Capitolo 10
L’evoluzione Di Fronte Al Vicolo Cieco Della Molecola
Nei capitoli precedenti abbiamo visto come i fossili inficino la teoria dell'evoluzione. In realtà non avremmo avuto bisogno di tale dimostrazione, in quanto tale teoria crolla ben prima di giungere alla pretesa "evoluzione della specie" e alle testimonianze fossili. L'argomento che ne rivela l'insensatezza sin dal pricipio è la questione di come la vita sia apparsa sulla Terra.
Di fronte a tale domanda, la teoria evoluzionista afferma che la vita ha avuto inizio da una cellula formatasi per casualità. Secondo tale prospettiva, quattro miliardi di anni fa, vari composti chimici privi di vita subirono una reazione nell'atmosfera primordiale della Terra per effetto dei fulmini e della pressione atmosferica seguitane, la quale avrebbe provocato la formazione della prima cellula vivente.
È necessario dapprima affermare la mancanza di scientificità della pretesa che i materiali inanimati possano congiungersi per formare la vita, in quanto nessun esperimento o osservazione ne ha mai confermato la veridicità. La vita si genera solo dalla vita. Ogni cellula vivente è formata dalla riproduzione di un'altra cellula. Nessuno al mondo è mai riuscito a creare una cellula vivente mettendo insieme dei materiali inanimati, neppure nei più avanzati laboratori.
Nonostante la teoria evoluzionista affermi che la cellula di un essere vivente si sia formata fortuitamente durante le primitive condizioni della Terra, essa, in realtà, non può essere prodotta neppure con il concorso di tutto il potere dell'intelletto umano, della sua conoscenza e della sua tecnologia. Nelle pagine seguenti esamineremo la ragione per cui tale asserzione è contraria ai più basilari principi della scienza e della ragione.
La Favola Della Cellula Prodotta Dal Caso
Se si crede che una cellula vivente possa giungere all'esistenza per coincidenza, allora niente può prevenire dal prestar fede alla storia che ci accingiamo a raccontare. È la storia di una città:
Un giorno, un pezzo di argilla compresso tra le rocce in una terra sterile si bagnò per la pioggia. L'argilla bagnata si asciugò e indurì al sorgere del sole, assumendo un aspetto solido e resistente. In seguito, le rocce servite da stampo in qualche modo si sbriciolarono. Apparve, quindi, un mattone ben fatto e resistente, il quale attese per anni che, nelle stesse condizioni naturali, un altro mattone si formasse. L'attesa proseguì fino a che centinaia e migliaia di simili mattoni presero forma nello stesso luogo. Fortuitamente, tuttavia, nessuno dei mattoni venne danneggiato. Per quanto esposti alla pioggia, alla tempesta, al vento, al sole cocente e al gelo per migliaia di anni, i mattoni non si ruppero, non si spezzarono o non vennero spazzati via, ma aspettarono nello stesso posto con la stessa determinazione che altri si formassero.
Quando vi furono abbastanza mattoni, questi eressero un edificio sistemandosi individualmente ai lati l'uno sull'altro grazie alla violenta forza trascinante delle condizioni naturali, ossia i venti, gli uragani o i tornado. Nel frattempo, il cemento, la calce e simili elementi si formarono in "condizioni naturali" con perfetto tempismo, quindi strisciarono tra i mattoni per fissarli. Durante tale accadimento, il minerale ferroso giacente nelle viscere della terra prese forma "in condizioni naturali" e pose le fondamenta dell'edificio costituito da questi mattoni. Alla fine di questo processo, apparve un fabbricato completo di tutti i suoi materiali, del lavoro di falegnameria e di ogni installazione intatta.
Un giorno, un pezzo di argilla compresso tra le rocce in una terra arida si bagna per la pioggia. L'argilla bagnata si asciuga e si indurisce al sorgere del sole, e assume un aspetto solido e resistente. Successivamente, queste rocce, servite anche da stampo, in qualche modo si frammentano, e appare un mattone ben fatto e resistente. Questo mattone attende per anni che, nelle stesse condizioni naturali, si formi un mattone simile. Per caso, però, nessuno dei mattoni precedentemente formatisi è danneggiato.
Quando il numero dei mattoni è sufficiente, erigono un edificio mettendosi di lato e uno sull’altro, essendo stati trascinati a caso dagli effetti di condizioni naturali quali venti, tempeste o tornado. Nel frattempo, materiali come cemento o miscele di terreno si formano in “condizioni naturali”, con perfetto tempismo, e strisciano tra i mattoni per farli aderire. Alla fine di questo processo, compare un edificio completo con tutti i materiali, la carpenteria e gli impianti intatti. La teoria dell'evoluzione, che afferma che la vita è giunta all'esistenza per caso, non è meno assurda della nostra storia, poiché, con tutti i suoi sistemi operativi, di comunicazione, di trasporto e di gestione, una cellula è molto più complessa di un edificio.
Non c'è dubbio, un edificio non è costituito solo dalle fondamenta, dai mattoni e dal cemento. Come si ottennero, allora, i materiali mancanti? La risposta è semplice: ogni tipo di materiale necessario alla costruzione si trovava nel terreno sul quale era stato eretto l'edificio. Il silicio per il vetro, il rame per i fili elettrici, il ferro per i pilastri, le travi e i tubi idraulici, ecc. e tutto in abbondante quantità sottoterra. Fu necessaria soltanto la maestria delle "condizioni naturali" per foggiare e installare questi materiali all'interno dell'edificio. Tutte le installazioni, i lavori di falegnameria e gli accessori si posero tra i mattoni grazie al soffio del vento, alla pioggia e ai terremoti. Tutto procedette così bene che i mattoni si sistemarono in modo tale da lasciare lo spazio necessario alle finestre, come se avessero saputo che qualcosa chiamato vetro si sarebbe poi costituito ad opera delle condizioni naturali. Non dimenticarono, inoltre, di lasciare lo spazio necessario a installare il sistema idraulico, elettrico e termico, che si sarebbero formati successivamente per coincidenza. Tutto si svolse talmente bene che le "coincidenze" e le "condizioni naturali" diedero vita a un progetto perfetto.
Se è stato possibile credere fino a questo punto a questa storia, allora non dovrebbe essere un problema supporre come apparvero gli altri edifici della città, le piante, le strade, i marciapiedi, le infrastrutture, il sistema di comunicazione e i trasporti pubblici. Se poi si è in possesso della conoscenza tecnica e si ha dimestichezza con il soggetto, allora sarà possibile scrivere un libro estremamente "scientifico" in più volumi che esprima le personali teorie sul "processo evolutivo di un sistema fognario e la sua uniformità con le presenti strutture". Per tali studi si potrebbe essere insigniti di un'onorificenza accademica e godere la fama di genio impegnato a emanare luce sulla natura dell’umanità.
La teoria dell'evoluzione afferma che la vita è pervenuta all'esistenza per caso. Tale asserzione non è meno assurda della storia che abbiamo raccontato, in quanto, con tutti i suoi sistemi operativi, di comunicazione, di trasporto e di amministrazione, una cellula non è meno complessa di una città.
Il Miracolo Della Cellula E La Fine Dell'evoluzione
La struttura complessa di una cellula era sconosciuta ai tempi di Darwin, si riteneva, quindi, abbastanza convincente attribuire la vita a "coincidenze e condizioni naturali".
La tecnologia del Novecento ha investigato fin nei più reconditi recessi della vita, rivelando che la cellula è il più complesso sistema che l'umanità abbia mai incontrato. Oggi sappiamo che la cellula contiene centrali di forza che generano l'energia di cui ha bisogno, fabbriche che producono gli enzimi essenziali alla vita, una banca dati con tutte le informazioni necessarie ai suoi processi, sistemi complessi di trasporto e condutture per trasferire da un posto ad un altro materia prima e trattata, laboratori avanzati e raffinerie per disgregare il materiale grezzo nelle parti utilizzabili, proteine della membrana cellulare specializzate nel controllo dell'accesso e dell'uscita di sostanze. Tutto questo costituisce soltanto una minima parte dell'incredibile complessità del sistema.
Lo scienziato evoluzionista W. H. Thorpe riconosce che "il più elementare tipo di cellula costituisce un 'meccanismo' incredibilmente più complesso di qualsiasi macchina che sia stata fino ad ora pensata, per non dire costruita, dall'uomo."105
Una cellula è talmente complessa che neppure il più alto livello di tecnologia raggiunto dall'uomo è in grado di riprodurla. Nessun tentativo di creare una cellula artificiale ha mai ottenuto successo. Ogni simile esperimento, di conseguenza, è stato abbandonato.
La teoria evoluzionista sostiene che tale sistema, che il genere umano, con tutta l'intelligenza, la conoscenza e la tecnologia a sua disposizione non ha potuto ricreare, pervenne all'esistenza "per caso", nelle primordiali condizioni terrestri. Per fare un altro esempio, la probabilità che una cellula si formi casualmente è più o meno pari a quella di stampare un libro a seguito di un'esplosione in una tipografia.
Il matematico e astronomo inglese Fred Hoyle ha fatto un confronto simile in un'intervista rilasciata alla rivista Nature pubblicata il 12 novembre 1981. Per quanto evoluzionista, Hoyle disse che la possibilità di manifestazione di forme di vita superiore per questa via è paragonabile a quella di un tornado che, spazzando un deposito di rottami, possa assemblare un Boeing 747 col materiale presente.106 Ciò dimostra l'impossibilità che una cellula pervenga all'esistenza accidentalmente. Deve essere inevitabilmente "creata".
Una delle ragioni principali per cui la teoria evoluzionista non può spiegare l'apparizione della cellula è la sua "irriducibile complessità". Una cellula vivente si mantiene grazie all'armoniosa cooperazione di molti organi. Qualora uno di questi cessasse di funzionare, la cellula morirebbe. Essa non ha la possibilità di aspettare che meccanismi inconsci quali la selezione naturale e la mutazione le permettano di svilupparsi. La prima cellula apparsa sulla Terra fu, quindi, necessariamente completa e in possesso di tutti gli organi e delle funzioni richieste, dimostrando definitivamente di essere stata creata.
Le Proteine Sfidano Il Caso
Il fallimento della teoria evoluzionista si rivela non soltanto in riferimento alla cellula, ma anche ai suoi elementi costitutivi, qualora tenti di offrire una spiegazione plausibile. La formazione, in condizioni naturali, di soltanto una singola proteina tra le migliaia di molecole complesse che costituiscono la cellula, è impossibile.
La complessità della cellula
La cellula è il sistema più complesso e più finemente progettato che l'uomo abbia mai conosciuto. Il professore di biologia Michael Denton, nel suo libro dal titolo Evolution: A Theory in Crisis, spiega tale complessità con un esempio:
“Per cogliere la realtà della vita come è stata rivelata dalla biologia molecolare, dobbiamo ingrandire una cellula fino a farle raggiungere un diametro di venti chilometri, così da somigliare a un'aeronave gigante, grande abbastanza da coprire una città delle dimensioni di Londra o New York. Ciò che vedremmo sarebbe un oggetto di impareggiabile complessità. Sulla superficie della cellula sarebbero visibili migliaia di fori, simili a oblò di una nave immensa, che si aprono alternativamente per permettere il continuo flusso e riflusso di materiali. Se dovessimo entrare in una di queste aperture, ci troveremmo in un mondo di suprema tecnologia e stupefacente complessità... (una complessità) al di là alle nostre capacità creative, una realtà che rappresenta l'antitesi del caso, che supera in ogni senso qualsiasi cosa prodotta dall'intelligenza dell'uomo…”
Le proteine sono molecole giganti che consistono di unità più piccole dette "amminoacidi", i quali vengono disposti secondo una sequenza particolare in certe quantità e strutture. Queste molecole costituiscono i blocchi da costruzione di una proteina vivente. La più semplice proteina è composta di cinquanta amminoacidi, mentre in altre se ne possono contare migliaia.
Il punto cruciale è che l'assenza, l'aggiunta o la sostituzione di un singolo amminoacido nella struttura di una proteina può trasformarla in un inutile ammasso molecolare. Ogni amminoacido deve trovarsi al posto giusto e nell'ordine corretto. La teoria evolutiva, che sostiene la casuale manifestazione della vita, dispera di fronte a questo ordine troppo meraviglioso per poter essere spiegato con la coincidenza (la teoria non è inoltre in grado di giustificare la presunta "formazione casuale" delle proteine, di cui discuteremo oltre).
