalitiche, o enzimi. In breve, le proteine non possono formarsi senza il DNA, ma nemmeno il DNA può formarsi senza le proteine. 232
Questa situazione mina alla base lo scenario che la vita potrebbe essere sorta per caso. Homer Jacobson, professore emerito di chimica, commenta:
Istruzioni per la riproduzione di piani, per l’energia e l’estrazione di parti dall’ambiente corrente, per la sequenza della crescita e per le istruzioni del meccanismo di traduzione nella crescita – tutto doveva essere presente contemporaneamente a quel momento [quando ebbe inizio la vita] Questa combinazione di eventi è sembrato un avvenimento incredibilmente improbabile...233
La citazione che precede, fu scritta due anni dopo la scoperta della struttura del DNA da parte di Watson e Crick. Ma nonostante tutti gli sviluppi della scienza, questo problema per gli evoluzionisti resta irrisolto. Ecco perché il biochimico tedesco Douglas R. Hofstadter dice:
In che modo ha avuto origine il Codice genetico, insieme con i meccanismi della sua traduzione (ribosomi e molecole di RNA)? Per il momento dobbiamo accontentarci di un senso di mistero e di stupore anziché di una risposta. 234
Uno stretto collaboratore di Stanley Miller e Francis Crick dell'Universitàdi San Diego California, lo stimato evoluzionista dr. Leslie Orgel, in un articolo pubblicato nel 1994 ha detto:
È estremamente improbabile che le proteine e gli acidi nucleici, entrambi strutturalmente complessi, siano sorti spontaneamente nello stesso posto e nello stesso tempo. Sembra anche impossibile avere le une senza gli altri. E quindi, a prima vista, si deve concludere che la vita non ha mai potuto, in realtà, aver avuto origine da mezzi chimici. 235
Oltre a tutto ciò, è chimicamente impossibile che acidi nucleici come DNA e RNA, che hanno una stringa definita di informazioni, siano emersi per caso o che anche uno dei nucleotidi che li compongono sia venuto fuori per accidente e sia sopravvissuto e abbia conservato il suo stato inalterato nelle condizioni del mondo primordiale. Anche la famosa rivista Scientific American, che segue una linea evoluzionista, è stata costretta a confessare i dubbi degli evoluzionisti su questo punto:
Anche le molecole più semplici sono prodotte solo in un piccolo numero di esperimenti realistici che simulano le possibili condizioni primitive della terra. Quello che è peggio è che queste molecole sono in genere costituenti minori di tar: Resta un problema il modo in cui potrebbero essersi separate e purificate attraverso processi geochimici i cui effetti normali sono quelli di rendere le miscele organiche sempre più confuse. Con molecole un poco più complesse queste difficoltà aumentano rapidamente. In particolare un’origine puramente geochimica dei nucleotidi (le sotto-unità di DNA e RNA) presenta grandi difficoltà.236
Come rivelato da quanto discusso finora, poiché è impossibile che la vita sia emersa attraverso mezzi chimici, essa è stata creata da Dio onnipotente. Questa "evoluzione chimica” di cui gli evoluzionisti parlano dall’inizio del secolo scorso non è mai avvenuta e non è altro che un mito.
Ma la maggior parte degli evoluzionisti crede in questa e in simili favole totalmente ascientifiche come se fossero vere, perché accettare che gli esseri viventi furono creati significa accettare l’esistenza di Dio onnipotente – ed essi hanno condizionato se stessi a non accettare questa verità. Un famoso biologo australiano, Michael Denton, discute questo argomento nel suo libro Evolution: A Theory in Crisis:
Per gli scettici, proporre che programmi genetici di organismi superiori, che consistono di circa mille milioni di bit di informazioni, equivalenti alla sequenza di lettere in una piccola biblioteca di 1000 volumi, che contengono in forma codificata innumerevoli migliaia di complicati algoritmi che controllano, specificano ed ordinano la crescita e lo sviluppo di miliardi di miliardi di cellule nella forma di un organismo complesso furono composti da un processo puramente casuale è semplicemente un affronto per la ragione. Ma per i darwinisti l’idea è accettata senza ombra di dubbio – il paradigma ha la precedenza! 237
La scoperta, negli anni ’70, che i gas che esistevano originariamente nell’atmosfera primitiva della terra avrebbero reso impossibile la sintesi degli aminoacidi fu un duro colpo per la teoria dell’evoluzione molecolare. Gli evoluzionisti dovettero allora affrontare il fatto che gli “esperimenti nell’atmosfera primitiva” di Stanley Miller, Sydney Fox, Cyril Ponnamperuma ed altri non erano validi. Per questo motivo, negli anni ’80, gli evoluzionisti ci riprovarono. Come risultato, fu avanzata l’ipotesi del “mondo dello RNA”. Questo scenario proponeva che non si erano formate per prima le proteine ma piuttosto le molecole di RNA che contenevano le informazioni per le proteine.
