Capitolo 2
Una Breve Storia Della Teoria

Le radici del pensiero evoluzionista, nella forma di credo dogmatico volto a negare la creazione, risalgono all'antichità. La maggior parte dei filosofi pagani della Grecia antica difese l'idea dell'evoluzione. La storia della filosofia dimostra che tale idea costituisce l'essenza del pensiero di molti filosofi pagani.

Non fu, tuttavia, l'antica filosofia pagana, ma la fede in Dio a giocare un ruolo determinante nella nascita e nello sviluppo della scienza moderna. La maggior parte dei precursori furono persone che credevano nell'esistenza di Dio, i quali si avvalsero dello studio della scienza per scoprire l'universo da Lui creato, per comprendere le Sue leggi e i particolari della Sua creazione. Astronomi quali Copernico, Keplero e Galileo; il padre della paleontologia, Cuvier; il pioniere della botanica e della zoologia, Linneo; Isaac Newton, di cui si parla come del "più grande scienziato mai esistito", si dedicarono allo studio della scienza non solo credendo in Dio, ma sapendo anche che l'intero universo pervenne all'essere come risultato della Sua creazione.6 Albert Einstein, considerato il più grande genio della nostra epoca, fu un altro scienziato devoto che credette in Dio, come testimoniano le sue parole: "Non posso concepire un vero scienziato senza quella fede profonda. Tale condizione può essere espressa con una immagine: la scienza senza la religione è zoppa".7

Uno dei fondatori della fisica moderna, il fisico tedesco Max Planck, ha detto che chiunque si dedichi alla scienza seriamente deve leggere la frase che campeggia sul suo tempio: "abbiate fede". La fede è un attributo di cui uno scienziato non può fare a meno."8

La teoria dell'evoluzione è il risultato della filosofia materialistica riapparsa con il risveglio dell'antico pensiero materialista e diffusasi nel corso dell’Ottocento. Come abbiamo indicato in precedenza, questa dottrina tenta di spiegare la natura per mezzo di fattori puramente materiali. Dal momento che nega la creazione fin dal principio, essa asserisce che ogni cosa, animata o inanimata, sia apparsa senza un atto di creazione, ma piuttosto come l'esito di una coincidenza che ha assunto quindi un carattere di ordine. La mente umana è tuttavia disposta in modo tale da comprendere l'esistenza di una volontà organizzatrice ovunque scorga un ordine. La filosofia materialistica, che rappresenta esattamente il contrario di questa fondamentale facoltà della mente umana, ha prodotto la "teoria dell'evoluzione" alla metà dell’Ottocento.

L'immaginazione Di Darwin

Colui che ha proposto la teoria evoluzionista nella forma oggi difesa fu un naturalista dilettante inglese, Charles Robert Darwin.

Darwin non ricevette mai una formale educazione in biologia. Egli ebbe soltanto un interesse amatoriale nell'ambito per natura e gli esseri viventi. Tale interesse lo spronò a unirsi volontariamente a una spedizione a bordo della nave Beagle, salpata dall'Inghilterra nel 1832, che per cinque anni visitò diverse regioni del mondo. Il giovane Darwin rimase fortemente impressionato dalla varietà delle specie viventi, in special modo da certi uccelli che vide nelle isole Galápagos. Egli pensò che le variazioni presenti nei loro becchi fossero state causate dal loro adattamento all'habitat in cui risiedevano. Con questa idea in mente, egli ipotizzò che l'origine della vita e delle specie si trovasse nel concetto di "adattamento all'ambiente". Darwin si opponeva all’idea che Dio avesse creato le differenti specie viventi separatamente. Suggeriva, piuttosto, che derivassero da un comune antenato, differenziandosi l’una dall’altra in seguito alle condizioni naturali.

charles darwin

Charles Darwin

L'ipotesi di Darwin non fu fondata su alcuna scoperta scientifica o esperimento; col tempo, tuttavia, egli la trasformò in una teoria pretenziosa, grazie all'appoggio e all'incoraggiamento ricevuto dai famosi biologi materialisti del suo tempo. L'idea era che gli individui che si adattavano all'habitat nel modo migliore trasferivano le loro qualità alle generazioni seguenti; queste qualità vantaggiose, accumulatesi nel tempo, trasformavano gli individui in specie totalmente differenti dai loro antenati. (L'origine di tali qualità era sconosciuta in questo periodo.) Secondo Darwin, l'uomo era l'esito più avanzato di questo meccanismo immaginario.