Confessioni di evoluzionisti
Aleksandr Oparin: "... l'origine della cellula rimane un mistero…”
La teoria dell'evoluzione incontra la sua crisi più grave quando tenta di spiegare l'origine della vita. Il motivo è che le molecole organiche sono così complesse che non è possibile spiegare la loro formazione come casuale, ed è manifestamente impossibile che una cellula organica si sia formata per caso.
Gli evoluzionisti affrontarono la questione dell'origine della vita nel secondo quarto del ventesimo secolo Una delle maggiori autorità della teoria dell'evoluzione molecolare, l'evoluzionista russo Aleksandr Ivanovic Oparin, ha detto nel suo libro L'origine della vita, pubblicato nel 1936:
“Purtroppo, l'origine della cellula rimane una questione che è in realtà il punto più oscuro dell'intera teoria evoluzionista.” 1
Jeffrey Bada: "... il più grande problema irrisolto… : Come ha avuto origine la vita sulla Terra?
A partire da Oparin, gli evoluzionisti hanno eseguito innumerevoli esperimenti, condotto ricerche e fatto osservazioni per provare che la cellula avrebbe potuto formarsi per caso. Ognuno di tali tentativi, però, ha reso sempre più chiaro la complessa organizzazione della cellula e quindi ha confutato ancora di più le ipotesi degli evoluzionisti. Il prof. Klaus Dose, presidente dell'Istituto di Biochimica presso l'Università Johannes Gutenberg, afferma:
“Più di 30 anni di sperimentazioni sull'origine della vita, nei campi della chimica e dell'evoluzione molecolare hanno portato a una miglior percezione dell'immensità del problema dell’origine della vita sulla Terra, piuttosto che alla sua soluzione. Attualmente tutte le discussioni sulle principali teorie e gli esperimenti nel campo giungono a un punto morto o a un'ammissione di ignoranza.” 2
L’affermazione che segue, del geochimico Jeffrey Bada, del San Diego Scripps Institute, rende chiara la disperazione degli evoluzionisti riguardo a questo punto d’impasse:
“Oggi, mentre lasciamo il ventesimo secolo, ci troviamo ancora di fronte al più grande problema irrisolto che avevamo quando ci siamo entrati: Come ha avuto origine la vita sulla Terra?” 3
Il fatto che la struttura funzionale delle proteine non possa assolutamente essersi presentata per caso può facilmente essere osservato per mezzo del semplice calcolo delle probabilità, comprensibile a tutti.
Una proteina di media dimensione è composta di 288 amminoacidi, di dodici tipi differenti. Essi possono essere disposti in 10300 modi diversi (questo numero astronomicamente grande consiste di un 1 seguito da 300 zeri). Di tutte queste possibili sequenze, soltanto una forma la desiderata molecola proteica. Il resto di esse sono catene di amminoacidi che possono risultare o del tutto inutili o potenzialmente dannose per gli esseri viventi.
In altre parole, la probabilità della formazione di una sola molecola proteica è pari a "1 su 10300". La probabilità che questo "1" accada è praticamente impossibile (in matematica, le probabilità inferiori a 1 su 1050 sono considerate "probabilità zero").
Per di più, una molecola proteica di 288 amminoacidi è piuttosto modesta se paragonata ad alcune molecole proteiche giganti composte da migliaia di amminoacidi. Qualora si applichi il calcolo delle probabilità a queste proteine giganti, la parola "impossibile" diventa inadeguata per descrivere la vera situazione.
Avanzando di un passo nella direzione dello schema evolutivo della vita, osserviamo che una sola proteina non significa nulla per se stessa. Uno dei più piccoli batteri mai scoperti, il Mycoplasma hominis H39, contiene 600 tipi di proteine. In questo caso dovremmo ripetere gli stessi calcoli delle probabilità prima applicati a una sola proteina per ognuno di questi 600 tipi differenti. Il risultato rende assurdo anche il concetto stesso di impossibilità.
Alcuni lettori che considerino la teoria dell'evoluzione una spiegazione scientifica, potrebbero sospettare che questi numeri siano esagerati e che non riflettano i veri fatti: questi sono dati definiti e concreti. Nessun evoluzionista potrebbe muovere alcuna obiezione a questi numeri, i quali confermano la probabilità che la formazione accidentale di una singola proteina "sia pari alla possibilità che una scimmia scriva la storia dell'umanità su una macchina da scrivere senza commettere alcun errore".107 Nondimeno, piuttosto di accettare l'altra spiegazione, che è la creazione, essi continuano a difendere quanto è manifestamente impossibile.
Molti evoluzionisti lo hanno confessato. Ad esempio, Harold F. Blum, un noto scienziato evoluzionista, il quale afferma che "la formazione spontanea di un polipeptide delle dimensioni della più piccola proteina nota è al di là di ogni probabilità."108
Gli evoluzionisti affermano che l'evoluzione molecolare sia avvenuta nel corso di un periodo molto lungo di tempo che ha reso possibile l'impossibile. Nondimeno, qualunque fosse la durata, gli amminoacidi non possono formare delle proteine in modo accidentale. William Stokes, un geologo americano, nel suo libro Essential of Earth History scrive che tale probabilità è così remota "che non sarebbe potuta apparire neppure nel corso di miliardi di anni su miliardi di pianeti, ognuno dei quali ricoperto da un manto di soluzione di acqua concentrata dei necessari amminoacidi."109
Cosa significa tutto questo? Perry Reeves, professore di chimica, risponde a questa domanda:
Quando si esamina il vasto numero di strutture possibili che potrebbero risultare da una semplice combinazione casuale di amminoacidi in un primordiale stagno in evaporazione, è stupefacente credere che la vita possa avere avuto origine in questo modo. È più plausibile che un Gran Costruttore con un progetto maestro sia necessario a una tale impresa.110
La struttura chimica di una singola proteina di citocroma-C (a sinistra) è troppo complessa per essere spiegata dal caso – tanto, infatti, che il professore di biologia evoluzionistica turco Ali Demirsoy ammette che la probabilità della formazione casuale di una singola sequenza di citocroma-C è “tanto improbabile quanto la possibilità che una scimmia scriva la storia dell’umanità con una macchina da scrivere senza fare alcun errore”.
Se la formazione accidentale di anche una sola di queste proteine è impossibile, è miliardi di volte ancora più impossibile che circa un milione di queste proteine si riuniscano casualmente in modo corretto e costituiscano una cellula. Ciò che è più importante, una cellula non è mai composta da un mero ammasso di proteine. Oltre a queste, una cellula include anche gli acidi nucleici, i carboidrati, i lipidi, le vitamine e molte altre sostanze chimiche quali gli elettroliti, ordinate in proporzioni specifiche, in equilibrio e ordine, sia in termini di struttura che di funzione. Ognuno di questi elementi funge da blocco costruttivo o co-molecola in vari organuli.
Robert Shapiro, professore di chimica preso l'Università di New York ed esperto di DNA, ha calcolato la probabilità di formazione accidentale dei 2.000 tipi di proteine trovati in un singolo batterio (vi sono 20.000 differenti tipi di proteine in una cellula umana). Il numero che si ottenne fu 1 su 1040000.111 (questo è un numero incredibile, che si ottiene aggiungendo 40.000 zeri all'1).
Un professore di matematica applicata e astronomia presso la University College di Cardiff nel Galles, Chandra Wickramasinghe, commenta:
La probabilità di una formazione spontanea della vita dalla materia inanimata è pari a 1 seguito da 40.000 zeri... È abbastanza grande da seppellire Darwin e l'intera teoria dell'evoluzione. Non vi è stato alcun brodo ancestrale, né su questo pianeta né su qualsiasi altro, e se gli inizi della vita non furono accidentali, allora devono essere stati prodotti da un'intelligenza con uno scopo ben preciso.112
Sir Fred Hoyle scrive a proposito di questi numeri non plausibili:
In verità, tale teoria (che la vita sia stata creata da un'intelligenza) è così ovvia che ci si stupisce che non sia ampiamente accettata come evidente. Le ragioni sono psicologiche piuttosto che scientifiche.99 113
La ragione per cui Hoyle ha usato il termine "psicologico" è l'autocondizionamento degli evoluzionisti a non accettare il fatto che la vita possa essere stata creata. Queste persone hanno deciso, come loro obiettivo principale, di rifiutare l'esistenza di Dio. Soltanto per questo motivo, perseverano a difendere le teorie irrazionali che essi stessi riconoscono come impossibili.
Proteine Levogire
Esaminiamo ora in dettaglio la ragione per cui lo scenario evoluzionista relativo alla formazione di proteine è impossibile.
Nemmeno la corretta sequenza di amminoacidi è del tutto sufficiente alla formazione di una molecola proteica funzionale. Oltre a tali requisiti, ognuno dei venti tipi differenti di amminoacidi presenti nella composizione di proteine deve essere levogiro. Esistono due tipi differenti di amminoacidi, come di tutte le molecole organiche, detti "levogiri" e "destrogiri". Ciò che li differenzia è la simmetria speculare tra le loro strutture tridimensionali, che è simile alla mano sinistra e alla mano destra di una persona.
Questi due tipi di amminoacidi possono essere facilmente collegati tra loro. Ma la ricerca ha rivelato un fatto sorprendente: tutte le proteine nelle piante e negli animali su questo pianeta, dall'organismo più semplice a quello più complesso, sono costituite da amminoacidi levogiri. Se anche un solo amminoacido destrogiro si fissasse alla struttura di una proteina, essa diverrebbe inutilizzabile. In una serie di esperimenti, i batteri esposti a amminoacidi destrogiri immediatamente li distrussero e in alcuni casi formarono degli amminoacidi levogiri utilizzabili dai componenti spezzati.
Supponiamo, per un istante, che la vita pervenga all'esistenza casualmente, come sostengono gli evoluzionisti. In questo caso, gli amminoacidi destrogiri e levogiri che fossero in tal modo generati, dovrebbero essere presenti schematicamente in proporzioni uguali in natura. Tutti gli esseri viventi, quindi, dovrebbero essere costituiti da amminoacidi destrogiri e levogiri, in quanto è chimicamente possibile che entrambi i tipi si combinino reciprocamente. Però come sappiamo, nel mondo reale, le proteine esistenti in ogni organismo vivente sono costituite soltanto da amminoacidi levogiri.
In natura ci sono due diversi tipi di amminoacidi, chiamati “levogiri” e “destrogiri”. La differenza tra di essi è la simmetria speculare tra le loro strutture tridimensionali, che è simile a quella tra la mano sinistra e la mano destra di una persona.
Come le proteine possano scegliere soltanto i levogiri tra tutti gli amminoacidi, mentre neppure un destrogiro possa essere compreso nel processo vitale, è una questione ancora irrisolta da parte degli evoluzionisti. Una selezione talmente specifica e conscia costituisce uno dei più grandi vicoli ciechi per la teoria dell’evoluzione.
Questa caratteristica delle proteine rende ancora più grave il problema che gli evoluzionisti devono risolvere riguardo alla “coincidenza”. Affinchè una proteina "significativa" venga generata, non è sufficiente che gli amminoacidi siano presenti in un determinato numero e sequenza perfetta e combinati insieme secondo la corretta forma tridimensionale. Inoltre, tutti questi amminoacidi devono essere levogiri e neppure un destrogiro può essere presente. Non esiste, tuttavia, alcun meccanismo di selezione naturale che comprenda che un amminoacido destrogiro è stato aggiunto alla catena e che debba quindi essere rimosso in quanto erroneo. Questa situazione inficia una volta per tutte la possibilità della coincidenza e del caso.
Nella Britannica Science Encyclopaedia, strenua paladina dell'evoluzionismo, si dice che gli amminoacidi di tutti gli organismi viventi sulla Terra e i blocchi di polimeri complessi quali le proteine hanno la stessa asimmetria sinistra. Viene aggiunto, inoltre, che questo è equivalente a lanciare una moneta mille volte e a ottenere sempre "testa". Si ammette inoltre che non è possibile comprendere perché le molecole divengano levogire o destrogire e che tale alternativa è fascinosamente correlata all'origine della vita sulla Terra.114
Se si ottiene sempre testa gettando una moneta un milione di volte, è più logico attribuirlo al caso o accettare che vi sia un intervento consapevole? La risposta dovrebbe essere ovvia. Nondimeno, a dispetto della sua apparente evidenza, gli evoluzionisti si rifugiano ancora nella coincidenza semplicemente perché non vogliono accettare l'esistenza di un "intervento consapevole".