Secondo questo scenario proposto dal chimico di Harvard Walter Gilbert nel 1986, ispirato dalla scoperta dei “ribozimi” da parte di Thomas Cech, miliardi di anni fa una molecola di RNA capace di replicarsi si formò in qualche modo per caso. Poi questa molecola di RNA cominciò a produrre proteine essendo stata attivata da influenze esterne. Successivamente, diventò necessario immagazzinare queste informazioni in una seconda molecola e, in qualche modo, emerse la molecola di DNA per farlo.
DNA codes of the beta-globin gene. These codes make up one of the parts of the haemoglobin that carry oxygen in the blood. The important thing is that if there is an error in just one of these codes, the protein that is produced will be totally useless.
Costituito com’è da una catena di impossibilità in ogni e ciascuna fase, questo scenario scarsamente credibile, lungi dal fornire una spiegazione sull’origine della vita, non fece che ingrandire il problema e sollevare molte questioni irrisolvibili.
1. Poiché è impossibile accettare la formazione per coincidenze anche di uno solo dei nucleotidi che costituiscono lo RNA, come è possibile che questi immaginari nucleotidi formare lo RNA mettendosi assieme in una particolare sequenza? L’evoluzionista John Horgan ammette l’impossibilità della formazione dello RNA per caso:
Man mano che i ricercatori continuano ad esaminare da vicino il concetto del mondo dello RNA, emergono più problemi. Come sorse inizialmente lo RNA? Lo RNA e i suoi componenti sono difficili da sintetizzare in laboratorio nelle migliori condizioni, peggio ancora in quelle veramente plausibili.238
2. Anche se supponiamo che si formò per caso, come potrebbe questo RNA, che consiste solo di una catena di nucleotidi, aver “deciso” di replicarsi e con quale tipo di meccanismo potrebbe aver svolto questo processo di auto-replicazione? Dove trovò i nucleotidi usati mentre si auto-replicava? Persino gli evoluzionisti Gerald Joyce e Leslie Orgel esprimono la natura disperata della situazione nel loro libro In the RNA World:
questa discussione... ha, in certo senso, msso l'accento su un uomo di paglia: il mito delle molecole di RNA che si auto-replicano che sorsero de novo da un brodo di polinucleotidi casuali. Non solo è una nozione tanto irrealistica alla luce delle nostre attuali conoscenze della chimica prebiotica, ma metterebbe a dura prova anche una visione ottimistica del potenziale catalitico dello RNA.239
3. Anche se supponiamo che nel mondo primordiale c’era uno RNA auto-replicante, che erano disponibili numerosi aminoacidi pronti ad essere usati dallo RNA e che tutte queste cose impossibili in qualche modo avvennero, la situazione comunque non porta alla formazione anche di una sola proteina. Perché lo RNA comprende solo informazioni riguardanti la struttura delle proteine. Gli aminoacidi, d’altro canto, sono materiali grezzi. Non c’è, tuttavia, alcun meccanismo per la produzione delle proteine. Considerare l'esistenza dello RNA sufficiente per la produzione delle proteine è tanto assurdo quanto aspettarsi che una macchina si assembli da solo semplicemente gettandone lo schema su un cumulo di parti ammucchiate l’una sull’altra. Uno schema non può produrre una macchina da sola senza una fabbrica e degli operai che assemblano le parti secondo le istruzioni contenute in quello schema; allo stesso modo, lo schema contenuto nello RNA non può produrre le proteine da solo senza la collaborazione di altri componenti cellulari che seguono le istruzioni contenute nello RNA.