Darwin chiamò questo processo "evoluzione per selezione naturale". Egli credette di avere scoperto "l'origine delle specie": l'origine di una specie si trovava in un'altra specie. Pubblicò quindi tali considerazioni nel suo libro intitolato L'origine delle specie per mezzo della selezione naturale nel 1859.

Darwin era ben consapevole che questa sua teoria poneva molti problemi, come confessò nel suo libro al capitolo "Difficoltà della teoria". Tali difficoltà consistevano in primo luogo nei resti fossili, negli organi complessi degli esseri viventi che non potevano essere in alcun modo spiegati per mezzo della coincidenza (ad esempio gli occhi) e negli istinti degli esseri viventi. Darwin nutrì la speranza che questi ostacoli sarebbero stati superati dalle nuove scoperte; questo tuttavia non lo frenò dal proporre una serie di soluzioni completamente inadeguate. Il fisico americano Lipson ha scritto a proposito delle "difficoltà" di Darwin:

Nel leggere L'origine delle specie ho trovato che Darwin fosse molto meno sicuro di sé stesso di quanto si deduca dalle consuete rappresentazioni; il capitolo intitolato "Difficoltà della teoria" ad esempio, rivela dei dubbi considerevoli. Come fisico sono rimasto particolarmente incuriosito dai suoi commenti sul modo in cui l'occhio sarebbe apparso.9
Gregor Mendel

Le leggi della genetica, scoperte dal monaco Gregor Mendel, hanno creato un‘impasse per la teoria dell’evoluzione.

Mentre sviluppava la sua teoria, Darwin fu profondamente influenzato da alcuni biologi evoluzionisti che lo avevano preceduto, in primo luogo dal francese Lamarck.10 Secondo quest'ultimo, le creature viventi si passavano i caratteri che avevano acquisito nel corso della loro vita da una generazione all'altra in modo tale da evolvere. Ad esempio, le giraffe si sarebbero evolute da animali simili ad antilopi estendendo il loro collo sempre più in alto di generazione in generazione, nel tentativo di raggiungere i rami di cui si cibavano, posti a un'altezza sempre maggiore. Darwin utilizzò così la tesi del "passaggio dei caratteri acquisiti" proposto da Lamarck come il fattore decisivo dell'evoluzione.

Sia Darwin che Lamarck erano tuttavia in errore, poiché, ai loro giorni, la vita poteva essere studiata solo valendosi di tecnologie primitive e di livello inadeguato. Rami della scienza quali la genetica e la biochimica non esistevano neppure di nome. Le loro teorie dipesero quindi dal potere dell'immaginazione.

Mentre risuonava l'eco del libro di Darwin, un botanico austriaco di nome Gregor Mendel scopriva, nel 1865, le leggi dell'ereditarietà. Rimasta nel silenzio fino alla fine del secolo, soltanto agli inizi del Novecento la scoperta di Mendel godette di grande importanza. Ciò rappresentò la nascita della genetica. Solo più tardi divenne nota la struttura dei geni e dei cromosomi. La scoperta, nel 1950, della struttura della molecola del DNA, che incorpora le informazioni genetiche, provocò una grave crisi della teoria dell'evoluzione. La ragione era l'incredibile complessità della vita che invalidava i meccanismi evolutivi proposti da Darwin.

Tali sviluppi avrebbero dovuto avere l'effetto di relegare la teoria di Darwin tra i rifiuti della storia. Ciò, tuttavia, non avvenne in seguito all'insistenza di certi circoli per revisionare, rinnovare ed elevare la teoria ad una piattaforma scientifica. Questi sforzi assumono un senso soltanto se si comprende che tale teoria nasconde intenzioni ideologiche piuttosto che interessi scientifici.