Una situazione simile si presenta con i nucleotidi, le più piccole unità del DNA e del RNA. Al contrario delle proteine, in cui vengono scelti solo amminoacidi levogiri, nel caso degli acidi nucleici, le forme preferite per le componenti nucleotidi sono sempre destrogire. Anche questo fatto non potrà mai essere spiegato per mezzo della coincidenza.
Per concludere, è definitivamente provato dalle probabiltà che abbiamo esaminato in precedenza che il caso non può spiegare l'origine della vita. Se tentiamo di calcolare la probabilità di una media proteina media composta da 400 amminoacidi, selezionati soltanto tra i levogiri, otteniamo la probabilità di 1 su 2400, che corrisponde a 10120. Solo per fare un confronto, è utile ricordare che il numero di elettroni nell'universo è stimato pari a 1079, che, anche se enorme, è assai inferiore a questo numero. La probabilità degli amminoacidi che formano la sequenza richiesta e la forma funzionale determinerebbe numeri molto superiori. Se congiungiamo queste probabilità e se cerchiamo di calcolare le probabilità di numeri e tipi di proteine ancora più alte, il calcolo diventa inconcepibile.
Un Legame Corretto È Vitale
Le difficoltà che la teoria dell’evoluzione non è in grado di risolvere, riguardo allo sviluppo di una singola proteina, non sono limitate a quelle che abbiamo esposto sinora. Non è sufficiente che gli amminoacidi siano ordinati in numero corretto, in sequenza e secondo la richiesta struttura tridimensionale. La formazione di una proteina esige anche che le molecole di amminoacidi con più di un braccio siano reciprocamente legate solo in certi modi. Tale vincolo è detto "legame peptidico". Gli amminoacidi possono creare dei legami reciproci in modo diverso, ma le proteine sono costituite solo da quegli amminoacidi che sono uniti per mezzo di legami "peptidici".
Un paragone permetterà di chiarire questo punto: si supponga che un'automobile sia completa di tutte le sue parti correttamente assemblate, ad eccezione di una ruota, fissata non con i soliti dadi e i bulloni appropriati, ma con un pezzo di filo metallico, in modo tale che il suo mozzo sia rivolto verso terra. Sarebbe impossibile per tale automobile avanzare anche per la più breve distanza, nonostante la complessità della sua tecnologia e la potenza del suo motore. A prima vista tutto sembrerebbe a posto, ma l'errata installazione anche di una sola ruota renderebbe l'intera auto inutilizzabile. Allo stesso modo, in una molecola proteica, l'unione anche di un solo amminoacido a un altro con un legame diverso da quello peptidico renderebbe l'intera molecola inservibile.
Le ricerche hanno mostrato che gli amminoacidi combinati casualmente presentano legami peptidici solo nella misura del 50% nello stesso tempo, mentre il restante è costituito da legami temporalmente differenti che non sono presenti nelle proteine. Per funzionare correttamente, ogni amminoacido costituente una proteina deve essere congiunto solo per mezzo di un legame peptidico, così come deve essere scelto soltanto tra i levogiri.
Tale probabilità è la stessa di ogni proteina di essere levogira. Ovvero, quando si considera una proteina formata da 400 amminoacidi, la probabilità che questi si combinino tra loro solo con legami peptidici è pari a 1 su 2399.
Probabilità Zero
Le molecole di amminoacidi che costituiscono le proteine devono essere legate tra di loro con il cosiddetto “legame peptidico”, che è solo uno dei molti possibili tipi di legami che si trovano in natura. Altrimenti la catena di amminoacidi che ne risulta sarebbe inutile e non si formerebbe alcuna proteina.
Come si è visto, la probabilità che una molecola proteica costituita di 500 amminoacidi si formi è pari a "1" su un numero formato da 950 zeri, incomprensibile alla mente umana. Questa è solo una probabilità sulla carta. In pratica, questa ha zero possibilità di realizzazione. Come abbiamo già visto prima, in matematica, una probabilità inferiore a 1 su 1050 è statisticamente considerata pari a "0" possibilità di realizzazione.
Una probabilità di "1 su 10950" è ben oltre i limiti di questa definizione.
Mentre la improbabilità della formazione di una molecola proteica di 500 amminoacidi raggiunge un tale grado, possiamo procedere oltre, spingendo i limiti della mente a livelli più elevati di improbabilità. Nella molecola dell'emoglobina, che è una proteina vitale, vi sono 547 amminoacidi, un numero superiore a quello citato in precedenza. Si pensi ora che in un solo tra i miliardi di globuli rossi del sangue, vi sono 280.000.000 di molecole di emoglobina.
La presunta età della Terra non è sufficiente a permettere la formazione di neppure una singola proteina mediante il metodo di "prova ed errore", per non considerare un globulo rosso. Anche se si supponesse che gli amminoacidi si fossero combinati e decomposti per mezzo di tale metodo, senza alcuna perdita di tempo fin dalla formazione della Terra, al fine di costituire una singola molecola proteica, il periodo di tempo richiesto necessario per raggiungere la probabilità di 1 su 10950 supererebbe di moltissimo l’età stimata della Terra.
Ne deriva che l'evoluzione cade in un terribile abisso di improbabilità già dal momento della formazione di una singola proteina.
Esiste In Natura Un Meccanismo
Di Prova Ed Errore?
La probabilità che una molecola proteica media costituita di 500 amminoacidi si disponga nella quantità e nella sequenza corrette oltre alla probabilità che gli amminoacidi che contiene siano solo levogiri e si combinino solo con i legami peptidici è "1" su 10950.* Possiamo scrivere questo numero che è formato mettendo 950 zeri dopo l'1 come segue:
10950=
100.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000. 000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000.000000.
Possiamo concludere, infine, con un punto molto importante in relazione alla logica di base del calcolo delle probabilità, del quale abbiamo dato alcuni esempi. Abbiamo visto in precedenza come il calcolo delle probabilità raggiunge livelli astronomici e che tali possibilità sono praticamente irrealizzabili. Vi è, tuttavia, un fatto molto più importante e dannoso che gli evoluzionisti devono affrontare: in condizioni naturali, nessun periodo di prova ed errore può neppure cominciare, nonostante le astronomiche probabilità contrarie, in quanto in natura non esiste alcun meccanismo di prova ed errore da cui potrebbero emergere le proteine.
I calcoli che presentiamo sulla pagina accanto per mostrare la probabilità della formazione di una molecola proteica con 500 amminoacidi sono validi solo per un'ideale condizione di "prova ed errore", che non esiste nella vita reale. Ovvero, la probabilità di ottenere una proteina utile è pari a "1" su 10950 soltanto se si suppone che esista un meccanismo immaginario nel quale una mano invisibile congiunga 500 amminoacidi a caso, quindi, dopo averne constatato l'erroneità, li separi uno ad uno e li disponga in un ordine diverso per la seconda volta, e così di seguito. Nel corso di ogni tentativo, gli amminoacidi dovrebbero essere separati singolarmente e sistemati secondo un nuovo ordine; la sintesi dovrebbe fermarsi dopo l'aggiunta del cinquecentesimo amminoacido e l'assicurazione che non ve ne sia neppure un altro coinvolto. La prova dovrebbe, quindi, interrompersi per verificare se la proteina si fosse costituita, in caso di insuccesso, tutto dovrebbe essere dissolto e provato per una nuova sequenza. Oltre a questo, nel corso di ogni prova, neppure una singola sostanza estranea dovrebbe essere coinvolta. Sarebbe inoltre essenziale che la catena formatasi durante la prova non venisse spezzata e distrutta prima di aver raggiunto il quattrocentonovantanovesimo vincolo. Tali condizioni significano che le probabilità, di cui sopra abbiamo fatto menzione, possono aver luogo soltanto in un ambiente controllato, ove un meccanismo consapevole diriga, sin dal principio, ogni fase intermedia del processo, in cui solo la "corretta selezione degli amminoacidi" sia lasciata incontrollata. È, senza dubbio, impossibile che un simile ambiente esista in condizioni naturali. La formazione di una proteina nell'ambiente naturale è, quindi, logicamente e tecnologicamente impossibile. In realtà, parlare della probabilità di un tale evento è del tutto privo di scientificità.
Probabilità zero |
Ci sono tre condizioni fondamentali per la formazione di una proteina utile:- Prima condizione: che tutti gli amminoacidi nella catena proteica siano del tipo giusto e nella sequenza corretta.
- Seconda condizione: che tutti gli amminoacidi nella catena siano levogiri
- Terza condizione: che tutti questi amminoacidi siano uniti tra loro formando un legame chimico detto “peptidico”.
Perché una proteina si possa formare casualmente, tutte le tre condizioni devono esistere simultaneamente. La probabilità della formazione casuale di una proteina è pari alla moltiplicazione delle probabilità di realizzazione di ciascuna di queste condizioni. Per esempio, per una molecola media comprendente 500 amminoacidi: 1. La probabilità che gli amminoacidi siano nella sequenza corretta: Ci sono 20 tipi di amminoacidi utilizzati nella composizione di proteine. Secondo questo: -- la probabilità che ciascun amminoacido venga scelto correttamente tra questi 20 tipi | = 1/20 | -- la probabilità che tutti questi 500 amminoacidi siano scelti correttamente | = 1/20500 = 1/10650 | | = 1 possibilità su 10650 |
2. La probabilità che gli amminoacidi siano levogiri: - La probabilità che solo un amminoacido sia levogiro: | =1/2 | - la probabilità che tutti questi 500 amminoacidi siano levogiri allo stesso tempo | =1/2500 = 1/10150 | | =1 possibilità su 10150 |
3. La probabilità che gli amminoacidi si combinino con un “legame peptidico” Gli amminoacidi possono combinarsi tra loro con diversi tipi di legami chimici. Perché si formi una proteina utile, tutti gli amminoacidi nella catena devono combinarsi con uno speciale legame chimico detto “peptidico”. Si è calcolato che la probabilità che gli amminoacidi non si combinino tra loro con alcun altro legame chimico se non con quello peptidico è pari al 50%. Secondo questo: - La probabilità che due amminoacidi si combinino con un “legame peptidico” | = 1/2 | - La probabilità che 500 amminoacidi si combinino tutti con un legame peptidico | = 1/2499 = 1/10150 | | = 1 possibilità su 10150 |
| | | TOTALE PROBABILITÀ | = 1. X 2. X 3. | | = 1/10650 X 1/10150 X 1/10150 | | = 1/10950 | |
Poiché alcune persone non sono in grado di avere una visione ampia di queste faccende, ma le avvicinano da un punto di vista superficiale e ritengono che la formazione di una proteina sia una semplice reazione chimica, ne traggono deduzioni irrealistiche del tipo che "gli amminoacidi si combinano per reazione e quindi formano proteine". Nondimeno, le reazioni chimiche accidentali che si verificano in una struttura inorganica possono solo apportare cambiamenti semplici e primitivi, il cui numero è predeterminato e limitato. Un materiale chimico alquanto più complesso richiede enormi stabilimenti chimici e laboratori. La medicine e molti altri materiali chimici che utilizziamo nella nostra vita quotidiana sono fatte allo stesso modo. Le proteine hanno strutture molto più complesse di quelle chimiche prodotte dall'industria. È impossibile, di conseguenza, che le proteine, ognuna delle quali è un capolavoro della creazione, in cui ogni parte trova posto in un ordine fisso, abbiano avuto origine da reazioni chimiche casuali.
Mettiamo da parte per un minuto tutte le impossibilità che abbiamo descritto finora e supponiamo che una molecola proteica utile si sia evoluta spontaneamente "per caso". Anche a questo punto l'evoluzione non ha risposte, in quanto, affinché questa proteina possa sopravvivere, richiederebbe di essere isolata dall’ambiente naturale in cui si trova e avrebbe necessità di essere protetta in condizioni molto speciali. In caso contrario, questa proteina verrebbe disintegrata dall'esposizione alle condizioni naturali della Terra oppure si congiungerebbe ad altri acidi, amminoacidi o composti chimici, perdendo le sue proprietà particolari e trasformandosi, di conseguenza, in una sostanza del tutto diversa e inutile.