Le proteine sono prodotte nella fabbrica che è il ribosoma con l’aiuto di molti enzimi e come risultato di processi estremamente complessi all’interno della cellula. Il ribosoma è un complesso organello cellulare costituito da proteine. Questo porta, quindi, ad un’altra supposizione irrazionale - che anche i ribosomi devono essere giunti all’esistenza per caso allo stesso tempo. Anche il premio Nobel Jacques Monod, che era uno dei più fanatici difensori dell’evoluzione e dell’ateismo spiegò che la sintesi proteica non si può in alcun modo considerare dipendente solo dalle informazioni contenute negli acid nucleici:
İl codice è insignificante se non è tradotto. Il macchinario che traduce la cellula moderna consiste di almeno 50 componenti macromolecolari che sono essi stessi codificati nel DNA: il codice non può essere tradotto se non da prodotti delle traduzioni stesse. È l’espressione moderna di omne vivum ex ovo. Quando e come si chiuse il cerchio? È estremamente difficile da immaginare.240
Il che modo una catena di RNA avrebbe preso questa decisione nel mondo primordiale e che metodi potrebbe aver impiegato per far sì che avvenisse la produzione di proteine facendo da sola il lavoro di 50 particelle specializzate? Gli evoluzionisti non hanno risposte a queste domande. Un articolo dell’importante rivista scientifica Nature, rende chiaro che il concetto di “RNA auto-replicante” è solo un prodotto della fantasia e che in realtà questo tipo di RNA non è stato prodotto in alcuno esperimento.
La replicazione del DNA è così soggetta ad errore che ha bisogno della previa esistenza di enzimi proteici per migliorare la fedeltà della copia di un pezzo di DNA delle dimensioni di un gene. "Catch-22" dicono Maynard Smith e Szathmary. Quindi, la ruota dello RNA, con le sue proprietà ormai riconosciute di trasporto delle informazioni e attività enzimatica, porta gli autori ad affermare: “In essenza le prime molecole di RNA non avevano bisogno di una polimerase proteica che le replicavano; si replicavano da sole”. Questo è un fatto o una speranza? Avrei considerato rilevante sottolineare per i ‘biologi in generale’ che finora non è emerso un solo RNA autoreplicante tra i quadrilioni (1024) di sequenze casuali di RNA sintetizzate artificialmente.241
Il dottor Leslie Orgel usa il termine “scenario” per la possibilità della “origine della vita attraverso il mondo dello RNA”. Orgel ha descritto che tipo di caratteristiche avrebbe dovuto avere questo RNA e quanto queste sarebbero state impossibili, nel suo libro "The Origin of Life," pubblicato su Scientific American nell’ottobre 1994:
Questo scenario potrebbe essersi presentato, notammo, se lo RNA prebiotico avesse avuto due proprietà non evidenti oggi: La capacità di replicarsi senza l’aiuto delle proteine e quella di catalizzare ogni fase della sintesi proteica.242
E dovrebbe essere ormai chiaro che questi due processi complessi ed assolutamente essenziali da una molecola come lo RNA è contro il pensiero scientifico. Fatti scientifici concreti, d’altro canto, rendono esplicito che l’ipotesi del mondo dello RNA, che è un nuovo modello proposto per la formazione causale della vita, è una favola ugualmente non plausibile.
John Horgan, nel suo libro The End of Science, riporta che Stanley Miller esaminò le teorie successivamente esposte riguardo l’origine della vita (si ricorderà che Miller era l’ideatore del famoso esperimento Mille che si rivelò successivamente non valido).
İn realtà, circa 40 anni dopo il suo originario esperimento, Miller mi disse che risolvere l’enigma dell’origine della vita si era rivelato più difficile di quanto chiunque avesse immaginato... Miller sembrava non impressionato da qualsiasi delle proposte correnti sull’origine della vita chiamandole “sciocchezze” o “chimica di carta”. Disprezzava tanto alcune impotesi che, quando gli chiesi un’opinione sulle stesse, scosse solo la testa, sospirò profondamente e ridacchiò come sopraffatto dalla follia dell’umanità. La teoria di Stuart Kauffman della autocatalisi, ricadeva in questa categoria. “Eseguire equazioni al computer non è un esperimento”, sospirò Miller. Miller riconosceva che gli scienziati potrebbero non sapere mai con precisione dove e quando la vita emerse.243
Questa affermazione da parte di un pioniere della lotta per trovare una spiegazione evolutiva dell’origine della ita riflette chiaramente la disperazione provata dagli scienziati evoluzionisti per il cul-de-sac in cui si trovano.