Il Livello Primitivo Della Scienza Al Tempo Di Darwin

microscope

Quando Darwin avanz˜ le sue ipotesi, le discipline della genetica, della microbiologia e della biochimica non esistevano ancora. Se queste fossero state scoperte prima che Darwin avesse concepito la sua teoria, quest'ultimo avrebbe potuto facilmente riconoscere la totale mancanza di scientificitˆ delle sue pretese. L'informazione che determina la specie esiste giˆ nei geni ed  quindi impossibile alla selezione naturale produrre nuove specie attraverso l'alte-razione dei geni. Similmente, il mondo della scienza in quei giorni disponeva di una conoscenza molto grezza e superficiale della cellula e delle sue funzioni.cell Se Darwin avesse avuto la possibilitˆ di osservare una cellula con un miscroscopio elettronico, avrebbe constatato la grande complessitˆ e la straordinaria struttura presente negli organelli cellulari. Avrebbe visto con i suoi occhi l'impossibilitˆ che un sistema talmente complesso e intricato fosse apparso tramite variazioni minori. Se avesse conosciuto la biomatematica, avrebbe capito che neppure una singola molecola proteica, per non parlare di un'intera cellula, avrebbe potuto pervenire all'esistenza per caso.

electron microscope

Studi approfonditi sulla cellula sono stati possibili solo dopo la realizzazione del microscopio elettronico. Ai tempi di Darwin con i primitivi microscopi allora disponibili era possibile osservare solo la parte esterna della superficie della cellula.

Una cellula vivente è una meraviglia della creazione, che lascia attoniti gli scienziati. Se la si esamina al microscopio elettronico, all’interno della cellula si può vedere una struttura molto attiva, che ricorda l’attività di un alveare. I milioni di cellule che muoiono ogni giorno sono sostituiti da nuove. E miliardi di cellule lavorano assieme in armonia per tenere in vita il corpo umano. Sarebbe logicamente un nonsenso pensare che le cellule abbiano adottato da sole una tale attività organizzata. Fu Dio a creare la perfezione e l’ordine delle cellule il cui interno non può essere visto senza l’aiuto di un microscopio elettronico. In ogni dettaglio della vita, l’incomparabile creazione e l’infinita conoscenza di Nostro Signore sono troppo evidenti per essere nascoste.

Gli Sforzi Disperati Del Neodarwinismo

La teoria di Darwin entrò in una crisi profonda per la scoperta delle leggi della genetica nel primo quarto del Novecento. Nondimeno, un gruppo di scienziati, determinati a rimanere fedeli a Darwin, tentò di proporre delle soluzioni. L'incontro, organizzato dalla Società Geologica d'America, avvenne nel 1941. Genetisti quali G. Ledyard Stebbins e Thedosius Dobzhansky, zoologi come Ernst Mayr e Julian Huxley, paleontologi tra cui George Gaylard Simpson e Glenn L. Jepsen, genetisti matematici quali Ronald Fischer e Sewall Right, dopo una lunga discussione, si accordarono infine per "rappezzare" il darwinismo.

Questo schema sommario si focalizzò sulla questione dell'origine delle variazioni vantaggiose che, ipoteticamente, avevano causato l'evoluzione degli organismi viventi –un problema che Darwin stesso fu incapace di risolvere e che tentò semplicemente di eludere appoggiandosi a Lamarck. L'idea era ora quella delle "mutazioni casuali". Essi chiamarono questa nuova dottrina la "Teoria della moderna evoluzione sintetica", formulata grazie all'aggiunta del concetto di mutazione alla tesi della selezione naturale di Darwin. In breve tempo questa teoria divenne nota con il nome di "neodarwinismo", mentre coloro che l'avevano propugnata furono detti "neodarwinisti".

I decenni successivi videro una serie di disperati tentativi per dimostrare la validità della nuova teoria. Era già noto che le mutazioni –o "accidenti"– che avevano avuto luogo nei geni degli organismi viventi erano sempre state nocive. I neodarwinisti tentarono di farne un caso che giustificasse le "mutazioni vantaggiose", conducendo migliaia di esperimenti di mutazione. Tutti i loro tentativi si risolsero nondimeno in completi fallimenti.

Tentarono inoltre di dimostrare che i primi organismi viventi avrebbero potuto essere stati originati dal caso nelle primitive condizioni terrestri proposte dalla teoria, ma ne seguì lo stesso fallimento. Ogni esperimento che si sforzò di provare la generazione della vita da parte del caso fallì. I calcoli delle probabilità provarono che neppure una singola proteina avrebbe potuto essere stata generata dal caso. Neppure la cellula –ipoteticamente apparsa per caso durante le primitive e incontrollate condizioni terrestri elaborate dagli evoluzionisti– potrebbe essere sintetizzata, nemmeno dai più sofisticati laboratori del Novecento.