La Confusione Degli Evoluzionisti Riguardo
All'origine Della Vita
La questione su "come gli esseri viventi siano apparsi per la prima volta" rappresenta un tale vicolo cieco per gli evoluzionisti, che essi di solito non tentano neppure di avvicinarsi a questo argomento. Cercano di evitare la domanda affermando che "le prime creature pervennero all'esistenza in seguito ad alcuni eventi accidentali nell'acqua". Sono, tuttavia, a un punto morto che non possono in alcun modo oltrepassare. A dispetto delle ragioni evoluzioniste dei paleontologi, in questo caso non dispongono di alcun fossile che permetta loro di distorcere e fraintendere la realtà come vorrebbero al fine di patrocinare le loro asserzioni. La teoria dell'evoluzione risulta, quindi, definitivamente confutata fin dal principio.
Soprattutto, vi è un punto importante da prendere in considerazione: se è dimostrato che ogni passo del processo evolutivo è impossibile, ciò è sufficiente a provare che l'intera teoria è del tutto falsa e non valida. Ad esempio, provando che la formazione accidentale di proteine è impossibile, vengono di conseguenza confutate anche tutte le altre motivazioni riguardo ai passi successivi dell'evoluzione. Dopo questa fase, perdono ogni senso le speculazioni sui crani di alcuni esseri umani e scimmie.
Come gli organismi viventi fossero pervenuti all'esistenza dalla materia non vivente fu una questione che gli evoluzionisti non vollero per lungo tempo neppure menzionare. Nondimeno, divenne un problema inevitabile che si tentò di risolvere con una serie di esperimenti nel secondo quarto del Novecento.
La domanda principale era, "come avrebbero potuto le prime cellule viventi apparire nella primordiale atmosfera della Terra?" In altre parole, che tipo di spiegazione avrebbero potuto apportare gli evoluzionisti?
Le risposte vennero cercate per mezzo di esperimenti. Gli scienziati e i ricercatori evoluzionisti condussero una serie di esperimenti di laboratorio volti a trovare la soluzione a questa domanda, senza, tuttavia, risvegliare un grande interesse. Lo studio generalmente ritenuto più attendibile sull'origine della vita è il cosiddetto esperimento Miller, condotto dal ricercatore americano Stanley Miller nel 1953 (l'esperimento è anche noto come "esperimento Urey-Miller", per il contributo dell'insegnante di Miller presso l'Università di Chicago, Harold Urey).
Questo esperimento rappresenta la sola prova avanzata dagli evoluzionisti a dimostrazione della "tesi dell'evoluzione molecolare"; lo presentano come il primo stadio del presunto processo evolutivo che conduce alla vita. Nonostante sia trascorso quasi mezzo secolo e siano stati realizzati enormi progressi tecnologici, non si è fatto alcun passo avanti. L'esperimento di Miller è tuttora oggetto di studio nei testi didattici per spiegare l'originaria generazione di esseri viventi. Consapevoli del fatto che tali studi non offrono alcun supporto, ma che anzi confutano la loro tesi, i ricercatori evoluzionisti hanno deliberatamente evitato di intraprendere simili esperimenti.
L'esperimento Di Miller
L'intento di Stanley Miller era di dimostrare tramite un esperimento come gli amminoacidi fossero pervenuti all'esistenza "per casualità" miliardi di anni fa sulla Terra priva di vita.
Nel corso del suo esperimento, Miller utilizzò una mistura di gas, composta di ammoniaca, metano, idrogeno e vapore acqueo, che egli presuppose fosse esistita sulla Terra primordiale (ma che in seguito si dimostrò irrealistica). Dal momento che questi gas non reagivano tra loro in condizioni naturali, egli applicò dell’energia alla mistura per provocare la reazione. Supponendo che tale energia fosse derivata da lampi di luce nell'atmosfera primordiale, egli si servì di corrente elettrica per riprodurla.
Miller fece riscaldare a 100°C questa mistura di gas per una settimana e vi introdusse la corrente elettrica. Alla fine della settimana, Miller analizzò le sostanze chimiche formatesi nel fondo della vaschetta e osservò che tre dei 20 amminoacidi, che costituiscono gli elementi basici delle proteine, si erano sintetizzati.
Questo esperimento indusse una grande eccitazione tra gli evoluzionisti e venne promosso come un notevole successo. In uno stato di abbagliante euforia varie riviste pubblicarono titoli del tipo "Miller crea la vita". Tuttavia, le molecole che Miller aveva sintetizzato erano solo molecole "inanimate".
Incoraggiati da questo esperimento, gli evoluzionisti crearono immediatamente nuovi scenari. Furono precipitosamente ipotizzati stadi successivi allo sviluppo degli amminoacidi. Questi, per supposizione, si sarebbero più tardi riuniti casualmente in sequenze appropriate per formare proteine. Alcune di queste proteine emerse per caso si sarebbero, in seguito, poste autonomamente in strutture simili a membrane cellulari, le quali, "in qualche modo", sarebbero pervenute all'esistenza e avrebbero costituito una cellula primitiva. Le celle si sarebbero poi messe insieme, per formare, con il tempo, organismi viventi pluricellulari. L'esperimento di Miller, tuttavia, non fu nient'altro che una finzione, la cui falsità è stata provata in molti modi.
L'esperimento Di Miller Non Fu Nient'altro
Che Una Finzione
L'esperimento di Miller fu un tentativo di provare che gli amminoacidi avrebbero potuto formarsi autonomamente in condizioni simili a quelle della Terra primordiale. Permangono, tuttavia, numerose incongruenze:
1. Servendosi di un meccanismo detto "trappola fredda", Miller isolò gli amminoacidi dall'ambiente non appena essi si erano formati. Se non avesse fatto questo, le condizioni dell'ambiente in cui gli amminoacidi si erano formati avrebbero immediatamente distrutto queste molecole.
Senza dubbio, questo tipo di meccanismo di isolamento consapevole non esisteva nella Terra primordiale. Senza un tale meccanismo, anche se si fosse ottenuto un solo amminoacido, sarebbe stato immediatamente distrutto. Il chimico Richard Bliss ha espresso questa contraddizione nel modo seguente: "In realtà, senza questa trappola, i prodotti chimici sarebbero stati distrutti dalla sorgente energetica."115
Sicuramente Miller, nei suoi esperimenti precedenti, non potè costituire alcun amminoacido, pur usando gli stessi materiali ma senza la trappola fredda.
2. Il primordiale ambiente atmosferico che Miller tentò di simulare nel suo esperimento non era realistico. Nel 1980, gli scienziati furono concordi nell'affermare che si sarebbe dovuto adoperare l'azoto e il biossido di carbonio in questo ambiente artificiale in luogo del metano e dell'ammoniaca. Dopo un lungo periodo di silenzio, lo stesso Miller confessò che l'ambiente atmosferico da lui ricostruito non era realistico.116
Perché, allora, Miller ha insistito su questi gas? La risposta è semplice: senza l'ammoniaca, sarebbe stato impossibile sintetizzare alcun amminoacido. A questo proposito, in un articolo apparso sulla rivista Discover, Kevin Mc Kean ha scritto:
Miller e Urey imitarono l'antica atmosfera della Terra con una mistura di metano e ammoniaca. Secondo la loro opinione, la Terra sarebbe stata una mistura omogenea di metallo, roccia e ghiaccio. Gli studi più recenti, tuttavia, hanno rivelato che la Terra era molto calda a quei tempi e che era composta di nichelio e ferro fuso. Di conseguenza, l'atmosfera chimica di quel periodo dovrebbe essere stata composta soprattutto di azoto (N2), biossido di carbonio (CO2) e vapore acqueo (H2O). Nondimeno, questi elementi non sono così adatti alla produzione di molecole organiche come il metano e l'ammoniaca.117
Gli scienziati americani J. P. Ferris e C. T. Chen ripeterono l'esperimento di Miller in un ambiente atmosferico che conteneva biossido di carbonio, idrogeno, azoto e vapore acqueo, e non riuscirono a ottenere neppure un singolo amminoacido.118
3. Un altro aspetto importante volto a infirmare l'esperimento di Miller è che vi era abbastanza ossigeno da distruggere tutti gli amminoacidi presenti nell'atmosfera nel periodo in cui si suppone si siano formati. Questo fatto, non rilevato da Miller, è rivelato dalle tracce di ossido di ferro e uranio scoperte in rocce che si stima risalgano a 3,5 milioni di anni fa.119
Le più recenti fonti evoluzionistiche mettono in discussione l’esperimento di Miller
Oggi l'esperimento di Miller non è tenuto in alcuna considerazione neppure dagli scienziati evoluzionisti Nel numero del febbraio 1998, sulla famosa rivista scientifica evoluzionista Earth, sono comparse le seguenti considerazioni in un articolo intitolato “Life's Crucible”:
I geologi ora credono che l'atmosfera primordiale consistesse soprattutto di biossido di carbonio e di azoto, gas che sono meno reattivi di quelli utilizzati nell'esperimento del 1953. Anche se l'atmosfera di Miller fosse esistita, come sarebbe stato possibile che molecole semplici come gli amminoacidi subissero le trasformazioni chimiche che le avrebbero convertite in composti assai più complicati, o polimeri, come le proteine? Miller stesso ha alzato le mani a questo punto del puzzle. “È un problema”, ha sospirato esasperato. “Com'è possibile ottenere polimeri? Non è facile”. 1
Come si è visto, anche lo stesso Miller ha ammesso che il suo esperimento non porta a una spiegazione dell'origine della vita. Il fatto che gli scienziati evoluzionisti accettino con tanto fervore questo esperimento indica soltanto le difficoltà che affronta l’evoluzione e la disperazione dei suoi sostenitori.
Nel numero di marzo 1998 del National Geographic in un articolo dal titolo "The Emergence of Life on Earth" è comparso il commento che segue:
Molti scienziati ora sospettano che l'atmosfera primordiale fosse differente da quanto supposto in principio da Miller. Pensano che consistesse di biossido di carbonio e azoto piuttosto che di idrogeno, metano e ammoniaca.
Questa è una cattiva notizia per i chimici. Quando tentano di stimolare il biossido di carbonio e l'azoto, essi ottengono una misera quantità di molecole organiche – equivalente alla dissoluzione di una goccia di colorante nell'acqua di una piscina. Gli scienziati trovano difficile immaginare che la vita sia emersa da una tale zuppa diluita. 2
In breve, né l'esperimento di Miller, né alcun altro simile mai tentato, può rispondere alla domanda sul modo in cui la vita è comparsa sulla terra. Tutte le ricerche fatte dimostrano che è impossibile che la vita sia emersa per caso e quindi confermano che la vita è stata creata.
Altre scoperte mostrano che la quantità di ossigeno nell’atmosfera a quello stadio era molto più elevato di quanto originariamente sostenuto dagli evoluzionisti. Gli studi rivelano che in quel periodo il livello di radiazioni ultraviolette a cui la Terra era esposta era 10.000 volte superiore alle stime degli evoluzionisti. Queste intense radiazioni avrebbero inevitabilmente liberato l'ossigeno decomponendo il vapore acqueo e il biossido di carbonio nell'atmosfera.
Questa situazione invalida radicalmente l'esperimento di Miller, nel quale l'ossigeno era del tutto trascurato. Se l'ossigeno fosse stato utilizzato nell'esperimento, il metano si sarebbe decomposto in biossido di carbonio e acqua, mentre l'ammoniaca in azoto e acqua. D'altra parte, in un ambiente dove l'ossigeno non esisteva non vi sarebbe stato neppure uno strato di ozono, quindi gli amminoacidi sarebbero stati immediatamente distrutti non appena esposti a raggi ultravioletti molto intensi senza la protezione di uno strato di ozono. In altre parole, con o senza l'ossigeno nel mondo primordiale, il risultato sarebbe stato un ambiente mortale per gli amminoacidi.
4. Al termine dell'esperimento di Miller, si formarono molti acidi organici con caratteristiche nocive alle strutture e alle funzioni degli esseri viventi. Se gli amminoacidi non fossero stati isolati e fossero stati lasciati nello stesso ambiente con queste sostanze, la loro distruzione o trasformazione in composti differenti, attraverso reazioni chimiche, sarebbe stata inevitabile.