Finora abbiamo esaminato quanto è impossibile la formazione accidentale della vita. Solo per un momento, ignoriamo queste impossibilità. Supponiamo che milioni di anni fa si formò una cellula che acquisì tutto quello che è necessario per la cita e che debitamente “giunse all’esistenza”. A questo punto l’evoluzione crolla ancora una volta. Perché anche se questa cellula fosse esistita per un poco, alla fine sarebbe morta e, dopo la morte, non sarebbe rimasto niente e tutto sarebbe tornato da dove era cominciato. Questo perché la prima cellula vivente, mancando di informazioni genetiche, non sarebbe stata in grado di riprodursi e iniziare una nuova generazione. La vita sarebbe finita con la sua morte.
L'information extraordinaire qui se trouve dans l'ADN est la preuve même que la vie n'est pas apparue par hasard, mais a été créée de façon délibérée. Aucun processus naturel ne peut expliquer l'origine d'ADN.
Il sistema genetico non consiste solo di DNA. Nello stesso ambiente devono anche esistere le seguenti cose: enzimi per leggere il codice DNA, RNA messaggero da produrre dopo la lettura di questi codici, un ribosoma a cui lo RNA messaggero si fissa secondo questo codice, RNA di trasferimento per trasferire gli aminoacidi al ribosoma da usare nella produzione e enzimi estremamente complessi per svolgere numerosi processi intermedi. Un tale ambiente non può esistere in alcun posto se non in un luogo totalmente isolato e completamente controllato come la cellula dove esistono tutti i materiali grezzi e le risorse energetiche essenziali.
Quindi la materia organica può auto-riprodursi solo se esiste come cellula pienamente sviluppata con tutti i suoi organelli. Questo significa che la prima cellula sulla terra fu formata “all’improvviso” insieme al tutta la sua struttura straordinariamente complessa.
Se una struttura complessa giunse all’esistenza all’improvviso, che significa?
Facciamo questa domanda con un esempio. Paragoniamo la cellula ad una macchina high-tech in termini di complessità. (In realtà la cellula è un sistema molto più complesso e sviluppato di una macchina). Facciamoci questa domanda: Cosa pensereste se faceste l’autostop nel cuore di una fitta foresta e vi imbatteste in una macchina nuova di zecca tra gli alberi? Pensereste che i vari elementi della foresta si fossero messi assieme per caso lungo milioni di anni e avessero prodotto un tale veicolo? Tutte le parti della macchina sono fatte con prodotti come ferro, rame e gomma – ingredienti grezzi che si trovano tutti sulla terra – ma questo fatto porta a pensare che questi materiali si sono sintetizzati “per caso” e poi si sono messi assieme e hanno prodotto una macchina?
Senza dubbio chiunque abbia una mente sana si renderebbe conto che quella macchina è il prodotto di un progetto intelligente e si chiederebbe che ci fa lì nel mezzo della foresta. L’improvvisa comparsa di una struttura complessa in una forma complessa, improvvisamente, mostra che quella è l'opera di un progetto intelligente.
Credere che il puro caso possa produrre progetti perfetti va al di là dei confini della ragione. Tuttavia tutte le “spiegazioni” avanzate dalla teoria dell’evoluzione riguardo all’origine della vita è così. Una importante autorità su questo argomento è il famoso zoologo francese Pierre-Paul Grassé. Grassé è un evoluzionista, tuttavia riconosce che la teoria di Darwin non è in grado di spiegare la vita e parla della logica delle “coincidenze” che è la spina dorsale del darwinismo.
L’opportuna comparsa delle mutazioni che permisero ad animali e piante di soddisfare i propri bisogni sembra difficile da credere. La teoria darwinista, però, è ancora più esigente: Una singola pianta, un singolo animale avrebbe richiesto migliaia e migliaia di fortunati eventi appropriati. Quindi i miracoli diventerebbero la regola: Eventi con una probabilità infinitesimale non potevano non avvenire... "Non c'è nessun legge che impedisce di sognare ad occhi aperti ma la scienza non deve indulgere in questo.244
Tutti gli esseri viventi del mondo, che sono tutti chiari esempi della progettazione intelligente che abbiamo appena discusso, sono allo stesso tempo la prova vivente che la coincidenza non può avere alcun ruolo nella loro esistenza. Ciascuna delle parti componenti – per non parlare di una intera creatura vivente – contiene strutture e sistemi così complessi che non possono essere opera delle coincidenze. Non dobbiamo andare al di là del nostro corpo per trovarne esempi:
Un esempio sono i nostri occhi. L’occhio umano vedere attraverso il lavoro di circa 40 parti separate. Se una di esse non fosse presente, l’occhio sarebbe inutile. Ciascuna di queste 40 parti possiede strutture complesse entro se stessa. La retina sul retro dell’occhio, per esempio, è costituita da 11 strati. Ciascuno strato ha una funzione diversa. I processi chimici che avvengono all’interno della retina sono così complessi che possono essere spiegati solo con pagine piene di formule e diagrammi.