La teoria neodarwinista risulta inoltre inficiata dai reperti fossili. Nessuna "forma transizionale", quale venne ipotizzata allo scopo di dimostrare la graduale evoluzione degli organismi viventi dalle specie primitive a quelle avanzate, secondo i dettami della teoria neodarwinista, è mai stata scoperta in alcuna parte del mondo. Nel contempo, l'anatomia comparativa ha rivelato che le specie che si era ipotizzato si fossero evolute le une dalle altre, ebbero in realtà caratteristiche anatomiche assai differenti, confutando l'ipotesi di un'eventuale discendenza.

Ma il neodarwinismo non è mai stato una teoria scientifica, bensì un dogma ideologico, per non dire una sorta di "falsa religione". Il filosofo della scienza canadese, Michael Ruse, evoluzionista convinto, lo ammette in un discorso tenuto durante una riunione nel 1993:

E certamente, non c’è dubbio alcuno che in passato, e penso anche nel presente, per molti evoluzionisti, l’evoluzione abbia funzionato come qualcosa che contiene elementi che possiamo dire simili a una religione laica… E mi sembra molto chiaro che a un livello molto fondamentale, l’evoluzione in quanto teoria scientifica si impegna a una sorta di naturalismo…11

Questa è la ragione per cui i campioni della teoria dell'evoluzione persistono nel difendere le loro posizioni nonostante tutte le prove del contrario. Su un solo problema essi non riescono, tuttavia, a trovare un accordo, nel decidere quale sia, tra i differenti modelli proposti per la realizzazione dell'evoluzione, quello "giusto". Uno dei più importanti tra questi modelli è lo scenario fantastico noto come teoria degli "equilibri punteggiati".

Prova Ed Errore: Gli Equilibri Punteggiati

La maggior parte degli scienziati evoluzionisti accettano la teoria neodarwinista di una lenta e graduale evoluzione. Negli ultimi decenni, è stato tuttavia proposto un modello differente. Denominato il modello degli "equilibri punteggiati", questo modello sostiene che le specie viventi siano sorte, non tramite una serie di piccoli cambiamenti, come sosteneva Darwin, ma grazie a cambiamenti grandi e improvvisi.

I primi chiassosi difensori di questa nozione fecero la loro comparsa agli inizi degli anni Settanta. Due paleontologi statiunitensi, Niles Eldredge e Stephen Jay Gould, erano ben consapevoli del fatto che le asserzioni della teoria neodarwinista erano assolutamente contraddette dai reperti fossili, i quali provavano che gli organismi viventi non avevano avuto origine da un processo di graduale evoluzione, ma erano apparsi improvvisamente già completamente formati. I neodarwinisti vivevano nell'infondata speranza, tuttora viva, che le perdute forme di transizione sarebbero state un giorno trovate. Pur avendo compreso che tale speranza era priva di fondamenta, Eldredge e Gould furono nondimeno incapaci di abbandonare il loro dogma evoluzionista, per cui avanzarono un nuovo modello: quello degli equilibri punteggiati. Questo afferma che l'evoluzione non avvenne come esito di variazioni minori, ma piuttosto nella forma di grandi cambiamenti improvvisi.

Tale modello non era altro che un frutto della fantasia. Ad esempio, il paleontologo europeo O.H. Shindewolf, che aprì la via a Eldredge e Gould, asserì che il primo uccello uscì da un uovo di rettile come una "grossa mutazione", vale a dire, come il risultato di un enorme "incidente" nella struttura genetica.12 Secondo questa teoria, alcuni animali terrestri si sarebbero trasformati in balene giganti avendo subito una repentina e ampia metamorfosi. Queste affermazioni, interamente contraddette da tutte le leggi della genetica, della biofisica e della biochimica, sono tanto scientifiche quanto la favola del principe tramutato in rospo! Nondimeno, angosciati dalla crisi in cui versava il pensiero neodarwinista, alcuni paleontologi abbracciarono questa teoria, che ha la peculiarità di essere anche più bizzarra della precedente.