Per di più, alla fine dell'esperimento si formarono innumerevoli amminoacidi destrogiri.120 La loro esistenza confutò la teoria anche in base ai suoi stessi ragionamenti, in quanto gli amminoacidi destrogiri non possono funzionare nella composizione degli organismi viventi. Per concludere, le circostanze in cui si formarono gli amminoacidi nell'esperimento di Miller non erano adatte alla vita. In realtà, questo mezzo prese la forma di una mistura acida che distruggeva e ossidava le molecole utili ottenute.
Tutti questi fatti indicano una verità sicura: l'esperimento di Miller non può pretendere di provare la casuale formazione di esseri viventi nelle primordiali condizioni terrestri. L'intero esperimento non è altro che una prova di laboratorio, intenzionale e controllata, per sintetizzare amminoacidi. Il volume e il tipo di gas utilizzati furono determinati al fine di originare amminoacidi. La quantità di energia rifornita al sistema non era né in eccesso né in difetto, bensì quella stabilita con precisione allo scopo di permettere le necessarie reazioni. L'impianto adibito all'esperimento fu accuratamente isolato in modo tale da evitare la penetrazione di qualsiasi tipo di elemento dannoso, distruttivo o di impedimento alla formazione di quegli amminoacidi che erano probabilmente presenti nelle primordiali condizioni terrestri. Nessun elemento, minerale o composto, tra quelli presenti effettivamente ai primordi che avrebbe potuto cambiare il corso delle reazioni, fu incluso nell'esperimento. L'ossigeno, che avrebbe potuto prevenire la formazione di amminoacidi per ossidazione, è soltanto uno tra questi elementi distruttivi. Anche in tali ideali condizioni di laboratorio, è stato impossibile far sopravvivere gli amminoacidi prodotti evitando la loro distruzione senza valersi del meccanismo della "trappola fredda".
Con questo esperimento, in realtà, Miller distrusse la pretesa degli evoluzionisti, secondo cui “la vita sarebbe emersa come risultato di coincidenze incoscienti”. Questo perché, se l'esperimento ha provato qualcosa, è che gli amminoacidi possono essere prodotti soltanto in un ambiente di laboratorio controllato, dove tutte le condizioni sono specificamente progettate da un intervento consapevole. Ovvero, il potere che determina la vita non può essere il caso inconsapevole, ma piuttosto una creazione conscia.
La ragione per cui gli evoluzionisti non accettano questa realtà palese è la loro cieca adesione a pregiudizi che non hanno alcun carattere di scientificità. È degno di nota il fatto che Harold Hurey, l'organizzatore insieme al suo allievo Stanley Miller dell'esperimento in esame, abbia a tale proposito confessato:
Tutti noi che abbiamo studiato le origini della vita riteniamo che più ci si addentri in essa, più si senta che è troppo complessa per essersi in qualche modo evoluta. Noi tutti crediamo, come se fosse un articolo di fede, che la vita su questo pianeta si sia evoluta dalla materia morta. La sua complessità è tuttavia così grande, che diventa difficile immaginarselo.121
L'atmosfera Primordiale Della
Terra E Le Proteine
Le fonti evoluzioniste utilizzano l’esperimento di Miller, nonostante tutte le sue incongruenze, per cercare di sorvolare sulla questione dell’origine degli amminoacidi. Dando l’impressione che la questione fosse stata risolta da tempo da quell’esperimento invalido, cercano di mettere una toppa sulle falle della teoria dell’evoluzione.
Nondimeno, per spiegare la seconda fase dell'origine della vita, gli evoluzionisti dovettero affrontare un problema ancora più grande di quello della formazione degli amminoacidi: cioè, l’origine delle proteine, ovvero, i blocchi da costruzione della vita, composte da centinaia di differenti amminoacidi uniti secondo un ordine preciso.
Affermare che le proteine siano state formate dal caso in condizioni naturali è molto più irrealistico e irragionevole della medesima affermazione a proposito degli amminoacidi. Nelle pagine precedenti abbiamo visto, valendoci del calcolo delle probabilità, l'impossibilità matematica dell'unione accidentale di amminoacidi in sequenze precise al fine di formare proteine. Ora esamineremo come sia impossibile che le proteine siano state prodotte chimicamente nelle primordiali condizioni terrestri.
La Sintesi Proteica Non È Possibile In Acqua
Come abbiamo visto prima, quando si combinano per formare proteine, gli amminoacidi costituiscono tra loro un legame speciale detto "peptidico", nel corso della cui formazione viene liberata una molecola di acqua.
Ciò confuta definitivamente la spiegazione evoluzionista che la vita ai primordi abbia avuto origine dall'acqua, in quanto, secondo il "principio di Le Châtelier", non è possibile che una reazione che libera acqua (una reazione di condensazione) abbia luogo in un ambiente idrato. La possibilità che avvenga questo tipo di reazione in un ambiente idrato si dice che "abbia la minima probabilità di accadere" tra tutte le reazioni chimiche.
Uno dei peggiori inganni degli evoluzionisti è il modo in cui immaginano che la vita sia emersa spontaneamente su quella che essi definiscono “la Terra primordiale”, rappresentata nell’immagine che precede. Essi tentarono di dimostrare queste affermazioni con studi come l’esperimento di Miller. Ancora una volta, però, subirono una sconfitta di fronte a fatti scientifici. I risultati ottenuti nel 1970 dimostrano che l’atmosfera esistente su quella che essi descrivono come la Terra primordiale era totalmente inadatta alla vita.
Gli oceani, quindi, considerati i luoghi dove ebbero origine la vita e gli amminoacidi, non sono lo sfondo appropriato alla formazione di proteine. D'altra parte, sarebbe irrazionale per gli evoluzionisti cambiare il loro pensiero e affermare che la vita ebbe origine sulla Terra, perché il solo ambiente dove gli amminoacidi avrebbero potuto essere protetti dalle radiazioni ultraviolette è costituito dagli oceani e dai mari. Sulla terra, sarebbero stati distrutti dalle radiazioni ultraviolette. Il principio di Le Châtelier smentisce l'idea della formazione della vita nei mari. Ciò costituisce un altro dilemma da risolvere per gli evoluzionisti.
Un Altro Sforzo Disperato:
L'esperimento Di Fox
Sfidati dal suddetto dilemma, gli evoluzionisti iniziarono a inventare scenari irrealistici basati sul "problema acqua" che confutavano integralmente le loro teorie. Sydney Fox fu uno tra i più noti di questi ricercatori. Egli avanzò la seguente teoria per risolvere tale problema: i primi amminoacidi devono essere stati trasportati su alcune rupi nei pressi di un vulcano nel periodo appena successivo alla loro formazione nell'oceano primordiale. L'acqua contenuta nella mistura, che includeva gli amminoacidi presenti sulle rupi, deve essere evaporata quando la temperatura ha superato il punto di ebollizione. In tal modo, gli amminoacidi che erano stati "asciugati" avrebbero potuto poi combinarsi per formare le proteine.
Tale "complicata" soluzione non ottenne, tuttavia, diffusa approvazione nel campo, in quanto gli amminoacidi non avrebbero potuto sopravvivere a temperature così elevate. La ricerca conferma che gli amminoacidi si distruggono immediatamente a temperature elevate.
Fox, in ogni caso, non si rassegnò. Egli combinò degli amminoacidi purificati in laboratorio "in condizioni molto speciali" riscaldandoli in ambiente asciutto. Gli amminoacidi si combinarono, ma non si ottenne alcuna proteina. Ciò che egli ottenne, in realtà, furono semplici e disordinati raccordi di amminoacidi arbitrariamente combinati tra loro, ben lungi dal rassomigliare ad una proteina vivente. Inoltre, se Fox avesse mantenuto gli amminoacidi ad una temperatura costante, allora questi inutili raccordi sarebbero stati disintegrati.122
Un altro fattore che invalidò ulteriormente l'esperimento fu l'utilizzo da parte di Fox non degli inutili prodotti finali dell'esperimento di Miller, ma di puri amminoacidi provenienti da organismi viventi. Nondimeno questo esperimento, che intese proseguire quello di Miller, avrebbe dovuto prendere avvio proprio dai risultati ottenuti da Miller. Eppure, né Fox, né alcun altro ricercatore utilizzarono mai gli inutili amminoacidi prodotti da Miller.123
L'esperimento di Fox non fu accolto positivamente neppure presso i circoli evoluzionisti, poiché fu chiaro che le insignificanti catene di amminoacidi prodotte (che lui chiamò “proteinoidi”) non avrebbero potuto formarsi in condizioni naturali. Per di più, le proteine, i blocchi da costruzione della vita, non avrebbero potuto essere prodotte. Il problema dell'origine delle proteine rimaneva ancora aperto. In un articolo apparso negli anni Settanta nella rivista scientifica divulgativa Chemical Engineering News, l'esperimento di Fox venne menzionato nei termini seguenti:
Sidney Fox e gli altri ricercatori tentarono di unire gli amminoacidi in forma di proteinoidi, avvalendosi di tecniche di riscaldamento molto speciali in condizioni che non corrispondevano a quelle delle fasi primordiali della Terra. Inoltre, i proteinoidi non assomigliano assolutamente alle proteine regolari presenti negli esseri viventi. Non sono altro che macchie inutili e irregolari. Si è detto che seppure tali molecole si fossero formate nei primi tempi, sarebbero state sicuramente distrutte.124
Senza dubbio, i proteinoidi ottenuti da Fox furono assolutamente diversi dalle proteine reali sia per struttura che per funzione. La differenza tra le proteine e questi proteinoidi è tanto grande quanto quella che intercorre tra uno strumento ad alta tecnologia e un ammasso di ferro non lavorato.
Non vi era, inoltre, neppure la possibilità che queste irregolari catene di amminoacidi potessero sopravvivere nell'atmosfera primordiale. Effetti chimici e fisici dannosi e distruttivi causati dalla violenta esposizione alla luce ultravioletta e a instabili condizioni naturali avrebbero provocato la disintegrazione di questi proteinoidi. Secondo il principio di Le Châtelier, sarebbe stato impossibile agli amminoacidi di combinarsi nell'acqua, dove i raggi ultravioletti non li avrebbero raggiunti. Per questa ragione, l'idea che i proteinoidi costituissero le basi della vita perse infine l'appoggio degli scienziati.
La Molecola Miracolosa: Il DNA
Il nostro esame ha finora mostrato che la teoria dell’evoluzione si trova davanti a un grave dilemma a livello molecolare. Gli evoluzionisti non sono riusciti a gettare alcuna luce sulla formazione degli amminoacidi. Allo stesso modo, anche la formazione delle proteine resta un mistero.
Nel suo esperimento, Fox produsse una sostanza chiamata “proteinoide”. I proteinoidi erano combinazioni di amminoacidi assemblate a caso. A differenza delle proteine degli esseri viventi, esse erano prodotti chimici inutili e non funzionali. Ecco una visione al microscopio elettronico di particelle di proteinoidi.
Il problema, tuttavia, non si limita soltanto a tali processi. Ciò è soltanto l'inizio. La struttura estremamente complessa della cellula conduce, infatti, gli evoluzionisti in un nuovo vicolo cieco. La ragione è che la cellula non è un semplice mucchio di proteine composte di amminoacidi; piuttosto, è il sistema più complesso che l’uomo si sia mai trovato davanti.
Mentre la teoria dell'evoluzione ha incontrato tante difficoltà a fornire una coerente spiegazione dell'esistenza delle molecole che costituiscono le basi della struttura cellulare, i progressi della genetica e la scoperta degli acidi nucleici (DNA e RNA) hanno sollevato dei problemi del tutto nuovi per gli evoluzionisti. Nel 1953, James Watson e Francis Crick inaugurarono una nuova era per la biologia con il loro lavoro che ha rivelato la struttura incredibilmente complessa del DNA.
La molecola chiamata DNA, che si trova nel nucleo di ognuno dei 100 trilioni di cellule presenti nei nostri corpi, contiene il piano completo di costruzione del corpo umano. Le informazioni riguardanti tutte le caratteristiche di una persona, dall'aspetto fisico alla struttura degli organi interni, sono registrate nel DNA all'interno della sequenza di quattro basi speciali che costituiscono questa molecola gigante. Queste basi vengono specificate come A, T, G e C , secondo le lettere iniziali dei loro nomi. Tutte le differenze strutturali tra le persone dipendono dalle variazioni nelle sequenze di queste lettere. È una sorta di banca dati composta da quattro lettere.