La teoria dell’evoluzione non è in grado di spiegare nemmeno la comparsa di una tale perfetta e complessa struttura come un solo occhio attraverso un “accidente” figurarsi la vita stessa o il genere umano.
Cosa provano, allora, queste caratteristiche straordinarie circa l’origine della vita? Come abbiamo chiarito nella parte di apertura di questo libro sull’origine della vita possono essere date solo due diverse spiegazioni. Una è la fallace spiegazione evoluzionista, l’altra è l’evidente “realtà della creazione”. Come spiegato nel corso del libro, le affermazioni dell’evoluzione sono impossibili e le scoperte scientifiche dimostrano la verità della creazione. Questa verità può sorprendere alcuni scienziati che, dal diciannovesimo secolo a quello presente hanno visto il concetto di “creazione” come ascientifico, ma la scienza può progredire solo superando shock di questo tipo e accettando la verità. Chandra Wickramasinghe descrive la realtà che ha affrontato come scienziato a cui è stato detto per tutta la vita che la vita è emersa come risultato di coincidenze casuali:
dalla mia prima formazione come scienziato mi fu fatto il lavaggio del cervello perché credessi che la scienza non può essere coerente con alcun tipo di creazione deliberata. Questa nozione è dovuta essere dolorosamente respinta. Al momento non posso trovare alcun argomento razionale per abbattere la visione che sostiene la conversione a Dio. Avevamo una mente aperta; ora ci accorgiamo che la sola risposta logica alla vita è la creazione - e non un rimescolamento accidentale a caso.245
201 Michael Denton, Evolution: A Theory in Crisis, Burnett Books, London, 1985, pp. 328, 342.
202 Charles Darwin, Life and Letter of Charles Darwin, vol. II, From Charles Darwin to J. Do Hooker, March 29, 1863
203 W. R. Bird, The Origin of Species Revisited, Thomas Nelson Co., Nashville, 1991, pp. 298-99.
204 "Hoyle on Evolution," Nature, vol. 294, November 12, 1981, p. 105.
205 H. Blum, Time's Arrow and Evolution, 158 (3d ed. 1968), cited in W. R. Bird, The Origin of Species Revisited, Thomas Nelson Co., Nashville, 1991, p. 304. (emphasis added)
206 W. Stokes, Essentials of Earth History, 186 (4th ed. 1942), cited in W. R. Bird, The Origin of Species Revisited, Thomas Nelson Co., Nashville, 1991, p. 305.
207 J. D. Thomas, Evolution and Faith, ACU Press, Abilene, TX, 1988, pp. 81-82. (emphasis added)
208 Robert Shapiro, Origins: A Skeptic's Guide to the Creation of Life on Earth, Summit Books, New York, 1986, p. 127.
209 Fred Hoyle, Chandra Wickramasinghe, Evolution from Space, Simon & Schuster, New York, 1984, p. 148. (emphasis added)
210 Fred Hoyle, Chandra Wickramasinghe, Evolution from Space, Simon & Schuster, New York, 1984, p. 130. (emphasis added)
211 Simpson, Sarah, "Life's First Scalding Steps," Science News, Jan. 9, 1999, 155(2):25.
212 Fabbri Britannica Bilim Ansiklopedisi (Fabbri Britannica Science Encyclopaedia), vol. 2, no. 22, p. 519.
213 Dawkins, Richard, Climbing Mount Improbable, W.W. Norton, New York, 1996, p. 283.
214 Alexander I. Oparin, Origin of Life, Dover Publications, New York, 1936, 1953 (reprint), p. 196.
215 Klaus Dose, "The Origin of Life: More Questions Than Answers," Interdisciplinary Science Reviews, vol. 13, no. 4, 1988, p. 348. (emphasis added)
216 Horgan, John, The End of Science, M. A. Addison-Wesley, 1996, p. 138. (emphasis added)
217 Jeffrey Bada, Earth, "Life's Crucible,"February 1998, p. 40. (emphasis added)
218 Richard B. Bliss, Gary E. Parker, Duane T. Gish, Origin of Life, C.L.P. Publications, 3rd ed., California, 1990, pp. 14-15.