L'unico proposito di questo modello era di fornire una spiegazione delle lacune nei reperimenti archeologici che il neodarwinismo non poteva giustificare. Risulta, in ogni caso, poco razionale il tentativo di spiegare la mancanza di testimonianze fossili nell'evoluzione degli uccelli asserendo che "un uccello balzò fuori improvvisamente da un uovo di rettile", in quanto, per ammissione degli stessi evoluzionisti, l'evoluzione da una specie ad un'altra richiede un grande e vantaggioso cambiamento di informazioni genetiche. In ogni caso, nessun tipo di mutazione migliora le informazioni genetiche o ne aggiunge di nuove. Le mutazioni creano soltanto disordine nell'informazione genetica. Perciò le "grosse mutazioni" prospettate dal modello degli equilibri punteggiati potrebbero solo causare delle "grosse", cioè "grandi", riduzioni e menomazioni nell'informazione genetica.

Il modello degli equilibri punteggiati, inoltre, crolla fin dall'inizio per la sua incapacità di affrontare il problema dell'origine della vita, che rappresenta l'elemento di confutazione iniziale del modello neodarwinista. Dal momento che neppure una singola proteina può essere stata originata dal caso, il dibattito se organismi costituiti da trilioni di tali proteine possano aver subito un'evoluzione punteggiata o graduale si rivela completamente privo di senso.

Ernst Mayr, la teoria evoluzionistaTheodosius Dobzhansky, la teoria evoluzionistaJulian Huxley, la teoria evoluzionistaJulian Huxley, la teoria evoluzionistaJulian Huxley, la teoria evoluzionista
Ernst Mayr, la teoria evoluzionistaTheodosius Dobzhansky, la teoria evoluzionistaJulian Huxley, la teoria evoluzionistaJulian Huxley, la teoria evoluzionistaJulian Huxley, la teoria evoluzionista

Oggi, decine di migliaia di scienziati al mondo, in modo particolare negli Stati Uniti e in Europa, sfidano la teoria evoluzionista pubblicando studi che ne confutano i principi. In alto sono stati riprodotti alcuni esempi.

Nonostante tali considerazioni, il modello che oggi viene alla mente, qualora si discuta di evoluzione, è ancora il neodarwinismo. Nei capitoli seguenti, esamineremo dapprima due meccanismi immaginari di tale modello, quindi ne verificheremo la validità analizzando le testimonianze fossili. In seguito ci diffonderemo sulla questione dell'origine della vita, che infirma sia il modello neodarwinista che qualsiasi altro di matrice evoluzionista quale "l'evoluzione per salti".

Prima, però, sarà utile ricordare al lettore che la realtà che affronteremo ad ogni stadio, ovvero lo scenario evoluzionista, non è che un favola immaginaria, una grande menzogna del tutto in disaccordo col mondo reale. Tale scenario è stato utilizzato al fine di ingannare gli uomini per 140 anni. Grazie alle più recenti scoperte scientifiche, la sua difesa serrata è divenuta ormai impossibile.

Non esiste alcuna forma transitoria

LA TEORIA DELL'EVOLUZIONE SOSTIENE CHE LE CREATURE VIVENTI S I TRASFORMANO IN SPECIE DIVERSE PER MEZZO DI MUTAZIONI. LA SCIENZA MODERNA, TUTTAVIA, HA CHIARAMENTE RIVELATO CHE QUESTO È UN GRANDE INGANNO.

Perché, se le specie sono discese da altre specie attraverso gradazioni di una finezza impercettibili, non vediamo dappertutto innumerevoli forme transitorie? Perché non c'è confusione in tutta la natura, invece delle specie ben definite così come le vediamo? ... Ma, poiché secondo questa teoria devono essere esistite innumerevoli forme transitorie, perché non ne troviamo innumerevoli nella crosta della terra? ... Perché allora ogni formazione geologica e ogni strato non sono pieni di tali collegamenti intermedi? La geologia di certo non rivela alcuna catena organica così finemente graduata; è questa, forse l'obiezione più ovvia e seria che può essere proposta contro la mia teoria.

(Charles Darwin, L'origine delle specie, Oxford University Press, New York, 1998, pp. 140, 141, 227)

 

la teoria evoluzionista

(a) Il piede di un’uomo comune

(b) Lo schlettro di un’uomo comune

Prima di tutto, se gli organismi viventi si fossero davvero trasformati in creature completamente diverse, durante questo processo di trasformazione avrebbero dovuto esserci numerosi stadi intermedi.