La materia inanimata non può generare la vita
Numerosi esperimenti evoluzionistici, come quelli di Miller e di Fox, sono stati concepiti per provare l’affermazione secondo cui la materia inanimata può organizzarsi da sola e generare esseri viventi complessi. Questa è una convinzione del tutto ascientifica: ogni osservazione ed esperimento ha provato in modo incontrovertibile che la materia non ha tale capacità. Il famoso astronomo e matematico inglese sir Fred Hoyle nota che la materia non può generare la vita da se stessa senza una interferenza deliberata:
Se ci fosse un principio basilare della materia che in qualche modo conducesse i sistemi organici verso la vita, la sua esistenza sarebbe facilmente dimostrabile in laboratorio. Si potrebbe prendere, per esempio, una piscina per rappresentare il brodo primordiale. Riempirla di qualunque prodotto chimico di natura non biologica si voglia. Pomparvi qualunque gas, sopra o all'interno, e colpirla con qualunque tipo di radiazione a seconda della propria fantasia. Lasciar procedere l'esperimento per un anno e vedere quanti dei 2000 enzimi (proteine prodotte dalle cellule viventi) sono comparsi nella piscina. Darò io stesso la risposta e quindi risparmierò tempo, problemi e spese per la reale conduzione dell’esperimento: non si troverà nulla, tranne forse una fanghiglia catramosa composta di amminoacidi ed altre semplici sostanze chimiche organiche. 1
Il biologo evoluzionista Andrew Scott ammette lo stesso fatto:
Prendere un po' di materia, scaldarla mentre si mescola e aspettare. Questa è la versione moderna della Genesi. Si presume che le ‘fondamentali’ forze di gravità, elettromagnetismo e forze nucleari forti e deboli abbiano fatto il resto... Ma quanto di questo bel racconto ha fondamenta stabili e quanto resta speranzosa speculazione? In verità, il meccanismo di quasi tutti i passi più importanti, dai precursori chimici alle prime cellule riconoscibili, è oggetto o di una controversia o di un'assoluta perplessità. 2
L'ordine sequenziale delle lettere nel DNA determina la struttura di un essere umano fin nei minimi particolari. Oltre a caratteristiche quali la statura, gli occhi, il colore dei capelli e della pelle, il DNA di una singola cellula contiene anche la conformazione di 206 ossa, 600 muscoli, 100 miliardi di cellule nervose (neuroni), 1.000 trilioni di connessioni tra i neuroni del cervello, 97.000 chilometri di vene e i 100 trilioni di cellule nel corpo umano. Se dovessimo trascrivere tutte le informazioni codificate nel DNA, allora dovremmo compilare una libreria gigantesca composta da 900 volumi di 550 pagine l'uno. Ma le informazioni che sarebbero contenute in questa enorme biblioteca sono codificate all’interno delle molecole di DNA nel nucleo cellulare, che è molto più piccolo della cellula, che a sua volta misura appena un centesimo di un millimetro.
Perché Il DNA Non Può Essere
Pervenuto All'esistenza Casualmente?
La molecola nota come DNA, che si trova nel nucleo di ciascuno dei 100 trilioni di cellule presenti nel nostro corpo, contiene il piano completo di costruzione del corpo umano. Le informazioni riguardanti tutte le caratteristiche di una persona, dall'aspetto fisico alla struttura degli organi interni, sono registrate nel DNA.
A questo punto, si deve prestare attenzione a un dettaglio importante. Un errore nella sequenza dei nucleotidi che costituiscono un gene renderebbe quest'ultimo del tutto inutile. Quando si considera che vi sono circa 30 mila geni nel corpo umano, diventa più evidente quanto sia impossibile che quei milioni di nucleotidi che compongono questi geni si siano formati in corretta sequenza per coincidenza. Un biologo evoluzionista, Frank Salisbury, scrive a proposito di tale impossibilità:
Una proteina media può includere circa 300 amminoacidi. Il gene del DNA delegato al controllo di questo dovrebbe avere circa 1.000 nucleotidi nella sua catena. Dal momento che vi sono quattro tipi di nucleotidi in una catena di DNA, uno consistente di 1000 legami potrebbe esistere in 41.000 forme. Servendosi dei logaritmi è possibile costatare che 41000=10600. Il dieci moltiplicato per se stesso 600 volte forma un numero pari a un 1 seguito da 600 zeri! Questo numero è completamente al di là della nostra comprensione.125
Il numero 41000 è equivalente a 10600. Questo numero si ottiene aggiungendo 600 zeri a 1. Se pensiamo che 10 con 11 zeri indica un trilione, una figura con 600 zeri è una figura senza dubbio difficile da cogliere. L'impossibilità della formazione di RNA e DNA per accumulazione coincidentale di nucleotidi è espressa dallo scienziato francese Paul Auger:
Dobbiamo distinguere nettamente due fasi nella casuale formazione di molecole complesse, quali i nucleotidi, tramite eventi chimici. La produzione di nucleotidi uno ad uno – che è possibile – e la combinazione di questi in sequenze molto speciali. La seconda è assolutamente impossibile.126
Per molti anni, Francis Crick ha creduto nella teoria dell'evoluzione molecolare, ma alla fine ha dovuto confessare che una molecola talmente complessa non avrebbe potuto formarsi spontaneamente per coincidenza, come risultato di un processo evolutivo:
Un uomo onesto, armato soltanto della conoscenza a noi disponibile, potrebbe affermare soltanto che, in un certo senso, l'origine della vita appare al momento piuttosto un miracolo.127
L'evoluzionista turco Ali Demirsoy è stato costretto ad ammettere che:
In realtà, la probabilità della formazione di una proteina e di un acido nucleico (DNA-RNA) va oltre ogni possibilità di stima. Inoltre, il caso che emerga una certa catena proteica è così esile da poter essere definito astronomico.128
Watson e Crick con un modello a bastoncini di molecola del DNA.
Un paradosso molto interessante si presenta quindi a questo punto: mentre il DNA può solo replicarsi con l'aiuto di alcune speciali proteine (enzimi), la sintesi di queste proteine può solo realizzarsi per mezzo di informazioni codificate nel DNA. In quanto dipendono entrambi l'uno dall'altro, o esistono contemporaneamente allo stesso tempo per replicarsi, o uno di essi deve essere "creato" prima dell'altro. A questo proposito, il microbiologo statunitense, Homer Jacobson, scrive:
Le direzioni per la riproduzione dei piani, per l'energia e l'estrazione delle parti dall'ambiente corrente, per la sequenza di crescita e per il meccanismo che ne trasferisce le istruzioni, devono essere tutti simultaneamente presenti in quel momento in cui la vita comincia. Questa combinazione di eventi è sembrata un avvenimento incredibilmente inverosimile ed è stato spesso attribuita ad un intervento divino.129
Questa citazione venne scritta due anni dopo la scoperta della struttura del DNA da parte di Watson e Crick. Ma, nonostante tutti i progressi scientifici, questo problema rimane insoluto per gli evoluzionisti. Due scienziati tedeschi, Junker e Scherer, spiegarono che la sintesi di ognuna delle molecole necessarie all'evoluzione chimica richiede condizioni distinte e la probabilità di combinazione di questi materiali, i quali hanno teoricamente metodi di acquisizione molto differenti, è pari a zero:
Fino ad ora, non è noto alcun esperimento con il quale sia possibile ottenere tutte le molecole necessarie all'evoluzione chimica. È, di conseguenza, essenziale produrre appropriatamente varie molecole in posti differenti e quindi trasferirle in altri per reazione, proteggendole da elementi dannosi quali l'idrolisi e la fotolisi.130
In breve, la teoria evoluzionista non è in grado di provare alcuno stadio evolutivo che avvenga ipoteticamente al livello molecolare. Piuttosto che rispondere a queste domande, i progressi della scienza li rendono ancor più complessi ed inestricabili.
Curiosamente, la maggior parte degli evoluzionisti crede in questo e simili racconti come se fossero veri, perché si sono condizionati a non ammettere la creazione, e quindi non hanno altra possibilità che credere l'impossibile. Un famoso biologo australiano, Michael Denton, è intervenuto su questo problema nel suo libro Evolution: A Theory in Crisis:
Per lo scettico, la proposizione che i programmi genetici di organismi superiori, i quali consistono in qualcosa di simile a miliardi di informazioni, equivalenti alla sequenza delle lettere di una piccola biblioteca di mille volumi, contenente in forma codificata innumerevoli migliaia di intricati algoritmi che controllano, specificano e ordinano la crescita e lo sviluppo di miliardi e miliardi di cellule nella forma di un organismo complesso, siano stati formati da un processo puramente accidentale è un affronto alla ragione. Ma per il darwinista, tale idea è accettabile senza il minimo dubbio – il paradigma ha la precedenza!131
Un Altro Vano Tentativo Evoluzionista:
"Il Mondo RNA"
La scoperta, nel corso degli anni '70, che i gas esistenti in origine nella primitiva atmosfera terrestre avrebbero reso impossibile la sintesi degli amminoacidi fu un grave colpo per la teoria dell’evoluzione molecolare. Gli evoluzionisti dovettero confrontarsi con il fatto che gli "esperimenti sull'atmosfera primitiva" di Stanley Miller, Sydney Fox. Cyril Ponnamperuna e altri non erano validi. Per questa ragione, negli anni '80, gli evoluzionisti fecero nuovi tentativi. Così fu avanzata l’ipotesi del "mondo RNA". Questo scenario suggeriva che le proteine non fossero state le prime ad essersi formate, ma le molecole di RNA che contenevano le informazioni per le proteine.
Prof. Francis Crick: “L'origine della vita appare quasi un miracolo”.
Secondo questa prospettiva, avanzata nel 1986 da un chimico di Harvard, Walter Gilbert, in base a una scoperta riguardante i “ribozimi” fatta da Thomas Cech, miliardi di anni orsono una molecola di RNA, capace di replicarsi, si formò in qualche modo per coincidenza. Iniziò, quindi, a produrre proteine, essendo stata attivata da influssi esterni. In seguito, divenne necessario depositare queste informazioni in una seconda molecola, fu così che emerse la molecola del DNA per farlo.
Essendo costituita di una catena di impossibilità ad ogni livello, questa prospettiva scarsamente credibile, lungi dal fornire una spiegazione dell’origine della vita, acuì il problema e sollevò molte domande a cui era impossibile rispondere:
1. Se è impossibile accettare la formazione coincidentale anche di un solo nucleotide che costituisce il RNA, come è possibile che questi immaginari nucleotidi si siano riuniti insieme in una sequenza appropriata al fine di formare l'RNA? L’evoluzionista John Horgan ammette l'irrealizzabilità di tale formazione accidentale:
Il continuo approfondimento da parte dei ricercatori del concetto di mondo-RNA solleva dei problemi. Come apparve l'RNA al principio? L'RNA e i suoi componenti sono difficili da sintetizzare in laboratorio nelle migliori condizioni, molto meno in quelle veramente plausibili.132
2. Pur supponendo che si sia formato per caso, come avrebbe potuto questo RNA costituito da una catena di nucleotidi avere "deciso" di auto-replicarsi e con che tipo di meccanismo avrebbe potuto portare a termine questo processo? Dove trovò i nucleotidi di cui si servì durante l'auto-replicazione? Anche i microbiologi evoluzionisti Gerald Joyce e Leslie Orgel espressero la disperazione di tale situazione nel libro dal titolo In the RNA World:
Questa discussione si è in qualche modo concentrata su un uomo di paglia: il mito di una molecola autoreplicante di RNA che è sorta ex novo da una minestra casuale di polinucleotidi. Non solo una simile nozione è irrealistica alla luce della nostra attuale comprensione della chimica prebiotica, ma sarebbe troppo per la credulità anche di chi ha una visione ottimistica del potenziale dell’RNA come catalizzatore.133
3. Anche se si ipotizzasse un'autoreplicazione dell'RNA nel mondo primordiale, la disponibilità all'uso di ogni tipo di amminoacidi e l'accadimento di tutte queste impossibilità, la situazione non porterebbe ugualmente alla formazione di neppure una singola proteina. Infatti l'RNA include soltanto informazioni concernenti la struttura delle proteine. Gli amminoacidi, d'altra parte, sono materiali grezzi. Nondimeno, non esiste alcun meccanismo in grado di produrre proteine. Considerare l'esistenza dell'RNA sufficiente alla produzione di proteine è insensato tanto quanto pretendere che un'automobile si autoassembli semplicemente gettando il progetto su un mucchio di componenti accatastate l'una sull'altra. Un modello non può produrre da solo un’automobile, senza una fabbrica e degli operai per mettere insieme le componenti, secondo le istruzioni fornite dal modello; allo stesso modo, il modello contenuto nell’RNA non può produrre proteine da solo senza la collaborazione di altre componenti cellulari che seguano le istruzioni contenute nell’RNA.