219 Kevin Mc Kean, Bilim ve Teknik (Science and Technology), no. 189, p. 7.
220 J. P. Ferris, C. T. Chen, "Photochemistry of Methane, Nitrogen, and Water Mixture As a Model for the Atmosphere of the Primitive Earth," Journal of American Chemical Society, vol. 97:11, 1975, p. 2964.
221 "New Evidence on Evolution of Early Atmosphere and Life," Bulletin of the American Meteorological Society, vol. 63, November 1982, pp. 1328-1330.
222 Richard B. Bliss & Gary E. Parker, Duane T. Gish, Origin of Life, C.L.P. Publications, 3rd ed., California, 1990, p. 16.
223 "Life's Crucible," Earth, February 1998, p. 34. (emphasis added)
224 "The Rise of Life on Earth," National Geographic, March 1998, p. 68. (emphasis added)
225 W. R. Bird, The Origin of Species Revisited, Thomas Nelson Co., Nashville, 1991, p. 325.(emphasis added)
226 Richard Dickerson, "Chemical Evolution," Scientific American, vol. 239:3, 1978, p. 75. Chemist Richard Dickerson explains the reason for this in this way: "If polymeric chains of proteins and nucleic acids are to be forged out of their precursor monomers, a molecule of water must be removed at each link in the chain. It is therefore hard to see how polymerization could have proceeded in the aqueous environment of the primitive ocean, since the presence of water favors depolymerization rather than polymerization."
227 S. W. Fox, K. Harada, G. Kramptiz, G. Mueller, "Chemical Origin of Cells," Chemical Engineering News, June 22, 1970, p. 80.
228 Frank B. Salisbury, "Doubts about the Modern Synthetic Theory of Evolution," American Biology Teacher, September 1971, p. 336.
229 Paul Auger, De La Physique Theorique a la Biologie, 1970, p. 118.
230 Francis Crick, Life Itself: It's Origin and Nature, New York, Simon & Schuster, 1981, p. 88. (emphasis added)
231 Ali Demirsoy, Kalitim ve Evrim (Inheritance and Evolution), Meteksan Publishing Co., Ankara, 1984, p. 39.
232 John Horgan, "In the Beginning," Scientific American, vol. 264, February 1991, p. 119. (emphasis added)
233 Homer Jacobson, "Information, Reproduction and the Origin of Life," American Scientist, January 1955, p. 121.
234 Douglas R. Hofstadter, Gödel, Escher, Bach: An Eternal Golden Braid, Vintage Books, New York, 1980, p. 548. (emphasis added)
235 Leslie E. Orgel, "The Origin of Life on Earth," Scientific American, vol. 271, October 1994, p. 78. (emphasis added)
236 Cairns-Smith, Alexander G., "The First Organisms," Scientific American, 252: 90, June 1985. (emphasis added)
237 Michael Denton, Evolution: A Theory in Crisis, London: Burnett Books, 1985, p. 351.
238 John Horgan, "In the Beginning," Scientific American, vol. 264, February 1991, p. 119.
239 G. F. Joyce, L. E. Orgel, "Prospects for Understanding the Origin of the RNA World," In the RNA World, Cold Spring Harbor Laboratory Press, New York, 1993, p. 13.
240 Jacques Monod, Chance and Necessity, New York, 1971, p. 143. (emphasis added)
241 Dover, Gabby L., Looping the Evolutionary loop, review of the origin of life from the birth of life to the origin of language, Nature, 1999, vol. 399, p. 218. (emphasis added)
242 Leslie E. Orgel, "The Origin of Life on the Earth," Scientific American, October 1994, vol. 271, p. 78.
243 Horgan, John, The End of Science, M. A. Addison-Wesley, 1996, p. 139.
244 Pierre-P Grassé, Evolution of Living Organisms, Academic Press, New York, 1977, p. 103. (emphasis added)
245 Chandra Wickramasinghe, Interview in London Daily Express, August 14, 1981.