Le mutazioni casuali che, secondo gli evoluzionisti, svilupperebbero gli esseri viventi avrebbero dovuto portare a esseri transizionali bizzari, ad esempio con tre cervelli, quattro occhi, mani con le pinne e altre deformazioni.

La teoria dell'evoluzione sostiene che le creature viventi si trasformano in specie diverse per mezzo di mutazioni. La scienza moderna, tuttavia, ha chiaramente rivelato che questi un grande inganno.

Prima di tutto, se gli organismi viventi si fossero davvero trasformati in creature completamente diverse, durante questo processo di trasformazione avrebbero dovuto esserci numerosi stadi intermedi. I reperti geologici dovrebbero essere pieni di fossili transitori (per esempio, fossili di creature ancora nel processo di evoluzione). Tuttavia, i circa 100 milioni di fossili scavati fin qui appartengono tutti a forme totalmente compiute, quelle che ci sono familiari oggi. Se l'evoluzione avesse davvero avuto luogo, la Terra dovrebbe essere piena di miliardi di fossili di queste forme transitorie. Inoltre, milioni di queste creature dovrebbero essere deformi o stranamente anormali, a causa delle mutazioni.

Secondo le tesi evoluzioniste, ogni organo corporeo è venuto in essere come risultato di mutazioni casuali: mentre sviluppava le sue funzioni, un organo anormale sarebbe stato sottoposto a ripetute mutazioni, ognuna in grado di cambiare la struttura anormale esistente con una anormale diversa. Questa affermazione richiederebbe che la Terra contenesse milioni di tali forme, ognuna che mostra anormalità diverse e in ciascuna fase separata. Ma di questo non c'è alcun esempio. Avrebbero dovuto esserci molti fossili di esseri umani con due, tre, quatttro o cinque teste, o con dozzine di occhi composti del tipo che si trova negli insetti, o con arti multipli lunghi due o tre metri, o qualche altra simile bizzarra variazione. Similmente, dovrebbero esserci stati innumerevoli esemplari di animali e piante stravaganti. Tutti gli animali marini avrebbero dovuto lasciare dietro di sé una lunga serie di strane forme intermedie.Tuttavia, non una sola di queste è mai stata trovata. I milioni di fossili sono tutti di creature normali.

Questo fatto è di per sé un'evidente rappresentazione del crollo della teoria dell'evoluzione. Difendere questa teoria nella speranza di trovare un giorno qualche fossile "intermedio" di quel genere - anche quando ogni e ciascun esemplare scavato negli ultimi 140 anni smentisce in maniera definitiva qualunque indizio di una possibile evoluzione - non è ragionevole. Sono passati 140 anni, non c'è più alcun giacimento fossile da scavare. Miliardi di dollari sono stati spesi nella ricerca. Eppure i fossili di forme intermedie che Darwin aveva previsto non sono ancora stati scoperti. Non c'è una sola forma di vita intermedia che i darwinisti possano offrire come indicazione dell'evoluzione. D'altra parte, i milioni di "fossili viventi" offrono la prova conclusiva del fatto della Creazione.

 

 

NOTES

6 Dan Graves, Science of Faith: Forty-Eight Biographies of Historic Scientists and Their Christian Faith, Grand Rapids, MI, Kregel Resources.

7 Science, Philosophy, And Religion: A Symposium, published by the Conference on Science, Philosophy and Religion in Their Relation to the Democratic Way of Life, Inc., New York, 1941, C.13.

8 Max Plance, Where is Science Going?, www.websophia.com/aphorisms/science.html.

9 H. S. Lipson, "A Physicist's View of Darwin's Theory", Evolution Trends in Plants, Vol 2, No. 1, 1988, p. 6.

10 Anche se Darwin ha sostenuto che la sua teoria fosse del tutto indipendente da quella di Lamarck, egli finì gradualmente per fare affidamento sulle affermazioni di Lamarck. Soprattutto la sesta e ultima edizione dell’Origine delle specie è piena di esempi di “tratti acquisiti” lamarckiani. Si veda Benjamin Farrington, What Darwin Really Said, New York: Schocken Books, 1966, p. 64.

11 Michael Ruse, “Nonliteralist Antievolution”, AAAS Symposium: “The New Antievolutionism”, febbraio 13, 1993, Boston, MA

12 Steven M. Stanley, Macroevolution: Pattern and Process, San Francisco: W. H. Freeman and Co. 1979, pp. 35, 159.

 

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