Le proteine sono prodotte nella fabbrica dei ribosomi con l'aiuto di molti enzimi mediante processi estremamente complessi all'interno della cellula. Il ribosoma è un organulo cellulare complesso costituito di proteine. Ne consegue la formulazione di un'altra supposizione irragionevole, ovvero che anche i ribosomi siano pervenuti per caso all'esistenza nello stesso tempo. Anche Jacques Monod, insignito del premio Nobel, uno tra i più fanatici difensori dell'evoluzione, spiega ateisticamente che la sintesi proteica non può in alcun modo essere considerata come dipendente meramente dalle informazioni contenute negli acidi nucleici:
Il codice risulta privo di significato a meno che non venga tradotto. Il moderno macchinario di traduzione della cellula consiste in almeno cinquanta componenti macromoleculari, codificati a loro volta nel DNA: il codice non può essere tradotto se non da prodotti di traduzione. È l'espressione moderna di omne vivo ex ovo. Quando e come si chiuse questo circolo? È troppo difficile immaginarlo.134
Come avrebbe potuto una catena di RNA nel mondo primordiale prendere una tale decisione e quali metodi avrebbe dovuto utilizzare per produrre proteine assumendosi da sola la mansione di cinquanta particelle specializzate? Gli evoluzionisti non hanno risposte.
Leslie Orgel, una collega di Stanley Miller e Francis Crick presso l'Università della California a San Diego, utilizza il termine "scenario" per la possibilità dell' "origine della vita per mezzo del mondo-RNA". La Orgel ha descritto che tipo di caratteristiche questo RNA dovrebbe presentare e perché ciò sia impossibile in un articolo intitolato "The Origin of Life" pubblicato su American Scientist nell'ottobre 1994:
Leslie Orgel: "... la vita non ha mai potuto, in realtà, aver avuto origine da mezzi chimici."
Questo scenario potrebbe essersi presentato, come abbiamo visto, se l'RNA pre-biotico avesse avuto due proprietà oggi non evidenti: la capacità di replicarsi senza l'aiuto di proteine e la facoltà di catalizzare ogni passo della sintesi proteica.135
Come dovrebbe ormai essere chiaro, aspettarsi due processi complessi ed estremamente essenziali da una molecola come l'RNA è possibile solo grazie al punto di vista e al potere d'immaginazione degli evoluzionisti. Concreti fatti scientifici, d'altra parte, chiariscono come l’ipotesi del "Mondo RNA", che è un nuovo modello proposto a sostegno della casuale formazione della vita, è una favola ugualmente non plausibile.
Il biochimico Gordon C. Mills dell’Università del Texas e il biologo molecolare Dean Kenyon della San Francisco State University valutano le manchevolezze dello scenario del mondo RNA, arrivando a una sintetica conclusione nel loro articolo intitolato “The RNA World: A Critique”: “L’RNA è una molecola notevole. L’ipotesi del mondo RNA è un’altra cosa. Non vediamo alcun motivo per ritenere che sia un’ipotesi confermata, e nemmeno promettente”. 136
L’articolo del 2001 del divulgatore scientifico Brig Klyce spiega che gli scienziati evoluzionisti sono molto insistenti su questa questione, ma i risultati finora ottenuti dimostrano che i loro sforzi sono del tutto vani:
La ricerca sul mondo RNA costituisce un’industria di dimensioni medie. Questa ricerca ha dimostrato come sarebbe estremamente difficile che cellule viventi sorgessero per caso dalla materia non vivente nel tempo disponibile sulla Terra. Quella dimostrazione costituisce un valido contributo alla scienza. Ulteriori ricerche saranno anch’esse utili. Ma continuare a insistere che la vita possa emergere spontaneamente da prodotti chimici non viventi, alla luce delle difficoltà che si iniziano a comprendere ora, lascia perplessi. Ricorda il lavoro degli alchimisti medievali che cercavano con insistenza di trasformare il piombo in oro.137
Confessioni di evoluzionisti
I calcoli probabilistici rendono chiaro che molecole complesse come proteine e acidi nucleici (DNA-RNA) non potrebbero mai essersi formate per caso indipendentemente l’una dall’altra. Gli evoluzionisti, tuttavia, devono far fronte a un problema ancora più grande, quello che tutte queste molecole complesse devono coesistere simultaneamente per permettere alla vita di esistere. La teoria evoluzionista è estremamente confusa da questa esigenza. Questo è un punto su cui alcuni importanti evoluzionisti sono stati costretti a una confessione. Per esempio, un collega di Stanley Miller e di Francis Crick dell'Università di San Diego California, lo stimato evoluzionista Leslie Orgel, ha detto:
È estremamente improbabile che le proteine e gli acidi nucleici, entrambi strutturalmente complessi, siano sorti spontaneamente nello stesso posto e nello stesso tempo. Sembra anche impossibile avere le une senza gli altri. E quindi, a prima vista, si deve concludere che la vita non ha mai potuto, in realtà, aver avuto origine da mezzi chimici. 1
Lo stesso fatto è ammesso anche da altri scienziati:
Il DNA non può svolgere la sua funzione, inclusa la formazione di altro DNA, senza l'aiuto di proteine catalitiche, o enzimi. In breve, le proteine non possono formarsi senza il DNA, ma nemmeno il DNA può formarsi senza le proteine. 2
In che modo il codice genetico, insieme con i meccanismi della sua traduzione (ribosomi e molecole di RNA), ha avuto origine ? Per il momento dobbiamo accontentarci di un senso di mistero e di stupore anziché di una risposta. 3
Il corrispondente scientifico del New York Times, Nicholas Wade, ha fatto questo commento in articolo del 2000:
Tutto quanto riguarda l’origine della vita sulla Terra è un mistero e sembra che, più si sa più le perplessità crescano. 4
La Vita È Più Di Un Mero Ammasso Di Molecole
Finora, abbiamo esaminato l’impossibilità della formazione accidentale della vita. Lasciamo da parte per un momento tutte le cose impossibili e supponiamo che una molecola proteica si sia formata nell'ambiente più inappropriato e incontrollato quale quello offerto dalle primordiali condizioni della Terra. La formazione di una sola proteina non sarebbe sufficiente; questa dovrebbe pazientemente aspettare per migliaia, o forse milioni di anni in un simile ambiente senza subire alcun danno, fino a quando un'altra molecola si fosse formata casualmente nelle medesime condizioni. Dovrebbe aspettare la casuale contigua formazione di milioni di proteine corrette e essenziali. Quelle formatesi in precedenza avrebbero dovuto essere abbastanza pazienti da attendere, senza essere distrutte dai raggi ultravioletti e dai duri effetti meccanici, la formazione delle altre vicine. Raggiunto il numero adeguato, queste proteine originatesi tutte nello stesso luogo, si sarebbero dovute congiungere al fine di creare combinazioni sensate e formare gli organuli della cellula. Nessun materiale estraneo, molecola dannosa o catena proteica inutile avrebbe dovuto interferire in questo processo. In seguito, anche se questi organuli si fossero uniti armoniosamente in collaborazione tra loro secondo un piano ordinato, avrebbero dovuto prendere tutti gli enzimi necessari vicino a loro e coprirsi di una membrana, il cui interno avrebbe dovuto essere riempito di un liquido speciale necessario a creare l'habitat congeniale. Ora, anche se tutti questi fatti "altamente improbabili" si fossero in realtà verificati, tale ammasso molecolare sarebbe giunto alla vita?
La risposta è negativa, in quanto le ricerche hanno rivelato che la semplice combinazione di tutti i materiali essenziali non è sufficiente dare l'avvio alla vita. Anche se tutte le proteine essenziali fossero raccolte e poste in una provetta non produrrebbero una cellula vivente. Tutti gli esperimenti condotti a questo fine si sono rivelati infruttuosi. Le ricerche rivelano che la vita può solo avere origine dalla vita. L'asserzione che la vita si sia evoluta da cose non viventi, in altre parole, l’"abiogenesi", è una favola che esiste soltanto nei sogni degli evoluzionisti, in completo disaccordo con i reali risultati di tutti gli esperimenti e le osservazioni.
Per questo riguardo, la prima forma di vita sulla Terra deve aver avuto origine da un'altra vita. Questo è un riflesso del nome di Dio "Hayy" (il Possessore della Vita). La vita può soltanto iniziare, continuare e finire per la Sua volontà. L'evoluzione, non solo non è in grado di spiegare l'origine della vita, ma è anche incapace di chiarire come si siano formati i materiali ad essa essenziali.
Chandra Wickramasinghe descrive la realtà che ha incontrato come scienziato a cui è stato insegnato, nel corso della sua intera esistenza, che la vita è emersa in seguito a casuali coincidenze:
Fin dal principio della mia istruzione scientifica, sono stato sottoposto a un violento lavaggio del cervello affinchè mi fosse inculcata la credenza che la scienza non può coesistere con alcun tipo di creazione deliberata. Questa nozione ha dovuto essere dolorosamente abbandonata. Attualmente, non posso trovare alcun argomento razionale per abbattere la visione che spinge a convertirsi a Dio. Eravamo soliti avere una mente aperta; ora comprendiamo che l'unica risposta logica alla vita è la creazione, non un accidentale trascinarsi alla cieca.138
La termodinamica falsifica l’evoluzione
La seconda legge della termodinamica, una delle leggi basilari della fisica, sostiene che in normali condizioni tutti i sistemi abbandonati a se stessi tendono a divenire disordinati, dispersi e corrotti in relazione diretta al trascorrere del tempo. Ogni cosa vivente e non vivente si consuma, si deteriora, decade, si disintegra ed è distrutta. Questa è la sicura fine che tutti gli esseri dovranno affrontare in un modo o nell'altro e, secondo tale legge, questo processo è inevitabile.
Tutti lo osservano. Ad esempio, se si abbandona un'automobile nel deserto, difficilmente la si potrà ritrovare in migliori condizioni dopo alcuni anni. Al contrario, si vedrà che i pneumatici si sono sgonfiati, i finestrini sono stati infranti, il telaio si è arrugginito e il motore ha smesso di funzionare. Lo stesso processo inevitabile è valido anche per gli esseri viventi.
La seconda legge della termodinamica rappresenta il mezzo con il quale questo processo naturale viene definito con equazioni fisiche e calcoli.
Questa famosa legge è anche nota come "legge dell'entropia". In fisica, l'entropia fornisce una misura del grado di disordine di un sistema. L'entropia di un sistema è incrementata dal movimento da uno stato ordinato, organizzato e pianificato verso uno stato più disordinato, disperso e non pianificato. Più elevato è il disordine di un sistema, più elevata è la sua entropia. Tale legge sostiene che l'intero universo inevitabilmente procede verso uno stato più disordinato, disperso e non pianificato.
La seconda legge della termodinamica, o legge dell’entropia, è stabilita in maniera sperimentale e teoretica. Tutti i più importanti scienziati concordano sul fatto che questa legge è il principale paradigma del futuro prevedibile. Albert Einstein, il più grande scienziato del nostro tempo, disse che è la "legge più importante di tutta la scienza". In proposito, sir Arthur Eddington ha affermato che è la "suprema legge metafisica di tutto l'universo".1
La teoria evoluzionista ignora questa fondamentale legge della fisica. Il meccanismo proposto dall'evoluzione contraddice radicalmente i suoi principi. Gli evoluzionisti sostengono che atomi disordinati, dispersi e privi di vita e molecole si siano riuniti spontaneamente nello stesso periodo in un ordine preciso per formare molecole estremamente complesse quali le proteine, il DNA, l'RNA; in seguito, questi avrebbero gradualmente determinato milioni di differenti specie viventi con strutture addirittura più complesse. Inoltre, questo ipotetico processo che produce ad ogni passo strutture più pianificate, più ordinate, più complesse e più organizzate, ha presieduto autonomamente a tale formazione in condizioni naturali. La legge dell'entropia mostra chiaramente che questo processo cosiddetto naturale contraddice interamente le leggi della fisica.
Gli scienziati evoluzionisti sono consapevoli di questo fatto. J. H. Rush scrive:
Nel complesso corso della sua evoluzione, la vita rivela un notevole contrasto rispetto alla tendenza espressa nella seconda legge della termodinamica.2
L’autore evoluzionista Roger Lewin parla dell'empasse dell'evoluzione di fronte alla termodinamica in un articolo apparso su Science:
Un problema che i biologi hanno dovuto affrontare è l'apparente contraddizione rispetto all'evoluzione rappresentata dalla seconda legge della termodinamica. I sistemi dovrebbero decadere nel corso del tempo, presentando un minore, non maggiore ordine.3
Un altro difensore della teoria dell’evoluzione, George Stavropoulos, parla dell'impossibilità secondo la termodinamica della spontanea formazione della vita e confuta la spiegazione dell'esistenza, per leggi naturali, di complessi meccanismi viventi nella nota rivista evoluzionista American Scientist:
In condizioni ordinarie, nessuna molecola organica complessa potrebbe formarsi spontaneamente, ma piuttosto dovrebbe disintegrarsi, in accordo con la seconda legge. In realtà, maggiore è la complessità, maggiore è l'instabilità e maggiore la sicurezza, presto o tardi, della sua disintegrazione. La fotosintesi e tutti i processi vitali, e la vita stessa, non possono ancora essere compresi in termini di termodinamica o di ogni altra scienza esatta nonostante l’utilizzo di un linguaggio confuso o deliberatamente fuorviante.4
Come abbiamo visto, la seconda legge della termodinamica costituisce, quindi, un insormontabile ostacolo per lo scenario dell'evoluzione sia in termini di scienza che di logica. Incapaci di offrire una coerente spiegazione scientifica che permetta di superare l'ostacolo, gli evoluzionisti possono solo vincere grazie all'immaginazione. Ad esempio, il noto evoluzionista Jeremy Rifkin parla della sua speranza che l'evoluzione possa sopraffare questa legge della fisica grazie a un "potere magico":
La legge dell'entropia sostiene che l'evoluzione disperde l'energia disponibile complessiva per la vita su questo pianeta. Il nostro concetto di evoluzione è esattamente l'opposto. Crediamo che l'evoluzione crei sulla Terra, con qualche meccanismo magico, un valore complessivo maggiore e un maggior ordine.5
Queste parole rivelano con grande chiarezza che l'evoluzione è una fede dogmatica e non una tesi scientifica.
Il mito del "sistema aperto"
Alcuni sostenitori dell’evoluzione ricorrono all’argomento che la seconda legge della termodinamica sia valida soltanto per i "sistemi chiusi", in quanto i "sistemi aperti" esulano dall'ambito di questa legge.
Un "sistema aperto" è un sistema termodinamico nel quale energia e materia circolano verso l'interno e l’esterno. Gli evoluzionisti sostengono che il mondo è un sistema aperto, costantemente esposto al flusso di energia solare e che, quindi, la legge dell'entropia non si applica al cosmo nel suo insieme. Asseriscono inoltre che esseri viventi complessi e ordinati possono essere generati da strutture semplici, disordinate e inanimate.
Ci troviamo di fronte a un'ovvia distorsione. Il fatto che un sistema riceva un afflusso di energia non è sufficiente a renderlo ordinato. Sono necessari meccanismi specifici affinchè l'energia diventi funzionale. Ad esempio, un'automobile ha bisogno di un motore, di un sistema di trasmissione e di meccanismi di controllo correlati per convertire l'energia della benzina in lavoro. Senza tale sistema di conversione, l'automobile non sarebbe in grado di utilizzare l'energia della benzina.
La stessa cosa capita nella vita. È vero che la vita deriva la sua energia dal sole. L'energia solare, tuttavia, può essere convertita in energia chimica soltanto da sistemi di conversione energetica incredibilmente complessi presenti negli esseri viventi (come la fotosintesi delle piante e i sistemi digestivi di umani e animali). Nessun essere vivente può vivere senza un tale sistema; privo di questo, il sole non è altro che una fonte di energia distruttiva che brucia, inaridisce o fonde.
Come si può vedere, un sistema termodinamico che non presenti tali meccanismi di conversione non è vantaggioso per l'evoluzione, che sia aperto o chiuso. Nessuno asserisce che questi meccanismi complessi e consapevoli possano essere esistiti in natura nelle primigenie condizioni della Terra. In realtà, la vera questione a cui devono rispondere gli evoluzionisti è come possano essere pervenuti autonomamente all'esistenza complessi meccanismi di conversione dell'energia quali la fotosintesi, che non possono essere duplicati neppure servendosi delle moderne tecnologie.
L'influsso dell'energia solare sul mondo sarebbe incapace di realizzare l‘ordine. Inoltre, indipendentemente dal grado elevato di temperatura che possa essere raggiunto, gli amminoacidi resistono formando legami in sequenze ordinate. La sola energia non è sufficiente a spingere gli amminoacidi a formare le molto più complesse molecole proteiche o queste ultime a costituire le ben più composite e organizzate strutture di organuli cellulari. La fonte reale ed essenziale di questa organizzazione, ad ogni livello è una creazione senza difetti.
Il mito della "auto-organizzazione della materia"
Ben sapendo che la seconda legge della termodinamica rende impossibile l'evoluzione, alcuni scienziati evoluzionisti, per avallare la loro teoria, hanno fatto alcuni tentativi speculativi per superare la distanza che separa le due concezioni. Come al solito, anche questi sforzi mostrano come la teoria dell'evoluzione si trovi di fronte a un ineludibile vicolo cieco.
Uno scienziato che si è distinto per i suoi tentativi di coniugare la termodinamica e l'evoluzione è il belga Ilya Prigogine. Partendo dalla teoria del caos, questi ha proposto alcune ipotesi secondo cui l'ordine si sviluppa dal caos. Ha affermato che alcuni sistemi aperti possono descrivere un decremento nell'entropia dovuto ad un influsso di energia esterna e che il conseguente "riordinamento" è una prova che "la materia può organizzare se stessa". Da quel momento, il concetto di "auto-organizzazione della materia" è divenuto abbastanza popolare tra gli evoluzionisti e i materialisti. Si comportano come se avessero trovato un'origine materialistica per la complessità della vita e una soluzione materialistica al problema della sua origine.
A uno sguardo più acuto, tuttavia, questo argomento si rivela del tutto astratto e, in pratica, un mero wishful thinking. Nasconde, inoltre, un inganno molto semplice, ovvero, la deliberata confusione di due distinti concetti, "organizzazione" e "ordinamento".6
Ciò può essere chiarito con un esempio. Si immagini una spiaggia perfettamente piatta. Quando un'onda forte si abbatte sulla spiaggia, i mucchi di sabbia, grandi e piccoli, formano piccoli montarozzi sulla superficie della sabbia.
Questo è un processo di "ordinamento": la spiaggia è un sistema aperto e il flusso di energia (l'onda) che vi entra può creare semplici disegni sulla sabbia, che sembrano perfettamente regolari. Dal punto di vista termodinamico, può istituire l’ordine dove prima non ce n’era. Ma dobbiamo avere chiaro che quelle stesse onde non possono costruire un castello sulla sabbia. Se vediamo un castello lì, non c’è dubbio che qualcuno lo abbia costruito perché il castello è un sistema “organizzato”. In altre parole, possiede un chiaro disegno e informazione. Ogni parte del castello è stato creato da un’entità cosciente in maniera pianificata.
La differenza tra il castello e la sabbia è che il castello è una complessità organizzata, mentre la sabbia possiede solo un ordine ripetitivo costituito da semplici ripetizioni. L’ordine formato dalle ripetizioni è come se un oggetto (in altre parole, il flusso di energia che entra nel sistema) fosse caduto sul tasto “a” di una tastiera, scrivendo “aaaaaaaaaaaaaaaa” centinaia di volte. Ma la fila di “a” in un ordine ripetuto in questa maniera non contiene alcuna informazione o alcuna complessità. Per poter scrivere una catena complessa di lettere che contenga effettivamente informazioni (in altre parole, una sequenza, paragrafo o libro), la presenza dell’intelligenza è essenziale.
La stessa cosa avviene quando il vento penetra in una stanza piena di polvere. Quando il vento entra, la polvere si raccoglie agli angoli della stanza. A modo suo, questa è una situazione più ordinata di quella che c’era prima, in senso termodinamico, ma i singoli granelli di polvere non possono formare il ritratto organizzato di qualcuno sul pavimento.
Ciò significa che i sistemi complessi e organizzati non possono mai realizzarsi come esito di processi naturali. Anche se possono accadere di volta in volta esempi semplici di ordine, questi non possono superare certi limiti.
Ma gli evoluzionisti indicano questo autoordinamento che avviene attraverso processi naturali come un’importantissima prova dell’evoluzione, dipingono casi simili come esempi di “auto-organizzazione”. Come conseguenza di tale confusione di concetti, propongono che i sistemi viventi potrebbero svilupparsi per conto proprio da avvenimenti in natura e da reazioni chimiche. I metodi e gli studi adoperati da Prigogine e dai suoi seguaci, che abbiamo preso in considerazione sopra, si basano su tale ingannevole logica.
Gli scienziati americani Charles B. Thaxton, Walter L. Bradley e Roger L. Olsen, in un libro dal titolo The Mistery of Life's Origin, hanno spiegato questo fatto:
... in ogni situazione i movimenti casuali delle molecole in un fluido sono spontaneamente sostituiti da un comportamento altamente ordinato. Prigogine, Eigen e altri hanno suggerito che tale sorta di auto-organizzazione sia intrinseca nella chimica organica e possa potenzialmente spiegare le macromolecole altamente complesse essenziali ai sistemi viventi. Ma simili analogie hanno scarsa rilevanza per la questione dell'origine della vita. Per di più, non distinguono tra ordine e complessità... La regolarità o l'ordine non possono servire a immagazzinare l'enorme quantità di informazioni richieste dai sistemi viventi. È richiesta una struttura irregolare, ma specifica, piuttosto che una ordinata. Ciò rappresenta un grave errore nell'analogia offerta. Non vi è connessione apparente tra il tipo di ordinamento spontaneo che deriva dal flusso di energia attraverso tali sistemi e l'opera richiesta per costruire macromolecole ad intensa informazione aperiodica, quali il DNA e le proteine.7
In realtà, Prigogine stesso accettò che le teorie che lui aveva prodotto per il livello molecolare non si applicavano ai sistemi viventi, ad esempio a una cellula vivente:
Il problema dell'ordine biologico implica la transizione dall'attività molecolare all'ordine supermolecolare della cellula. Questo problema è ben lontano da una soluzione.8
Perché, allora, gli evoluzionisti continuano ad accettare punti di vista quali "l'autoorganizzazione della materia” che sono privi di fondamenta scientifiche? Perché insistono a rifiutare l’intelligenza e la progettazione così chiaramente visibili nei sistemi viventi? La risposta è la loro fede dogmatica nel materialismo e la credenza che la materia abbia un misterioso potere di creare la vita. Un professore di chimica presso l'Università di New York ed esperto in DNA, Robert Shapiro, descrive la fede degli evoluzionisti nell’auto-organizzazione della materia e il dogma materialistico che ne costituisce il fondamento:
Un altro principio evolutivo è quindi necessario per permetterci di superare la distanza tra le miscele di semplici prodotti chimici naturali e il primo effettivo replicatore. Questo principio non è stato ancora dettagliatamente descritto o dimostrato, ma è stato anticipato e ha ricevuto dei nomi, quali evoluzione chimica e autoorganizzazione della materia. L'esistenza del principio è tenuta per certa nella filosofia del materialismo dialettico, come dimostra la sua applicazione alle origini della vita da parte di Alexander Oparin.9
Tutto questo dimostra chiaramente come l'evoluzione sia un dogma contrario alle scienza empirica e che l'origine degli esseri viventi possa essere spiegata soltanto per l'intervento di un potere soprannaturale. Questo potere soprannaturale è la potenza di Dio, il Quale ha creato l'intero universo dal nulla. La scienza ha provato che l'evoluzione è impossibile per quanto concerne la termodinamica e che l'esistenza della vita non ha altra spiegazione se non la Creazione.